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Autore: Kia_1981    11/11/2017    0 recensioni
"Si sorprese a pensare che, se si fosse alzata in punta di piedi, sarebbe riuscita a raggiungere le sue labbra con un bacio..."
Qualcosa sta cambiando, tra Megan e Julian, al punto che la dottoressa decide di fargli un regalo per il suo compleanno. Ma può capitare che in alcuni casi ci si ritrovi ad affrontare situazioni piuttosto inaspettate.
Segue le mie storie precedenti che sono state sviluppate a partire dalle idee sviluppate nel GdR "Il Presidio BF"
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Julian Lord, Megan Linnet, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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1. Un Regalo

I corridoi del Collegio di Maderian erano, generalmente, piuttosto tranquilli. Per questo motivo, quando si sentiva sbattere una certa porta, tutti gli studenti si zittivano e cercavano di ritirarsi alla chetichella per non rischiare di incorrere nelle ire dell’Onorabile Megan Linnett. La dottoressa era rientrata dopo il suo turno in ospedale e sentiva di aver bisogno di molto riposo: il lavoro non era stato più impegnativo del solito, tuttavia aveva passato la notte precedente senza quasi riuscire a chiudere occhio.

Non pensarci.

La giovane scrollò la testa e si massaggiò le tempie, tentando di scacciare i ricordi. Avvicinandosi alla finestra, considerò di essere stata fortunata: a quanto pare era riuscita a rientrare appena in tempo per evitare l’acquazzone che ora si stava abbattendo sulla Vecchia Capitale. Nel mese di marzo il tempo era sempre così imprevedibile, considerò. La mattina si usciva con il sole, la sera si rientrava con la pioggia.

Imprevedibile, proprio come Julian.

Si riscosse, sorpresa che i suoi pensieri l’avessero di nuovo condotta da lui, quando la sola scelta accettabile sarebbe stata quella di lasciar perdere quelle distrazioni per concentrarsi solo sulle cose importanti: lo studio e il lavoro. Doveva smettere di rimuginare sulla notte passata con lui ad Aldenor, su quello che le aveva detto, su quello che le sue parole le avevano fatto provare. Il nodo doloroso che le strinse la gola la colse alla sprovvista, irritandola maggiormente. Non si spiegava come mai dovesse farle tanto male ogni volta che i ricordi l’assalivano.

Respira.

Cercò di riprendere il controllo su se stessa: non era difficile finché riusciva a tenersi occupata, ma quando si fermava veniva assalita da sensazioni moleste e, fino ad allora, sconosciute; inoltre era sempre più irritabile, dal momento che passava le giornate a lavorare e le notti a rigirarsi inquieta sotto le coperte. La sua pazienza era arrivata al limite. Guardò il letto: avrebbe voluto distendersi e dormire, ma sapeva fin troppo bene che la sola cosa che le avrebbe conciliato il sonno sarebbe stata ripensare alle braccia di Julian che la tenevano stretta per scaldarla. Era probabile che ci avesse pensato troppo, convincendosi così che quello fosse il solo modo per riuscire a riposare.

Dopo aver misurato la stanza a grandi passi nervosi, spostando libri e altri oggetti già in ordine, Megan si avvicinò infine allo scrittoio. Aprì il primo cassetto e, infilando la mano all’interno, premette un piccolo bottone nascosto, a cui seguì il rumore secco di una serratura che scattava, rivelando l’apertura di uno sportellino segreto. La giovane lo guardò per un istante, poi allungò la mano per prendere l’oggetto che vi aveva nascosto. Ne estrasse un involto da cui fece scivolare fuori un orologio da taschino: il regalo che non aveva avuto il coraggio di dare a Julian. Sfiorò la decorazione geometrica sul coperchio, pensierosa. Come aveva potuto permettere a qualcuno di rovinare i suoi piani? Da quando era entrata allo Studium, aveva sempre avuto ben chiaro cosa volesse per il proprio futuro: diventare medico, ottenere una cattedra come Domina, essere indipendente. Gli uomini non l’avevano mai attirata e li considerava degli emeriti imbecilli smidollati: era riuscita a far scappare a gambe levate tutti quelli che avevano cercato di avvicinarla, confermando la sua idea che gli appartenenti al genere maschile non costituissero altro che un’enorme perdita di tempo. Solo uno si era dimostrato diverso. La tenacia di Lord era stata talmente implacabile che alla fine si era rassegnata ad averlo intorno. Era stata perfino disposta a concedergli di prendersi più confidenza, certa che ne avrebbe abusato: in fondo il ragazzo aveva fama di essere un donnaiolo, quindi probabilmente non si sarebbe fatto problemi a comportarsi da idiota con lei nonostante le avesse detto di essere innamorato di un’altra. Lei avrebbe avuto un’ottima scusa per considerarlo come tutti gli altri e il pensiero di allontanarlo sarebbe risultato più sopportabile. Invece nulla. Era sempre stato perfettamente corretto, finché era rimasto nella Capitale.

Un mese prima era partito per Altieres, per conto del suo Ordine. Non le aveva mai scritto nemmeno una lettera (ad ogni modo, perché si era aspettata che facesse una cosa del genere?) e non si era nemmeno fatto vivo con sua sorella o con altri, a parte un messaggio al suo arrivo in cui diceva che il viaggio era andato bene. Non avere sue notizie l’aveva resa particolarmente nervosa. Aveva trovato modo di sfogarsi facendo lunghe camminate senza una meta precisa, guardando senza interesse la gente intorno a sé o le botteghe che oltrepassava. Una volta si era fermata davanti al negozio di un orologiaio, osservando in vetrina l’oggetto che in quel momento teneva tra le mani: era abbastanza sicura che Julian non possedesse nulla del genere e le era sembrato adatto come regalo per il suo imminente compleanno. Si era presa del tempo per pensare se volesse davvero fargli un regalo e dopo un paio di giorni era tornata per comprare l’orologio e fare una richiesta molto particolare.
 
“Lavoriamo con un incisore abilissimo, Milady. Un vero artista”, l’aveva rassicurata il mastro orologiaio. “Ve lo chiamo subito”. La dottoressa stava già pentendosi della sua idea, quando un giovane dall’aria amichevole la raggiunse presentandosi come l’incisore di cui le aveva parlato l’artigiano. Prese in consegna il foglio che Megan gli stava porgendo con una certa riluttanza e lo studiò in silenzio per qualche minuto.

“Posso riprodurlo”, le aveva confermato con un cenno d’assenso. “Ovviamente la tecnica è diversa, potrebbe apparire leggermente differente”

“Non ha importanza”, l’aveva interrotto la giovane. “Mi basta che facciate del vostro meglio”

“Non temete. Sarà un vero piacere per me eseguire questo lavoro”, spostava lo sguardo alternativamente dal disegno alla ragazza, poi aveva sorriso. “Chi vi ha fatto questo ritratto deve essere davvero innamorato di voi”, aveva commentato alla fine, facendola trasalire.

“Non credo che questo vi riguardi”, aveva ribattuto lei turbata, sforzandosi di non essere troppo brusca.

“Perdonatemi”, si era scusato l’altro. “Volete che incida anche una frase sulla cassa?”

Megan era stata tentata di rispondere con un secco no: aveva già esagerato con il ritratto e non voleva rischiare che il suo gesto potesse venire in qualche modo frainteso. Tentennò per un istante e poi rispose affermativamente. Scelse una dedica, che lasciò perplesso l’incisore, poi pagò il suo acquisto e diede istruzioni affinchè le venisse consegnato in collegio non appena fosse stato pronto.
 
La giovane aprì l’orologio, rimirando sorpresa per l’ennesima volta il proprio ritratto. Quell’incisore aveva davvero fatto un lavoro dannatamente buono, doveva ammetterlo. Rilesse la dedica sulla cassa, poi tornò ad osservare il quadrante. Anche lì c’era una scritta, che lei, in un primo momento, non aveva notato: Horas non numero nisi serenas. “Segno solo ore liete”. Sembrava quasi una presa in giro, rifletté. 
   
 
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