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Autore: Red_Coat    05/11/2017    2 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Nel buio profondo del sonno, due occhi esplosero sopra di lei.
Esageratamente affusolati, intensi, brillanti di una sinistra luce violacea e pulsante.
Talmente intensa da stordire.
Erriet, così piccola in mezzo all'immensità della sua anima, si sentì così indifesa da vacillare.
Un sibilo. Una voce serpentina sussurrò il suo nome. La riconobbe, anche se erano passati anni dall'ultima volta.
Era lei, la creatura.
E quegli occhi avidi sembravano volerla divorare.
 
« Smettila di trattenerlo, umana ... » sussurrò sibilante la creatura.
 
Voce suadente, femminile.
La donna sentì il fiato mozzarglisi in gola.
 
« No, mia Signora! » esclamò, quasi inginocchiandosi mentre agitava le mani protese verso di lei « No! Io non voglio trattenerlo, glielo dirò! Lo giuro! Lo farò! »
 
« Fallo, ora!»
 
Ripeté sempre più serpentina la voce, con un sibilo sempre più acuto, sottile e minaccioso in sottofondo che le fece accapponare la pelle per l'orrore
 
« Fallo. O lo farò io ... »
 
La minacciò.
Quindi quegli occhi si avvicinarono sempre più, e all'improvviso due mani artigliate spuntarono come ombre minacciose su di lei, richiudendola in una gabbia e soffocandola.
Urlò di terrore, e in quel momento si svegliò, trovando lo sguardo preoccupato di Yoshi ad accoglierla.
Le chiese preoccupato qual era il problema, ma lei era così terrorizzata da non riuscire neanche a parlare. Gli si gettò tra le braccia, scoppiando a piangere.
Quegli occhi. Non li avrebbe mai più dimenticati.
Lei era ... così diversa dalla prima volta. Ma avrebbe dovuto aspettarselo. Aveva rimandato anche troppo quel momento.
Victor doveva sapere, adesso attraverso la sua voce. Prima di rimanerne ancora una volta terrorizzato.
Il suo cuore di madre non poteva permetterlo.
 
\\\
 
Da prima del ritorno di Victor, Erriet era strana. Pensierosa, preoccupata.
Più dolce del solito con lui e con Hikari e Keiichi.
All'inizio aveva pensato fosse colpa della preoccupazione per il figlio, ma adesso non sapeva più a cosa attribuirlo visto che il suo ritorno sano e salvo sembrava da un lato averla tranquillizzata, e dall'altro invece pareva averle messo maggiore angoscia. E lui non riusciva a capire perché.
Glielo aveva chiesto un paio di volte, ma lei la prima sembrava essere stata colta da un improvviso panico e aveva poi rimediato inventando in fretta una scusa, mentre la seconda ... non aveva neanche risposto, s'era addormentata prima.
Così, seguendo anche un amorevole consiglio di Yukio (perché poi gli veniva così spontaneo seguire i suoi suggerimenti?), aveva lasciato perdere e cercato di far finta di nulla, aspettando che fosse lei a trovare il coraggio di esporsi.
Almeno fino a quella sera ... quando all'improvviso mentre la stringeva tra le braccia la sentì muoversi, e svegliatosi si rese conto che parlava terrorizzata nel sonno pronunciando parole indecifrabili perché dette molto a bassa voce. E piangendo.
Si mise a sedere, le sfiorò un braccio con una carezza ma lei neanche se ne accorse, e continuò a lamentarsi e supplicare.
Ora si stava davvero preoccupando.

« Erriet ... » provò a chiamarla.

Nessuna risposta, anzi lei si agitò di più, costringendolo ad alzare un poco la voce e scuoterla appena un pò più forte.

« Erriet! » ripeté « Amore! »

E a quel punto lei riaprì gli occhi scoppiando in un pianto dirotto, buttandosi tra le sue braccia.
Rimase interdetto ad ascoltarla, stringendola.

« Erriet ... » le disse, invitandola a guardarlo « Hey. Che succede? Che hai? »

Ma lei, ancora una volta, si limitò a guardarlo spaesata negli occhi trattenendo il fiato, e infine sospirò, scuotendo il capo e toccandosi la fronte, smettendo di piangere.

« Niente ... » mormorò, sforzandosi di sorridere e accoccolandosi tra le sue braccia « Niente, Yoshi. Era solo un incubo, tutto qui. »

La guardò grave. "Peccato ch'era da tanto che non ne facevi." pensò guardandola negli occhi "Neanche ora che Victor è partito per la seconda volta li hai avuto. Che hai? Cos'è che ti preoccupa? Perché non vuoi parlarmene? Lo abbiamo sempre fatto. Perché adesso dovrebbe essere diverso?"
E infine, supportandola in silenzio, tornò a stringerla sul petto, accarezzandole i capelli e ascoltando il suo respiro irregolare.

« Yoshi ... » mormorò dopo un po’ la donna, sospirando.
« Mh ...? » mugugnò lui.

Ma anche stavolta non ricevette più risposta, perché lei gli era nuovamente crollata tra le braccia, il viso rosso e umido di lacrime, e gli occhi stanchi di chi non ne può più di aspettare i bei sogni.
Sospirò, accarezzandole la fronte e stampandole poi un bacio su di essa.

« Buona notte anche a te, piccola. »
 
***

Non sarebbe successo.
Se Erriet Osaka quel giorno non avesse deciso, per darsi ancora un po' di coraggio e ricordarsi di fare la cosa giusta, di riprendere in mano quei test del DNA tenuti nascosti per ventiquattro lunghi anni e dargli un'ultima scorsa, probabilmente quando suo marito Yoshi ritornò a casa due ore prima da lavoro l'avrebbe trovata come sempre affaccendata in casa e non nel piccolo studiolo, che un tempo era stata la camera di Victor. A quel punto lei non avrebbe dovuto mentire, né affannarsi a nascondere alla bell'e meglio quei documenti dentro un piccolo scrigno in finto legno chiaro, pieno di foto e oggetti del loro unico figlio da piccolo.
E niente di tutto ciò che le si prospettava davanti sarebbe accaduto, come invece iniziò a fare proprio nel momento in cui Yoshi mise piede dentro lo studio, stranito di trovarla li.

« Erriet, stai bene? » le chiese, entrando nella stanza.

La donna sospirò profondamente, disperdendosi dentro di sé perché non aveva fatto in tempo a richiudere lo scrigno con la chiave che fu costretta a rimettere al collo, sfoggiandola con nonchalance dopo essersi voltata.

« Si. » rispose sorridendo e cercando mostrarsi quanto più calma possibile « Stavo riordinando le cose di Victor, voglio dargliele stasera, quando verranno a cena. » mentì, anche se solo in parte perché il suo piano prevedeva sì di restituire tutto (inclusi i documenti) al figlio sperando di potergli spiegare in privato tutto,  ma non di parlarne con lui. Aveva deciso di tenerlo fuori alla fine, ma il destino sembrava averle sbarrato la strada.

Yoshi la guardò ancora per qualche istante stranito, poi sorrise e annuì, voltandole le spalle e dirigendosi verso il bagno.

« Faccio una doccia e ti aiuto a preparare! » le disse da lontano.

Erriet sorrise sollevata.

« Va bene! Grazie! » urlò in risposta, quindi si voltò e richiuse in tutta fretta il prezioso contenitore senza neanche sfilare la chiave dal ciondolo, posizionandovi poi sopra qualche scartoffia nel puerile istinto di nasconderla.

Non fu abbastanza.
Non fu necessario neanche chiuderla, perché questo non era quello che voleva il destino, o chi per lui.
Il lucchetto che chiudeva la scatola era difettoso, e quando infine (due ore dopo) Yoshi entrò nuovamente nella stanza per cercare proprio quelle scartoffie, una folata di vento più forte delle altre spinse via lo scrigno dall'orlo del mobile su cui era posato, trascinandolo a terra assieme ai fogli che lo ricoprivano, rompendo definitivamente il lucchetto e riversando per terra assieme al resto anche i due preziosi documenti, accuratamente conservati in una busta fino a prima dell'intervento di Erriet.

« Oh cazzo! » borbottò sorpreso Yoshi, correndo a chiudere la finestra e accorgendosi con disappunto della crepa nel vetro prodotta dall'urto violento dell'anta contro la parete.
 
Sospirò, pensando già a quanto sarebbe costato farla riparare.
Poi una volta richiusa la finestra si affrettò verso i fogli sparsi, chinandosi a raccoglierli.
Un istante. Un solo, minuscolo istante in più di tempo avrebbe potuto fare la differenza.
Invece con un improvviso vuoto nei pensieri l'uomo guardò quei fogli stretti nella sua mano, li confrontò senza capire, e solo allora Erriet si affacciò alla porta, tremando mentre una morsa le chiudeva lo stomaco con dolore.
"No ..." riuscì solo a pensare. "Non doveva andare così! Mia Signora, non doveva!"
Troppo tardi per supplicare.
"Glielo avrei detto lo stesso, perché coinvolgere anche Yoshi? Perché anche lui?"
Non ci fu risposta.

« Erriet ... »

La voce cupa di Yoshi tornò a farla tremare. Lo vide alzarsi con quei fogli in mano e guardarla con severità. Come non l'aveva mai guardata prima. Le sembrò quasi di sentire qualcosa scricchiolare pericolosamente, nelle fondamenta del loro rapporto e del loro io.

« Yoshi ... » tentò di parlare, mormorando piano « Posso, io posso spiegarti tutto ... »

L'uomo tremò quasi, dalla rabbia.

« Fallo allora. » le impose, con astio e sospetto « Cosa sono questi? Perché sono qui? » La incalzò parandogli di fronte quelle carte quasi accartocciandole tra le dita « Perché hai fatto fare un test del DNA a Victor? Quando? Di chi è l'altro?? »

L'ultima domanda fu sibilata, ringhiata quasi.

« Non ... » ripeté senza fiato Erriet, sul volto già l'ombra delle lacrime, scuotendo con forza il capo « Non è come pensi, Yoshi. »

Lui fece una smorfia.

« Perché, cosa dovrei pensare? » replicò con sarcasmo.

Erriet scosse di nuovo forte il capo, poi annuì e finalmente trovò il coraggio di parlare, anche se ormai non sapeva più quale effetto avrebbero avuto su di lui le successive parole.
Yoshi la amava, ma aveva un difetto che in questa occasione avrebbe potuto uccidere quel sentimento fino all'ultimo granello: Era geloso, molto geloso, e si rifiutava di credere a qualsiasi cosa che non riusciva a vedere, o capire.
Il mondo in cui vivevano però era troppo complicato per linee di pensiero come questa.

« Victor ... è tuo figlio, Yoshi. » gli disse « Lo è sempre stato, fino in fondo. »
« Sto ancora aspettando. » la rimbeccò seccato lui.
« Il mio sogno. - annuì lei, lasciandolo in silenzio ad osservarla con stupore e scetticismo.

Sospirò nuovamente..

« Te lo ricordi? » gli chiese « Quello che feci poco dopo aver scoperto di essere incinta? »
« Allora? » chiese lui, acconsentendo ad ascoltare ma rimanendo sulle sue.
« C'è una cosa che non ti dissi. »
« Una sola? » alzò un sopracciglio Yoshi.

La donna non si arrese, e quasi urlando a quel punto sputò la verità.

« Victor ha un fratello. »

Lo vide vacillare.

« Cosa? »
« Me lo disse lei, la donna del sogno. » continuò lei, col cuore in mano « Mi disse che un giorno Victor si sarebbe riunito a lui, e che io avrei dovuto lasciarlo andare. » prese fiato, soggiogata dallo sguardo all'improvviso sconvolto, scettico e truce del marito che continuò ad ascoltarla in silenzio « Ho fatto il test perché avevo bisogno di sapere se fosse la verità, o solo un mio folle sogno. »

Assurdo.
Fu l'unica cosa che riuscì a pensare Yoshi, guardandola.

« E chi sarebbe ... questo fratello? » le chiese, una punta di sarcasmo nella voce.

Erriet sospirò. Ora o mai più.

« Lui ... è Sephiroth. »

Yoshi scosse il capo facendo una smorfia, una risata sommessa e sprezzante sfuggì al suo controllo.

« Chi? » domandò, quasi divertito.
« Puoi non crederci, ma è così. » gli rispose lei « È suo quel test, gliel'ho fatto fare ... subito dopo la sua visita qui, quando Victor era ancora in SOLDIER. »

Yoshi rimase ... senza parole.
Diede una rapida scorsa ai test, compatibili. Quindi rivolse di nuovo il suo sguardo incredulo su di lei e scosse il capo, con una smorfia di compassione.

« Tu sei pazza davvero ... » disse « Sei pazza se pensi che io creda alla storiella del miracolo. E Sephiroth che legame avrebbe con te allora? »

Erriet stava per rispondere, ma la porta principale si aprì e si richiuse con un tonfo, e le voci di Victor, Hikari e Keiichi giunsero alle loro orecchie ad animare il silenzio.

« Mamma! Siamo arrivati! » la chiamò Victor dal salotto, poi lo sentì dirigersi verso di loro.

Yoshi le rivolse un lungo, intenso sguardo torvo. Le mani tremarono nello sforzo di non accartocciare i documenti.

« Yoshi ... » lo supplicò sottovoce lei prima che il ragazzo potesse arrivare.

Lui le rivolse un'occhiata rovente, la stessa che accolse Victor non appena arrivò.
Capi subito ci fosse qualcosa che non andava.
Ormai era abituato, ma gli fece strano che al suo posto stavolta ci fosse sua madre. Suo padre non l'aveva mai trattata con tanta freddezza.
 
« Va tutto bene? » chiese guardando entrambi e il casino di carte e foto dietro le spalle di suo padre.
« Ecco qui. » disse scontroso l'uomo, consegnandogli i documenti « È giusto che tu sappia, no? » disse con sarcasmo rivolto a sua moglie.
 
Erriet abbassò il volto, gli occhi lucidi e le mani unite al volto.
Victor prese tra le mani i documenti, li scorse rapido e qualcosa iniziò a farsi strada nella sua mente assieme alle parole di Vittorio.
 
"Tua madre. Lei ha conservato il segreto per te, fino al giorno in cui avresti potuto capirlo."
 
Aveva detto che avrebbe aspettato. Forse ... quello era il momento.
Ma mano a mano che i suoi occhi increduli scorrevano riga dopo riga le informazioni contenute in quei due plichi, la mente iniziò a farsi chiara e il cuore prese a battere all'impazzata, fortissimo nel rendersi conto del genere di verità contenuta li.
Il suo ultimo segreto. Meraviglioso, inaspettato, incredibile, miracoloso! Anche più di quanto avrebbe potuto immaginare. Talmente tanto da fargli girare la testa.

« C-che ... » mormorò, col minimo rimasuglio di lucidità rimastogli « Che significa? » rialzando il volto verso di lei.

Yoshi ghignò.

« Chiedilo a tua madre, è lei che ha architettato tutto. » replicò, poi guardando Erriet ch'era già sull'orlo delle lacrime « Coraggio Erriet, che significa? Il ragazzo vuole saperlo. » La rimbeccò sarcastico.

Victor gli rivolse uno sguardo serio. Quell'atteggiamento iniziava a innervosirlo, perciò lo ignorò rivolgendosi completamente verso sua madre.

« Mamma ... » mormorò, supplicante e quasi tenero « Perché c'è un mio test del DNA? »
« Te l'ho fatto fare quando eri piccolo, qualche mese dopo l'incidente nel bosco. » rispose lei, continuando a tenere lo sguardo basso mentre le prime lacrime iniziarono a rigarle le guance.

Victor sospirò, prendendole il viso tra le mani e guardandola amorevolmente negli occhi, voltando le spalle a suo padre e impedendo così il contatto visivo tra di loro.

« Perché? »
« Mi sembra ovvio, no? » replicò seccato Yoshi.
« Falla parlare! » gli intimò duro lui, zittendolo.

Erriet sospirò cercando di riprendere fiato.

« Victor. » disse « Io lo so che forse tu non mi crederai, ma la tua nascita non è stata un caso. Io ... io non potevo avere figli. Non avrei potuto avere neanche te, se quella creatura ... se lei non ... »
« Creatura, si certo. » tornò a schernirla l'uomo alle loro spalle.

Victor si sforzò di ignorarlo.
Creatura?

« Quale creatura? » chiese, ansioso di sapere.

Lei prese un altro profondo sospiro cercando coraggio nella voce.

« Non lo so. Non l'ho mai vista, tranne che per i suoi occhi ... viola. » replicò tremante « Ma ho ascoltato la sua voce, in sogno. » proseguì aggrappandosi alle sue braccia « Lei mi ha detto che saresti nato, sano e salvo, che eri il suo secondo figlio e che avrei potuto prendermi cura di te come tua madre, fino al momento in cui saresti stato pronto per ... riabbracciarlo. Tuo fratello ... »
Come un mare in tempesta, un nugolo di ricordi confusi si affollò nella sua mente, sconvolgendolo e dando un senso a quelle parole.
Fratello ...?

La voce di Zack interferì con quella della sua mente in fibrillazione:

"È un pò stupido da dire adesso, ma ..."

Poi quella di suo nonno.

"Hai sognato qualcuno stanotte, piccolo?"," Chiamavi un Niisan."

Anche quei momenti che fino ad allora erano rimasti sepolti ritornarono.
E quei misteriosi sogni da bambino di cui non ricordava nulla finalmente riapparvero chiarificando anche gli ultimi buchi neri.

 
V:" Cosa siamo noi, Sephiroth? "
V:" Qual'è il mio legame con lui, oltre all'aspetto fisico? "

La risposta di Vittorio era stata eloquente. Ma solo adesso la comprendeva appieno.
 
"La tua somiglianza con lui è solo il principio, Victor. La parte più evidente. "

Di un segreto profondo.
Fermò di colpo i pensieri, tornando a guardare sua madre e accorgendosi solo adesso di quanto tremasse e piangesse, per paura probabilmente.
Paura di perderlo, la stessa che la spinse a prendergli le mani tra le sue e portarsele supplicante alle labbra.

« Victor, tesoro scusa. » lo implorò « Scusa, scusa, scusami. Avrei dovuto dirtelo prima ma ... » scosse il capo, le labbra piegate in una smorfia « Non ho avuto il coraggio. Temevo di perderti. Tu sei nostro figlio ... »
« Ah! » fece Yoshi a quel punto, indossando il suo giaccone invernale e facendo per uscire di corsa dalla stanza, anche sotto gli occhi sorprese di Hikari e Keiichi che stavano ad ascoltare sulla soglia della porta.

Prima di farlo però si fermò a rivolgere a lui ed Erriet uno sguardo minaccioso, dall'alto in basso per poi sbruffare e aggiungere sprezzante.

« A questo punto non lo so neanche più se è anche mio. »
« Non dire così, Yoshi! » protestò in lacrime la donna sbottando « Victor è tuo figlio! Lo è, c'è il test che lo dimostra e ... »
« COME DIAMINE FA AD ESSERE ANCHE FRATELLO DI QUEL MALEDETTO SOLDIER?! SPIEGAMI QUESTO ALLORA! » Le urlò di rimando Yoshi, fuori di sé, ricevendo in risposta un sonoro pugno sul naso che fece sobbalzare spaventati perfino Hikari e Keiichi.

Yoshi si piegò in avanti coprendosi il naso sanguinante con le mani, ma subito dopo venne preso per il colletto della camicia dal giovane che lo inchiodò contro il muro fissandolo truce negli occhi.

« Victor, no! » lo implorò sconcertata e spaventata Erriet cercando di tirarlo via, ma lui non si mosse.

Non prima di aver sibilato minaccioso.

« Non permetterti mai più anche solo di pensare di parlare così, "papà". » prese un respiro, lo strinse di più contro alla parete « Non me ne frega niente se non le credi. Puoi tornare a trattarmi di merda come hai sempre fatto e anche peggio, non importa.  Ma fallo con lei e io giuro che ti ... » si trattenne per miracolo, ma a Yoshi non bastò.
« Cosa? » domandò con sprezzo « Che mi farai, mh? Avanti, dillo. »

Victor si morse la lingua un'altra volta.
Sospirò. Il pugno che gli aveva dato poco prima e il livido che si sarebbe formato successivamente erano già molto eloquenti.
Piuttosto c'era un'ultima cosa che doveva sapere con certezza.
Lo lasciò andare e tornò a rivolgersi a sua madre, stringendola in un abbraccio e poi posandole le mani sulle spalle.

« Mamma ... » mormorò con un sorriso « Quell'altro test del DNA ... è di Sephiroth, vero? »

La donna tremò, più forte di tutte le altre volte. Quindi annuì, abbassando il volto mentre ricominciava a piangere.

« Si ... » ammise « Io ... io ... dopo che lui venne da noi per chiedere di te ... » non riuscì più a parlare, solo a piangere, singhiozzando tra le braccia di Victor che Luca strinse forte sul suo petto, baciandole la nuca mentre un sorriso incredulo e sempre più felice, commosso, si dipinse sulle sue labbra.

Guardò Hikari, Keiichi. Entrambi capirono perfettamente il significato di quei gesti e della sua felicità.
" Fratello ..."
 
" Niisan ..."

" Sephiroth è ... "
 
Z:" ... Ho sempre pensato che se Sephiroth avesse avuto un fratello
sarebbe stato esattamente come te."

V:" Niisan! Dove sei? "

 
" Lui è ... mio fratello. Noi siamo fratelli!"
La verità ... che aveva sempre cercato.
Tutte quelle domande ... ora non ne esistevano più.
Infine, quando fu sicuro di averla tranquillizzata abbastanza sciolse la donna dal suo abbraccio, e prendendole le mani se le portò alle labbra baciandole dolcemente.
La vide guardarlo col terrore che pian piano lasciava il posto alla sorpresa.

« Grazie, mamma. » le disse, sorridendole e lasciandole una carezza sulla guancia umida « Grazie ... per ogni cosa. E per esserti presa cura di me, fino ad oggi. »

Un singhiozzo scosse il petto della donna, Victor la invitò a tornare a guardarlo negli occhi sfiorandole il mento con le dita.

« Non importa chi sia questa creatura. » disse sicuro « Non importa chi dice di essere per me.

Io ho, ho avuto e avrò per sempre una sola madre. Te ... » mormorò, strappandole un sorriso che sapeva d'amore e sollievo.
Nell'udire quelle parole Erriet non ce la fece più a resistere e lo abbracciò forte, affondando il viso nel suo petto e lasciandola che lui la sollevasse appena da terra, sorridendo.

« E tu sarai per sempre mio figlio, tesoro. » singhiozzò, stringendosi di più in quell'abbraccio che si fece più intenso, più forte.

Durò a lungo, fino a che entrambi non sentirono le lacrime strabordare dagli occhi.
Infine si sciolsero, e prendendola per mano Victor si voltò a guardare la smorfia disgustata sul viso di suo padre.

« Te lo ripeto. » lo minacciò duro « Tu falle versare anche solo una lacrima e io te la farò pagare con gli interessi. Indipendentemente da cosa pensi adesso di me.
Sono stato abbastanza chiaro, Yoshi Osaka? »

 
***
 
Giorni dopo …
 
« Papà ... »                      
 
Victor Osaka, seduto sul bordo del letto di suo figlio a cui aveva appena rimboccato le coperte, lo guardò e sorrise, pronto ad ascoltarlo.
 
« Mh? » fece.
 
Il giovane ci pensò un po’ su, riflessivo, poi esordì curioso, guardando la statuetta di Sephiroth che stringeva tra le braccia e poi rivolgendo al padre un lungo sguardo.
 
« Stavo pensando ... ma se Sephiroth e tu siete fratelli, allora io dovrei chiamarlo zio, non solo il cavaliere dei sogni. »
 
Il sorriso di Victor si tramutò ben presto in una risata divertita.
 
« Se ti piace di più, chiamalo pure così. » replicò gioioso, scompigliandogli i capelli e strappando anche a lui un sorriso « Non credo che gli dispiaccia poi più di tanto. »
 
Keiichi lo guardò negli occhi, e sentì crescere dentro di sé la gioia. Quando suo padre era felice lo era anche lui, e quando stava male pure lui si sentiva così.
Lo era sempre stato, e quando nonno Yukio gli aveva dato la notizia di quel Turk il bambino aveva temuto di rivederlo nuovamente incupirsi, proprio adesso che era ritornato.
Anche dopo il furibondo litigio con nonno Yoshi, con cui non si parlavano da due settimane e qualche giorno ormai, aveva davvero avuto paura.
Ma a quanto pare il genitore sembrava non badare più di tanto a questo, dopo la notizia che aveva ricevuto. Era cambiato molto, nell'umore.
Era più sereno, a volte riusciva anche ad essere allegro nonostante soffrisse ancora d'insonnia la notte e spesso la trascorresse fuori casa. Nell'ultima settimana aveva addirittura deciso di fargli un bel regalo, ridipingendo la sua stanza con tutti i pianeti e le stelle, vista la sua nuova e crescente passione per lo spazio e l'astronomia.
Stava venendo bene, anche se era solo all'inizio.
Per rendere il tutto più coordinato gli aveva comprato anche una trapunta con una cartoonesca mappa del sistema planetario in cui si trovava il pianeta gaia, una di quelle che si trovavano facilmente in un buon negozio di casalinghi, un mappamondo incluso di satellite e luci, aveva riverniciato i pensili di rosso (che a quanto pareva non era proprio il suo colore preferito ma per suo figlio era stato disposto a farlo) e cambiato il lampadario con uno in ferro che riproduceva il movimento rotatorio della luna attorno ad una stella, con due lampadine al posto dei soggetti in questione.
E poi ovviamente gli aveva comprato un telescopio, anche se a Midgar la visibilità del cielo non era proprio delle migliori, ma lo usavano quando andavano al lago, cosa che avveniva sempre più spesso ormai.
Insomma, per dirla in parole povere: Sembrava quasi un'altra persona a volte, e anche mamma Hikari se n'era accorta.
L'allegria e la serenità del marito avevano contagiato anche lei, aiutandola a sentire un pò meno il peso della gravidanza.
Per quanto riguardava lui, era entusiasta all'idea di avere un fratellino o una sorellina, e cercava ogni volta d'immaginarselo, come sarebbe stato giocare con lei/lui insieme nella loro cameretta. Probabilmente lo studio sarebbe diventato tale, e la bottega d'arte si sarebbe spostata al negozio di quadri che continuava ad andare a gonfie vele.
 
« E invece il fratellino, o la sorellina? Come la dovrò chiamare? » chiese a proposito.
 
Victor sorrise di più, senza riuscire a contenere la gioia che gli illuminò gli occhi.
 
« Non abbiamo deciso ancora. » replicò « Vogliamo aspettare di sapere se sarà maschio o femmina. » spiegò.
 
Keiichi annuì, un po’ deluso.
 
« Oh ... » fece, arricciando le labbra « E quando lo sapremo? » domandò impaziente. 
 
Suo padre scosse il capo, riflettendoci per qualche istante su.
 
« Tra due o tre mesi forse. Ancora è troppo presto, sono solo due e mezzo. » rispose.
 
Keiichi tornò ad annuire.
 
« Sono tanti, però ... » bofonchiò, un po’ deluso.
 
Victor tornò a sorridere.
 
« Lo so. Ma passeranno in fretta se t'impegni a scuola e fai il bravo. Non te ne accorgerai nemmeno, vedrai. » gli assicurò, prima di stampargli un bacio sulla nuca e rialzarsi, spegnendo la luce e dirigendosi verso la porta.
 
Proprio quando stava per aprirla, la voce del piccolo tornò a chiamarlo stancamente, in un ultimo sussurro.
 
«Tu ... c'è l'hai ancora tanto con nonno Yoshi? » chiese triste « Sarete arrabbiati ancora per molto? »
 
L'ex SOLDIER rabbrividì, scurendosi.
"No piccolo, non ce l'ho con lui." avrebbe potuto rispondere "E no, non lo saremo per sempre. Abbiamo avuto momenti peggiori, vedrai che gli passerà anche stavolta."
Avrebbe potuto, ma non lo fece. Perché sarebbe stata una bugia bella grossa.
Da quando la verità era venuta a galla, le cose si erano fatte più difficili specialmente per Erriet, che si era ritrovata a dover sopportare il suo astio e la sua diffidenza. Non alzava la voce e non la sfiorava, ma quel comportamento da grandissimo stronzo quale a volte sapeva essere era molto più grave per una donna come lei che si era sempre fatta in quattro per loro. Non meritava quel trattamento, e Victor questo lo sapeva benissimo. Gli faceva male al cuore vederla così, Yoshi stava sempre fuori per lavoro e quando tornava a casa dopo averla lasciata per intere giornate da sola non le rivolgeva neanche la parola. Aveva già provato a parlargli, un paio di volte, ma ovviamente avevano finito per litigare. Tsè, questo era l'amore che provava per loro alla fine?
Bella fortuna! Ridicolo ammasso di ottusità e orgoglio! Come faceva anche solo a pensare che sua moglie lo avesse tradito? Dopo tutto il bene che gli aveva voluto??
Fosse morto domani non gli sarebbe neanche dispiaciuto, ma ... ovviamente questo ad un bambino come Keiichi non poteva mica dirlo.
E comunque non fu necessario rispondergli, perché non appena riuscì a riemergere dai suoi pensieri lo vide già addormentato profondamente, per fortuna.
Sorrise, sospirando poi, all'improvviso esausto.
 
« Buonanotte Keiichi. » mormorò, tristemente.
 
"Sogni d'oro piccolo genio. Fanne tanti anche per me, okkey?"
 
\\\
 
« Signorina Aerith! Signorina Aerith! »
 
Quando quella vocina dolce, giovane e vispa le giunse alle orecchie il cuore le balzò in gola, e alzandosi in piedi la giovane si ritrovò stretta in un abbraccio che mai prima di allora l'aveva terrorizzata tanto.
E lo sguardo intenso e duro del Signor Osaka non fece che peggiorare la situazione.
Tremò, faticando a sostenerlo, mentre nella sua testa si affollarono paure e domande.
 
« Signorina Aerith, sono venuto a trovarti un'ultima volta. » le disse il bambino guardandola « Ha visto?  Papà è tornato. » esclamò quindi allegro.
 
Si.
Era difficile non accorgersene, così come lo era resistere all'intensità di quello sguardo e alla drammaticità di quelle parole.
Si sforzò di sorridere, salutando l'uomo con un cenno del capo.
 
« Bentornato. » disse, abbassando per un istante gli occhi.
 
Lui rispose con la sua solita glaciale freddezza, quasi fosse solo tempo sprecato. Incrociò le braccia sul petto e distolse lo sguardo sulle travi dell'alto soffitto.
Non una parola, neanche per ringraziarla del bentornato.
In fondo a lei cosa interessava?
 
« Non possiamo stare molto, alle cinque ho lezione di pianoforte. » fece il bambino, cercando di stemperare la tensione.
 
La giovane gli sorrise, decidendo d'ignorare l'uomo che evidentemente aveva deciso di restare e tornando a inginocchiarsi vicino al bimbo, che già con le manine accarezzava i gli steli fulgidi.
 
« Sono cresciuti bene! » commentò entusiasta, strappandole un sorriso.
« Si. » annuì, avvicinando poi insieme a lui il naso a saggiarne il profumo.
 
Con la coda dell'occhio vide Osaka fare una smorfia, quasi disgustato.
 
« Mmmh! È buono anche il profumo. » rise invece il bambino.
 
Victor sbruffò, andando a sedersi su una panca a pochi metri da loro e tirando fuori dalla tasca il proprio telefonino concentrandosi su di esso.
 
« Keiichi ... » mormorò a quel punto lei, sottovoce « A tuo padre non piacciono i fiori? » chiese.
 
Il bambino sorrise di nuovo.
 
« Credo di si, anche a mamma piacciono. » rispose.
 
Aerith annuì pensierosa.
"Allora devo essere proprio io a dargli fastidio. O questo posto ..."
 
« Aerith, tu ce l'hai un telefono? »
 
La domanda arrivò all'improvviso, prendendola alla sprovvista.
Lo fissò sorpresa, poi tornò a sorridere.
 
« A casa, si. » replicò annuendo « Non ho un cellulare, però. »
 
Keiichi le sorrise contento.
 
« Va bene lo stesso. » rispose « Allora dopo mi dai il tuo numero? Così anche se non posso venire ti chiamerò e ci sentiremo lo stesso. »
 
La ragazza si fece seria e anche un pò preoccupata.
 
« Non ... » chiese dispiaciuta « Non verrai davvero più? »
 
Il bambino annuì sicuro.
 
« Per il momento no. » replicò intristendosi un pò « Dopo quello che è successo a scuola, papà ha deciso che forse è meglio non farsi vedere molto dai Turks, e qua nei bassifondi c'è ne sono parecchi. » poi assunse un'aria guardinga e chiese sommessamente, avvicinandosi di più a lei « Tu lo sai perché c'è ne sono così tanti, Signorina Aerith? » domandò, curioso.
 
Lei ebbe un sussulto, e quando alzò lo sguardo da lui a suo padre, dietro le sue spalle, lo vide guardarla con aria seria e truce, severa.
Nemmeno lui sembrava contento di aver dovuto prendere quella decisione. Amava suo figlio e sapeva che andare da lei gli piaceva, ma non poteva esporlo ad ulteriori rischi.
Era ... la decisione giusta. Anche senza sapere ciò che Reno aveva avuto il coraggio di dirle.
Eppure c'era sempre quel qualcosa in più, quella rabbia nel suo sguardo che sembrava darle la colpa di tutto, anche di cose in cui lei centrava purtroppo ben poco.
A volte era così intensa da riuscire perfino a farle dimenticare fosse così.
 
« Io ... no. » si schermi, abbassando di nuovo gli occhi su di lui e scuotendo triste il capo « Scusami ... » si lasciò sfuggire, quasi inconsapevole.
 
E a quel punto il giovane la abbracciò forte, sorprendendo sia lei che suo padre, che si ritrovarono a fissarsi stupiti, quasi sconcertati.
 
« Non preoccuparti. » le disse dolce « Non è mica colpa tua. » rise, tornando a guardarla e poi a dedicarsi ai fiori.
 
Già. Non lo era.
Piuttosto era colpa della maledetta Shinra e dei suoi tentacoli di ferro che avvolgevano avidi ogni singola forma di vita che cercava di brillare più di lei.
 
\\\
 
Il momento dei saluti venne presto, più presto di quanto potessero pensare.
Non erano definitivi, quella situazione si sperava sarebbe durata solo finché Keiichi non sarebbe stato abbastanza grande per cavarsela da solo e comunque vivendo a Midgar avrebbero ugualmente continuato a vedersi ogni tanto, inevitabilmente.
Ma fu lo stesso triste, e un pò scomodo soprattutto per Victor che non sopportava questa prima significativa ingerenza della Shinra Inc. nella vita di suo figlio.
Era teso anche per questo, quando li vide abbracciarsi forte, carichi di commozione.
Infine, proprio quando stavano per andarsene, all'improvviso Aerith lo richiamò seria, chiedendogli di potergli parlare in privato. Sembrava nervosa.
Victor sospirò seccato.
 
« È tardi, dobbiamo andare. » la liquidò.
 
In un gesto spontaneo lei gli afferrò il braccio, trattenendolo e sentendolo irrigidirsi quasi offeso.
Uno sguardo di fuoco la indusse a ritrarsi, quasi mortificata, ma non si arrese ugualmente.
 
« Per favore. È importante ... » lo supplicò, lanciando qualche breve sguardo a Keiichi sperando che questo servisse a chiarire.
 
Victor ricevette il messaggio.
Sospirò, incrociando nuovamente le braccia sul petto.
 
« Posso accompagnarlo io, Vic. » Si propose Yukio che era arrivato poco prima per tornarsene con loro.
 
Il giovane uomo annuì serio.
 
« Va bene. » disse soltanto, poi rivolse un occhiolino al figlio che gli sorrise e li salutò entrambi agitando in aria una mano « Ci vediamo dopo, papi! Ciao ciao, Signorina Aerith! »
 
La ragazza lo salutò alla stessa maniera, sorridendo e mandandogli un bacio. Una volta rimasti soli però, la situazione si fece di nuovo tesa.
 
« Allora? » chiese secco Victor.
« Si tratta di Keiichi. » esordì Aerith, guardandosi con circospezione intorno prima di proseguire, preoccupata e rammaricata « Reno ... un Turk è stato qui. Capelli rossi, occhiali da aviatore ... »
« So chi è. » tagliò corto Victor annuendo « Vai al punto. »
 
La ragazza annuì, unendo le mani all'altezza del ventre.
 
« Mi ha chiesto di consegnargli Keiichi ... al posto mio. Ho pensato fosse giusto farvelo sapere. »
 
L'ex SOLDIER s'incupì ancora di più. Annuì serio.
 
« Grazie del pensiero. » replicò, facendo quindi per andarsene.
 
Ma lei lo richiamò di nuovo, consegnandogli un foglietto che lui guardò con astio.
 
« Questo è il mio numero. » disse « Glielo avevo promesso. »
 
Osaka sospirò contrariato, quindi lo afferrò in malo modo dalla sua mano e se lo mise in tasca, andandosene senza neanche lasciarle un ultimo saluto.
Aerith sospirò sollevata, non appena il portone si richiuse alle spalle dell'uomo, lasciandola sola.
C'era una sola nota positiva in tutto questo: Il non doversi più rivedere, e su questo erano entrambi molto d'accordo.
Forse ...
   
 
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