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Autore: Il corsaro nero    10/11/2017    2 recensioni
In ogni fiaba si sa già il destino dei personaggi.
I buoni vivono per sempre felici e contenti mentre i cattivi muoiono.
Non ci si può fare niente.
Non si può sperare di cambiarlo... o forse no...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Tarble, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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CAPITOLO 12: VIENI CON ME


L'operazione stava per avere inizio e le quattro persone presenti era tutte molto agitate.

La bambina di tre anni dai lunghi capelli turchini era quella più nervosa.

Continuava a guardare di qua e di là e a mangiucchiarsi le pellicine vicino alle dita, come faceva sempre quand'era nervosa.

La madre, una donna con i capelli corti dello stesso colore della figlia, le disse: “Bra, se continui a massacrarti le dite non le avrai più.”

La bimba smise all'istante di mangiucchiarsele.

Ascolta, Bra. Io non so se il tuo amico ce la farà ma sappi che ti vorrà sempre bene. Dovunque sarà.” le raccontò Bulma e Bra le chiese: “Pensi che papà continuerà a volermi bene?” “Ma certo, tesoro. Perché pensi una cosa così?” “Perché per colpa mia ha rinunciato a un rene. Se papà mi odiasse... non credo che lo sopporterei...” “Bra... papà non potrà mai odiarti. Ha rinunciato a un rene per poter salvare il tuo amico e farti felice. Sta' tranquilla, stellina. Qualunque cosa accada, lui non potrebbe mai odiarti.”

Anche gli altri due presenti erano molto tesi, ma per motivi completamente diversi.

Entrambi, infatti, erano molto nervosi per il fatto di trovarsi vicino alla persona che amavano profondamente senza nemmeno poter confessare il loro sentimento.

Fu Bulma a interrompere quell'imbarazzante silenzio che si era creato: “Ma i tuoi genitori dove sono?” “A casa mia. Prima di partire, gli ho chiesto se potevo andare da sola e loro hanno acconsentito. Quando l'operazione sarà finita, li chiamerò e loro verranno a prendermi.” raccontò la ragazza.

Una volta che Gure ebbe finito di parlare, Tarble si alzò e disse: “Vado a prendere qualcosa al bar.”

Dopo qualche minuto che si era allontanato, Gure si alzò anche lei e dichiarò: “Devo andare un attimo in bagno.”

Invece di andare verso il bagno, la ragazzina si diresse verso il bar dell'ospedale.

Era l'occasione giusta per dirglielo.

Eppure, Gure si sentiva tremendamente tesa.

Come avrebbe potuto dire al suo prof che si era innamorata di lui?!

Gure si fermò, indecisa sul da farsi.

Era una stupidata.

Il suo prof non l'amava e l'avrebbe trattata come una bambina capricciosa.

Era meglio lasciar perdere...

Non avere paura.”

La voce seccata del suo vicino le rimbombò nella testa.

Questo è per dirti, ragazzina, di non avere paura. La paura può fare molto male. Ho lasciato mia moglie per paura... e me ne sono pentito per tutta la vita. Non aver paura di non riuscire ad attirare un uomo perché ci riuscirai di sicuro. E anche in futuro ricordati di non averla. Perché potresti pentirtene per sempre...”

Gure fece un bel respiro e si diresse verso il bar.

Doveva trovarlo e dirgli che lo amava.

Forse avrebbe avuto una delusione, ma almeno ci aveva provato...

Lo trovò che stava per uscire.

Professore!” lo chiamò, con voce affannata, tutta rossa in viso.

Lui si girò e, con una faccia stupita, le domandò: “E' tutto a posto, Gure?” “Io dovrei parlarle di una cosa importante e privata!” “Ok...”

I due si diressero in un angolo dove non c'era nessuno.

Cosa succede, Gure?” le domandò, con la sua solita voce gentile, e lei, con tutto il coraggio che aveva, gli disse: “Io... io la amo, professore!”

Tra i due calò un profondo silenzio, che venne subito interrotto da Gure: “Non mi consideri come una studentessa che vuole solo aumentare i suoi voti, io le parlo come una semplice ragazza innamorata! Se lei facesse un altro lavoro le direi le stesse cose! Io la amo perché è sensibile e dolce! Ho voluto dirglielo adesso perché a Giugno mi trasferisco in un altro paese e... e volevo dirglielo!”

La ragazza rimase immobile, con la testa china e le guance rosse.

Il prof le si avvicinò e... l'abbracciò.

Un abbraccio dolce ma allo stesso tempo sicuro.

Un abbraccio che nemmeno il vento più forte del mondo avrebbe potuto dividere.

Anch'io ti amo, Gure.” le sussurrò dolcemente all'orecchio “Ti amo da mesi. E non perché sei giovane o bella, ma per la tua sensibilità, purezza e innocenza. Le parole che scrivevi nei tuoi temi erano stupende. Raccoglievano sentimenti che mi facevano emozionare... non volevo rovinarti, per questo non mi sono fatto avanti per tutto questo tempo.”

La ragazza ricambiò l'abbraccio dell'uomo, scoppiando a piangere: “Non voglio andare via... voglio restare accanto a te...” “No, Gure. E' meglio che tu parti.” “Ma perché?! Non mi vuoi?!” “No... ma gli altri non capirebbero il nostro amore... vedendo un adulto che gira con una ragazza giovane come te, si metterebbero a parlare male di noi... infangherebbero la nostra reputazione ingiustamente! E io non voglio che questo ti accada... per questo li prenderemo tutti in giro!” “Cosa vuoi fare?” “Partirai con i tuoi genitori e quando avrai finito la scuola e sarai maggiorenne, tornerai qui. Poi partiremo, noi due, insieme, verso una nuova vita.”

Gure sorrise.

Era orgogliosa del suo uomo...

Tarble...” sussurrò, chiudendo gli occhi, mentre le lacrime continuavano a scenderle.


Ora le praticheremo l'anestesia. Si rilassi e chiuda gli occhi.” lo avvisò un'infermiera, mentre gli metteva una mascherina sulla bocca.

Vegeta inspirò il gas e sentì le palpebre farsi molto pesanti.

Subito si addormentò e gli sembrò di vedere qualcosa tra gli occhi chiusi.

Un campo di girasoli, un picnic, un albero, una caduta...


Correva senza sosta nell'immenso campo di girasoli.

I petali gli volavano intorno e divertendolo come pochi.

Quello era un giorno molto speciale.

Era il suo terzo compleanno e i suoi genitori, per festeggiare, l'avevano portato a fare un picnic.

Non era una festa di compleanno come tutte le altre ma era divertente.

Vegeta! E' pronto!”

La voce di sua madre si sentì per tutto il campo.

Arrivo, mamma!” le gridò il bambino, correndo verso di lei.

Si precipitò verso una tovaglia, dove la sua mamma e il suo papà stavano finendo di mettere i piatti.

Allora, ti diverti?” gli domandò la mamma e il piccolo rispose: “Certo!”

Suo padre rimase in silenzio, come al solito.

Non era mai stato molto loquace...

Ho visto che in fondo al campo c'è un albero, posso salire?” domandò Vegeta e la madre gli rispose, prontamente: “Levatelo dalla testa, Vegeta!” “Eddai!” “Obbedisci alla mamma, Vegeta.” rispose suo padre con il suo tono di voce annoiato, mentre prendeva una fetta di pane.

Vegeta fece una faccia scocciata.

I grandi... chi li capisce è bravo!

Mangiò il suo pasto e ritornò a correre in mezzo al campo.

In realtà voleva solo avvicinarsi all'albero per poi salire di nascosto.

Solo i mocciosi obbedivano ai genitori!

Una volta arrivato, cominciò a salire.

Era piuttosto dura, dato che aveva solo tre anni, ma doveva provarci.

Ad un tratto, il ramo su cui stava salendo si ruppe e cominciò a cadere.

Vegeta si aspettava di cadere pesantemente per terra ma, inaspettatamente, qualcosa lo afferrò.

Alzò gli occhi e vide suo padre.

Doveva aver intuito cosa stava per fare e l'aveva seguito, evitandogli una brutta caduta.

Suo padre non gli disse niente.

Si limitò a posarlo per terra, per poi dirigersi verso il campo, dicendogli: “Torniamo dalla mamma, Vegeta.” “Va bene.” annuì il figlio.

Avrebbe voluto ringraziarlo e chiedergli scusa per quello che era successo... ma era troppo orgoglioso per farlo...


Respirava sempre più affannosamente.

L'uomo nella sala operatoria stava sempre più male.

Allora?” domandò il medico a un'infermiera vicino a lui ed essa rispose: “Hanno appena fatto l'anestesia al donatore. Il rene dovrebbe arrivare a momenti.” “Va bene... intanto pratichiamo l'anestesia al paziente. E' ridotto molto male, speriamo che la donazione possa fare qualcosa.”

La donna, prontamente, prese la mascherina collegata al gas soporifero e la mise sulla bocca del paziente.

L'uomo cominciò a respirare più piano fino ad addormentarsi del tutto, mentre, attorno a lui, tutto diventava nero.


Quell'immenso corridoio buio e gelido sembrava non finire mai.

Camminava con passo calmo, senza alcuna fretta.

L'unica cosa che voleva era smettere di soffrire.

Più di una volta, si era domandato dove sarebbe finito una volta morto.

Tutti pensavano alle cose più strane dell'aldilà ma lui voleva solo una cosa da essa.

La pace interiore.

Continuò a guardarsi intorno.

Non c'era nessuno.

Solo il buio e il freddo.

Come la sua esistenza.

Perfettamente identica.

Almeno, non c'era nessuno che lo condannava per i suoi sbagli...

Signor Lupo Cattivo!”

Quella voce...

L'uomo si voltò e vide una bambina dai capelli turchini e con grandi occhi blu.

Una bambina che avrebbe riconosciuto dappertutto...

Si voltò e fece per andarsene, ma la bimba corse verso di lui e lo afferrò per la mano, chiedendogli: “Dove sta andando?” “In un posto orribile che non è per te, Cappuccetto Rosso.” “Non andartene. Resta con me, ti prego.” “Non posso. Io sono un Lupo Cattivo e i Lupi Cattivi vanno tutti in quel brutto posto.” “Vieni con me!”

Lui la guardò.

Lei, accorgendosi che era riuscita a farsi ascoltare da lui, gli sussurrò: “Vieni con me...” “Io... non so...” “La prego, signor Lupo Cattivo. La porterò in un mondo nuovo. Un mondo pieno di luce. Un mondo dove i lupi cattivi e soli come lei sono felici.”

Dopo aver detto quelle parole, gli allungò una mano.

Vieni con me.” gli sussurrò.

L'uomo sospirò.

Un mondo così bello non esisteva per lui... esisteva solo nelle favole...

Senza esitazione, prese la mano della bambina che, sorridendo, si alzò in volo assieme a lui.

Certo quelle cose esistevano solo nelle favole... eppure, una volta tanto, sognare un mondo migliore per lui non costava nulla...


Per ore, non accadde niente.

Fu solo quando il grande orologio della sala d'attesa segnò la mezzanotte, che la scritta Operazione in corso si spense e un chirurgo uscì dalla sala.

Appena lo vide, Bra gli corse incontro e domandò: “Allora? Si è salvato?”

L'uomo si tolse la mascherina che aveva in viso, che per la piccola Bra equivalse a tre secoli di attesa, e, con calma, dichiarò: “E' stata un'operazione molto lunga e faticosa. A volte il paziente sembrava migliorare per poi peggiorare... ma sono felice di annunciare che l'operazione è riuscita. Il paziente è salvo.”

   
 
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