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Autore: mirianacantali__    11/11/2017    3 recensioni
"Perché noi siamo come la notte, così intensa, buia, paurosa. Ma quando è illuminata dalla luna... beh in quel caso è tutt'altra cosa. Siamo così sbagliati che i nostri difetti, insieme, si annullano. E non importa il blu dei miei capelli o quello biondo dei tuoi, non importa se le stelle questa sera non si vedono, perché adesso siamo noi ad illuminare questa notte tenebrosa."
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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I due si sedettero, come se qualcuno gli avesse dato il permesso; ma a quanto pare l'unica scontenta del fatto ero solo io.

La loro presenza era fastidiosa, anzi più che altro a quella di Austin avrei dovuto abituarmi, quindi poteva andar bene.

Ma lui non lo sopportavo così come i suoi capelli che riavviava costantemente con la mano.

"Uno, due..." mi misi a contare interrompendo il breve discorso instaurato da Paige e Austin.
"Tre, quattro, cinque..." mi guardai intorno mentre i ragazzi seduti al mio tavolo mi guardavano come se fossi un alieno.

"Kayla, ma cosa ti prende?"mi domandò Paige.

Non l'ascoltai e continuai a contare.
"Sei.." 
Austin che probabilmente aveva capito ciò che stavo facendo mi guardava con aria divertita.
"Sette..."
"Non solo sei acida e lunatica, ma anche matta. Guarda tu con chi ho a che fare."

Ignorai anche lui.
"E per finire otto."esclamai fingendomi sorpresa.
"Ci sono otto tavoli liberi, venti sedie vuote e centinaia di studenti in questa mensa; perchè dovete rovinarmi il pranzo, che tra l'altro è l'unico momento di pausa in cui posso rilassarmi?" domandai sarcasticamente, rivolgendo la mia attenzione soprattutto verso Justin, affinché capisse che tra i due, era quello che più mi faceva salire il nervoso.

"Cosa c'è di male, volevo condividere questo meraviglioso pranzo con la mia più grande ammiratrice."
"Si davvero ammiro tantissimo la tua felpa. Avevo pensato di chiederti se potessi regalarmela. È l'unica cosa bella che hai." colpito e affondato.
"Ti consiglierei di farti visitare da un oculista" disse pacato.
'Cosa?'
"Cosa c'entra adesso?"
"Che non vedi bene, se dici che non sono carino. E non lo penso solo io; sono stato eletto per tre anni consecutivi ragazzo più bello della scuola. E poi ho tutte le ragazze che voglio che la pensano diversamente da te" disse fiero di sé come se fosse una cosa di cui vantarsi.

'Tra tutti i difetti che può avere, non puoi puntare sulla bellezza. Davvero come puoi dire una cosa del genere, se la prima volta che l'hai visto stavi quasi per svenire?'
Ignorai anche la mia coscienza.

"Non ci posso credere" stavo iniziando a perdere la pazienza " ma ti senti? Non reputarti così importante perché non lo sei.
E poi a me non piaci, ognuno ha i suoi gusti" buttai fuori tutto d'un fiato.
"Non dire cose che non pe..." fummo interrotti dalle risate dei due che erano con noi e di cui ci eravamo completamente dimenticati, troppo presi dal nostro battibecco.
"Cosa ridete voi?" esclamammo all'unisono, abbastanza irrequieti. 
Uno alzò le braccia in segno di resa e l'altra si impegnò a cessare la sua risata, con scarsi risultati.

A quel punto mi alzai, trascinando la sedia che provocò un sordo stridore.
Sistemai lo zaino in spalla mi avviai verso l'uscita.
Arrivai nel cortile della scuola e continuai ad avanzare senza una meta precisa.

Il cielo sopra di me era scuro, cupo e minaccioso. I nuvoloni neri regnavano sovrani, pronti alla loro interminabile pioggia, e proiettavano un'atmosfera non molto piacevole.
Il tutto coincideva alla perfezione con il mio umore.

Ero fatta cosi, non sapevo affrontare le situazioni, anche quelle più semplici, e preferivo scappare. 
Scegliere la via più facile. 
Scappavo tutte quelle volte in cui decidevo di coprire i miei capelli biondi con quel blu che nemmeno mi piaceva.
Scappavo quando non riuscivo a parlare dei miei genitori, neanche con Paige.
Scappavo continuamente anche da me stessa perché non riuscivo a mostrarmi per quella che ero realmente.

La mia vita è stata sempre un continuo fuggire e nascondersi; riuscirò mai a trovare un punto fermo nella mia quotidianità?

Lo squillo del mio telefono mi riportò alla realtà.
Mi fermai un attimo e lo estrassi dalla tasca esterna del mio zaino.
Erano due messaggi da parte della mia amica.

Da: Paige
'Mi dispiace per prima, ci sentiamo più tardi. Adesso va' a casa a riposarti.'

Il secondo diceva:
Da:Paige
'Senti, non voglio essere egoista, ma Austin accompagnerà me a casa.
Quindi cerca di non lamentarti e arrangiati.
Ovviamente ti voglio bene.'

Alla vista del contenuto, sorrisi spontaneamente; in fondo la mora sapeva come tirarmi su.
Non risposi, mi limitai a posare nuovamente il cellulare, questa volta nella tasca posteriore dei miei jeans.
Sapevo che anche se avessi provato a replicare, conoscendo Paige, non avrei ottenuto nulla; e poi avevo bisogno di fare due passi a piedi e riordinare i miei pensieri. 

Controllai che non avessi ulteriori lezioni e mi avviai sulla strada verso casa.

Non feci nemmeno dieci metri che piccole gocce d'acqua iniziarono a cadere sopra la mia testa.
Non avevo un ombrello, né qualcosa con cui ripararmi. 
A peggiorare la situazione, era il freddo pungente di febbraio che arrivava prepotente sul mio viso e in generale sul tutto il corpo.
Stinsi maggiormente la mia enorme sciarpa al collo e sospirai.

"Posso farcela; in fondo che sarà mai? Non mi lascio spaventare da un po' d'acqua." dissi a me stessa a voce alta.

Hai presente quando ti autoconvinci di una cosa e poi succede puntualmente tutto il contrario? 

Ecco è quello che accadde in quel momento.
Avrei preferito non aver mai parlato perché pochi minuti dopo, la pioggerellina che era stava fino a quel momento, aumentò notevolmente di intensità fino a trasformarsi in un vero e proprio temporale.

Il cielo iniziò a illuminarsi con i lampi e i tuoni provocavano un fastidioso rumore.
Le strade della mia amata Brooklyn erano semi-deserte, se non per qualche auto che sfrecciava veloce sulla pozzanghere che si erano rapidamente formate.

Fortunatamente trovai riparo sotto un balcone e, mentre aspettavo che smettesse di piovere, mi soffermai a guardare l'acqua che cadeva ai miei piedi e che mi aveva inzuppato oltre a scarpe e vestiti, anche l'anima.
E mentre arrivai alla conclusione di amare e odiare la pioggia al tempo stesso, una grande auto nera costeggiò  il marciapiede su cui mi trovavo.

Il finestrino si abbassò lentamente rivelando una chioma bionda e un viso quasi angelico.

"Non è che per caso la mia ammiratrice vorrebbe un passaggio?" La voce di Justin era inconfondibile.

Ignorai il suo commento e nonostante tutto quello che era successo in quella mattinata, non esitai un attimo prima di fiondarmi letteralmente sul sedile del passeggero.
   
 
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