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Autore: koan_abyss    12/11/2017    3 recensioni
Autunno 1981: Severus Piton ascolta la Profezia di Sibilla Cooman e la riferisce al Signore Oscuro. Resosi conto che Voldemort intende colpire i Potter, Piton cerca Silente e lo implora di nascondere Lily e la sua famiglia.
Per una serie di circostanze fortuite, i Potter scelgono lo stesso Silente come Custode Segreto. Voldemort, deciso comunque a compiere la Profezia, cerca di uccidere il piccolo Neville Paciock, ma il bambino sopravvive.
Il Signore Oscuro è sconfitto, i suoi seguaci catturati e rinchiusi.
Piton, rimasto senza padroni, senza uno scopo e senza possibilità, lascia il mondo magico per lo squallido mondo babbano, ancora una volta non dalla parte dei buoni.
Ma chiudere definitivamente i conti con il passato è impossibile: i vecchi legami non sono mai del tutto recisi...
Genere: Angst, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Lily/Severus, Remus/Sirius
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Capitolo 2


Luglio 1993

“Sei sicuro che sia questo, il posto?” chiese Neville.
Harry si guardò attorno, incerto. Non è che andasse a Londra così spesso.
“Non lo so,” ammise.
“Forse dovremmo tornare indietro,” propose Ron. “Non mi sembrava una grande idea neanche prima.”
“Che c’è, hai paura?” lo provocò Neville, sorridendo.
“Piantala!”
“Andiamo, non può essere peggio di Voldemort, no?” continuò il biondo, riprendendo a scrutare in tutti i vicoli.”
“Non pronunciare il suo nome! Resto dell’idea che esplorare Nocturne Alley sarebbe stato più divertente,” fece Ron, prendendo a calci un bidone. “Chissenefrega, di cos’ha detto il cugino di Harry!”
“Vero, Dudley è un grasso idiota…” mugugnò il ragazzino con gli occhiali.
Non andava d’accordo con suo cugino: Duddy aveva il terrore dei maghi e guardava sempre i suoi genitori con gli occhi spalancati della lepre davanti al Lupo Mannaro. Ma con Harry si permetteva di fare il gradasso, perché a lui, ancora minorenne, non era permesso di usare la magia fuori da scuola, e perché era largo un terzo di suo cugino.
Neanche sua madre andava d’accordo con zia Petunia, quindi i due ragazzi non erano obbligati a frequentarsi spesso, ma almeno una volta o due ogni estate sua madre riprovava a riappacificarsi con la sorella. Suo padre non ne voleva più sapere nulla, specie da quando la mamma gli aveva proibito di fare qualche scherzo innocente ai Dursley.
Quell’estate sua madre aveva insistito perché Dudley passasse qualche giorno da loro a Godric’s Hollow (“Gli può fare solo bene, un cambiamento di ambiente, dell’attività fisica…”) e non si sa come era riuscita a convincere la sorella e suo marito. Per Harry era stato un incubo continuo, almeno finché Neville non era venuto a trovarli.
Sorprendentemente, lui e Duddy era andati quasi d’accordo (Forse non era un pensiero da amico, ma Harry pensava che fosse perché erano entrambi viziati e prepotenti, anche se Neville almeno era simpatico, e insieme avevano passato tanti di quei guai…).
Dudley aveva tirato fuori un pacchetto di sigarette e i ragazzi avevano fumato insieme, mentre lui raccontava spacconate di quando andava a Londra con i suoi amici più grandi, e di come una volta fossero finiti a Limehouse a comprare dell’erba. A Neville era saltato in testa di fare lo stesso, per esplorare la Londra più malfamata.
Quel giorno erano andati a Diagon Alley per comprare i libri per il nuovo anno scolastico assieme a suo padre, e quando lui aveva incontrato un vecchio compagno di squadra e aveva detto a loro tre di fare senza di lui, Harry, Neville e Ron erano sgattaiolati fuori dal Paiolo Magico.
“Hermione non ce l’avrebbe mai permesso!” aveva ghignato Neville.
Avevano vagato un po’ seguendo le incerte indicazioni di Dudley, ma Harry era ormai propenso a dar ragione a Ron e a tornare indietro. Scambiò un’occhiata con il rosso.
“Neville…”
“Ehi, bimbi belli!”
Harry sobbalzò: un ragazzo sui vent’anni con una giacca lurida li guardava, seduto su un muretto. “Avete perso qualcosa?”
“Non lo so,” rispose Neville, avvicinandosi spavaldo. “Tu ci puoi aiutare, grand’uomo?”
Quello rise.
“Dannazione,” borbottò Ron.
Lui e Harry seguirono Neville recalcitranti.
“Che, hanno paura, i tuoi amici?” chiese il ragazzo.
Neville regalò agli amici un’occhiata compassionevole.
“Be’, parlerò con te, Sfregiato. Bella cicatrice.”
Neville sollevò il mento con orgoglio: “Neanche immagini come me la sono fatta!”
Harry, incredulo, ripensò a quando aveva visto Neville piangere per i propri genitori davanti allo Specchio dei Desideri. Scambiò un’altra occhiata con Ron.
Il rosso scosse la testa: “Quando ci si mette è così odioso…”

Severus Piton era di pessimo umore: la giornata non gli aveva riservato che inconvenienti. E nel suo lavoro erano inconvenienti retate della polizia, regolamenti di conti, ustioni chimiche, cadaveri di cui sbarazzarsi.
Sonny gli camminava cauto a fianco, per niente desideroso di assaggiare anche lui la sua furia.
Piton odiava quella zona. Odiava passarci in macchina, odiava i parcheggi desolati, odiava vedere i galoppini al lavoro.
‘Oh, mi mancava,’ pensò acido, con un’occhiata di sfuggita allo spacciatore sul muretto, neanche troppo lontano dalla sua auto. ‘Un bambino che vende droga ai bambini…’
Aveva davvero ancora disgusto da provare? Non era neppure la vista peggiore della settimana, quella…Si bloccò di scatto, guardando meglio.
Sonny lo superò di due passi, prima di rendersene conto: “John? Che succede?”

“Allora, se mammina ti ha lasciato uscire con abbastanza soldi, siamo a posto,” stava dicendo il ragazzo del muretto.
Neville parve preoccupato per la prima volta: non aveva pensato ai soldi. Aveva solo denaro di maghi, con sé.
Ron era così teso che non riusciva a stare fermo.
“Dovremmo andarcene, Harry,” sussurrò.
“Non abbiamo soldi,” disse Harry, deciso. “Ce ne andiamo.”
Neville si allontanò di un passo dal muretto.
“Come, non avete soldi? Sfregiato ha dei soldi. Non ha l’aria di uno che gira con le tasche vuote, vero? Mica come il rosso,” fece il ragazzo, alzandosi. “Avanti, fammi vedere, Sfregiato.”
“Non ho niente,” disse Neville, avvicinandosi di più agli amici.
‘Pronti a correre…’ pensò Harry, cercando di trasmettere telepaticamente l’idea agli altri.
Piton piombò verso il gruppetto come un pipistrello assetato di sangue.
Lo spacciatore si accorse della minaccia e strinse i pugni, incassando la testa tra le spalle, pronto a difendersi.
Poi lo riconobbe, e si rilassò un poco: “Signor Constantine…cioè, che cazzo…”
Piton lo afferrò per la giacca lurida e lo spinse contro il muretto.
“Cosa cazzo fai?” strillò.
Il ragazzo si parò il volto: “Niente! Niente, cazzo, lavoro!”
“Non parlo con te,” sibilò Piton. “Cosa ci fai qui, tu?” ringhiò, fissando Harry dritto negli occhi.
Harry, e gli altri, ne era sicuro, si sarebbero voltati e sarebbero fuggiti all’istante, se alle loro spalle non si fosse piazzato un uomo dalle braccia scure di tatuaggi con un cappello chiaro.
“John?” chiamò quello, tranquillo. “Li conosci?”
Piton cercò di dominare lo shock. Ma che importava? Era famoso per dare di matto quando qualcosa lo faceva arrabbiare.
“Sparisci,” ordinò al galoppino, colpendolo a man rovescia.
Quello lanciò un guaito, prima di portarsi a distanza di sicurezza.
“Allora?” abbaiò Piton ad Harry. “Ti ho chiesto cosa ci fai qui!”
Uno degli altri ragazzi si fece avanti: “Lascialo stare!”
Era biondo, con l’aria di essere stato un bimbo paffuto e una cicatrice a forma di saetta sulla fronte.
Piton rimase a bocca aperta: non lo aveva mai visto prima, a parte in qualche foto, da neonato, sulla Gazzetta del Profeta quasi tredici anni prima, ma quello davanti a lui era senza dubbio il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto.
Il ragazzino colse il lampo di riconoscimento sul suo viso e guardò gli amici, confuso. Non si era aspettato che qualcuno conoscesse la sua cicatrice, nel mondo babbano.
“Fatemi indovinare,” riprese Piton, a bassa voce, “abbiamo tre Grifondoro senza cervello.”
“Lo conosci?” chiese Ron a Harry.
Lui annuì: “É…un amico di mia mamma. John Constantine.”
Si ricordava di Severus Piton, ma quel babbano l’aveva appena chiamato con un nome diverso.
Piton sollevò un angolo della bocca.
Sonny rise: “Compagni di sabba, John?”
“Non sapevo che conoscevi sua madre, Con…signor Constantine…” blaterò il ragazzo con la giacca lurida.
“Sei ancora qui, tu?” lo gelò Piton. “Voi tre!” I ragazzini sobbalzarono. “Voi venite con me. Vi riporto dai vostri genitori.”
“Sicuro, John?” fece Sonny. “Vuoi che ci carichiamo in macchina tre minorenni? Lasciamoli tornare da soli…”
“Dammi le chiavi.”
Sonny, stupito, obbedì: “Certo, ma…”
“Forza, salite.”
Camminando appiccicati, i tre ragazzi salirono sulla berlina scura che Piton indicò.
L’uomo si mise al volante e uscì dal parcheggio.
“Che gli è preso, al greco?” chiese il ragazzo del muretto, massaggiandosi la guancia. “Mica gli stavo vendendo eroina, ai piccoli.”
Sonny si strinse nelle spalle: “John è strano. Non è greco, sai.”
“Ah, no? Lo sembra…sarà il naso,” concluse il ragazzo, già indifferente.

“Lei è un mago!” esclamò Ron, appena Piton chiuse la portiera.
L’uomo lo fulminò dallo specchietto retrovisore: “Davvero perspicace, Weasley.”
Ron si zittì.
“Dove ci sta portando?” chiese Neville.
“A Diagon Alley,” grugnì Piton. “Dove la tua cicatrice ti fa da lascia-passare per tutte le sciocchezze che combini, piccola celebrità.”
Si voltò all’improvviso a fissare Harry, di nuovo furente.
“Tua sorella non sta vagando da sola per Londra, vero?” chiese, minaccioso.
Harry deglutì: “No, lei…lei è con Hermione.” Poi realizzò che Piton non poteva sapere chi fosse Hermione e glielo spiegò.
Piton ascoltò appena: aveva usato la Legilimanzia e aveva visto per pochi attimi Rose assieme a una ragazzina di poco più grande in mezzo agli scaffali del Ghirigoro. Gli bastava.
Parcheggiò vicino al muro che nascondeva l’accesso del Paiolo Magico ed estrasse con cautela la bacchetta dalla tasca interna della sua giacca scura.
“Chi sono i responsabili adulti che vi hanno lasciato liberi di vagare dove non avreste dovuto, a cercare sostanze illegali?” indagò, toccando i mattoni nella giusta sequenza, anche se erano anni che non entrava a Diagon Alley.
Neanche sapeva che fosse Ministro della Magia, ora. Con un sospiro trasfigurò il proprio completo in un abito da mago, mente Harry pigolava: “Mio padre…”
Piton sorrise all’improvviso: che ottimo genitore era Potter. Perdere suo figlio e i suoi amici, lasciare incustodito il salvatore del mondo magico! Eppure doveva saperlo, che per Silente Paciock era ancora in pericolo. Si chiese se un bolide non lo avesse istupidito del tutto, durante la sua carriera da star del quidditch.
Il Paiolo Magico era esattamente come lo ricordava: megere, nani, fumo, cappucci calati, artigli e vesti sgargianti. Il barista era solo più vecchio e sporco. Scrutò con sospetto Piton e i ragazzi. Riconobbe all’istante Paciock.
“Può anche lasciarci qui, grazie,” provò Neville, mentre Ron annuiva.
Harry sollevò lo sguardo speranzoso.
“Oh, niente affatto, Paciock! Lasciarvi qui, senza accertarmi che riceviate la giusta punizione per il vostro comportamento?” rispose Piton con un sorriso maligno.
Non dovettero cercare James Potter a lungo: l’uomo entrò nel locale in quel momento, lanciando saluti a vari avventori.
“Ehi, Tom,” disse infine, “hai visto Harry e gli altri? Li ho lasciati…”
James Potter, come Lily, non era cambiato un granché. Sempre atletico, solare, col fisico di un uomo slanciato più che di un ragazzo ossuto, adesso. A Piton parve di vederlo entrare nell’aula di Trasfigurazione a sedici anni, invece che in quella bettola nel presente.
Il cenno del barista attirò l’attenzione di Potter sui tre ragazzi e su Piton.
Sorrise un attimo, prima di sussurrare, incredulo: “Piton?”
“Potter.”
“Che cosa ci fate con lui?”
“Il signor Piton ci ha riaccompagnati qui” spiegò Harry.
Era certo che suo padre avrebbe capito che cercavano solo di passare il tempo e non intendevano fare nulla di male. Non sarebbe rimasto arrabbiato a lungo.
“Riaccompagnati da dove?” chiese James Potter con voce dura, fissando Piton.
“Ti interesserà sapere, Potter, che il tuo degno erede e i suoi amici gironzolavano senza supervisione in zone di Londra che io non consiglierei per lo svago dei pargoli,” gli disse Piton, con il sorriso untuoso che non era mai riuscito a rivolgergli prima. Per quanto gli rovesciasse lo stomaco ammetterlo, da ragazzo aveva paura di James Potter. Lo odiava in maniera indicibile, per questo.
“Cosa vuoi dire?”
“Il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto, qui, il celebre Neville Paciock, affidato alle tue cure, mi dicono, stava concludendo una transazione con uno spacciatore,” gli rispose Piton sottovoce, perché non li sentisse tutto il locale, intento ad origliare.
James rivolse uno sguardo incredulo alle facce vergognose dei tre ragazzi, poi tornò a scrutare Piton.
“E tu, che ci facevi lì? Passavi per caso?” indagò con rabbia.
“Ti importa di cosa facevo io? Perché dovrei renderne conto a te, al genitore modello? Sai almeno dov’è tua figlia, in questo momento?”
“Non nominare mia figlia, Mocciosus!” ruggì James.
Il sorriso di Piton si tramutò in un ringhio: “Attento a come mi parli, Potter!”
“Perché dovrei stare attento a come parlo a un criminale, un assassino?”
Le bacchette balenarono.
“Forse perché ti ho riportato tuo figlio? E Paciock, che scommetto che Silente ti ha fatto giurare di proteggere…” rispose Piton a bassa voce.
Harry li fissava, atterrito: “Papà…”
“Non ora, Harry!”
“Se è così che svolgi il tuo ruolo di guardiano, saranno tutti miei clienti prima della maggiore età,” continuò Piton.
“Mi fai schifo,” concluse James, scostandosi da lui, allentando la presa sulla bacchetta. “Stai lontano dai miei figli. Andiamo, ragazzi. No, Neville, zitto! Non voglio sentire altro!”
“Darai loro cinque sterline perché non lo dicano a tua moglie?” gli gridò dietro Piton, accorgendosi troppo tardi dell’errore.
James Potter si voltò: “Sai, puoi anche aver cambiato idea sui babbani ed essere felice di vivere tra loro, adesso, ma resti comunque un viscido bastardo, un mostro e un ipocrita. Il mondo potrebbe tranquillamente fare a meno di te.”
“Davvero? Eppure Silente mi ha offerto il lavoro di tua moglie, e il tuo ruolo di guardiano,” ribatté Piton.
“Dev’essere stato prima di vedere quanto potevi cadere in basso,” disse James, squadrandolo dalla testa ai piedi.
Si voltò e uscì, seguendo i ragazzi.
Piton rimase fermo a fissare la nuca di Potter finché poté, le dita che si contraevano dal desiderio di usare la bacchetta o accendere una sigaretta. Rivolse un’occhiata velenosa a quanti lo osservavano e ritornò al muro per tornare nella Londra babbana, fumo azzurrognolo che lo seguiva.
Appiccicato in un angolo della mente, il titolo di prima pagina della Gazzetta del Profeta: ‘Bellatrix Lestrange evasa da Azkaban’.

Quell’incursione nel mondo magico aveva fatto scattare qualcosa in Piton. Quando aveva deciso di vivere tra i babbani, aveva pensato di rinunciare completamente all’altra parte (non alla magia. Mai avrebbe rinunciato alla sua magia, al vantaggio, al potere che gli garantiva), aveva pensato di non mettere mai più piede sul selciato di Diagon Alley, sui sentieri fangosi di Hogsmeade o negli altri edifici simbolo della loro cultura, Hogwarts, il Ministero, la Gringott.
Ma durante l’incontro con Potter, l’idea di non riuscire più a convincere qualcuno che era, ed era sempre stato, un mago, lo aveva scosso. Gli appariva un fallimento, una debolezza pericolosa non essere più in grado di muoversi in entrambi i mondi con disinvoltura, senza che nessuno lo percepisse come estraneo. Doveva rimediare.
Era tornato a Diagon Alley in diverse occasioni, a volte come se stesso, altre alterando il proprio aspetto con la Trasfigurazione, mentre aspettava che la sua Pozione Polisucco fosse pronta. Aveva riscoperto il gusto di smaterializzarsi, sparendo per ore mentre tutti lo credevano nel suo laboratorio. Si materializzava fuori dal Paiolo Magico e attraversava la barriera tra i mondi, mentre i suoi completi scuri si allungavano in vesti e mantelli altrettanto scuri.
Poi vagava per i vicoli, curiosando, ascoltando, assorbendo quanto accadeva attorno a lui. L’approvazione della Legge Weasley per la Protezione dei Babbani; la fuga di Bellatrix Lestrange; le misure di sicurezza volute da Caramell, l’attuale Ministro della Magia.
Non sapeva se l’aveva sperato o meno, o anche se si fosse trattato del movente oscuro e inconscio del suo vagare, ma un giorno di fine agosto, Piton intravide Lily, senza marito né figli al seguito.
Camminava senza fretta e scambiò un gesto di saluto con un gruppetto di ragazzi seduti nel dehors della gelateria Fortebraccio. I due ragazzi si alzarono cavallerescamente in piedi e scostarono una sedia per lei. Le ragazze la coinvolsero subito nella loro conversazione. Dovevano essere suoi studenti.
Forse Piton si sarebbe accontentato di vederla, di passarle accanto mentre le servivano una gigantesca coppa di gelato e lei sorrideva ascoltando attenta qualunque confessione le ragazze avessero per lei. Ma voltando il capo per ridere Lily lo vide e si alzò di scatto.
“Severus!”
Piton rallentò, fingendo di notarla solo in quell’istante: “Lily…”
“Non mi aspettavo di vederti a Diagon Alley,” disse lei, allegra, “pensavo non la frequentassi più.”
“Di norma. Ma a volte ci sono delle incombenze che non si possono evitare,” rispose lui, accennando vagamente alla Gringott, la cui facciata bianca brillava al sole del pieno pomeriggio.
Decisamente non l’accoglienza che si era aspettato. Avrebbe scommesso su tesi ringraziamenti per aver riportato Harry al sicuro, che sarebbero presto sfociati in rimproveri e condanne per la sua attività lavorativa. La Lily che conosceva lui non sarebbe riuscita a comportarsi amichevolmente, se fosse stata arrabbiata, neanche di fronte ad altre persone: quando Lily prendeva fuoco, non le importava di avere testimoni.
Quindi, era probabile che lei non sapesse niente, di quello che era accaduto un mese prima. Potter lo aveva davvero nascosto alla moglie. Sorrise affilato. Molto interessante.
“Non ci presenta il suo amico, professoressa Potter?” si intromise una delle studentesse, una splendida ragazza bionda e abbronzata.
Piton avvertì gli sguardi scrutatori di tutti e cinque i ragazzi.
“Un vecchio amico. Non so se la cosa vi riguardi…” cominciò Lily, sbirciando Piton.
Lui sollevò un angolo della bocca: “Adesso devi presentarmi. O la cosa apparirà alquanto sordida.”
Le ragazze si scambiarono occhiate maliziose.
Piton non aveva ragioni di nascondersi: era un uomo libero. Senz’altro discutibile, ma senza debiti da saldare. Ovviamente, il fatto che fosse stato una spia per conto di Silente non era di pubblico dominio (qualche vecchio amico avrebbe di certo tentato di tagliargli la gola, altrimenti), e da quanto aveva notato nelle sue recenti osservazioni del mondo magico, aver militato nelle file del Signore Oscuro aveva spinto pochi dei vecchi compagni a rinchiudersi in casa.
Lily gli rivolse una giocosa occhiata di rimprovero: “Vi presento Severus Piton. Siamo cresciuti assieme.” Si rivolse di nuovo a lui: “Ultimamente ogni volta che ci incontriamo mi sembra incredibile vederti…Londra è stata proprio una sorpresa, ma anche oggi…Sei…diverso,” aggiunse osservandolo con più attenzione ancora di quanto avesse fatto durante il loro primo incontro, quasi due anni prima.
Piton si accese una sigaretta, stringendosi nelle spalle. Ovvio che fosse diverso. Era un adulto, la sua vita era cambiata radicalmente. Anche fisicamente si sentiva lontano anni luce dal ragazzino pallido e curvo che era stato: non era diventato un amante della vita all’aria aperta, ma non viveva neppure più in un sotterraneo.
“Vuole unirsi a noi, signor Piton?” lo invitò uno dei ragazzi. Aveva un accento scozzese e l’aria sicura.
“Oh, dovresti!” intervenne Lily. “Loro devo proprio presentarteli,” disse, dimentica della riluttanza di poco prima.
Lo prese sottobraccio e lo fece sedere.
Piton indirizzò un cenno di saluto alla ragazza sulla sua destra che tormentava nervosamente una ciocca dei lunghi capelli che le coprivano il viso, ma tra cui facevano capolino due occhi chiari e penetranti (a Piton piacque d’istinto). Di fronte a lui c’era una brunetta che guardò apertamente Lily e poi lui.
“Un vecchio amico, professoressa? Davvero?” chiese, con un sorriso incredulo.
“Euriale…”
“Perché? Vuoi illuminarci sulle tue congetture?” le chiese Piton con noncuranza, scrollando un po’ di cenere.
La brunetta sorrise ancora e si sporse sul tavolino verso i due adulti: “Io direi…” cominciò.
Piton avvertì un formicolio al confine dei suoi pensieri e chiuse la mente di scatto.
La ragazzina si ritrasse di colpo: “Lei è un Occlumante!”
“E tu? Cosa sei tu?” chiese Piton, teso. Poteva essere una Legilimante?
Lily sospirò, stizzita: “Sai che non dovresti. Ti presento Euriale Heartilly. Un’empate.”
“Oh? Sono rari, ormai,” rispose Piton, incuriosito.
La ragazza si strinse nelle spalle.
“Gli altri sono Madeline Ashenhurst, Isabel Gascoyne-De Atienza, William McIver e Liam Warrington,” completò Lily, con un bel sorriso.
Piton aggrottò la fronte e la fissò.
“Sì,” rispose lei. “Sono il quinto anno di Serpeverde al completo.”
Piton fischiò piano e studiò attentamente i volti di tutti. Heartilly era un nome che non gli diceva nulla, e AshenHurst apparteneva genericamente a una famiglia Serpeverde. Ma gli altri…
“Conoscevo tua madre,” disse alla ragazza bionda. “La tua tinta è molto credibile.”
Isabel parve sul punto di offendersi, poi scelse di ridere.
“E conoscevo tuo padre, Damian Warrington,” disse al ragazzo più alto e muscoloso, che teneva un braccio sulle spalle di Isabel.
Liam aveva gli occhi del padre, la stessa aria pericolosa. Ma la menzione del genitore lo aveva rabbuiato e forse aveva risvegliato ricordi poco piacevoli.
Piton indugiò un istante, poi guardò il ragazzo scozzese: “E, coincidenza, mi è capitato di conoscere anche tuo padre.”
“Davvero?” si illuminò quello. “Eravate amici? Vi siete conosciuti a scuola?”
“Ci siamo conosciuti…dopo la scuola,” rispose Piton, cauto. “Lui è ancora vivo?”
Non era mai stato amico di Thomas McIver, ma avevano servito lo stesso padrone e lui era presente, quando l’uomo era stato maledetto.
“È morto quando avevo dieci anni,” lo informò William con un sorriso triste.
“Mi dispiace.”
Inevitabile, si disse Piton. Ma almeno McIver aveva evitato Azkaban, come lui.
“Sapete, ragazzi, io sono diventata professoressa di Pozioni dopo che Severus ha rifiutato il posto. Se non lo avesse fatto, ora sarebbe il vostro insegnante di Pozioni, e con tutta probabilità il vostro Direttore,” disse Lily.
“Bè’, non è possibile,” ribatté Liam, con un sorrisetto che si spense subito, sotto lo sguardo dei due adulti.
“Perché dici così, Liam?” gli domandò Lily, con l’aria di sapere già la risposta.
“Ha…ha detto che siete cresciuti insieme, professoressa. Quindi è sicuramente nato babbano, o mezzosangue,” spiegò Liam, nervosamente.
“L’unica condizione per diventare Direttori è essere stati smistati in quella Casa. E i tuoi compagni non sono tutti purosangue: è un pregiudizio,” replicò Lily, gelida.
“Ma non si è mai sentito di un Direttore non purosangue, a Serpeverde,” insistette Isabel.
“Hanno ragione,” intervenne Piton. “È difficile per un mezzosangue inserirsi completamente nell’ambiente Serpeverde, dove il sangue puro è così importante. Ci sono informazioni, conoscenze e confidenze che gli saranno sempre precluse. È una delle ragioni per cui ho rifiutato la generosa offerta di Silente,” concluse con velato sarcasmo.
“Se Lucius Malfoy può occupare un posto nel Consiglio Scolastico, tu avresti potuto senza dubbio essere Direttore,” gli disse seccamente Lily a bassa voce.
A Piton brillarono gli occhi: “Ma io non volevo.”
Euriale e Isabel si scambiarono uno sguardo discreto.
“Noi dovremmo andare,” annunciò la mora.
“Sì, hai ragione,” si affrettò a confermare Liam. “Wallace, non volevi andare a prendere i biglietti per quel concerto?”
“Sono esauriti,” sospirò William.
“Quale concerto?” chiese Lily.
Piton ricordò con un sorriso l’adolescente che stravedeva per i T-Rex.
“I Suede,” rispose il ragazzo. “Suonano in un club qui a Londra. Cioè, nella Londra babbana.”
“Al Black Studio,” precisò Piton.
Il locale apparteneva al 50% ad Eggar, e loro lo usavano spesso per parlare con tranquillità di faccende delicate (evitando accuratamente le serate dedicate a gruppi troppo famosi, come quello che interessava a William); era inoltre un ottimo mezzo per riciclare denaro.
“Lo conosci?” domandò incredula Lily.
“È di un mio…amico. Ci sono spesso biglietti omaggio. Posso fartene lasciare un paio all’ingresso…o andate tutti?”
“No, grazie,” rispose Isabel con una smorfia.
“Due sarebbero perfetti, signore, grazie!” esclamò William, al settimo cielo.
I ragazzi li salutarono.
“Sei stato davvero carino, con William,” gli disse Lily.
“Serpeverde si è un po’ addolcito, o sbaglio?” fece lui.
“Oh, smettila! Sono bravi ragazzi, nonostante tutte le sciocchezze che insegnano loro in famiglia…per fortuna Heartilly viene da una famiglia non Serpeverde e ha una buona influenza sugli altri.”
“Un’empate…ha riconosciuto l’Occlumanzia al volo: qualcuno le ha insegnato a usarla per controllare il suo potere, vero?”
La rossa annuì: “Silente in persona.” Poi lo guardò, divertita: “Quindi ora apprezzi la musica babbana?”
“Non i T-Rex di sicuro.”
Lily rise: “Peccato che non ti piacesse quando eravamo ragazzi. Non siamo mai andati insieme a un concerto, tu ed io.”
“Lasciami rimediare,” le rispose Piton, d’impulso. “Se si trattasse non di un concerto, ma di musica dal vivo, in un locale adatto alla nostra età, mi faresti l’onore della tua compagnia?”
Lily si fece riluttante: “Oh, Severus, non so…”
“Andiamo. Una piccola fuga innocente,” insistette lui.
Lily accennò un sorriso: “Non ricordo l’ultima volta che siamo usciti per qualcosa di non legato al quidditch…e sono anni che io e Remus ci rifiutiamo di accompagnare Sirius a un concerto punk!”
Piton lottò perché la stilettata d’odio che gli era affondata nelle viscere a sentire quei nomi non trasparisse sul suo volto: “Allora questa è l’occasione buona.”
“Dovrei passare da casa a prendere degli abiti babbani…”
“Anch’io. Possiamo trovarci al Paiolo Magico tra un paio d’ore. Ti basta?”
Lily tentennò ancora un attimo.
A Piton parve di percepire l’istante in cui decise che non c’era niente di male a dire una piccola bugia a James. Sorrise trionfante prima che lei capitolasse con timido entusiasmo.

Note: In questo capitolo compaiono i protagonisti dell'altra mia storia, 'Echoing Green, Poison Tree', perchè...boh! La cosa mi divertiva, quindi li ho inseriti senza pormi troppi problemi. Spero che non si sveli troppo dell'altra storia.
   
 
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