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Autore: marig28_libra    19/11/2017    2 recensioni
Le ombre del vespro si abbattono minacciose sul leone dei de Jarjayes, protettore araldico di una stirpe da secoli servitrice della corona francese.
Colpiti dal lutto delle loro bambine , François e Judith non riescono più a generare un erede sano e a vedere la serenità degli animi…
Oltre i campi di battaglia e le oscure incomprensioni, i due dovranno trovare il coraggio di prendersi ancora una volta per mano e riscoprire se stessi…Tra passato e presente , la ricerca dell’origine : la maturazione dell'amore assoluto e contorto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes, Madame Jarjayes, Marron Glacé
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAP 4 - PATRIARCHI E FOCOLARI : LA BAMBINA DAL FIOCCO BLU

4

Patriarchi e focolari:

La bambina con il fiocco blu

( I parte)

 

 

 

 

 

Di tante parvenze
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull’onde biancheggia, a quella scia
ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti. “

( U. Saba)

25 Dicembre 1755

 

Era un Natale strano, denso di mormorante umidità e decorazioni affievolite.
Il pomeriggio fuggiva negli alveoli della sera scudisciato da  un temporale di cenere.

Le capriate del cielo, rotte da chissà quale divinità, grandinavano pezzi di vetro in gemiti secchi.

Villa de Jarjayes gravitava  tra le fiammelle  lacustri dei candelabri.

Nella sala da pranzo non si gustavano vapori di cibi rosolati o bolliti, non si udivano i dolci e bombati rumori dei tappi  che balzavano dalle bottiglie …

Ogni cosa si era desertificata in un emporio di mobili, tappeti e quadri lasciato incustodito dall’ansia dei proprietari…

-         Albert – chiese piano Berthold –  il generale è ancora al piano di sopra?

Il maggiordomo settantaquattrenne fece un cenno assorto e negativo col capo. Era appena entrato in cucina dopo aver rianimato l’ugola infreddolita del camino nel salone. I folti capelli bianchi si scaldarono sotto la luce del piccolo lampadario del soffitto assieme alle rughe signorili e campestri:  sempre composto , si avvicinò al tavolo velato da una semplice tovaglia bianca su cui giacevano ciotole di brodo, tozzi di pane spolpati e bicchieri d’acqua mezzi vuoti.
Lui e gli altri servi avevano deciso , dettati dal rispetto e dalla tenebra superstiziosa, di non aprire le bottiglie di vino fino a che non fossero giunte notizie felici dalla camera di Judith.

-         Da quando Madame ha iniziato ad avere le doglie prima dell’ora di pranzo – ricordò Albert - non si è voluto allontanare da dietro la porta di quella camera...

-         Avrebbe fatto meglio a mangiare qualche boccone prima di sera – sospirò Damian seduto di fronte al padre - ora i nervi gli salteranno fuori dal cranio! Non riesco a capire se sopra abbiamo un mastino o un uomo...

Davanti alla ciminiera  , intenta a rimestare nella pentola di rame le bolliture dello spezzatino , stava la quarantenne Ginette, la capo cuoca dal fisico di chioccia laboriosa. Girò verso gli interlocutori il volto tenero  che contrastava con gli occhi scuri e lampeggianti pronti a scattare per sospetti e irregolarità.

-         Nel pomeriggio – raccontò tonante - ho tentato di portargli una scodella di minestra calda e sostanziosa e per poco non mi ha mangiata viva! E dire che ho messo tante di quelle patate, cipolle e ortaggi scelti!     

-         Ginette,  non ti scoraggiare! – sorrise Damian voltandosi e dandole un colpetto affettuoso sul braccio -  Sai com’è il re della foresta... in una situazione come questa...

-         Lo so!lo so! – ribattè con gli occhi al cielo agguerita di preoccupazione -  Sento la paura fin nei capelli! Ma non si può lottare a stomaco vuoto!

-         Hai proprio ragione – annuì Berthold -  però la tensione ti può togliere l’appetito...

La donna venne colpita da subconscie manie di persecuzione. L’ infanzia  l’aveva vista subire asprissimi e assillanti rimproveri dalla nonna e dalla madre che sostenevano che non sapesse eseguire perfettamente i suoi compiti. 

-         Ah! – sibilò stringendo gli occhi -  È un modo simpatico per dire che la mia minestra era una pappetta disgustosa?!

-         No! – si premurò di precisare Albert tentando di prevenire una reazione esagerata -  Assolutamente è che....il nervosismo non fa apprezzare delizie e piatti preparati con amore e grandissima cura.

Ginette si ritrasse in preda ad un ripensamento infantile, quasi avesse commesso un danno causato da una grave mancanza di senno.

-         Forse avete ragione....- piagnucolò abbattuta - l’odore delle cipolle era troppo forte....non avrei dovuto strafare! Ecco perchè il Conte si era arrabbiato! Sto peggiorando!

Lazar, il responsabile delle stalle seduto accanto a Damian , si mise a ridere. Era un uomo di mezza età, inguainato da una capigliatura sale e pepe e sorretto da membra lunghe, nodose come le cortecce degli alberi marittimi.
Sembrava che la bellezza fosse stata avara sul viso olivastro, lungo, coperto dalla fuliggine di una peluria invincibile al rasoio. Il naso spuntato, quasi elaborato da un fabbro medievale, captava qualunque tipo di odori rendendolo esperto di linguaggi animali che parlava attraverso  la dentatura biancastra gialla.

-         Ginette! – esclamò col tono di fieno e segatura - Sappi che la tua squisitezza ha rallegrato le nostra budella! Quel ben di dio ha scaldato le carrucole dei miei muscoli!

-         E la caverna del tuo palato delizioso – ridacchiò Damian - per non aggungere altro!

-         Fai poco il principino sputacchioso! Che i miei cavalli hanno meno pulci dei tuoi capelli!

-         Chiedo venia prode Lazar  lazzarone!

Berthold rimproverò il figlio :

-         Per favore. Mantieniti. Ti pare il momento di scimmiottare i marmocchi?

I gomiti sul tavolo e i capelli chiari sul cranio gli avevano incrementato l’aurea di stoico greco.

-         Papà! La situazione è quella che è. Cerchiamo di tenere il morale energico e no spiacciccato sotto le scarpe! La casa sembra un cimitero!

-         Dobbiamo avere pazienza e contegno. Rispettiamo il conte e madame. Non possiamo organizzare numeri da circo in un giorno come questo.

-         Suvvia Berthold....- s’inseri flessibile e diplomatico Albert - è dura ma non c’è bisogno di perdere la positività e la concordia...stiamo uniti e magari finiamo il magnifico spezzatino della nostra Ginette.

Lazar si alzò dalla seggiola sporgendo il tronco del collo verso la porta della cucina:

-         Ehi, gente! Sento i passi di mia moglie che sta scendendo!- prese a gridare senza porsi problemi d’intonazioni eleganti - Faustine! Faustine! Ohilàààà! Faustiiiiine!

Giunse in fretta , a passetti svelti e febbrili, una donnina dalla carnagione infreddolita ma dal nasetto energico e dagli occhi verde marrone  di sensibiltà premurosa e ordinata. Aveva soltanto un ciuffetto fuori posto dalla crocchia castano nocciola.

-         Che abbai così?! – sgridò a denti stretti - Razza di cafone! Non stai scaricando scorfani e cozze a Marsiglia!

-         E piantala di spaccarmi la testa con bacchettate da balietta! Che sta succedendo al piano di sopra?

-         Sembra che manchi poco – riferì impaziente e impensierita - il medico, sua moglie e sua figlia sono bravissimi. Tengono tutto sotto controllo.

-         Eh !eh! c’erano dubbi? – incoraggiò rumorosamente il marito - Avete visto quell’uomo! È uno che mastica pane, aglio e birra! Altrochè  robette spocchiose!

-         Deronne ha la pellaccia di un elefante da combattimento e un cuore grande – aggiunse Damian battendo allegramente la mano sul tavolo - è una benedizione che il generale lo abbia  rincontrato!

-         Ringraziamo il cielo... – disse Berthold con un timido sorriso - oggi è natale....che nostro Signore dia a questa casa una bellissima creatura.

-         Amici – invitò Albert calorosamente  -  Preghiamo assieme. Così le nostre voci saranno più forti.

-         Che paura abbiamo? – incalzò Lazar azzannando un pezzo di pane e masticando rozzamente -   Gesù Cristo è con noi!

-         Sì...- gli diede poi ragione la moglie -  il Salvatore ci ha dato un segno!

 

***§***

 

 François fissava angosciato la porta della camera dove la consorte stava partorendo.
Passeggiava avanti e dietro desiderando spellare il pavimento o frantumare i vetri delle finestre  canute di  condensa.

S’inquietava sempre di più e terrorizzava sempre di più…
La sventurata cameriera di turno, che usciva di tanto in tanto ,  tentava di calmarlo assicurando che Judith  era ormai prossima a far nascere il neonato.

-          Giuda assassino! – imprecava il padrone - E’ da due ore che dite le stesse cose e non vedo ancora né mia moglie né il bambino!

-          Signore…il travaglio è stato un po’ lungo, bisogna evitare che Madame corra rischi…

-          Sarà meglio che questo stillicidio finisca al più presto!

L’uomo andava vicino alla finestra, sbatteva un pugno contro le imposte e mugugnava preghiere tra i  denti:

-          Padre Eterno…Vergine Maria…non sono il più fervido dei praticanti ma vi prego…proteggete Judith e…il piccolo…Sì…il piccolo…sarà un maschio, vero? Perché sta volta andrà diversamente…sì…lo sento...la vostra misericordia è immensa…

Aveva ricevuto un’educazione cattolica ma veleggiava nel limbo dell'agnosticismo…Credeva, ripudiava, rivalutava, confutava e ricredeva…Era un’altalena di speranza e scetticismo…un pendolo metafisico che ciondolava tra cieca fede e sgretolante amarezza.

-          Non so che volto abbiate ma almeno vedo il cielo sopra di me …Dio, Gesù Cristo, immacolata Maria…non abbandonate mia moglie e donatemi un maschio…un bel bimbo sano e forte…e fate in modo che quel bovaro di Deronne abbia le mani guidate da voi!

L’ansia rabbiosa gli faceva schiumare scongiuri e insulti ma nel cuore sapeva che era veramente  sleale dubitare di quel professionista.
In fin dei conti doveva ringraziare il Padre Eterno o il Fato per averglielo, dopo tanto tempo , rimesso accidentalmente sul sentiero.

 Il sole di agosto , quasi avesse il sangue semi svenuto nelle vene, si accasciava sulle vie e sulle case antiche di Parigi. I ciottoli parevano schiudersi come uova di anguilla e le case di respiro medievale minacciavano di diventare liquefatte. I nobili cercavano refrigerio nei parchi o nei boschi sotto le braccia rigonfie degli alberi mentre fornai, artigiani , editori e sarti avvertivano la pelle mescolata alla pesantezza dei tessuti bagnati e logori.
Una carrozza nobiliare, trainata da robusti e coraggiosi cavalli, spaccava,sotto i raggi di mezzogiorno, il viale che sporgeva sulla Senna drogata d’azzurro e verde rame.
Aveva una linea austera decorata con qualche filamento d’edera d’ottone imbrunita di vecchi luccicchii.

Il cocchiere, un uomo dai capelli grigio neri sbatacchiati  , si schermava con un cappello leggero a tesa larga. Finalmento libero dal protocollo di corte , si era slacciato la marsina beige , la camicia di lino e il nastro di raso mogano che ne teneva congiunti i colletti. 

Lazar , stava riaccompagnando a casa François reduce da una riunione militare sull’organizzazione delle linee di difesa dello Stato giacché ormai gli equilibri delle alleanze mutavano in fretta.

Anche lui , aperti i finestrini del veicolo, si era allentato i bottoni della divisa e sventolava il cappello tentando di produrre un soffio di vento che potesse raggelargli i capelli spettinati che si addossavano sulla fronte, le guance e il collo.

Damian, seduto dirimpetto , si scuoteva le fronde umide della capigliatura castano chiara e tentava di trovare sollievo slacciandosi giubba e panciotto.

A mano a mano che si procedeva una voce femminile  , rustica e cristallina , diveniva sempre più alta e irritata.

-          Teh ! – sbraitava - Che dicevo?! Tu: “ ma non vedi che questo legno è roccia!”

-          Letamai di strade! – imprecava l’uomo con un vocione da fornace -   Proprio lì si doveva piazzare quella pietra aguzza?!

François , incuriosito,  si sporse dal finestrino: al lato opposto della strada stava un carretto ammutinato con la ruota spaccata. Era circondato da tre persone. Una coppia corpulenta sulla sessantina che agitava le braccia alla stregua di marinai e una giovane robusta che tentava di mantenere la calma.

-          Certo! – canzonava la signora -  Le pietre si divertono a saltellare e fare dispetti! Mai ascoltare me e chiamare un falegname prima del disastro!

-          E chi lo trovava il tempo?

-          Intanto potevi accorgertene prima che il cerchio si lamentava!

La poderosa schiena, le gambe taurine e forti, il volto di mattone,  le setole dei capelli in disordine...
Il generale , affacciandosi dallo sportello della carrozza,  ordinò a Lazar di fermarsi ed esclamò: 

-          Ma...voi siete il medico Deronne!

Il trio ammutolì inarcando le sopracciglia all’unisono in comica armonia.

-          Cosa?- rumoreggiò energicamente René senza curarsi dell’etichetta -   tu...François?

Il Conte , sorridendo e scuotendo il capo , uscì dalla carrozza investito dai raggi del sole che rimbalzarono sulla divisa blu mare.
La signora e la ragazza restarono piacevolmente meravigliate dalla sua figura alta, distinta e dal  viso guerriero simile ai santi cavalieri delle chiese: possibile che il loro omaccione conoscesse un nobile del genere?

-          Spero di non essere così invecchiato da sembrare irriconoscibile!- scherzò l’ufficiale -

-          È da quasi quattro anni che non ci si vede! – rise fragorosamente l’altro -  La tua faccia di stagno è sempre quella!

François , seguito da Damian , osservò il piccolo calesse che poggiava sul mozzo della ruota demolita.

-          Coraggio....avete un bel danno... lasciate che aiuti voi e...

Deronne presentò le donne:

-          Queste sono mia moglie Susanne e mia figlia Colette.

-          Piacere di conoscervi, signore – fece un rapido e rispettoso  inchino il conte -  Dov’eravate diretti?

-          Siamo levatrici – spiegò la signora -  Assieme a mio marito dobbiamo effettuare una visita d’urgenza ad una giovane che abita oltre Pont Neuf.

-          Io e Lazar vi accompagniamo immediatamente, intanto Damian si accuperà del vostro carro e dei vostri cavalli.

-          Sì, signori – assicurò l’attendente– conosco un fabbro nelle vicinanze a cui mi rivolgo da anni. Lui e i suoi garzoni vi ripareranno tutto.

Colette  indugiò con lo sguardo,  pudica ma interessata , sull’avvenente servitore che intanto prese per le briglie i due cavalli . Come il conte, possedeva una statura importante ma mentre il primo era più solenne e metteva più soggezione, lui emanava semplicità agreste e vivace.

-          Vi ringraziamo di cuore – si riprese lei tornando compita - Che Dio vi benedica! Non possiamo abbandonare quella ragazza e i suoi genitori...

-          Vostro marito mi ha salvato la vita – rivelò François accorato -  e ha sostenuto con grande valore molti altri uomini.

-          Dicci che potremmo fare per te François! – incitò Deronne mettendogli le manone da carpentiere sulle spalle.

L’uomo riflesse e  indugiò quasi costernato  ma alla fine raccontò:

-          Ecco...mia moglie Judith è incinta di cinque mesi e il medico che la visitava putroppo è in viaggio all’estero...sto cercando un professionista o dei professionisti  degni di fiducia che la seguano e ci possano garantire la salvezza del nostro nuovo bambino...

-          Susanne e Colette sono di ferro ma possiedono mani d’angelo mentre io ho il corpaccione da muratore ma  braccia di velluto quando afferro i pupetti frignanti.

Vagiti squillanti interruppero il flusso dei pensieri.
Le voci entusiaste della servitù dissolsero la tetraggine dell'attesa.

Un orologio di cedro e ottone segnava le otto e mezzo.

François si precipitò davanti alla porta della stanza, pensando di progettare in futuro un pellegrinaggio a Santiago di Compostela.
Dopo una mezz’ora di pianti e parole calmieranti,  Marie venne fuori raggiante con un fagottino in braccio.

-          Signore! Il parto è andato bene! Madame deve riposare ma il dottor Deronne dice che si riprenderà tra qualche ora.

Il generale  sorrise gioioso  lasciando defluire  la tensione  accumulata.
Dopo Santiago , pensò, si sarebbe recato anche a Roma.. .

-          Sono felice,  Marie! Stavo morendo d’ansia! Non osavo immaginare cosa sarebbe potuto accadere a Judith! Che tortura…Non ho dormito tranquillamente…Grazie al Cielo è andato tutto per il meglio! E… questo splendido piccino?

Una testolina di biondissime ciocche d’etere sporgeva dalle braccia della governante. Un visino ancora madido d’alba, rosseggiato di gemiti ma dolce di tepore…Gli occhi erano chiusi e solo le braccia paffute tentavano di appropriarsi delle immagini del  mondo.
Era un piccolo Iperione, un dio del Sole…Sarebbe diventato uno sfavillante armigero con quella criniera di rara beltà e quell’ effervescenza di vento.

-          E’ proprio un degno de Jarjayes! – esclamò elettrizzato François afferrando  la creatura.

Marie sorrideva colma di  ansioso imbarazzo.

-          Emh…signore…

-          Somiglia ad un arcangelo! No! Ad un cherubino! A un serafino! Un serafino!

L’uomo teneva tra le braccia la creaturina che protestava per quella verve commossa

-          Signore…non vi siete accorto…

-          Vedrete, Marie! Splenderà di nuovo la gloria della nostra famiglia!

Il generale ormai lievitava nell’atmosfera, giurando al Creatore di compiere un viaggio a piedi fino a Gerusalemme per deporre ogni tipo di offerte.
La governante aveva paura di smorzare quell’agognato momento d’ilarità…

-          Signore, devo dirvi che…

-          Non siete d’accordo con me? Non è  un bellissimo principe?

-          Una…bellissima principessa.

Di colpo François ammutolì.
Sgranò gli occhi facendo diventare il loro blu cocente.

-          Una p-principessa? – sorrise adirato e incredulo – avanti, non prendetevi gioco di me…è stata una giornata estenuante…

-  Ho detto la verità, signore. Voi e Madame avete una bambina…Guardate…è sanissima e meravigliosa…neppure troppo piccola! Il medico è rimasto piacevolmente stupito!

Il conte aveva le mandibole contratte e un tremolio negli arti.
Con lentezza scoprì il corpicino della neonata per verificare la tragicità delle rivelazioni…

-          Una femmina…- ruggì – ancora una femmina!  

-          Ma signore! – si sdegnò la serva – dovreste essere fiero! Questa piccina non ha nulla, è perfetta e Madame è finalmente felice!

-          È la sesta! Incredibile!

L’ufficiale avvertiva i ditini dell'infante battere sull’orlo del gilet , sul bordo della giacca...Era come se cercasse un appiglio sicuro, caldo, solido...Gli sfiorò , quasi cinguettando, la cravatta di seta già stupendosi di quel contatto stropicciato e liscio...

-          Suvvia! Dove la vedete questa fine? – rinfacciò Marie – è un reato che una fanciulla perpetui il sangue di famiglia?

François restò in silenzio annullandosi nella furia dell'acquazzone.
Le gocce che sbattevano contro le finestre intaccavano i riflessi dei suoi lineamenti  inaspriti di confusione.
Contemplò di nuovo il faccino della figlia rigonfio di delicatezza arrossata...quella floricultura di capelli finissimi era incantevole e desiderosa di essere coperta da carezze e cuffiette.
Da quanto tempo poi non sorreggeva la leggerezza vibrante di un neonato? Da quanto lui e Judith erano rimasti atrocemente a digiuno di quelle sensazioni?
Sì...desiderava un maschietto però una splendida femminuccia poteva segnare un inizio luminoso, simile ai riflessi carezzevoli dell’aurora. Sarebbe stata un’erede della madre, avrebbe appreso la grazia della musica e la sottile regalità. Bisognava attendere un altro pò di tempo e si sarebbe pensato subito ad un altro prodigio...un secondogenito che avrebbe portato la spada e protetto la corona e la famiglia.

-          Come sta Judith ? – si addolcì il conte guardando la governante – riposa?

Marie si riaccese di contentezza vedendolo tornato alla pacata tenerezza di marito e padre.

-          Sì – rispose – è necessario aspettare, il tempo che Madame si senta tranquilla e...si sia ben sistemata.

-          Capisco...- annuì l’altro dispiaciuto – attenderò ,allora...è che non mi sento completamente tranquillo finchè non ho la certezza di riabbracciarla...

Diede delicatamente la bimba a Marie che lo rassicurò:

-          Anche Madame desidera riavervi accanto. E’ stato un travaglio difficoltoso però è finito nel migliore dei modi.

-          Assolutamente....dovremmo decidere il nome per la bambina...Judith avrà sicuramente in mente qualcosa di delizioso.

Trepidante ma sollevato dalla gioia dei piani futuri, François si precipitò al piano di sotto senza più premurarsi  della compostezza delle etichette.
Pensò fosse un natale scarmigliato, agitato ma felicissimo. Saltò quasi per le scale mostrando la grinta di un adolescente che si era imbarcato sul vascello di un’avventura tanto agognata.
Giunse in cucina, sconvolgendo la servitù per lo strepitare dei passi, insolito per la sua consueta serietà.

-          Carissimi! – scandì vivacemente ergendosi in tutta altezza -  la nostra casa ha una nuova piccola contessa!

Albert e Berthold si infervorarono di contentezza battendo le mani tra uno spruzzo di risa. Ginette e Faustine si commossero immaginandosi la fanciullina che avrebbe riempito la casa col rumore della sua giocosa curiosità.
Damian sorridendo , attraverso lo sguardo lucido di lacrime, abbracciò François.

-          Siamo felicissimi signore! questo dono ve lo meritavate da tempo...

-    Sì – assentì l’altro sentendo la dolce strozzatura in gola della commozione – io non ci posso ancora credere...dopo questo capitolo, ce ne sarà un altro.

-          Che bello! Scommetto che la bimbetta è uno straordinario bocciolo! Dopo questo miracolo viene voglia di farne un altro!

-          Ora però – gridò Lazar che aveva già ghermito sfacciato una bottiglia di Borgogna – è doveroso festeggiare l’avvento della damigella!

-          Ehi! – vociò Damian – giù le zampacce da quell’elisir, muso di mulo!

I due si spintonarono alla stregua di calciatori fiorentini fino a che François sgridò:

-          Insomma! Riusciamo a brindare in modo gioioso e civile? O devo prendervi a calci come buoi da traino?

Tra le risate, il vino nei calici brillò al di sotto delle lampade coi suoi sussulti di danza scarlatta.

 

 *** § ***

-          Ecco, la pulcina è al caldo – disse compiaciuto Deronne – guarda, Susanne ! chi è più beata di lei?

La levatrice sorrideva  mentre Judith ricopriva di baci la figlioletta dispensandole  carezze e sorrisi.
Non poteva credere d’averla tra le braccia, attaccata al petto…
Quei solleticanti capelli di vapore, il naso minuscolo come un pistillo di fiore, le gote di pesche accalorate…L’avevano accuratamente coperta con una camiciola di cotone decorata da ricami di uccellini.
Marie guardava la giovane uguale ad  un’immagine santa…Aveva i capelli ondulati raccolti in una selvatica e virginale treccia, gli occhi azzurri sfavillanti di spossatezza lietissima, la camicia da notte che pareva una marea traforata di neve…C’era pure il bel lenzuolo di Pauline, su cui danzava un arabesco di rose, a conferire leggerezza alle coperte invernali.

-          Allora dottore – domandò la contessa avvolta  dall’incredulità felice di chi ha passato brutti momenti – la mia piccola è in perfetta salute?

-          Madame – rispose l’uomo rassicurante e professionale – l’epidermide non mostra la benchè minima macchia , la spina dorsale e gli arti sono ben formati, il palato è sano e il respiro e il battito del cuore sono regolarissimi.

-          Avete stabilito chi sarà la balia? – si premurò Susanne – se sarà possibile visiteremo anche lei per verificarne lo stato di salute.

Judith reagì in modo strano: sorrise tenera eppure nebulosamente scurita.
Avvertì germogliare in se una sorta di gelosia esclusiva. Il sangue che scorreva nella neonata doveva sentirlo soltanto lei...ogni palpitazione, ogni bisogno doveva captarli soltanto la sua mente.

-          No – enunciò austera – non ci sarà alcuna nutrice.

Deronne, la moglie e la figlia si ammutolirono allibiti. Marie e le cameriere, che stavano finendo di mettere a posto la camera, arrestarono i movimenti.

-          Dottore – chiese conferma la contessa risoluta – voi , Susanne e Colette avete riscontrato qualcosa di anomalo al mio seno?

La ragazza affermò discreta e precisa:

-         No, madame...Nonostante il parto sia stato difficile , non c’è nessuna infiammazione al petto. È perfettamente normale.

-          Bene – sospirò Judith baciando la sua bambina sulla guancia – allatterò io stessa.

Il medico si mise le mani sui fianchi voluminosi , approvando ammirato quella decisione fuori dalle regole. Susanne e la figlia parlottarono tra loro perplesse ma in fin dei conti contente. Le serve pensarono fosse incredibile che una nobil donna si flettesse all’umanità primitiva di un gesto concesso solo agli umili.

-          Madame – domandò piano Marie – veramente desiderate allattare la fanciulla?

Judith aggrottò la fronte quasi offesa che si mettesse in dubbio la sua istintuale convinzione di madre:

-          Posso mai provare avversione nel nutrire mia figlia? E’ cresciuta nel mio ventre e l’ho cibata per nove mesi! Continuo semplicemente il processo della natura. Non c’è nulla di scandaloso o osceno a differenza di quello che vogliono credere le altre aristocratiche.... Forse dimenticano che Gesù sia stato allattato dalla Santa Vergine e no da una balia....

Tutti restarono profondamente colpiti da quell’inedita aggressività, quell’aggressività dolce di leonessa che riafferma le leggi ancestrali del creato.

-          Avrei voluto farlo già da tempo – continuò mesta la donna – la sventura o l’indisposizione fisica me lo hanno negato...tra le cose che rimpiango , pensando alle mie bimbe,  è non avere potuto dare loro la linfa del mio petto, ecco... Adesso voglio offrire tutta l’ energia a questa nuova vita. 

Marie , commossa e accorata, chiarì:

-         Madame, dovete perdonare l’inopportuna domanda di prima...non oserei mai mettere in discussione la vostra forza. Ci ha  proprio sorpreso questa decisione. Siamo con voi. Vi capisco con tutto il cuore.

La contessa sorrise costernata per la reazione  verso la governante, che aveva resistito all’urto  di quell’onda ferma nella sua figura tondeggiante e devota. I capelli grigi e ricci celati dalla cuffia e la sua veste ordinata di zelo non si erano mai allontanate dal letto del parto. 

-          Marie, io vi chiedo scusa...Non avrei dovuto rispondere in quel modo...so che comprendete ogni mia decisione e se intuite qualcosa di sbagliato me lo rendete noto. Siete un pò il nostromo di questa casa vascello.

-          Signora, voi mi avete fatto sentire parte di questa famiglia...e la piccolina sarà la mia seconda nipote.

-          Ha la chioma favolosa di mia madre…- rimirò Madame - sapete , a me  e a mia sorella Oriane ci sarebbe tanto piaciuto  giocarci , pettinarla e acconciarla ma lei...è stata sempre una sorta di colonnello fulminatore!

-          Lo farete  con la vostra cucciola! – rise la signora – credo  ci sarà…l’imbarazzo della scelta poi nello scegliere i vestiti.

-          Potrà indossare qualunque cosa! Ogni colore su di lei farà una luce diversa e sempre magnifica! Anche se si coprisse con una nuvola scura sarebbe in grado di brillare come un raggio di sole…

-          Un angelo rende d’oro anche un abitaccio di lana!

-          E’ vero…e dovrà conoscere anche la musica…Le insegnerò a suonare il pianoforte.

Juditte si portò alle labbra le manine della figlia.
Marie era enormemente intenerita…Pensava all’ amato nipotino André, con la matassa di capelli bruni e disordinati, con  il visetto sgargiante dagli occhi verde fogliame …Il tanto desiderato miracolo di Marcel e Pauline.

-          François che ha detto della piccina? – trepidò Juditte – era così in ansia! Voleva un maschietto ma…non credo abbia resistito a una simile meraviglia…

Giocherellò con le ciocche della neonata, anche se, negli occhi, spuntò una scintilla d’apprensione…
Marie la tranquillizzò orgogliosa:

-          Vostro marito…è rimasto folgorato . L’ha presa tra le braccia contentissimo.

Era la verità, certo aveva celato il neo dell’iniziale scontentezza ma una magia è una magia.

-          Avrei desiderato vedere la sua espressione! – s’illuminò la giovane – e che nome ha scelto per la nostra bimba?

-          Preferisce sceglierlo con voi .

-          Bene – rise l’altra che poi divenne seria rivolgendosi a Deronne – dottore...mio marito non ha ancora saputo...delle complicazioni del parto?

Marie restò zitta sentendo l’ansia picchiettarle lo sterno. Il medico sospirò piano ma sempre ben piantato nella  sicurezza:

-          Lui sa bene che avete avuto un travaglio difficile poichè la durata è stata eccessiva per una donna che è alla sesto genita...però tutto è andato per il meglio. Non dobbiamo tenergli nascosto che bisogna innanzitutto preservare la vostra salute e la vostra vita.

-          Lo so ... – pensò lei aggrottando la fronte che sembrò mutarsi in fragile porcellana – però non vorrei che...

In quell’istante bussò alla porta François in un tempismo tragicomico.
Mentre Marie andò ad accoglierlo , Deronne mormorò alla contessa:

-          Madame, lasciate a fare a me , non temete.

L’uomo , sorridendo, si diresse verso il giaciglio e si sedette baciando e abbracciando la moglie . si chinò poi verso la figlioletta.

-          Che paura ho avuto – sussurrò – sono felice di rivederti...

-          Anche io –  fece la donna impensierita appoggiandosi tra la sua spalla e il suo petto – hai visto quant’è bella?

François accarezzò la testolina della neonata ricolma di boccoli rarefatti, mentre sgambettava  flettendo e animando i ricami della camiciola.
Le guance sporgenti si strofinavano contro il seno caldo della madre assaporando quel nuovo antro coccolante .

-          Allora che nome vorresti darle? – domandò il conte –  quello di tua madre?

-          A dire il vero – ammise Judith con un lieve imbarazzo come avesse commesso un dispetto imperdonabile – pensavo...di non seguire questa tradizione.

-          Beh , qual’è il problema? scommetto avrai ritenuto opportuno chiamarla diversamente.

-          Non vorrei mia madre si offendesse – confessò la contessa – non è una questione di mancanza di rispetto...

-          Figuriamoci se tu, Judith, sei una persona irrispettosa e screanzata – scherzò l’uomo.

-          Hai qualche preferenza?

-          Io ho pensato al nome per un uomo...Oscar...ma sarà per il prossimo bambino!

Judith rise tesa e la bimba parve accorgersi del battito accellerato del cuore che faceva , a momenti, vibrare i merletti della camicia da notte.
Temporeggiò alcuni secondi aggiustando il vestitino  della neonata.

-          Immagino sarà qualcosa di grazioso – riprese il marito – per una creatura del genere.

-          Sì...ero indecisa tra Nathalie e Noel visto che oggi che è natale...

-          Vediamo...interpelliamo il nostro medico. Deronne!

L’uomo si avvicinò calmo senza lasciare trapelare panico.

-          Dottore , visto che voi e la vostra famiglia avete protetto Judith , ci dovete consigliare il nome più adatto.

-          Oh, l' onore spetta solo a Madame – conciliò  il medico.

-          Avete reso possibile questo parto difficilissimo Deronne! – si alzò il generale avvicinandosi a lui -  Temevo il peggio...

-          Alla fine  loro sono uscite sane e salve...però...è necessario che ti spieghi  alcuni importanti dettagli... di salute.  

François stese le labbra e abbassò le sopracciglia avvertendo una fastidiosa corrente d’aria artica.

-          Riguarda mia moglie? – s’informò , rabbuitato, a bassa voce – dovrà stare a riposo immagino...mi pare davvero stanca.

Renè , gli fece un cenno del capo invitandolo a parlare nella saletta attigua alla camera da letto dove vi erano bauli e un grosso piano di legno con l’occorente della toilette.
Una volta entrati,  illuminati dalle fiamme instabili dei candelabri , il dottore cominciò asciutto:

-          François , hai notato che madame Judith non se l’è passata bene la settimana prima del parto.

-          Sì. Non riusciva a dormire e aveva frequenti attacchi di nausea. Ha avuto una gravidanza piuttosto tranquilla fino a che non è entrata nell’ultimo mese...

-          Esatto. Ieri si sono scatenate fitte così atroci che si pensava dovesse partorire e invece il travaglio è iniziato alle dieci di mattina.

Il generale si irrigidì inquietato , lasciando guizzare il nervosismo delle  pupille tra un lembo di luce e uno d’ombra.

-          È veramente strano – riflettè quasi con tono sordo – forse Judith è diventata più fragile fisicamente. Da ragazza ebbe  seri problemi di salute ma si riprese benissimo mostrando una tempra straordinaria...

-          Mi sono stupito anche io.

Il conte ascoltò zitto il seguito delle parole del medico:

-          Non targiverserò oltre. Una settima gravidanza potrà essere fatale per tua moglie.

-          Come?!

Ci fu un silenzio tachicardico, alimentato dagli ululii del temporale che sbatteva e si rompeva contro i vetri della finestra.

-          Hai sentito bene. Se tua moglie resterà incinta ancora una volta...dubito che sopravviverà.

-          Quindi...non potremo mettere al mondo un altro bambino.

François si sedette su un baule affossando le testa tra le mani e tacque per diversi minuti smarrendosi mentalmente sotto terra.
Renè Deronne, a braccia conserte , cercò di ravvivarlo:

-          François...lo so che è dura da digerire...ma pensa al fatto che Madame è fuori pericolo è la tua bimba non ha nulla.

-          È facile parlare – biascicò acido e ruvido – quando non hai una stirpe spacciata....

-          Che diamine dici? – si sdegnò il medico – ti rendi conto che tua moglie rischiava grosso?

Il generale scattò irosamente in piedi.
L’ incarnato passò da un bianco lunare, a un rosso mogano, a un grigio acciaio…Mancò poco che virasse verso un demoniaco verde fluorescente.

-          Ovvio che sono morto di paura per Judith! – sbraitò sgranando gli occhi – ovvio che sono felice che sia salva! Ma abbiamo una femmina! Una femmina! E ci resterà solo lei!

Diede un calcio ad uno sgabello che rovinò a terra lasciando disperdere una pila di federe che si accasciarono spaurite.
Intanto Judith impallidì al vociare crescente dei due uomini che fuorisciva dalla serratura della porta.
Strinse la bambina che le si addossò sul petto lamentandosi. Susanne sospirò inarcando un sopracciglio e cercando di tranquillizzarla con l’ autorevole esperienza di signora della casa:

-          Madame, mio marito è nato così. In casa abbaia per stupidaggini . Il conte sarà stato preso dalla rabbia perchè è in pensiero per voi e Renè ha avuto la gentilezza di un energumeno.

Judith espresse gratitudine nello sguardo ma Marie, afferrò quell’attenta agitazione che le faceva riaffiorare i timori più grevi.
Infatti nello stanzino François sfogava la  rabbia a denti stretti:

-          Voi non capite , Deronne! I de Jarjayes sono servitori della corona da generazioni! Io sono rimasto l’unico erede  con un’unica figlia !

-          In che modo pensi di proseguire questa tragedia da re greco?

-          La mia famiglia sta ormai morendo e la carriera militare è stata la nostra linfa vitale, il dovere che abbiamo verso il nostro regno e verso il Signore.

-          Quanta polvere da sparo ti avranno messo nel te o nella birra, durante le campagne militari? Io scommetto che ne hai una quantità dannosa nella scatola cranica.

-          Giusto! – esclamò sarcastico il conte – cosa può capire un bifolco che non distingue la lana caprina dalla seta cinese e non sa la differenza tra un mulo pulcioso e un purosangue da combattimento!

Renè rispose prontamente all’insulto con altrettanta canzonatura:

-          Perdonatemi , monsieur! Non è colpa mia se le mie ditacce non maneggiano spadini e la mia zucca plebea non ragiona come la vostra regal capoccia delirante! 

-          Saranno deliri veri quando questa casata si estinguerà !

-          Per la miseria, François – brontolò il medico aprendo le braccia – dove vedi questa apocalisse? Anche io desideravo un maschietto, ma poi è nata Colette e sono stato comunque felice! Mi aiuta tantissimo e ,senza di lei, io e mia moglie non sapremmo che fare. È l’energia della casa!

Un fulmine deturpò di un biancore crudo il cielo gonfio…
Un boato scarnificante fece vibrare le vetrate.
Il generale si ammutolì a lungo fissando la finestra che mostrava le rigature intricate dell’acquazzone.
Il suo volto era  pietra atona e livida.
Renè si augurò di averlo persuaso ma non ne fu completamente convinto quando gli udì pronunciare calmo e annerito:

-          Sì...perchè una fanciulla non può aiutare la propria famiglia ... perchè dovrebbe essere esclusa dai doveri di protezione?

Il conte uscì dal camerino seguito dal medico che temeva di assistere ad una soluzione assurda.
Judith fissò angustiata il marito e domandò timidamente:

-          Caro...va tutto bene?

L’uomo era avviluppato da una flemma apatica poco rassicurante:

-          Va tutto bene Judith...la nostra fanciulla riporterà in vita i de Jarjayes e lo farà col nome di Oscar François.

Le serve manifestarono agitazione guardandosi tra loro , Marie si avvicinò preventivamente alla contessa  annichilita :

-          Ma – balbettò- Oscar è un nome da uomo...perchè...

Il marito si accostò alla porta della stanza brandendo la maniglia alla stregua di un’elsa da spada.

-          Le cose vanno così, purtroppo.

-          Non capisco! Che significa?

Lui si voltò increspando la fronte durissima di piombo:

-          È semplice. Imparerà gli obblighi che ho dovuto rispettare. Si chiamerà Oscar François come avevo stabilito fin dall’inizio... È tutto. Non voglio sentire obiezioni.

L’ufficiale abbandonò tutti marziale…senza voglia di ragionare, lasciarsi benedire dalla dorata bimba… La sposa non seppe se farsi bruciare dalle lacrime o dalla stanchezza sventrante.

 

***§***

 

Nel  giorno di Santo Stefano si alternarono i mormorii smarriti dei servi e il silenzio cavernoso del Conte. Tutti si domandavano il perché di quello sbalzo d’umore ma soprattutto perché decidere così duramente di attribuire alla neonata un nome maschile.
Il pranzo fu di una tetraggine insopportabile : un grigiore inamidato e accecante si riversava dai finestroni della sala da pranzo. Gli abeti e i lecci del giardino avevano assunto un verdastro nero che contrastava col cielo preannunciante nevischio scompattato.

La medesima desolazione regnò sulla tavola ornata da una pallida tovaglia di ricami dorati.

Ginette si prodigò a  preparare un arrosto succulento, unto da una luccicante salsina di funghi e contornato da patate  ma il conte restò austero e freddo.

Il fatto che non avesse voluto mangiare in intimità con Judith la diceva lunga sulla situazione.

Damian , che aiutò Albert a servire e sparecchiare ,  avvertì sofferente quella  pesantezza  che risuonava nel vino che colpiva il bicchiere e nei vapori muti dei cibi. Non osò dire una parola al generale, che con l’abbigliamento blu scuro e i capelli pettinati rigidamente, esprimeva la propria segregazione intransigente.

Nel pomeriggio, il servitore si trovò in compagnia di Marie a rassettare le camere degli ospiti. Fu felice di vedere il suo volto morbido e il rilievo buffo e piccolo del suo naso.

-          Accidenti – sospirò – vedo nero pesto! Prima il generale sembrava così felice della contessina! Abbiamo brindato assieme e ora si è inumato nel ghiaccio e nel carbone! Ma hai visto che faccia da sasso muschioso?

La signora scosse il capo piegando  i lenzuoli sul letto foderato da una coperta damascata:

-          Ah , Damian…non so davvero cosa fare!  - si crucciò – dopo aver portato a Madame il brodo di carne cucinato da Ginette, ho chiesto al conte se desiderava pranzare al piano di sopra ma..nulla! Ha rifiutato !

-          Guarda , è un peccato che adesso il dottor Deronne non ci sia…

-          Sta mattina aveva provato a fare una lavata di capo al nostro generale di granito eppure neanche quella lo ha pizzicato!  Trucido  e  convinto che quella cucciola possa fare il militare!  Assurdo!

-          Adesso ho preferito lasciar stare , Marie, se dico “ bu “ o “ba” lui mi appende al muro tale e quale ad una testa di cervo!

-          Ma ricordi quando Madame divenne magrissima dopo…la morta della prima bimba? Il conte era stato di una dolcezza e di una nobiltà incredibili! La vegliava in continuazione l’aiutava a mangiare…la trattava come una regina! La serviva senza stancarsi…

-          Detto tra noi – fece a mezza voce Damian accostandosi all’orecchio della governante – sono una coppia inspiegabile…vorrei sapere quale sostanza li unisce e quale li respinge…vai a capire.

-          Non potremmo mai scoprirlo…mi auguro solo che il conte rinsavisca! Sappiamo bene quanto lui la ama…bisogna sperare in questo.

Damian sorrise assottigliando le labbra pensieroso:

-          Sì, Marie …è mirabolante che una donna della pasta di Madame stia con uno dalla corazza di metallo…Abbiamo l’esempio vivente di una sofferenza e di una profondità rari. È l’amore che rende tutto difficile e che mette al mondo creature come Oscar.

La donna annuì piano  prendendo gli indumenti puliti da portare alla contessa:

-          Dovrà essere l’amore che ha verso di lei a riparare tutto – poi sospirò inquieta – se i compromessi potranno veramente essere riparazioni in faccende del genere!

Uscì dalla stanza e andò a bussare alla camera di Judith.

-          Entrate,  Marie.

Vide la madre seduta ad una comoda poltrona che allattava la figlia.
Fu un sollievo assistere al leggero sorriso che teneva serrata l’intimità del nutrimento.

-          Madame…spero di non avervi disturbato. Vi ho portato le vesti nuove.

-         Non vi preoccupate. Anzi grazie che siete venuta. Poggiate pure sul letto.

La governante ubbidì e si rallegrò notando che Oscar quieta, quieta, con i ricciolini che sbucavano dal braccio della contessa, si crogiolava:

-          La piccolina ha mostrato un più che discreto appetito – scherzò – non ha nulla di cui lamentarsi!

-          Sì – rise la giovane – appena l’ho messa vicino al seno pare che subito abbia sentito profumo di latte.

-          Crescerà bene, crescerà bene.

La neonata, tramite un balbettio tumido, lasciò capire che era sazia. Judith l’allontanò dal capezzolo e le pulì la bocca con un morbido tovagliolo. Si ricoprì il seno e la cullò un attimo per tranquillizzarla.

-          Marie – domandò – mentre mi cambio , potreste tenere Oscar?

-          Ci mancherebbe,  Madame! Avete bisogno di aiuto? Vi sentite in forze?

Judith, un po’ frastornata, si alzò e poi sedette sul letto.

-          Mmm…- mormorò – è meglio se chiamate qualcuno…ho ancora i capogiri.

Immediatamente giunse Faustine che supportò delicatamente la Contessa a togliersi la camicia da notte bianca e a mettere un’altra veste azzurrina con le maniche lunghe e larghe. Poi si congedò silente simile ad un sospiro di corrente. 
Marie intanto vezzeggiava la bimba che si lagnò , conscia di essere finita tra le braccia di una persona che non fosse la mamma. Dopo un po’ si rabbonì , lasciando disperdere lo scetticismo tra un borbottio e un altro.
Era splendido  guardarla, aggiustarle i merletti dell'’abitino e darle un bacio sulle gote floride.
A malincuore la governante dovette ridarla alla custode che, sedendosi contro i cuscini, se la rimise in grembo.

-          Accipicchia, Madame – ridacchiò Marie – vi assicuro che me la sarei tenuta in braccio tutta la giornata!

Judith riuscì a donare un sorriso tenerissimo malgrado le angustie che assediavano il cuore:

-          Oscar vi dovrà chiamare “nonna” – decise affettuosa – e la sgriderò se non imparerà a farlo.

-          Ne sarò felicissima…lo sapete che già dal primo momento che l’ho vista è divenuta la mia seconda nipote.

-          Mi dovrete far vedere il vostro André ! Anche lui deve essere stupendo.

-          Sta diventando sempre più bello, sempre più bestiola ! ormai cresce e salta quasi da una parte all’altra della casa.

-          Marie.

L’ufficiale era entrato nella stanza, eretto in tutta la sua altezza incupita e ferrosa.
La sobrietà pesante e la blusa scura l’avvolgevano inflessibile.

-          Lasciateci soli.

Marie ubbidì pressata dal senso di colpa.
La contessa guardò il marito immensamente ingrigita…
Una mesta delusione la infuocò nel vederlo che si sedeva uguale a un giudice su una poltrona.
Dov’era l’uomo che l’affiancava severo ma cosparso di tenerezza? Era veramente a lui che si abbracciava quando sedevano sul divano? Quelle mani di lucente granito che l’accarezzavano  ora erano asserragliate, incrociate…
Il viso dalle mascelle quadrate e armoniose, il naso tracciato con lindo rigore, quegli occhi blu affilati di iodio salino e  profonda ventosità…
Possibile che quell’ imperatore ibernato fosse il giovane devoto che l’aveva fatta innamorare?

Erano uno di fronte all’altra.
Alienati.
La neonata si agitò lievemente.

-          Ti senti bene? Sei stanca?

Le domande di François , più che premurose, risultarono da interrogatorio di caserma.
La sposa arricciò la fronte rispondendo secca:

-          Prima ero un po’ stordita ma ora sono abbastanza ripresa.

-          Mi fa molto piacere. Il medico ha detto qualcos’altro?

-          Dovrò evitare  sforzi eccessivi questa settimana. Andrà tutto bene.

-          Niente complicazioni, quindi…

-          Se tu lo vorrai, no.

L’ultima frase  suonò  alterata.
Il generale  rizzò il busto mettendosi in posizione d’ammonimento.
La bambina afferrava i nastrini della camicia materna.

-          Cosa hai intenzione di fare? – provocò guardinga Judith.

Lo sposo  mise le mani al mento, squadrandola con fredda aria di sfida.

-          Rispettare la natura dei doveri: mandare avanti la famiglia.

La donna impallidì ostile accarezzando protettiva la figlia.

-          “ Rispettare la natura dei doveri…” – enunciò sardonica - Temo di non trovarmi sulla tua lunghezza d’onda.

-          Judith. Conosci la situazione dei de Jarjayes.

-          Abbiamo una bambina splendida e piena di salute. Voglio  il meglio per lei, ciò che le permetterà di crescere serenamente.

-          Crescerà…crescerà nel modo più giusto: toglierà dal baratro la nostra stirpe.

-          Ho detto che dovrà vivere serenamente.

-          Contano la rinascita e la sopravvivenza. C’è la continuità.

La piccola emise qualche gemito.
La madre , cullandola, si rivolse accusatrice:

-          Qual è il tuo concetto di continuità?

L’uomo incrinò le sopracciglia preparandosi a schizzare veleno:

-          Uscire dalla rovina.

-          Rovinando tua figlia?

-          Servire il proprio sangue e la corona non significa “ rovinare”.

-          Stai farneticando, François!

Il militare si alzò furibondo:

-          Vuoi vederci estinguere, Judith?! Siamo dissanguati! Mio padre, a stento, è riuscito mantenere il nostro patrimonio, Philippe è stato costretto a vendere alcuni latifondi in Normandia prima di morire e neppure Etienne può essere più di aiuto ! L’ idiota che deve sollevare questa torre crepata sono io!

La figlia scoppiò in lacrime.
La giovane ,cercando di calmarla, esclamò:

-          Ringrazia il cielo che hai avuto una creatura così! Non è lei la vera continuità?! Non basta per annullare il decadimento totale?

-          Indossare un abito ricamato e un ventaglio non  rappresenterà nulla! Non servirà a nulla!

-          Ti scongiuro! Non vorrai…

-          Imparerà a combattere. Vivere facendo resuscitare la nostra gloria. Difenderà la Corona dello Stato.

-          Sono stupide assurdità! Sarà una donna in tutto e per tutto!

La fanciullina continuava a piangere spaventata.
Il padre si esasperava trincerandosi in un cieco autoritarismo.

-          Stiamo morendo! Lo capisci?! Da secoli le armi sono la realizzazione dei nostri principi, siamo vissuti per perpetrare la potenza di Francia, far vivere le fondamenta di un meccanismo che ci permette di respirare!

-          Cosa cambierà mai,  François,  se sarà una ragazza e non un generale a mandare avanti la famiglia? Occorre sbraitare ordini e usare spade per saper combattere nel mondo?! Non essere ridicolo…

-           Il suo nome è Oscar François. Pantaloni e divisa non le causeranno malattie mortali.

-          Stai calpestando la tua bambina! Te ne rendi conto?!

François si avvicinò alla sposa dilatando gli occhi con sarcasmo:

-          Non è colpa mia se sei stata capace di partorire solo femmine! Dannate femmine!

-          Le abbiamo fatte in due le nostre dannate femmine! Siamo marito e moglie! Ho sempre pensato a noi! No allo Stato e alle sciabole!

L’uomo raggiunse la parete d’ingresso della camera e indicò una sciabola appesa.

-          Questa è la legge, Judith! Questa sarà la sua legge! -  strepitò - Non m’importa a che prezzo! Si deve sempre pagare qualcosa…

Abbandonò come un ciclone a brandelli  la moglie e la figlia.
Marie si appiattì contro la parete del corridoio quando lo vide passare colmo di lampi e tuoni.
Trascorso qualche minuto, tornò dalla contessa.

-          Madame ? – bussò delicatamente alla porta.

-          Entrate, Marie…

Judith aveva il volto colmo di scie di pianto e Oscar allacciata al seno, rinchiusa  nel suo abbraccio.

-          Desiderate che vi porti qualcosa, Madame?

-          Soltanto un po’ d’acqua, grazie.

Marie si congedò preferendo non porre domande su François.
Intuì depressa che Judith avrebbe dormito sola quella notte e che l’unico sapore tenero era il latte che la neonata avrebbe bevuto in quei giorni di intemperie.  

 

 

 

Note personali : rieccomi in tardo autunno ( siamo quasi prossimi al Natale XD ) con il  capitolo che chiuderà questo libro primo!
Torno a dispiacermi per non essere riuscita a farmi viva  in estate ma ho scritto questo lungo episodio daccapo perché non mi aveva convinto la prima vecchia stesura…preferisco rimandare l’aggiornamento piuttosto che pubblicare uno scritto che non trovo credibile.

Ammetto che François poteva apparire OOC ( ho messo per cautela questo avvertimento nella presentazione della storia) ma l’ho fatto per esigenza narrativa…come avrete potuto notare diventa davvero intrattabile e inflessibile XD XD

Ringrazio Lady Dreamer che mi ha dato consigli indispensabili per la rappresentazione della scena sulla nascita della piccola Oscar :* :*

Ci vedremo tra pochi giorni con la seconda e ultima parte del capitolo ! ^^

 

 

 

   
 
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