Videogiochi > Ratchet & Clank
Segui la storia  |       
Autore: Iryael    16/11/2017    1 recensioni
Aprile 5396-PF, Veldin, Kizyl Plateau
A Lilith, dopo una penitenza finita male (ma che poteva finire malissimo) non resta che cercare qualcosa a cui aggrapparsi per arrancare senza esplodere.
A Sikşaka, dopo una serata cominciata apatica e finita dolorante, non resta che salvare il salvabile lottando contro il senso di responsabilità.
Nessuno dei due crede che si arriverà a un terzo incontro. Ignorano che, negli anni a venire, di quelli ne perderanno anche il conto.
È tempo di spacchettare i keikogi.
============
[Galassie Unite | Scorci | 6 anni prima di Rakta]
[Personaggi: Nuovo Personaggio (Lilith Hardeyns, Sikşaka Talavara)]
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ratchet & Clank - Avventure nelle Galassie Unite'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
[ 04 ]
Sospensione
 
Il giorno seguente, 22 Aprile 5396-PF, lunedì
Kyzil Plateau, settore sud
 
La scuola media “Jane Lynch” aveva i muri di carta velina, era risaputo. Per questo chiunque girasse nei pressi della segreteria riusciva a sentire tutti i discorsi della presidenza.
Sikşaka era proprio lì, appoggiato contro il bancone, in attesa che la segretaria finisse di timbrare le pratiche d’iscrizione, così da dargli la sua parte di copie affinché la riportasse alle elementari. Era un compito noioso, ma avendo pescato la pagliuzza corta era toccato a lui.
In quel momento, dalla presidenza, arrivavano urla belluine. Sikşaka non poté fare a meno di guardare la porta chiusa con aria incuriosita: erano quaranta minuti buoni che si udivano quegli strepiti.
«Che sta succedendo?» domandò alla segretaria, accennandole la dirigenza.
«Oh, guardi, l’inciviltà di questi marmocchi è indicibile. Oggi, a ricreazione, una primina ha tentato di annegare un compagno nei bagni.»
«...una primina?» il tono espresse tutto lo stupore. «Ero rimasto che queste smargiassate si facessero alle superiori.»
La segretaria si strinse velocemente nelle spalle. «Ogni tanto si trovano degli stronzetti precoci.»
 
Un quarto d’ora più tardi la porta della direzione si aprì. Ne uscì il preside, ma per qualche ragione non chiuse la porta. Sikşaka, incuriosito, guardò per scoprire il volto della terribile primina. Si ritrovò a incrociare gli occhi verdissimi di Lilith.
La ragazza si accorse di lui e sostenne il suo sguardo con una rabbia capace di incenerire. Sikşaka non disse nulla. Fece finta di non conoscerla, e si rimise in attesa delle sue scartoffie. Dentro di lui, però, i pensieri mutarono. Mise a confronto la ragazzina che aveva conosciuto in precedenza con quella che vedeva ora. Non c’era dubbio che almeno una di esse fosse un falso, una simulazione per stare fra la gente, ma quale?
Il primo incontro non contava: lui Dree non l’aveva mai sopportato, né prima né dopo la Rivolta Trirazziale. Al secondo incontro aveva pensato che fosse una ragazzina qualunque, ma con un accento in più sulla forza d’animo (dopotutto era andata a cercarlo nei bassifondi, a un nulla di distanza sia dal luogo che dal momento dell’aggressione). E adesso la vedeva così infuriata da annegare qualcuno in un water.
«Sarei curioso di conoscere i suoi genitori» concluse, sovrappensiero. La segretaria gli lanciò un’occhiata di sbieco.
«Provi a cercarli a Bogon. Sono lì da mesi; la madre addirittura da anni.»
«Lei li conosce?»
La donna gli lanciò una breve occhiata incisiva. «Chiacchiere tra colleghi, signor Talavara.»
L’altro si zittì.
* * * * * *
Arrivò il momento di raccogliere le carte e andarsene. Sikşaka aveva appena chiuso la porta della segreteria, ma questa si riaprì di scatto. Ne uscì Lilith, che lo fissò con aria truce.
«Allora, mi ha sputtanato a sufficienza?» domandò, incattivita.
«L’avrei fermata prima» si difese l’altro, pacato. «Ti va di dirmi cos’è successo?»
«A chi? Alla troia che ha fatto divorziare i miei o a me?» sputò, alludendo alla segretaria con lo sguardo.
«A te, mi sembra chiaro.»
Lilith affondò le mani in tasca. «Se proprio t’interessa...»
Si guardò intorno con aria circospetta, ma essendo ancora orario di lezione l’unica presenza sul piano era la bidella. S’incamminò con aria decisa e si fece seguire fino all’aula di musica, in fondo al piano. Era dismessa da tempo perché le finestre non tenevano bene: la pithil aveva riempito di sabbia il corridoio fra gli ultimi banchi e il muro, portando la polvere bianca a opacizzare i vetri. Una volta dentro si sedettero uno di fronte all’altra; lui sulla cattedra e lei su un banco.
«Conosci Cary Shinagan?» esordì Lilith, incrociando le gambe. Il nome colpì Sikşaka come un cazzotto in faccia. Lo conosceva eccome: c’era stato un periodo, anni indietro, in cui si incontravano regolarmente.
«So chi è» concesse, senza scendere nei dettagli. Si augurò che lei non glieli chiedesse.
«Bene; io parlerò del figlio, Cole.»
Gli raccontò della sfida, della scommessa e della gitarella nei bassifondi, fermandosi là dove la storia la conosceva anche lui. «In realtà l’autografo dovevo darglielo venerdì sera» spiegò, invece. «Mi ha aspettato un bel po’ di tempo, secondo lui. Però io non volevo vederlo, ecco perché ti ho chiesto di passare da un’altra parte.»
Sikşaka annuì. Ricordava.
Lilith andò avanti: «Sabato non sono venuta a scuola, ecco perché gliel’ho portato oggi. Gliel’ho sbattuto sotto il naso appena ho messo il piede in classe, però lui, a ricreazione, è venuto a cercarmi in bagno. Era incazzatissimo. Ha gridato che era un falso e che non devo permettermi di prenderlo in giro, e io gli ho risposto di stare a cuccia, perché ovviamente quel coso è vero, e che se vuole può andare lui alla SoftHouse a chiederne uno per conferma. Lui ha cacciato altri urli, perché gli rode che ce l’ho fatta, e così si è inventato di buttare la testa sotto l’acqua e andare a tremare dalla vicepreside, strillando che gli ho infilato la testa nel water. Nel water! Come se questi cosi avessero abbastanza acqua per farci una cosa simile!»
Si fermò a prendere fiato. Inspirò forte, mordendosi il labbro con tanta forza da far sbiancare la sottile linea di pelle brunita. Gli occhi, nonostante l’espressione truce, erano lucidi.
«E la vicepreside che fa?» riprese. Un ultimo barlume di pazienza prima di perdere il controllo: «Non è che mi fa dire la mia versione, no! Mi sbraita addosso come una pazza, mette a mezzo il preside e mi danno una settimana di sospensione! E poi sono io quella coi problemi!?»
L’aria si fece nuovamente calda, e questa volta non per un rilascio involontario. Era il modo per buttare fuori il grumo di emozioni che la bruciavano dentro, e lei sentiva di averne abbastanza da riscaldare la scuola per tutto il giorno. Come se la temperatura diurna non fosse abbastanza alta.
Sikşaka si sforzò di non coprirsi il viso, anche se la sensazione degli occhi che seccavano era fastidiosa. «Non hai problemi» si limitò a dire.
È che non si contraddice Shinagan senza le spalle coperte.
Lilith grugnì un ‘argh’ carico di frustrazione. «Lo so!»
L’altro le scoccò un’occhiata sorpresa, capendo in ritardo che quelle parole non erano la risposta al suo pensiero. Però ormai il danno era fatto: dentro lo stomaco si era formata l’inquietudine. Quella ragazzina era un gancio teso verso quella parte di popolazione che evitava accuratamente da anni. Afferrarlo era fuori discussione. Ma abbandonarla dov’era non sarebbe stato coerente.
L’ondata di calore cessò di avvolgerlo. Immediatamente la sua attenzione tornò sulla ragazzina, che lo fissava con aria incarognita.
«Ora che sai la storia pensi di darmi addosso anche te?»
Sikşaka incrociò le braccia. «Potrei rimproverarti per l’incoscienza, ma non sarebbe comunque utile a toglierti dai pasticci.»
La ragazzina provò a sorridere con sarcasmo: voleva mostrarsi forte, ma tutto ciò che uscì fu un ghigno carico di amarezza.
«Ecco, sì, parlando di pasticci: c’è anche mio padre. Mi ha promesso i soldi per il corso di arti marziali solo con un buona pagella, ma con la sospensione posso anche scordarmelo.»
Scese un breve silenzio. Non c’era molto da dire: la situazione era infelice.
 
La porta si aprì di scatto. La vicepreside, in bilico su un paio di tacchi quindici, portò la mano libera sul fianco e squadrò Sikşaka con aria contrariata. Lilith si accorse che nell’altra mano – quella occupata – stringeva la sua cartella. E s’incupì ancora di più.
«Beh? Lei per caso è un parente?» gracchiò la donna in direzione di Sikşaka. Era a corto di voce, con tutti i decibel che aveva scaricato addosso a Lilith.
«Un conoscente» la corresse lui, pacato.
«In ogni caso fine della ricreazione. Devo portare questa delinquente a casa.»
Lilith non rispose. Scese dal banco e, a testa bassa, raggiunse la vicepreside. La donna si concentrò su di lei, chiedendosi se fosse la volta buona che quella disgraziata si arrendesse all’autorità. Ma Lilith le strappò la tracolla di mano con un gesto brusco. Ne controllò sommariamente la superficie, dispiaciuta e irritata allo stesso tempo. Cole e qualcun altro gliel’avevano ricoperta di insulti e cazzetti.
Alzò la testa e fissò la donna. Arrendersi all’autorità? Lei era incazzata nera con l’autorità!
«Torna a piegar mutande a Shinagan, stronza.»
E corse via.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Ratchet & Clank / Vai alla pagina dell'autore: Iryael