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Autore: Myra11    11/11/2017    1 recensioni
Allora...da dove inizio..sono una fan sfegatata di Final Fantasy XV, e ho adorato tutto del gioco, e ancora di più del film Kingsglaive, quindi ho deciso di scrivere una WhatIf? descrivendo cosa sarebbe accaduto se [ATTENZIONE SPOILER] Nyx Ulric non fosse morto alla fine del film, ma fosse sopravissuto e avesse accompagnato Luna nel suo viaggio per risvegliare gli Dei.
[DALLA STORIA]
Lo individuò immediatamente. Non era difficile riconoscerlo, con quei capelli di un blu quasi nero, e i vestiti logorati dal lungo viaggio. Non aveva molto di regale, pensò, ma se il suo Re si era sacrificato per difenderlo, e se Luna credeva così tanto in lui, forse, solo forse, ne valeva la pena.
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunafreya Nox Fleuret, Noctis Lucis Caelum, Nyx Ulric, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 21
 
Meet Me on The Battlefield
Even on The Darkest Nights
 
Noctis riaprì piano gli occhi, ma fu costretto a sbattere le palpebre un paio di volte prima di mettere a fuoco il luogo dove si trovava.
Le pareti di pietra erano gelate, ma il vento che proveniva da fuori lo fece rabbrividire ancora di più.
Si alzò a fatica, sentendo il corpo che protestava, e scese i pochi scalini incisi nella roccia.
Quando ad accoglierlo fu una distesa di mare burrascoso e un cielo cupo, si accigliò.
Non era notte, si rese conto. L’atmosfera era diversa, più pesante, come una cappa di oscurità che chiudeva il mondo, e gli mozzava il respiro.
L’abbaiare del cane lo spaventò ma, abbassando lo sguardo, vide che Umbra lo stava aspettando paziente vicino alla costa. Rinunciando a chiedersi come avesse fatto l’animale a raggiungere Angelgard in mezzo al mare Noctis prese il biglietto che gli stava porgendo.
Galahd.
Lo stavano aspettando, pensò con un sorriso, ma come avrebbe fatto a raggiungere la città, così lontana? Si passò una mano tra i capelli, e sentì le sue dita andare più giù di quanto avrebbero dovuto. Si afferrò una ciocca e fu esterrefatto della sua lunghezza, proprio come lo fu nel sentire la corta barba che gli cresceva sul mento.
«Quanto tempo è passato?» Si domandò, e Umbra abbaiò nuovamente prima di incamminarsi verso la costa. Se c’era una cosa che sapeva, era che il cane nero di Luna non era una bestia qualunque, quindi lo seguì obbedientemente, e lui lo guidò fino allo yacht reale.
Nel vederlo, Noctis non riuscì a trattenere un sorriso.
Ancora una volta, suo padre gli aveva fatto un dono.
Vi salì titubante sopra, e poté finalmente specchiarsi. Il suo viso era diverso, pensò, più definito e squadrato, evidenziato dalla barba e dai capelli che gli solleticavano il collo, sfiorando le spalle.
Era invecchiato, ma di quanto?
«Cos’è successo?» Si accigliò mentre si metteva ai comandi, e guidava l’imbarcazione verso il lontano molo di Galdin. Ricordava di essere stato trascinato nel Cristallo, Ardyn che minacciava Lunafreya e i suoi amici, e poi una luce intensa. E ricordava anche la conversazione con Bahamut.
«Il Re dei Re ripulirà il mondo e caccerà l’oscurità, ma il prezzo da pagare sarà una vita.»
Lo yacht lo condusse sano e salvo fino alla terraferma e, appena scesa, trovò ad accoglierlo Pryna, la delicata cagnolina bianca dell’Oracolo, e lo interpretò come un buon segno: se erano vivi, Lunafreya doveva essere sana e salva.
«D’accordo.» Scrollò le spalle e s’incamminò sul molo. «Andiamo.»
Ricordava il ristorante pieno di vita, le persone sedute che gustavano i deliziosi piatti di Coctura, il sole che scintillava sull’acqua.  Dov’erano ora, quelle persone? E soprattutto, si chiese sollevando lo sguardo verso quel cielo inquietante, dov’era la luce?
Il suono di passi in corsa lo distrasse, e subito dopo una lunga lancia sottile gli sfrecciò sopra la spalla, piantandosi dietro di lui. Il suono gorgogliante del daemon che scompariva gli fece gelare il sangue, e voltandosi vide ciò che restava della creatura.
«Noct!»
La voce sembrava provenire direttamente dal suo passato, e lo rincuorò. Si voltò nuovamente, e rimase interdetto per un attimo. «Ignis, sei tu?» La domanda gli venne spontanea dal cuore: l’uomo davanti a lui indossava occhiali scuri che nascondevano i suoi occhi ciechi, ma per il resto assomigliava poco all’Ignis che lui conosceva, sempre ordinato e impeccabile. Quello davanti a lui, invece, era un uomo dai capelli disordinati, e gli abiti logorati da viaggi e battaglie, e si muoveva come se ci vedesse meglio di chiunque altro.
«Chi altro conosci che ti salva proprio quando hai bisogno?» Lo schernì lui scherzosamente, poi gli si avvicinò e lo strinse brevemente a sé.
«Sono contento di incontrarti, Noct.» Ammise, ma Noctis si sentiva stordito, e gli ci volle un attimo prima di essere in grado di rispondere. «Anch’io sono lieto di vederti così in forma. Cos’è successo qui, dove sono gli altri?»
Ignis gli fece cenno di seguirlo, e insieme si avviarono verso il parcheggio, dove c’era un furgone con il motore acceso. «Circa sette anni fa l’Oracolo ha avuto un crollo, e l’oscurità ha preso il controllo del mondo. Non c’è più giorno, né sole, solo notte, e daemon.»
Gli indicò la strada tra le colline, e Noctis si domandò come avesse fatto ad accorgersi della presenza del grosso daemon armato di spada al centro di essa. «Iggy, aspetta, cosa vuol dire che Luna ha avuto un crollo? Sta bene?»
L’uomo annuì, poi batté un paio di volte sul fianco del camion, e lo sportellone sul retro fu aperto.
«Sta bene. L’importante è che tu sia tornato, e che questa storia stia per finire.»
Salì agilmente sul retro del furgone, e Noctis lo seguì, salutando con un cenno gli altri due soldati presenti, che si profusero in inchini quando si resero conto di chi era.
Quando il furgone partì, Noctis riprese con le sue domande.
«Hai detto sette anni fa?»
Ignis, acuto come di consueto, intuì dove lui volesse andare a parare. «Sei stato via dieci anni, Noct. E prima che tu me lo chieda, stanno tutti bene, ma ultimamente non passiamo molto tempo assieme, anche se tutti noi passiamo sempre da qui quando siamo in zona.»
«Che è successo?» Domandò il re, incapace di trattenere le domande, e la cosa fece sorridere Ignis. «Nulla di particolare. Semplicemente, abbiamo preso strade diverse. Prompto è diventato un tiratore scelto, ed è sposato con Cindy, Gladio e Iris sono inseparabili, e lei è diventata molto brava con i daemon.»
«E…»
Ignis posò una mano sulla spalla del suo sovrano. «Sono vivi. Sono la coppia di sterminatori di daemon più efficiente al mondo, e sono inseparabili.» Noctis annuì, poi abbassò lo sguardo sulla propria mano: l’Anello scintillava di potere represso, e sembrava spingerlo a sbrigarsi.
Lo coprì con la mano opposta, e tornò a rivolgersi al suo ex cuoco.
«Iggy, come fai a muoverti così tranquillamente?»
La risposta fu un misto tra mesto e sarcastico.
«Sono più abituato degli altri a stare al buio.»
 

 
Galahd sembrava un sole in mezzo al buio quando la raggiunsero.
Le sue mura erano intervallate da alti lampioni che espandevano una luce brillante in ogni angolo, lasciando intravedere coloro che montavano di guardia contro gli orrori di quella notte perenne.
Il suono di un fucile caricato li bloccò davanti ai cancelli, e Ignis alzò le mani in segno di resa.
«Pensavo fossi io quello cieco, Prompto. Non vedi chi c’è con me?» Scherzò, e vi fu un attimo di silenzio, poi il pesante portone si spalancò, lasciando uscire il guardiano.
«Sei davvero tu?»
Anche se Prompto era invecchiato e non era più il ragazzo spensierato che Noctis ricordava, l’emozione nella sua voce gli fece sciogliere il cuore, e lo spinse a muoversi.
Scostò il fucile che lui ancora impugnava e lo abbracciò senza dire una parola; poco dopo il suo abbraccio fu ricambiato, e sentì Prompto ridere e piangere nello stesso momento.
Quando si separarono, il ragazzo fece un lungo fischio. «Hey! È Noctis!»
Il suo richiamo attirò l’attenzione delle altre guardie, e ben presto Noctis si trovò circondato da gente che s’inginocchiava o gli baciava la mano con deferenza, mormorando la propria gioia nel rivederlo, nell’incontrare colui che erano sicuri li avrebbe salvati.
Noctis, dal canto suo, fece del suo meglio per assecondarli tutti, consolandoli e salutandoli come se fossero vecchi amici, ma fu grato alla persona che lo strappò da quel delirio. «Noct!»
La voce di Gladio era addirittura più roca di ciò che ricordava, e lui sembrava ancora più massiccio ma, sotto i capelli lunghi e i segni della fatica, lo Scudo del Re era sempre lo stesso brusco, affettuoso uomo, e Noctis si lasciò stritolare volentieri dalla sua stretta.
«Gladio, amico mio. Come stai?»
«Alla grande, ora che sei qui. Ehi voi! Circolare, lasciare un po’ di spazio al re!» Cacciò bruscamente i cittadini venuti a vederlo, poi gli circondò le spalle con un braccio e lo guidò nel cuore della città, davanti all’enorme falò che bruciava in continuazione.
Noctis si guardò intorno, ma erano poche le facce a lui familiari, e la cosa lo mise in agitazione.
«Ragazzi.» Richiamò la loro attenzione, cercando di ignorare quanto fossero cambiati, in tutti quegli anni senza di lui. «Dove sono gli altri?»
Ancora una volta fu Ignis a rispondergli. «Cindy e suo nonno sono al momento all’opera in officina, Aranea è partita per la caccia ieri, e Ravus è…»
«Qui.» Noctis si voltò di scatto verso la voce, e ricevette l’ennesima sorpresa. Il fratello maggiore dell’Oracolo era, come tutti loro, invecchiato, aveva i capelli più lunghi, che sparivano sotto il colletto dell’armatura argentata che indossava, ma la cosa che lo sorprese di più, a parte la cicatrice che gli attraversava il viso, fu cosa fece quando gli fu di fronte.
Posò un ginocchio a terra, la mano metallica sul cuore, e il viso abbassato. «Altezza.»
Noctis si fece forza, e sorrise brevemente. Era il Re, doveva abituarsi a quei saluti. «Ravus, è una gioia vederti sano e salvo. Alzati, per favore.»
Lui lo fece, e poi Noctis gli pose la domanda che gli premeva nel cuore da un po’.
«Dov’è tua sorella?»
Il soldato indicò la periferia della città, e solo in quel momento Noctis notò che la luce là era più forte, come se vi fosse una fonte pura laggiù. «Andiamo.»
Ravus li condusse davanti alla porta, poi l’aprì, e gli fece cenno di entrare.
«Vai, Noct. Noi aspettiamo qui.» Prompto lo spinse piano dentro, e Noctis si trovò in una casa dall’arredamento spartano ma confortevole. In un angolo della grande sala brillava il fuoco nel camino, e le luci erano accese, rivelandogli il divano e la televisione accanto alle fiamme.
«Non devi proteggermi sempre, lo sai.»
La voce ebbe il potere di focalizzare la sua attenzione, e la seguì titubante verso quella che intuì dovesse essere la cucina.
«Oh certo, lo so, ma sei avventata, e se non ci fossi stato io saresti già morta. E poi chi l’avrebbe sentito Noctis?»
Una breve risata, e lui si sentì mancare il fiato mentre apriva la porta della stanza.
«Noctis non…»
Gli occupanti della stanza lo videro insieme, e la donna lasciò cadere il bicchiere che stava impugnando. «Noctis.»
Non aveva mai visto Lunafreya senza un abito, si rese conto, e ora era davanti a lui, i lunghi capelli legati in una treccia le sfioravano i fianchi, e indossava un’armatura sottile a scaglie nere e bianche, che sembrava brillare dall’interno di una luce che veniva da lei. Era più bella che mai, e sembrava illesa, fortunatamente.
«Ti sei fatto aspettare.» Lo rimproverò l’uomo appoggiato al bancone della cucina, e il re spostò lo sguardo su di lui. Nonostante fossero passati dieci anni, l’unico segno di invecchiamento in lui erano le cicatrici aggiuntive che s’intravedevano sulle braccia, e una lieve sfumatura argentata nei suoi capelli disordinati. Inarcò un sopracciglio mentre lo guardava. «Beh, che vuoi fare, stare lì impalato per sempre?»
Sembrava un rimprovero, ma era una cosa così sua, quel tono pungente e divertito, che ebbe il potere di sbloccare la situazione. Noctis mosse un passo avanti, e Lunafreya gli corse incontro, abbracciandolo con tutta la forza che aveva e, come notò il sovrano, ora ne aveva molta.
«Sei tornato.» Mormorò lei quando si allontanarono, e gli sorrise, gli occhi lucidi di gioia.
«Andiamo, fallo salutare anche a me.»
La donna si fece da parte, e Noctis si trovò davanti il ghigno divertito e il viso sfigurato di Nyx Ulric.
«Bentornato.» Gli sorrise, porgendogli una mano, ma Noctis la strinse e la sfruttò per stringerlo in un breve abbraccio.
Luna si stava mordendo il labbro inferiore per nascondere un sorriso, e si mise a pulire il bicchiere rotto mentre parlava. «Stavamo per cenare. Rimani con noi, Noctis, ti prego.»
E nonostante fossero alla fine del mondo, e l’oscurità minacciasse di soffocarli tutti, osservando quei due visi così familiari che gli sorridevano, Noctis non poté fare a meno di annuire.
Era a casa.
 

 
Sembravano danzatori, si disse, osservandoli mentre si muovevano per la cucina ritirando i piatti della cena ormai finita. Si sfioravano senza mai toccarsi, sempre consapevoli della presenza dell’altro senza il bisogno di guardarsi, e Noctis ricordò le parole di Ignis.
«Luna, posso farti una domanda?» Le chiese, e lei si voltò con un sorriso luminoso verso di lui. «Certamente.»
Era lei il motivo per cui Galahd era ancora in piedi, si rese conto, lei era la luce che reggeva ancora quell’angolo di mondo. «Mentre viaggiavamo, Ignis mi ha detto cos’è successo sette anni fa, ma non mi ha spiegato molto. Stai bene?»
Lei annuì, scambiando uno sguardo veloce con Nyx, poi si sedette davanti al Re. «Ora sì. Quando sei…scomparso, quella notte a Gralea, non c’era più luce, di notte. I giorni duravano di meno, ma c’erano ancora, anche se il peso di combattere quella piaga aumentava sempre di più. Finché un giorno, sette anni fa, Ifrit ci ha attaccati, e abbiamo scoperto che era sotto il comando di Ardyn.»
Nyx si avvicinò a lei, e le posò una mano sulla spalla, che lei coprì con la propria. La sua vicinanza sembrò rafforzarla, e riprese a parlare. «Abbiamo lottato, tutti noi, e alla fine sono riuscita a respingerlo, ma mi è costata un’enorme quantità d’energia. Dopo quello scontro non sono più riuscita a respingere il buio, l’oscurità si è mangiata il mondo, e io ho fallito come Oracolo.»
«Non è vero.» Noctis si accigliò davanti al suo racconto. «Sei ancora qui, e combatti. In ogni modo.» Accennò alla sua armatura e al Tridente, appoggiato contro il muro accanto alla porta.
Nyx sogghignò. «Visto? Lo sapevo che te l’avrebbe detto anche lui.»
«Tu sapevi che sarei tornato?» Domandò il re, stupito, sollevando lo sguardo mentre lui annuiva. «Cuore di Bahamut, ricordi?» Nyx si indicò il petto. «Ho sempre saputo che eri vivo, e dov’eri. Sono stato io a dire a Ignis di andare a Galdin, quando ho sentito la presa del Cristallo allentarsi su di te. Non sapevo precisamente quando, ma sapevo che saresti tornato.»
«Non smetti mai di stupirmi, Nyx, devo ammetterlo.»
L’uomo si strinse nelle spalle e finse modestia. «Non ci posso fare nulla purtroppo. È un dono.»
Noctis si concesse una breve risata. «Come siete diventati cacciatori?»
Prima che uno chiunque di loro potesse parlare la porta si spalancò, e Noctis sentì un vociare di bambini che lo sommerse quando loro entrarono ridendo. «Lady Luna, Lady Luna! È vero che il Re è qui?»
Fu Noctis ad alzarsi, sorridendo ai bambini, e loro lo osservarono stupiti da capo a piedi.
Uno di loro si fece avanti, un bambino paffuto dalle guance tonde e i capelli scuri. «Non ha la faccia di un re.» Commentò, e Lunafreya intervenne a rimproverarlo.
«Non dire così!»
Noctis sorrise e scosse la testa, poi si accovacciò di fronte al bambino. «Non fa niente, Luna. Tu sei?»
Il bambino gonfiò il petto fieramente. «Il mio nome è Drautos Ostium, mio padre si chiama Libertus Ostium, e protegge la città!»
La sua presentazione pomposa strappò una risata ai componenti della sala, poi Lunafreya richiamò i bambini attorno a sé. «Forza, lasciate andare il re.» Si rivolse a Nyx, e Noctis non poté fare a meno di notare che il modo in cui si guardavano era ancora lo stesso, intenso sguardo che si erano sempre scambiati: sembrava che osservassero la loro metà perfetta, il motivo della loro stessa vita. «Nyx, perché tu e Noctis non fate due passi mentre io mi occupo di questi irrispettosi?» Scherzò, e l’uomo annuì, facendo un cenno al re di seguirlo.
Mentre uscivano di casa, la risata dell’Oracolo li seguì.
«È incredibile.»
«Cosa?» Sorrise Nyx mentre camminavano per le vie della città, incrociati da gente che si fermava ad inchinarsi ogni volta che si accorgeva della presenza del sovrano. Noctis fece un cenno con la mano, indicando ciò che li circondava. «Tutto quello che avete fatto qui. Gladio, Ignis, Prompto, tu che sei sempre lo stesso…Luna.»
Il soldato al suo fianco annuì. «Ne ha passate molte, da quando sei sparito.»
«Non era mia intenzione, il Cristallo…»
«Lo so.» Lo interruppe Nyx alzando una mano. «Non ti stavo incolpando, io più di tutti so cos’è successo.»
Aveva ragione, come al solito, si rese conto Noctis. Non importava quanto tempo fosse passato, Nyx restava sempre dalla parte della ragione, e la cosa lo fece sorridere.
«Allora…l’hai addestrata tu?»
Nyx non ebbe bisogno di chiedere a chi si riferisse, e annuì. «Veramente non volevo farlo. Ma è stata lei ad insistere, sostenendo che doveva essere in grado di aiutarci anche lottando, e non solo come guida spirituale, quindi ho ceduto.» Si strinse nelle spalle, e ripresero la loro camminata. «Non pensavo che una Principessa potesse lottare così bene, sembra che le venga naturale.»
Risero insieme, e poi Noctis toccò quell’argomento che una volta l’aveva tanto tormentato.
«Quindi, tu e lei…»
Nyx piantò su di lui i suoi occhi tempestosi. «Noctis, non volevo rubartela. Ma è stato come…»
Il re lo interruppe con un sorriso. «Non me l’hai rubata, Nyx. Luna, forse, era mia vent’anni fa, ma dal primo momento che ti ha incontrato ha smesso di esserlo. La mia gelosia mi ha impedito di rendermene conto, ma il suo cuore è sempre stato tuo.» Gli posò una mano sulla spalla, sentendosi stranamente sereno mentre parlava. Niente dolore, niente gelosia. «Non vorrei nessun altro al suo fianco.» Gli disse, e si rese conto che era vero. L’uomo davanti a lui era comparso dal nulla nella sua vita, l’aveva fatto arrabbiare, ingelosire, l’aveva anche pestato un paio di volte, ma ora vedeva la semplice verità dei fatti: Lunafreya non era sua, da molto tempo, c’era qualcosa in lei e Nyx che s’incastrava alla perfezione, e lui la capiva in un modo che non gli era mai stato possibile. E se doveva morire, voleva che lei fosse al sicuro.
Nyx annuì piano, sorridendo. «Grazie, vuol dire molto. È un piacere riaverti qui.»
«È un piacere essere tornato. Ma Luna non verrà con noi ad Insomnia, quando partiremo.»
L’uomo ridacchiò divertito e alzò le mani. «Prova tu a fermarla, se riesci.»
«Nyx ha ragione. Nonostante tu sia il re, è lei che comanda qui.» La voce squillante gli permise di riconoscerla ancora prima di vederla, e si voltò con un sorriso.
«Ciao Cindy. Ignis mi aveva detto che eri in officina.»
La ragazza annuì, e quando sollevò una mano a spingersi indietro i capelli disordinati, Noctis vide l’anello scintillare sull’anulare, e si ripromise di fare i complimenti a Prompto. «Non potevo non venire da te. La tua ragazza ti sta aspettando.»
Quella semplice frase ebbe il potere di emozionarlo e, mentre seguiva il meccanico verso la piccola officina, si chiese come avessero fatto a recuperarla. Lui non ricordava nemmeno l’ultima volta che l’aveva vista, eppure, quando Cindy sollevò il portellone, lei era là, rimessa a nuovo, e lucida come il giorno che avevano lasciato la capitale.
Si sentì soffocare dall’emozione mentre la sfiorava.
Oltre i chilometri, oltre la distanza, le ferite, oltre il tempo, lei era là.
«Papà!»
L’auto si era fermata davanti alle scale, e Regis ne era sceso con un sorriso.
Appena l’aveva visto aveva allargato le braccia, e lui ci si era gettato in mezzo.
«La Regalia.»
  
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