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Autore: mirianacantali__    17/11/2017    3 recensioni
"Perché noi siamo come la notte, così intensa, buia, paurosa. Ma quando è illuminata dalla luna... beh in quel caso è tutt'altra cosa. Siamo così sbagliati che i nostri difetti, insieme, si annullano. E non importa il blu dei miei capelli o quello biondo dei tuoi, non importa se le stelle questa sera non si vedono, perché adesso siamo noi ad illuminare questa notte tenebrosa."
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Cosa stavo facendo lì, seduta in quella macchina con una delle persone più affascinanti e irritanti esistenti sul pianeta Terra? 

Sinceramente? 
Non lo sapevo neanche io.

Subito dopo essere salita sull'auto, tra l'altro molto bella e costosa, Justin premette il piede sull'acceleratore.

Nessuno dei due osava parlare e quel silenzio era diventato ingombrante, quasi imbarazzante. 
Ma io mi chiedo, non ha una schifosissima radio?

Cosí appoggiai la testa al finestrino e ne approfittai per guardare le strade, i grattaceli, le vetrine colorate dei negozi, quel via vai di gente della mia Brooklyn che sfrecciavano sotto i miei occhi. A volte, pensai, vorrei poter fermare il tempo.

"Come scusa?" La voce del ragazzo accanto a me investì l'abitacolo.
Solo in quel momento mi resi conto di aver parlato a voce alta.
Feci ugualmente finta di niente.
"Cosa?"
"Hai detto qualcosa riguardo il tempo. Cosa intendevi con quelle parole?" Domandò sinceramente incuriosito.
"Beh... no niente. Stavo solo... ecco dando voce ai miei pensieri." Dissi e scommetto di essere diventata rossa come un peperone. 
"Mi hai incuriosito; adesso voglio sapere cosa pensavi".
"No, lascia stare" dissi cercando di nascondere il mio imbarazzo.
"Ho detto che voglio saperlo e, vuoi o non vuoi, lo sapró a tutti i costi, adesso." disse con un sorriso furbo sulla faccia. Mi veniva di prenderlo a sberle. 
Aveva un tono strafottente, quasi volesse dirmi che lui otteneva sempre ciò che voleva.
"Sei solo uno stupido viziato; te lo ripeto il mondo non ruota intorno a te. E se io non voglio rivelarti ciò che penso, sono liberissima di farlo.
Cos'è, mamma e papà non ti hanno insegnato che non tutti sono disposti a soddisfare i tuoi capricci?" Quasi urlai. Questa volta ero rossa per lo sforzo.
La sua reazione non fu proprio come mi aspettavo, ma comunque soddisfacente.

*
Justin's pov
Come si permette?
Io non sono viziato, ne tanto meno voglio esserlo.

"Per tua informazione, stavo solo scherzando. Non mi sarei mai permesso ad obbligarti a dirmi qualcosa di personale. 
E poi lascia fuori da questa storia i miei genitori" dissi con un tono che quasi spaventò anche me e marcando soprattutto l'ultima frase. Strinsi il volante, nessuno poteva anche solo nominare la mia famiglia.
A volte non è tutto rose e fiori come sembra. E la mia famiglia si costruiva su un'unica apparenza: non eravamo la solita famigliola perfetta che vedeva la gente.

Non mi piaceva questo lato duro del mio carattere, però quella volta mi aveva provocato. Questa ragazza mi farà impazzire, pensai.
Ero realmente arrabbiato. Mentre guardavo dritto la strada, cercai di calmarmi.

Dopo qualche momento di silenzio assoluto, guardai Kayla con la coda dell'occhio.
Era rimasta un po' sorpresa dalle mie parole, ma non ne era spaventata.

"Scusami" dissi senza pensarci.
"Non fa niente" mi rispose e divenne improvvisamente timida, come se per qualche istante avesse abbandonato quella corazza da ragazza ribelle che ogni giorno si portava addosso.

Non avevo mai avuto un vero interesse verso di lei, ma in quel momento mi imposi di scoprire cosa nascondeva sotto il suo muro. 

E sorrisi, perché forse in fondo aveva ragione lei. Questo era un mio capriccio e io avrei fatto di tutto per portarlo a termine.

Dopo la nostra piccola discussione, parlarmmo del più e del meno durante il tragitto verso casa sua.
Quando arrivammo mi salutò con un ciao svogliato e scese dalla macchina.
Eccola ritornata la solita stronza di sempre.
Abbassai il finestrino e la richiamai. 
"Almeno un bacio me lo merito".
A quel punto lei mi fece il dito medio e a quel gesto scoppiai letteralmente a ridere.

Era da tanto che non ridevo così, una risata vera e genuina, spontanea. 
E mi sentivo dannatamente bene.

*

Feci girare la chiave nella serratura ed entrai. Sentii delle voci.
"Sono a casa" gridai!
Tolsi il cappotto e la sciarpa e li appesi all'appendiabiti che si trovava all'ingresso.

La mia era una casa grande e molto carina. Mio padre dirigeva una società di trasporti e mia madre bhe... lo aiutava nel suo lavoro.

Quando oltrepassai il corridoio all'entrata dirigendomi verso la cucina trovai Paige e mia madre intenti a preparare una torta.

Erano cosparse di farina dalla testa ai piedi, con le mani sporche di impasto e non si erano minimamente accorte del mio arrivo.
Sghignazzai a quella vista, attirando la loro attenzione.

Le due donne si scambiarono allora uno sguardo fugace e furbo, dopo vidi i loro sorriso complici e compresi cosa avevano intenzione di fare.

Poi ci fu il caos.

La stanza era piena di farina, come d'altronde il mio viso. L'impasto era ormai da rifare perché l'avevo rovesciato, in parte, addosso a Paige. Da parte sua la vendetta arrivò molto presto: la sac à poche stracolma di panna era finita dritta sulla mia testa.

Dopo questa 'piccola battaglia' da cui ne uscii vincitore, mia madre ci cacciò letteralmente dalla cucina.
"Andate a lavarvi, qui ci penso io" aveva detto.
"Non se ne parla Vivian, ti aiuto a pulire. Oddio che casino" Paige aveva provato ad insistere, ma con lei non si poteva competere.

In seguito, ci dirigemmo verso il bagno per darci una sistemata. Mentre salivamo le scale che portavano al piano superiore dove si trovavano le nostre camere e i bagni, sentii Paige sbuffare.

"Che fine ha fatto Kayla? È tutto il pomeriggio che non la sento; le avevo mandato un messaggio qualche ora fa, ma non mi ha ancora risposto".
Non era preoccupata; semplicemente era passata da averla sempre intorno tutta l'intera giornata, a vederla solo la mattina a scuola e dormire in case separate. Doveva ancora farci l'abitudine.

"Sta' tranquilla. L'ho accompagnata io a casa dopo scuola."
"Cosa?" urlò facendomi saltare in aria.
Mi voltai e notai che si era bloccata sullo scalino con il braccio a mezz'aria e la bocca spalancata per lo stupore.


Dopo esserci lavati, ognuno nel proprio bagno annesso alla camera da letto, ci sedemmo in giardino.
Mi ripetette la stessa cosa per almeno mezz'ora, non ne potevo più. 
"Stiamo parlando della stessa persona?" continuava a dire incredula. O cose del tipo:"Cioè vuoi dire Kayla, la MIA Kayla?"

La risposta che riceveva era sempre una: si.
Era arrivata perfino a toccarmi la testa per constatare se stessi delirando a causa della febbre.

Io, in tutto ciò, avevo riso per ogni sua smorfia o espressione incredula.

"Scusami" mi disse quando capì che non stavo scherzando "è solo che non si fida molto delle persone. Non ha nessun amico oltre me ed è straziante vederla così chiusa e diffidente del mondo esterno" concluse afflitta riferendosi alla sua migliore amica.

Il sorriso, che per un attimo aveva lasciato spazio al dolore, ritornò a splendere sul suo viso.
"Raccontami tutto".
E così iniziai a dirle per filo e per segno tutto ciò che era successo nel pomeriggio.

Stavo già iniziando ad affezionarmi a Paige, in fondo era pur sempre mia 'sorella', no?
   
 
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