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Autore: Kia_1981    13/11/2017    0 recensioni
"Si sorprese a pensare che, se si fosse alzata in punta di piedi, sarebbe riuscita a raggiungere le sue labbra con un bacio..."
Qualcosa sta cambiando, tra Megan e Julian, al punto che la dottoressa decide di fargli un regalo per il suo compleanno. Ma può capitare che in alcuni casi ci si ritrovi ad affrontare situazioni piuttosto inaspettate.
Segue le mie storie precedenti che sono state sviluppate a partire dalle idee sviluppate nel GdR "Il Presidio BF"
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Julian Lord, Megan Linnet, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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2. La Festa Mancata
   

La sera precedente.

Forse era stata un’idea stupida organizzare quella festa a sorpresa per il suo compleanno, ma nessuno aveva preso in considerazione la possibilità che lui non si sarebbe presentato. Quelli che erano stati ad Altieres insieme a Lord, avevano tentato di giustificare la sua assenza: perfino Gabriel si era mostrato stranamente comprensivo, suscitando lo stupore di Sophia al punto da farle dimenticare di essere in collera con il fratello. Ma lei non si era lasciata incantare: Lord doveva a tutti loro delle scuse e se gli altri erano disposti a perdonarlo, lei non si era dimostrata dello stesso avviso. Dopo aver bevuto l’ennesimo bicchiere di vino della serata, aveva raggiunto la sfacciataggine sufficiente per andare a cercare Jordan e obbligarlo ad aiutarla. 
 
***

Julian chiuse la porta della stanza alle proprie spalle con un sospiro di sollievo. Un po’ gli era spiaciuto non presentarsi alla festa che i suoi amici gli avevano preparato, ma era talmente di cattivo umore che di certo si sarebbe rivelato una pessima compagnia. Si tolse il mantello grondante di pioggia e si avvicinò al caminetto per tentare di ravvivare un po’ il fuoco. Guardando la fiamma risorgere dalle braci, decise che un sorso di liquore l’avrebbe scaldato sicuramente di più e magari gli avrebbe anche conciliato il sonno. Si diresse verso l‘armadio in cui qualche studente, che aveva occupato quella stanza prima di lui, aveva avuto la brillante idea di creare un doppiofondo. Forse si era trattato di qualcuno con molti segreti da custodire mentre lui aveva preferito sfruttare tutti quei nascondigli per le sue scorte di alcolici e, occasionalmente, di dolci. Dopo una rapida ricerca, estrasse una piccola bottiglia contenente un liquore ambrato. La aprì  tenendola sollevata in un immaginario brindisi.

“Tanti auguri a me”, sorrise amaramente e si rovesciò in gola buona parte del liquido dal sapore intenso.

Un rumore alle sue spalle, una specie di flebile lamento, lo fece sobbalzare: non aveva notato la figura seduta su una poltrona, riversa sul tavolo cosparso di libri e fogli di appunti. Si era avvicinato silenziosamente e il cuore aveva cominciato a martellargli furioso nel petto.

Megan.

Come aveva fatto ad entrare? E, soprattutto, perché era lì? Si sedette per terra, vicino a lei e rimase a guardare in silenzio quel poco che riusciva a distinguere dei suoi tratti in quella penombra. L’istinto di allungare una mano per accarezzarla gli sembrò fin troppo difficile da controllare, ma riuscì a frenarsi e rimase a contemplarla in silenzio. La bionda dottoressa era profondamente addormentata e, di tanto in tanto, mormorava qualcosa di pressoché incomprensibile. Il giovane Cavaliere era riuscito a cogliere giusto un paio di pesanti insulti che l’avevano fatto sorridere. Quando starle così vicino senza far niente divenne insopportabile, decise di svegliarla.

“Credevo preferiste dormire in camera vostra”, le bisbigliò ironico all’orecchio, facendole aprire gli occhi di soprassalto.

“Ma sei impazzito? Mi hai fatto prendere un colpo!” Lo aggredì portandosi una mano al petto.

Julian si appoggiò alla scrivania, accanto a lei. Incrociò le braccia e le sue labbra si stirarono in un breve sorriso.

“E cosa dovrei dire io che mi sono ritrovato in modo del tutto imprevisto, e soprattutto in piena notte, con una dottoressa addormentata sui miei codici? Spero non sia un tentativo di farmi espellere”, s’informò ironico, concedendosi un altro sorso di liquore.

Megan si rendeva conto che le parole di Lord non erano un vero e proprio scherzo: le regole erano chiare e se li avessero trovati insieme in camera a quell’ora, sarebbero stati in guai grossi. Sbadigliò e si stiracchiò tentando di alleviare il fastidio al collo indolenzito dalla posizione scomoda.

“Non ti preoccupare: dubito che qualcuno potrebbe pensare che stia succedendo qualcosa di inopportuno”, tentò di rassicurarlo, avvertendo subito un lieve disagio per quelle parole. Si sentiva stranamente nervosa: ora che lui era lì, non aveva idea di cosa fare. Non aveva più voglia di litigare né di rimproverarlo per non essersi presentato alla festa. Stava ancora cercando di decidere come comportarsi quando le mani di Julian le si posarono sulle spalle, massaggiandole i muscoli tesi.

“Probabilmente hai ragione”, assentì in tono sommesso, con una nota di tristezza appena accennata. “Ma le regole parlano chiaro e, purtroppo, valgono per tutti”.

“Chi ti ha insegnato?”, sospirò Megan godendosi quel massaggio che le stava sciogliendo tutta la tensione dolorosamente concentrata sulle spalle e sul collo. Non si era soffermata nemmeno per un istante a riflettere sul fatto che avrebbe dovuto considerare quel contatto quantomeno inappropriato.

“Va meglio?”, le domandò Julian senza rispondere alla sua domanda. “Devi essere molto stanca. Ho sentito dire che non ti sei risparmiata nelle ultime settimane”

“Non mi hai risposto”, obiettò la dottoressa contrariata. “Ad ogni modo, come mai ti interessi tanto a quello che faccio?”.

Julian si bloccò: si era distratto per un momento, rischiando di mandare tutto a monte. Aveva quasi dimenticato che Megan era persuasa che lui fosse innamorato di un’altra, in caso contrario non sarebbe mai andata spontaneamente da lui. Di notte. Da sola.  
Scrollò le spalle e si allontanò. L’interruzione di quel tocco rilassante e piacevole contrariò la dottoressa.

“L’ho saputo per caso”, replicò lui imperturbabile. “Tanto impegno non passa certo inosservato”.

Megan gli si avvicinò, fronteggiandolo combattiva. 

“Hai avuto il tempo di stare ad ascoltare degli stupidi pettegolezzi”, lo aggredì. “Avresti anche potuto trovarne un po’ per venire alla festa che avevano organizzato per te”.

“Avevo detto a Jordan di lasciar perdere”, ribatté seccato il giovane.

“Capisco. Evidentemente hai preferito andare a festeggiare tra le braccia di qualche cortigiana”, gli rinfacciò l’altra con più acredine di quanta intendesse.

“Mi state facendo una scenata di gelosia, Milady?”

L’osservazione di Julian la bloccò. No, non era gelosa. Era sicura di non esserlo.

“Cosa vuoi che mi importi delle donne con cui passi le serate? Mi infastidisce solo che fossimo tutti lì, come un mucchio di idioti, ad aspettare te: abbiamo perso una serata per niente”, sbottò alzando la voce.

“Mi dispiace che abbiate sprecato il vostro tempo per me, ma non avevo assolutamente voglia di festeggiare”, le voltò le spalle e si piazzò davanti alla finestra, dove cominciò ad asciugarsi i capelli con un telo che aveva recuperato dalla spalliera di una sedia.

“Quando sono venuto al mondo, venti anni fa, i miei genitori, hanno deciso che non valesse la pena vedermi crescere. Vi sembra qualcosa da festeggiare?”, continuò amareggiato.

Megan era sbigottita: non avrebbe mai pensato di vederlo comportarsi così. Era quasi come trovarsi davanti ad un’altra persona. Fece un passo verso di lui.

“Cosa ti è successo ad Altieres?”, volle sapere mentre le diventava sempre più chiaro il motivo per cui Gabriel aveva sostenuto che Julian sembrava non essere più in sé.

“Una donna, una di quelle Madrine tanto rispettate e temute tra la gente di Altieres, mi si è avvicinata e mi ha detto alcune cose che avrei preferito non sentire”, rispose in tono piatto. Le braccia gli ricaddero lungo i fianchi e sembrava che tutta la sua energia fosse concentrata nei pugni serrati nel tentativo di controllarsi. Megan, però, non aveva intenzione di accettare quella reticenza.

“Cose di che genere?”. Lo sentì inspirare a fondo.

“Non ne voglio parlare”, tagliò corto il ragazzo.

“Cosa può saperne di te una donna che non ti conosce affatto?”

“Mi ha detto qualcosa a proposito della mia famiglia”, ammise con foga. “Ma non ne voglio parlare”.

Sembrava sconvolto. La dottoressa non sapeva come comportarsi. Rimase a guardarlo, indecisa, poi indietreggiò. Si sentiva a disagio e voleva togliersi da quella situazione il più rapidamente possibile: lei si era lamentata della sua famiglia molto spesso. Probabilmente Julian la considerava un’ingrata, una che nemmeno si rendeva conto di quanto fosse fortunata. Era talmente in imbarazzo che pensò di andarsene senza aggiungere altro; per questo motivo rimase sorpresa quando si rese conto che, invece di avvicinarsi alla porta, i suoi passi l’avevano condotta accanto a Julian.

 “Dicono che gli amici siano una seconda famiglia”, esordì impacciata, accompagnando quelle parole con un’alzata di spalle. Gli toccò il braccio ed ebbe l’impressione di sentirlo irrigidirsi e trattenere il fiato. “Oggi la tua famiglia ti aspettava. E tu non ti sei fatto vivo”.

Il gesto inaspettato di Megan aveva messo Julian in difficoltà. Il suo tocco era bastato a confonderlo, ma quando aveva avvertito sul braccio anche il peso delicato della sua testa bionda, non aveva capito più niente. Aveva sentito la mano della giovane scivolare verso il suo polso, distendere il suo pugno contratto e farsi strada fra le sue dita per intrecciarle alle proprie. Chiuse gli occhi, concentrandosi per imprimere nella memoria quel momento meraviglioso.

“Hai perfettamente ragione. Mi dispiace ”, si scusò a bassa voce quando, finalmente, riuscì a riaversi dalla sorpresa, ritrovando l’uso della parola.

La dottoressa sollevò uno sguardo confuso verso di lui e fece un cenno d’assenso. Adesso sembrava tornato quello di sempre, ragionevole, solido, premuroso.

Si sorprese a pensare che, se si fosse alzata in punta di piedi, sarebbe riuscita a raggiungere le sue labbra con un bacio. Si domandò se le avrebbe trovate calde come il suo sguardo o fredde, come la notte che sembrava aver portato con sé. E quale sarebbe stato il sapore di quel bacio? Forse quello del liquore che aveva bevuto prima che lei si svegliasse, o quello delle gocce di pioggia che gli scivolavano ancora fra i capelli?
Anche Julian si era chinato verso di lei. I pensieri annullati, la mente annebbiata da quella vicinanza, da quella inattesa intimità: voleva baciarla, lo voleva da così tanto tempo che non riusciva più a pensare ad altro.   

Un rumore nel corridoio lo distrasse, fermandolo prima di raggiungere le labbra di Megan protese verso di lui.

Anche le giovane sembrò riscuotersi, scioccata dal suo stesso comportamento.

“Forse sarebbe meglio se…”, cominciò Julian

“Sì. Lo so. Non voglio rischiare inutilmente l’espulsione a pochi mesi dalla laurea”

Doveva aver bevuto decisamente troppo, prima di andare da Lord, e aveva rischiato di fare una sciocchezza. Per fortuna non era successo niente di irreparabile. Ripensò inorridita a quello che era quasi accaduto e si sentì sollevata per non aver dato seguito al proprio impulso.
Nel frattempo, Julian si era avvicinato alla porta e l’aveva socchiusa.

“Maledizione! Il Vice Tribuno sta facendo la sua solita ronda notturna. Siamo nei guai”

Si voltò preoccupato verso Megan, ma quando si rese conto di quello che la ragazza aveva portato con sé, non poté nascondere un sorriso sollevato.

***

Simon Van Allen prendeva molto sul serio il proprio ruolo di Vice Tribuno. Si era imposto di portare ordine tra gli ospiti più indisciplinati del Collegio di Aldenor, quindi quasi ogni notte faceva un giro per i corridoi in cui sperava di trovare qualche studente da mandare in punizione perché fosse di esempio agli altri. Sapeva che prima o poi anche Lord sarebbe caduto nella sua rete e quella notte si sentì particolarmente fortunato quando vide aprirsi la porta della camera del giovane Cavaliere e una figura, indubbiamente femminile, uscire alla chetichella.

“Tu! Fermati subito!”, la richiamò, ma la giovane non sembrava intenzionata a dargli retta. Il ragazzo si lanciò al suo inseguimento.

“Fossi in te, lascerei perdere”, lo apostrofò Julian, tranquillamente appoggiato allo stipite della sua porta.

“Fossi in te comincerei a fare i bagagli”, gli rispose malignamente l’altro, poi con uno scatto riuscì ad afferrare la ragazza per la spalla.

“Onorabile scholara, dovresti conoscere le regole”, esordì severo facendo voltare la sua vittima in modo rude. Il cappuccio le scivolò, rivelando una capigliatura bionda con un’acconciatura leggermente disordinata. Riconoscendo la persona che gli stava davanti, Simon boccheggiò esterrefatto.

“Voi!”

Si voltò confuso verso Julian, che non si era mosso e gli stava rivolgendo un sorriso apparentemente innocente. Con suo grande disappunto, l’Onorabile Simon dovette riconoscere che il Cavaliere non sembrava affatto reduce da un incontro galante.

“Ti spiace lasciarmi il braccio, Van Allen, o vuoi che provveda da sola?”

Il tono sferzante di Megan raggelò il ragazzo che si affrettò saggiamente a fare quello che gli era appena stato chiesto: non si poteva contrariare Lady Linnett e lui stesso lo aveva imparato a proprie spese alcuni anni prima.

“Mi spiace, milady, ma le regole parlano chiaro e io devo riferire al Tribuno della vostra presenza qui”, la avvertì ostentando più sicurezza di quanta ne
provasse.

Nel corridoio era calato un silenzio di tomba, ma la sensazione era che tante paia di orecchie fossero in vigile ascolto, impazienti di scoprire come si sarebbe sviluppata quell’incredibile situazione.

“E cosa pensi di dover riferire?”, domandò la dottoressa sempre più seccata.

“Se sono qui è solo perché qualcuno si è preoccupato per questo idiota”, proseguì concitata indicando Julian, “che ha avuto la brillante idea di starsene fuori sotto la pioggia. Ho dovuto rinunciare a una festa per venire a visitarlo. Sono già abbastanza irritata, quindi ti consiglio di smetterla di farmi perdere tempo”

Il vice tribuno lanciò un’altra occhiata a Julian, valutandolo con attenzione.

“Non mi sembra malato”, azzardò dubbioso.

“Non è niente di grave. Solo un poco di febbre”, lo informò l’interessato senza scomporsi.

L’altro ragazzo gli si avvicinò sospettoso, notando, nonostante la scarsa luce, che il Cavaliere appariva effettivamente piuttosto pallido.  

“Vattene a letto, Lord: se domani ti presenti alla Misericordia per non aver seguito le mie indicazioni, ti assicuro che te ne farò pentire per il resto dei tuoi giorni”, minacciò Megan. “In quanto a te, Onorabile Simon, vista l’ora tarda e la mia notevole stanchezza, ti chiederei di trovarmi una carrozza più presto possibile. Ho bisogno di riposare”.

Simon la guardò frastornato, domandandosi come avesse fatto a finire col prendere ordini dalla dottoressa. Saggiamente decise che la cosa migliore da fare  fosse accontentarla rapidamente.

“Subito, Milady”, acconsentì inchinandosi per poi indicarle di cominciare ad avviarsi lungo il corridoio. Si fermò solo un momento, per rivolgere un ultimo avvertimento a Julian.

“Spero che tu sia veramente malato; ad ogni modo non credere di potertela cavare così facilmente”, disse puntandogli il dito contro il petto.

“Come vuoi, Van Allen”, lo assecondò il Cavaliere senza mostrarsi minimamente intimidito. “Ora, se permetti, vado ad eseguire gli ordini della dottoressa, prima che decida di incenerire entrambi con lo sguardo”.

L’altro si voltò allarmato verso la donna che stava tamburellando spazientita un piede a terra. Quando la raggiunse, lei gli passò in malo modo la pesante borsa da medico per poi seguirlo senza più voltarsi.

Per la seconda volta, quella sera, Julian si richiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò chiudendo gli occhi. Si strinse il braccio a cui Megan si era appoggiata.

“Non toglierò mai più questa camicia”, mormorò trasognato. Sorrise, felice per la prima volta dopo tanti giorni, poi la sua espressione si contorse in una smorfia di dolore e gli sfuggì un lamento.
Si trascinò fino al letto e riuscì in qualche modo a sfilare gli stivali; quindi si raggomitolò sotto le coperte, nonostante avesse i capelli e i vestiti ancora leggermente bagnati. Megan si era dimostrata davvero astuta, riconobbe con orgoglio: aveva portato con sé la sua borsa da medico, per far credere che fosse lì per motivi di lavoro, in più l’aveva costretto a bere una disgustosa fialetta per dare credibilità allo stratagemma, gli aveva detto con un lampo negli occhi. Mentre lui beveva fino all’ultima goccia di quel preparato dal sapore immondo, gli aveva spiegato che aveva sequestrato un po’ di quella roba ad alcuni studenti del primo anno. Pare che servisse a provocare i sintomi di una brutta intossicazione alimentare, con tanto di forti dolori allo stomaco e sudori freddi. Lei non aveva ancora avuto modo di indagare a fondo ( e non le interessava scoprire per quale motivo qualcuno volesse fingersi così malridotto), ma era abbastanza sicura che quella roba fosse il risultato di qualche esperimento di Eldridge. Al solo pensiero, Julian aveva cominciato a sentirsi male: sarebbe stato benissimo in grado di fingere di stare male, anche senza dover ingurgitare quello schifo. Forse, però, Megan aveva voluto concedersi anche una piccola vendetta per aver dovuto partecipare ad una festa senza il festeggiato. I crampi allo stomaco erano davvero insopportabili, tuttavia il ragazzo non poteva fare a meno di esultare per quanto era successo quella sera: le dita di Megan intrecciate alle sue erano sicuramente il più bel regalo di compleanno che potesse desiderare.

“Tanti auguri a me”, sospirò, rassegnandosi a sopportare il mal di pancia fino al mattino successivo, quando Megan aveva promesso di mandargli un rimedio che l’avrebbe fatto stare meglio.
   
 
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