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Autore: Old Fashioned    10/11/2017    16 recensioni
Siamo nel 1230. Un gruppo di pellegrini tedeschi che sta attraversando la Palestina si imbatte in una santa reliquia e decide di portarla in patria. A scortare il prezioso carico ci sono anche due cavalieri dell'Ordine Teutonico, che si troveranno, una volta raggiunto il paese d'origine dei pellegrini, a fronteggiare le incursioni di una misteriosa belva assetata di sangue e nello stesso tempo i sospetti di un inquisitore alla ricerca di vittime.
Seconda classificata al contest indetto da E.Comper sul sito, ‘Cronache di Cacciatori’.
Genere: Azione, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti/e, eccomi qui con un nuovo aggiornamento della nostra storia medievale. Ringrazio tutti/e coloro che hanno avuto la gentilezza di commentarmi, ovvero morgengabe, Saelde_und_Ehre, Syila, innominetuo, fiore di girasole, Crilu_98, miciaSissi, LyaStark e naturalmente molang, che si è pure fatta la maratona dei capitoli^^
Ringrazio ovviamente anche tutti coloro che hanno messo la storia in qualche lista o sono solo passati a dare un’occhiata.






Capitolo 7

Per la prima volta da quando tutto era cominciato, Hermann si era trovato a pregare perché una di quelle creature saltasse fuori.
Aveva battuto il villaggio tutta la notte, aveva cercato nelle case, nelle stalle, intorno al cimitero. Si era infilato in tutti i luoghi più oscuri e pericolosi, quelli dove normalmente gli esseri si annidavano in attesa della notte.
Niente.
Certo non era bello desiderare il male, ma la sera prima aveva parlato con il barone e l’aveva visto preoccupato in un modo che non gli era piaciuto per nulla.
Si guardò intorno: stava sorgendo un'alba radiosa, sembrava che addirittura il sole fosse felice della notte appena trascorsa, nella quale invece dei lugubri ululati che avevano funestato le precedenti, non si erano uditi altro che il canto degli usignoli e il frinire dei grilli.
Le campane cominciarono a suonare. Hermann si spostò verso il sagrato e vide le porte della chiesa aprirsi, e da esse sciamare fuori gli abitanti di Dürnau. La gente aveva l'aria sollevata. Percepì risate e frasi scherzose.
Quando qualcuno gli passava di fianco, le frasi perlopiù si affievolivano.
Da dentro la chiesa sentì provenire la voce di padre Caspar: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati...[1]”
Poi il prete giunse sulla soglia, lo scorse e bruscamente tacque. Chinò lo sguardo e per un attimo sembrò sul punto di rientrare nell'ombra della navata.
Come va, padre?” gli chiese il cavaliere.
Oh, ehm... abbastanza bene, grazie.” L'uomo fece una pausa, si schiarì la gola, poi riprese: “Anzi, molto bene, direi. Finalmente la Santa Vergine e il Santissimo Atanasio di Alessandria, che abbiamo pregato per tutte queste notti, ci hanno fatto la grazia, e il flagello è scomparso.”
O almeno così pare,” replicò Hermann.
Il prete lo fissò con apprensione. “Che cosa vorreste dire, cavaliere?”
Non lo so, mi sembra strano che se ne siano andati così.”
Dio ci è venuto in soccorso.”

§

Nelle prigioni non c’era nessuno. Le celle erano tutte vuote, e l’unico rumore che si udiva era lo sgocciolio di qualche infiltrazione d’acqua negli angoli più bui e umidi. Nella penombra densa, appena rischiarata da una piccola finestra sbarrata da due ferri a croce, avvolto nel manto bianco, Adalrich sedeva sul pagliericcio.
Per tutta la notte aveva vegliato, tendendo ansiosamente l’orecchio alla comparsa dei raccapriccianti ululati di quei mostri, ma non aveva udito nulla. Era rimasto a passeggiare su e giù davanti alla porta della cella, pensando a Hermann, chiedendosi ansiosamente se stesse bene.
Aveva anche pregato, chiedendo a Dio che non fosse il suo confratello a pagare per le sue colpe, e che quelle cose non lo ferissero, perché in tal caso non avrebbe avuto accanto nessuno deciso a compiere l’ultimo e più necessario dovere nei suoi confronti.
Il rumore di un chiavistello che scattava attirò la sua attenzione. Si alzò in piedi e vide una lama di luce disegnarsi sul pavimento di pietra.
Afferrò le sbarre.
Avanzarono lentamente padre Gerold e il frate. Il secondo reggeva un pezzo di pane e una brocca d’acqua.
Buon giorno, cavaliere,” salutò il prete. “Spero che la sistemazione non sia risultata troppo scomoda.”
Come sta Hermann?” chiese Adalrich ignorando il saluto.
Volete dire il vostro confratello?”
Sì.”
Il sacerdote intrecciò le mani dietro la schiena e osservò il prigioniero dal basso verso l’alto, come se stesse guardando un animale particolarmente strano. “Difficile che possa stare male,” rispose alla fine, “Dal momento che questa è stata la notte più tranquilla che Dürnau abbia conosciuto da un anno a questa parte.”
Dio sia lodato,” sospirò il cavaliere. “Ora volete farmi uscire, per favore?”
L’altro lasciò passare qualche istante, poi lapidario rispose: “Non se ne parla nemmeno.”
Adalrich aggrottò le sopracciglia. “Come sarebbe a dire?”
La notte appena trascorsa eravate prigioniero e non è successo nulla, mentre da quando siete arrivato qui, ogni mattina sono stati trovati nuovi mostri e nuove vittime.”
Questo è ridicolo,” ringhiò il cavaliere. “Mi state accusando di aver ucciso quelle persone?”
Non lo sto facendo io. I fatti parlano da soli.”
Di nuovo calò il silenzio. Sotto lo sguardo cupo del crociato, il prete prese uno sgabello, si sedette e fece cenno al frate che lo accompagnava di deporre accanto alla cella il misero vitto che aveva portato. Fatto questo, si sistemò meglio la tonaca, lucidò su dorso della manica la croce che portava al collo e infine, col tono di una banale conversazione, disse: “Non nego di aver forzato un po’ la mano ieri, nel corso degli interrogatori preliminari. Ho fatto domande ad hoc e ho raccolto le risposte che volevo.” Fece un’altra pausa, annuì con l’aria di complimentarsi con se stesso. “Ma evidentemente era Dio che stava guidando le mie azioni, cavaliere, perché così facendo, ho maturato la decisione di rinchiudervi qui e ho messo fine al flagello che stava devastando il paese.”
Voi non avete messo fine proprio a nulla, quelle cose torneranno.”
Oh, ma certo. C’è stato un errore, vero?”
Torneranno.”
E voi come lo sapete, di grazia?”
Lo so e basta. Il mostro più pericoloso, il cane infernale, non è stato ucciso.”
Ripeto la domanda: e voi come lo sapete? Siete in contatto con lui, per caso?”
E io vi ripeto: non siate ridicolo. Lo deduco dal fatto che non l’avete neppure nominato.”
Il prete annuì grave. Fece passare qualche istante di silenzio, quindi con voce fredda disse: “Qui c’è un unico cane infernale, figlio di Satana ed emissario del Demonio, cavaliere, e in questo momento è dietro le sbarre, impossibilitato finalmente a compiere le sue opere nefaste.” Lo squadrò di nuovo come se stesse osservando un animale mai visto, quindi gli chiese: “Dite, come avete fatto a carpire la fiducia del barone von Obenstein? Eppure non mi è sembrato uno sprovveduto.”
Fratello Adalrich non rispose.
Certo, rimanete pure nel vostro sdegnoso silenzio, finché ne siete in grado,” fu la pacata risposta, “Ma sappiate che nessuno è mai riuscito a resistere ai miei interrogatori. Arriverà il momento in cui vi rammaricherete di non avere più cose da dirmi.”
Io non ho nulla da dirvi, né l’avrò mai.”
Vedremo, vedremo,” rispose padre Gerold in tono condiscendente.

§

Hermann rientrò al castello immerso in cupi presentimenti. Procedeva rapido, quasi senza fare caso al fatto che a differenza dei giorni precedenti, sul suo cammino non compariva anima viva.
A un certo punto svoltò per un viottolo che non aveva deviazioni, e una ragazza che camminava nella direzione opposta alla sua si appiattì al muro e si segnò quando si incrociarono.
Perplesso, il cavaliere la seguì per qualche istante con lo sguardo mentre si allontanava, poi però tornò deciso sui propri passi.
Vide le guardie all’entrata scambiarsi un’occhiata nervosa al suo apparire. Per un attimo fecero quasi il gesto di sbarrargli il passo, poi rinunciarono al loro proposito, ma evitarono di guardarlo, rimanendo con gli occhi fissi dinnanzi a sé.
Hermann cercò l’entrata delle prigioni e vi si diresse senza indugio.
Questa volta, la guardia lo fermò.
Fatemi passare,” gli intimò il cavaliere, già inquieto per la notte appena trascorsa e per l’atteggiamento strano dei paesani.
Ho ordine di non far passare nessuno.”
L’altro lo fissò torvo. “Ordine di chi?”
Il soldato si guardò intorno, constatò che erano soli e a bassa voce rispose: “Veramente non potrei nemmeno dirvelo. Ordine dell’inquisitore che è arrivato ieri.”
Il cavaliere aggrottò le sopracciglia. Avrebbe voluto chiedere da quando in qua in un castello un uomo di chiesa dava ordini al posto del feudatario, ma di sicuro non era il soldato con cui stava parlando colui che avrebbe potuto dargli una risposta. Lo salutò e si allontanò.
Andò a cercare il barone.
Trovò il nobile nella sala delle udienze, con lui c’era anche padre Gerold.
Voi dovete permettermi di interrogarlo secondo le prescrizioni del vescovo!” stava dicendo il prete.
Hermann non percepì alcuna risposta.
Dovete farlo! Quello che voi avete sempre considerato un servo di Dio, quello al quale avete accordato la vostra incondizionata fiducia, altri non è che un emissario di Satana.” Poi, dopo una pausa: “Prima firmerà la sua confessione, prima potremo procedere a eliminare definitivamente il male da Dürnau.”
Che cosa intendete per eliminare definitivamente?” disse il barone dopo un lungo silenzio.
Prima che il prete potesse rispondere, Hermann fece il suo ingresso nella stanza. “Qui non si interroga proprio nessuno,” disse in tono che non ammetteva repliche, “a meno che non sia presente un membro nel nostro Ordine.”
Io sono il plenipotenziario del vescovo,” ringhiò padre Gerold rivolgendogli un’occhiata velenosa, “quindi ho il diritto di portare avanti un interrogatorio con i mezzi che ritengo più adeguati, se ho il fondato sospetto che ci siano commerci con il Maligno.”
Fratello Hermann si erse in tutta la sua altezza, arrivando a sovrastare il religioso di tutta la testa. Sul suo volto normalmente amabile e sereno aleggiava l’espressione che egli assumeva nel corso delle battaglie più feroci. “E io vi ripeto, padre, che richiedo, anzi esigo un membro nel nostro Ordine che porti avanti l’eventuale interrogatorio insieme a voi.”
L’altro lo fissò bellicoso. “Altrimenti?”
Altrimenti...” cominciò facendo un passo verso di lui, la mano gli corse al pomo della spada.
Mentre il prete arretrava mormorando qualcosa d’indistinto, il barone afferrò il cavaliere per un braccio e lo trattenne. “Non giova a nessuno farsi prendere dai sentimenti,” gli ricordò.
A malincuore, Hermann si rilassò sotto la sua presa. Emise un sospiro sconsolato e disse: “Certo, avete ragione.” Volse lo sguardo verso di lui come per chiedergli aiuto.
Il nobile annuì appena, quindi a voce alta disse: “Concordo con quanto detto dal fratello cavaliere. Manderemo a chiamare un membro dell’Ordine esperto in questo genere di cose.”
Ma...” intervenne il prete indignato.
Così è deciso,” replicò von Obenstein prima che l’altro avesse tempo di finire la frase. “Potete tenere in cella il cavaliere, ma non potete interrogarlo in alcun modo fino a che non sarà giunto un cavaliere più anziano, o addirittura un fratello sacerdote che possa assistervi nella bisogna. L’Ordine Teutonico ha uno statuto particolare, del quale ovviamente non potete essere a conoscenza, quindi è necessario che qualcuno più sapiente di voi in questo campo vi affianchi e vi consigli.”
Il prete aggrottò le sopracciglia. “Volete lasciare che il male dilaghi nel vostro feudo?” lo provocò.
Se devo dar retta a voi, il male è attualmente chiuso in una cella del mio castello, e da lì non può scappare.”
Ma può sempre esercitare la sua nefasta influenza.” Il sacerdote dardeggiò occhiate verso i due interlocutori, che però gli rimandarono sguardi di pietra. Il barone anzi disse: “Sono certo che il nostro parroco, padre Caspar, gradirebbe molto scambiare altre quattro chiacchiere con voi. Non capita tutti i giorni di avere a che fare con un plenipotenziario del vescovo di Fulda.”
Ma, se permettete, barone...” tentò padre Gerold.
Andate. Il simile ama stare con i propri simili, non è così?”
Una volta che il prete, con molti inchini e qualche rispettosa ma inascoltata protesta fu uscito, Hermann si rivolse al barone e semplicemente disse: “Adalrich è innocente.”
Lo so.”
Sono pronto ad affrontare qualsiasi ordalia per provarlo, non temo il giudizio di Dio né quello degli uomini. Giuro sulla mia spada, e per la croce che porto sul petto, che il mio confratello non ha mai fatto altro che combattere quelle creature malefiche.”
Lo so, lo so,” sospirò di nuovo il barone, “non lo dovete dire a me.”
E allora perché non lo fate liberare?”
Non è così facile. Qui non siamo in Terra Santa, le cose sono più complesse. Ma posso pur sempre ordinare che al vostro confratello non sia fatto alcun male.” Si interruppe, guardò verso la porta come temendo di vedere affacciarsi l’inquisitore, poi soggiunse: “Per ora.”
Hermann lo fissò aggrottando le sopracciglia. “Come sarebbe a dire, per ora?”
Al momento il vostro confratello ha a suo favore solo i vostri giuramenti. Contro di lui invece ci sono prove purtroppo evidenti, oltre al fatto che è un… come l’ha chiamato il prete? Homo albus?”
Sì.”
Quelli come lui di solito vengono uccisi da piccoli, lo sapete bene. Lui si è salvato solo perché di famiglia nobile.”
È innocente,” ripeté Hermann per l’ennesima volta. Evitò di tirare fuori l’argomento delle vere origini del confratello. Si ripromise anzi, qualora le cose si fossero messe davvero male, di scrivere ai conti von Hohenberg: se essi avevano accolto Adalrich quando era in fasce e nonostante il suo aspetto lo avevano cresciuto come figlio loro, di certo dovevano volergli bene. La famiglia era antica e potente, e un suo appello a favore del cavaliere non sarebbe rimasto inascoltato.
Hermann chinò la testa, lasciando vagare per un po’ lo sguardo sulle macchie colorate che il sole creava su muri e pavimento attraversando i vetri delle finestre. Infine fissò il barone e chiese: “Posso vederlo?”
L’altro annuì. “Teoricamente, nessuno potrebbe avere contatti con il prigioniero, ma vi porterò comunque da lui. Basta che mi promettiate di trattenervi poco.”
Voglio solo scambiare due parole con lui, vedere come sta.”
Non gli è stato fatto del male,” si sentì in dovere di ricordargli il barone.
Senza quasi fare caso a quella rassicurazione, Hermann rispose: “Il problema non è la sofferenza del corpo, barone. Sarà furioso e umiliato, e quando è in quello stato d’animo tende a convincersi di cose stupide.”
Ad esempio?”
Ad esempio che il prete abbia ragione, o scempiaggini del genere, ed è troppo schietto per non dire con franchezza quello che pensa, anche a proprio discapito. Devo andare a parlargli prima che peggiori da solo la sua posizione.”

Inginocchiato accanto al pagliericcio, immobile, Adalrich sembrava una statua di marmo. La luce che penetrava dal finestrino lo investiva in pieno, facendo risaltare il suo candore contro il buio che lo circondava.
Hermann si avvicinò e rimase in piedi a guardarlo.
L’altro, che stava pregando, disgiunse le mani e si voltò verso di lui. “Sei tu,” disse. Gli rivolse un pallido sorriso.
Hermann si fece avanti, afferrò le sbarre. “Adalrich...”
Non saresti dovuto venire,” lo ammonì il prigioniero.
Perché?”
Non devono pensare che tu ed io siamo legati da altri vincoli a parte quello di appartenere allo stesso ordine, altrimenti finiranno per sospettare anche di te.”
Per tutta risposta, in tono rabbioso Hermann disse: “Non permetterò a quel prete di farti del male, dovessi frappormi fra te e lui con la spada in pugno.”
Adalrich non replicò. Si alzò in piedi, si avvicinò alle sbarre e pose le mani accanto alle sue, abbastanza vicino da sfiorarle. “E se… fosse vero?” mormorò evitando di guardarlo negli occhi.
Che cosa?”
Che io sono un emissario del Demonio. Che sono malvagio.”
Per la lancia di San Giorgio, Adalrich, ricominci?” sbottò il confratello, avendo cura di far sì che la sua voce suonasse particolarmente esasperata. “Se tu fossi di natura diabolica, come potresti portare la croce sul petto?”
L’altro abbassò gli occhi sulla propria cotta d’arme come se la vedesse per la prima volta. “Non lo so,” disse candidamente. Staccò una mano dalle sbarre e sfiorò con le dita la croce nera.
Adalrich, te l’ho sempre detto: dai un po’ troppo credito alle storie da comari. Se tu sei di natura diabolica, allora Starkenberg deve essere un girone dell’inferno, perché sei il migliore, il più valoroso e il più devoto di tutti noi.”
Adesso non esagerare.”
Dico le cose come sono.” Distolse lo sguardo dal confratello e lo girò verso la porta delle prigioni, constatando che essa era ancora chiusa. Tornò a fissare gli occhi su di lui e a voce bassa disse: “Cambiando discorso: tu che idea ti sei fatto di quello che è successo?”
L’altro fece per aprire la bocca, ma Hermann lo fermò con un gesto e lo ammonì: “Non tirare fuori delle assurdità sul fatto che eri rinchiuso qui. Lo sai meglio di me che non c’entri niente.”
Hm.”
Ne sei convinto, vero? Non è che cominci ad autoaccusarti come uno stupido appena giro l’angolo?”
Ma no, sta tranquillo.”
L’altro lo squadrò critico. “Vedremo. Comunque: tu credi che la questione dei mostri sia veramente finita?”
Adalrich scosse la testa. “No, non è finita. Ho ancora la brutta sensazione che mi porto dietro da quando abbiamo trovato quella reliquia.” Deglutì. “Anzi, adesso è più forte che mai.”
Credi che il cane infernale tornerà?”
Sì. Per prima cosa, non è morto nemmeno dopo che l’ho colpito in pieno almeno quattro volte. L’hai visto anche tu: si è rialzato ed è andato via come se niente fosse. E poi non compariva tutte le notti, ricordi? Si vede che esce solo quando è affamato, o qualcosa del genere.”
Quindi è ancora da qualche parte.”
Sì, e tornerà.”
Beh, nel caso spero che vada a bussare alle finestre di padre Gerold, così quella specie di rospo si convincerà che sei innocente.”
Un cigolio lo avvisò che la porta delle prigioni si stava schiudendo. Con un gesto repentino, egli pose la mano su quella che Adalrich teneva ancora posata sulle sbarre e la strinse. L’altro non si ritrasse. Si fissarono negli occhi, poi Hermann sussurrò: “Ricorda quello che ci siamo detti e non fare cose stupide. Io ti tirerò fuori di qui, fosse l’ultima azione che compio in vita.” Poi si girò e senza dare all’altro il tempo di replicare, si diresse rapido verso l’uscita.

Hermann uscì dalle segrete piuttosto pensieroso. Una frase di Adalrich non voleva uscirgli dalla testa: ho ancora la brutta sensazione che mi porto dietro da quando abbiamo trovato quella reliquia.
La comparsa del mostro era coincisa con l’arrivo del suo confratello al villaggio, e questo non si poteva negare, ma contestualmente era arrivata anche un’altra cosa nel villaggio.
E Adalrich aveva una brutta sensazione da quando l’avevano trovata.
Rifletté che nell’arco della loro lunga conoscenza quegli strani presentimenti erano comparsi molto di rado, ma invariabilmente si erano rivelati esatti.
La voce del barone lo distrasse dai suoi ragionamenti: “Ebbene, cavaliere, siete soddisfatto di quello che avete visto?”
Adalrich sta bene,” si limitò a rispondere Hermann.
Non gli è stato fatto alcun male,” si sentì in dovere di puntualizzare ancora una volta von Obenstein.
L’altro annuì. “Certo, ve ne sono grato. Posso sperare che non gliene verrà fatto nemmeno in futuro?”
Il barone si strinse nelle spalle e rispose: “Vorrei potervelo promettere, ma...”
Ma?...”
Venite con me, cavaliere. Sono certo che vi farà piacere visitare la nostra armeria.” Il nobile si incamminò senza attendere risposta.
Hermann non ebbe altra scelta che seguirlo.
Percorsero un corridoio dalle pareti coperte di arazzi, discesero un paio di rampe di scale e uscirono nel cortile, lo attraversarono e poi imboccarono una porta. Da lì, scendendo alcuni gradini, raggiunsero una stanza molto ampia, con i soffitti a volta di mattoni grezzi, a stento rischiarata da una lanterna posata su un supporto accanto all’entrata.
Tutto l’ambiente era occupato da rastrelliere sulle quali erano allineate armi di ogni tipo.
Venite,” ripeté il barone, “ora vi mostro le armi più belle.” Raccolse la lanterna e si addentrò fra gli scaffali.
Giunsero a una seconda scala, la discesero e arrivarono a un locale più piccolo, con il soffitto più basso, nel quale stagnava un penetrante odore di umidità. Non c’erano armi.
Ora possiamo parlare,” annunciò il barone. “Quando c’è in giro certa gente, anche i muri hanno occhi e orecchie. Quaggiù almeno abbiamo la garanzia che la conversazione rimarrà privata.” Spinse la porta in modo da chiuderla, quindi appese la lanterna a un gancio che usciva da una parete e disse: “Penso che l’avrete già capito: l’inquisitore vuole un’esecuzione.”
Il cavaliere fece qualche passo, il pavimento di terra battuta ne attutì il rumore. Infine rispose: “Lo immaginavo.”
Per ora gli sto impedendo di fare qualsiasi cosa, ma appena potrà comincerà con gli interrogatori.” Fece una pausa. “Voi sapete cosa significa, vero?”
Hermann si limitò ad annuire.
Il passo successivo sarà il rogo,” aggiunse il barone.
Voi potete negare il permesso. È il feudatario che autorizza la pena capitale nel feudo.”
Certo, ma ci vogliono dei motivi validi per farlo. Le prove sono tutte contro il vostro confratello, come vi ho già detto. Inoltre, se padre Gerold comincerà a interrogarlo potrebbe anche riuscire a ottenere una sua confessione, e in tal caso non avrei più nessuna possibilità di oppormi alla sentenza.”
Hermann strinse i denti. Si appoggiò con le spalle contro il muro e fissò negli occhi il suo interlocutore. “Ci dev’essere un modo per fermarlo,” disse alla fine, “Adalrich è innocente. Combatto spalla a spalla con lui da anni, lo conosco meglio di me stesso. Inoltre, ogni notte sono rimasto al suo fianco, non ha mai fatto altro che lottare contro quelle cose, anche a rischio della propria incolumità. Sono pronto a testimoniarlo di fronte a chiunque.”
Non ditelo troppo forte,” lo ammonì von Obenstein, “Per certa gente, da testimone a complice il passo è breve, e rischieremmo di avere due esecuzioni invece di una.”
Meglio morire con lui che rimproverarmi in futuro di non essere riuscito a salvarlo!” rispose Hermann con veemenza, gli occhi azzurri che mandavano lampi.
L’altro gli fece cenno di calmarsi, poi disse: “Dato che avete richiesto la presenza di un membro del vostro Ordine durante gli interrogatori, vale la pena di sceglierlo con oculatezza.”
Il cavaliere fece un sorriso tirato. “Potrei andare a chiamare il Gran Maestro, dato che conosce bene, e ovviamente stima fratello Adalrich. In fondo, da qui alla corte di Federico II non ci saranno più di due mesi di viaggio, no?”
Il nobile si concesse un fugace sorriso, quindi rispose: “Non c’è bisogno di affrontare uno spostamento così lungo e pericoloso. Credo che al convento di Marienbrunnen, a un giorno di cavallo da qui, troverete la persona che fa per voi.”
Allora parto subito.”
No, partirete domani, ufficialmente con il compito di scortare mio figlio verso Norimberga. Io dirò al prete che vi ho fatto allontanare con una scusa per impedirvi di comunicare con il vostro confratello.”
Devo chiedere di qualcuno in particolare?”
Fratello Hildebrand. È un anziano cavaliere che non avendo più l’età per portare le armi conduce una vita di studio e contemplazione presso il convento.”
Hermann immaginò un mite vecchietto, magari con qualche problema di memoria. “Siete sicuro che sia la persona giusta?” chiese dubbioso. Per come la vedeva lui, per rintuzzare le ignobili affermazioni dell’inquisitore ci sarebbe voluto un cavaliere agguerrito, esperto di Scritture ma anche abituato a combattere, che non si lasciasse intimidire dalle invettive di padre Gerold sul Demonio. Oppure uno di quei fratelli sacerdoti che avevano più spesso in mano la spada del messale, come padre Georg di Starkenberg.
Sono sicuro.” La voce di von Obenstein lo riportò alla realtà contingente. “E ora torniamo su, non vorrei che cominciassero a chiedersi dove siamo finiti. Partirete domattina, Konrad verrà con voi e vi indicherà la strada.”

§

Al calare del sole, fratello Hermann si presentò al barone armato di tutto punto. Nella sala delle udienze c’era anche padre Gerold, che lo fissò meravigliato e chiese: “Dove andate, cavaliere?” Poi, con una risatina: “Per caso c’è qualche drago da uccidere?”
Il cane infernale tornerà,” si limitò a rispondere Hermann.
Davvero? Per caso ve l'ha detto il vostro confratello?”
L'altro ignorò la provocazione e si voltò verso von Obenstein: “Con permesso,” gli disse, facendo un lieve inchino del busto. Si girò per andarsene, ma il prete lo richiamò: “Aspettate un attimo, non avete risposto alla mia domanda: è stato il vostro confratello ad avvertirvi?”
Hermann si morse il labbro inferiore. Scambiò un fugace sguardo con il barone, quindi si volse verso il religioso e rispose: “È solo prudenza da parte mia, padre.”
Una prudenza fuori luogo, direi.” Poi, dopo una pausa, rivolgendogli un'occhiata sospettosa: “A meno che voi non sappiate qualcosa che noi ignoriamo.”
Il cavaliere era certo di essere impallidito, tuttavia sostenne lo sguardo del sacerdote e con voce ferma rispose: “So quello che sapete anche voi: il cane infernale non è stato ucciso.”
Certo, non ancora,” rispose padre Gerold, “ma rassicuratevi: è chiuso in cella e non può fare danni.”
Adalrich non è un cane, e tanto meno infernale!” sbottò il cavaliere. Nella foga di difendere il confratello fece un passo verso il prete, che arretrò spaventato.
In quel momento, echeggiò, fioco ma inconfondibile, un lungo ululato.
I tre si irrigidirono e si scambiarono un'occhiata. Il suono si ripeté.
Un lupo?” ipotizzò padre Gerold nel silenzio che era calato.
È il cane infernale,” disse Hermann con voce dura, poi si voltò verso il barone: “È meglio che io vada.” Senza attendere risposta si diresse rapido verso la porta.
Corse fuori dalla sala delle udienze. Uscì a passo svelto dal castello, si diresse verso il borgo. Qua e là brillavano delle fiaccole, c'era gente sul sagrato, qualcuno stava piangendo. Vide che la siepe di prugnoli che circondava il cimitero era stata in parte divelta, e i rami degli arbusti giacevano sparsi qua e là. Da dietro la vegetazione superstite proveniva una luce. Il cavaliere si avvicinò e si imbatté in un gruppetto di persone che stavano contemplando una tomba profanata. Al posto della sepoltura, eseguita il giorno prima, era rimasta solo una fossa irregolare, intorno alla quale erano sparsi brandelli di stoffa e fiori calpestati.
Quando è successo?” chiese d'impulso.
I presenti si voltarono verso di lui e lo fissarono silenziosi. Qualcuno addirittura fece l'atto di arretrare di fronte alla sua croce nera.
Allora?” li richiamò alla realtà.
Fu una ragazza a parlare: “Poco fa. Abbiamo sentito dei rumori e siamo venuti a vedere, e abbiamo trovato... questo.” Fece un gesto verso lo sfacelo della sepoltura.
Dove abitate?” chiese il cavaliere.
La ragazza indicò un punto dall'altra parte del sagrato. “Hirtengasse, vicino alla fontana.”
Abitate tutti nello stesso posto?”
I paesani si limitarono ad annuire, sempre continuando a fissarlo con sguardi a metà tra il sospetto e la paura.
Vi accompagno là,” disse il cavaliere, “poi chiudetevi in casa e non aprite per nessun motivo fino a che non torna il sole.”
Un uomo scosse la testa. “Non ci veniamo con voi, siete amico dell'emissario di Satana.” Si fece il segno della croce.
Hermann stava per ribattere, quando dal buio dei vicoli che circondavano la piazza si levò ancora una volta l'ululato della bestia. Calò un silenzio carico di apprensione.
È vicinissima,” si limitò ad ammonirli il cavaliere. “State indietro.” Sfoderò la spada mentre la gente si appiattiva contro il muro della chiesa.
Il cane infernale uscì dall'ombra a grandi balzi, entrando nell'area fiocamente illuminata del sagrato. I suoi occhi verdi sembravano ardere di un fuoco interno, le mascelle irte di zanne grondavano sangue.
Qualcuno urlò alle spalle di Hermann, una donna scoppiò a piangere.
State indietro!” ripeté il cavaliere.
La bestia si piantò sulle quattro zampe in mezzo allo spiazzo. Aveva una cresta di pelo fulvo irta sulla schiena, ed era più possente di un lupo adulto. Alzò la testa come per fiutare l'aria mentre un ringhio basso le usciva dalla gola.
La spada stretta in pugno, Hermann fece qualche passo in avanti. Il mostro volse lo sguardo nella sua direzione, di nuovo emise un ringhio. Si raccolse preparandosi a balzare.
Fatti sotto,” la provocò il crociato.
Sulla spada, investita dalla luce delle fiaccole, guizzò un bagliore come di metallo incandescente.
Il mostro tese i muscoli, arricciò le labbra scoprendo ancora una volta le zanne candide. Gli occhi non erano quelli di una bestia bruta, brillavano anzi di un'astuzia e di una perfidia antiche.
Fatti sotto,” ripeté Hermann, facendo un altro passo avanti.
Il cane infernale balzò. Il cavaliere sottrasse bersaglio e intercettò la sua parabola con un fendente calato a due mani. Il colpo penetrò profondamente, e un violento spruzzo di sangue gli imbrattò la cotta d'arme. Con un urlo raccapricciante, il mostro rotolò da una parte, quindi balzò in piedi. Il colpo di spada, che avrebbe dovuto ucciderlo o perlomeno ferirlo gravemente, si stava richiudendo a vista d'occhio.
Ringhiò, si fece sotto di nuovo. Il cavaliere si raccolse, e mentre il mostro lo superava con un balzo alzò la spada per squarciargli il ventre. Si udì un orrendo ululato di dolore, la belva crollò al suolo e mentre rotolava trasfigurò in un uomo alto e ossuto, dal colorito scuro.
Fu solo un istante, poi di nuovo prese la forma di un animale, scattò in piedi e scomparve nel buio.
Ansante, il cavaliere rinfoderò la spada e si voltò verso il gruppetto. “Ora andiamo,” disse.
I paesani, tre donne e due uomini, ondeggiarono ma non si mossero.
Andiamo,” ripeté Hermann in tono duro, “non fatemelo ripetere. Quella cosa può tornare.”
Di nuovo, l'unica che si fece avanti fu la ragazza, che poi si voltò verso gli altri e disse: “Madre, padre: andiamo?”
Gli altri quattro si scambiarono mute occhiate. Di nuovo echeggiò nel buio l'ululato, i paesani ritirarono la testa fra le spalle ma non si mossero.
Il cavaliere porse una mano alla più giovane. “Come ti chiami?” le chiese.
Petra.”
Per favore, Petra, fidati di me. Se rimarrete qui fuori da soli morirete.”
Da qualche parte si udì un grido d'agonia. “Ha preso qualcuno!” esclamò il padre della ragazza.
Muoviamoci,” ripeté il cavaliere, “o rischiate di essere i prossimi.”
Petra fu la prima a farsi avanti, gli altri a malincuore la seguirono, stretti fra di loro come pecore, dardeggiando intorno occhiate di terrore.
Si udì il raschiare degli unghioli nel buio, di nuovo un ringhio. Hermann fu lesto ad abbandonare la mano della ragazza e a sfoderare la spada. Subito dopo fu sbattuto all'indietro dall'impatto del mostro. L'arma gli sfuggì. Vide il baluginare delle fauci nel buio e d'istinto si protesse il volto con l'avambraccio. La bestia lo afferrò, le sue zanne strapparono gli anelli di ferro dell'usbergo come se fossero stati di carta. Il cavaliere estrasse con l'altra mano il baselardo e glielo piantò nel collo fino all'impugnatura, il mostro si fece indietro con l'arma ancora conficcata nel corpo, il giovane ne approfittò per rialzarsi in piedi e recuperare la spada. Subito dopo incalzò la belva, caricò un fendente e glielo calò addosso a due mani. La lama penetrò nella folta pelliccia e produsse uno squarcio dal quale sgorgò un fiotto di sangue. Il cavaliere vibrò un secondo colpo, che di nuovo ferì il mostro, ma esso arretrò, e dritto sulle quattro zampe ringhiò con aria di sfida. Si udì il tintinnio del pugnale che cadeva a terra.
Andate!” ordinò il cavaliere ai paesani, senza perdere di vista l'orrendo animale, “Correte via e chiudetevi in casa mentre lo tengo impegnato.”
Petra protestò: “E voi?”
Andate!” ripeté Hermann. Sentì che alle sue spalle la madre della ragazza diceva qualcosa. I paesani si allontanarono rapidi.
La belva si raccolse per balzare di nuovo, ma in quel momento si fecero udire le voci di diversi uomini: con la coda dell'occhio il cavaliere si accorse che si trattava del sergente con una decina di soldati, tutti armati di fiaccole e picche. Con un ringhio rabbioso, il mostro si girò e scomparve nel buio.







[1] Matteo 23


   
 
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