4.
DAIGH MORGAN
Le onde del mare si infrangevano
impetuose sul lido della spiaggia deserta. L’aspetto era
più
simile a quello di una laguna,
estesa
per chilometri e chilometri, senza nemmeno la sagoma di un
ombrellone.
La giornata era coperta e molto ventosa.
Alcuni schizzi d’acqua andavano a inumidire la sabbia rorida
e
compatta. L’Irlanda era così: spesso
caratterizzata da un
vento freddo, anche d’estate.
Dopo l’immagine
prolungata del litorale, si susseguirono quelle di diverse steppe
verdeggianti, dall’erba rigogliosa e irrorata. Davano
l’idea di
un tempo meno uggioso rispetto alla spiaggia.
«
Wexford ». La
faccia gioviale di Maiti occupava tutto il primo piano. Dietro di lei
ancora si stendevano le praterie virenti della county
town. « Una contea così
bella e così florida, ma allo stesso tempo, si
può
dire, contraddittoria. Da una parte il freddo ma incantevole mare
d’Irlanda; dall’altra le steppe assolate e mirabili
».
Apparve l’immagine di un pascolo brado: tante pecore
brucavano tranquille in una distesa di erba priva di recinzione.
Accanto, un contadino seminava verdure e ortaggi per la primavera a
venire.
Di nuovo rispuntò il volto di Maiti, che
indicava gli animali che pascevano.
« L’allevamento
segue le regole della giusta alimentazione e il nutrimento è
rigorosamente a base di erba. Gli ovini qui possono pascolare liberi
e indisturbati. Quando c’è quiete si posso anche
sentire i
loro belati…».
«
Beeeee» una voce
scherzosa provenne da un punto imprecisato dello schermo.
« Mairtin piantala!
»
esclamò Maiti, divertita. «
Sei uno stupido! Stava venendo fuori un
pezzo
bellissimo! »
« Io
ti stavo solo aiutando a fare sentire i belati delle pecore! »
ribatté il ragazzo, ilare. «
Senti, le pecore fanno beeee! ».
Mairtin assunse una posizione buffa simile alla postura di una
pecora e iniziò a girare su se stesso, fingendo di brucare e
continuando ad imitare i belati degli animali.
« Oh,
zitto, te la faccio vedere io! ».
Maiti gli saltò sulla schiena, facendogli perdere
l’equilibrio. Entrambi caddero a terra, inumidendosi tutti i
vestiti. Iniziarono a ridere, divertiti, mentre un contadino gli
passava accanto, osservandoli con espressione buffa.
Maiti
sorrise. Mordicchiò la punta della matita, mentre si
allungava
per prendere il telecomando dal comodino. Pigiò un tasto e
diminuì il volume dello stereo, mentre sua madre strepitava
dalla cucina di abbassare « quella maledetta musica
».
Riponendo l’oggetto sulla scrivania, schiacciò
lesta un
pulsante sulla tastiera del computer e il video si bloccò.
La
ragazza stava montando il filmato che Sèanait voleva pronto
per il giorno seguente. Era stato difficoltoso registrare i vari
pezzi, soprattutto quando ad aiutarla c’era Mairtin.
Armeggiò
con il mouse e con i comandi del computer, selezionando, eliminando e
infine assemblando i vari spezzoni.
« Così
dovrebbe andare bene » disse,
soddisfatta di se stessa. « Bé,
la parte sul paesaggio è completata. Ora mi manca quella sui
luoghi frequentati dai ragazzi e… ».
Si alzò dalla sedia per prendere i dischetti su cui aveva
filmato il resto, ma alcuni schiamazzi provenienti
dall’esterno
richiamarono la sua attenzione.
Infastidita, si accostò
alla sua finestra e guardò il gruppo di ragazzi sul
marciapiede, la causa di tutto quel rumore. Per un momento le
mancò
il fiato.
« Daigh Morgan »
sussurrò. I suoi occhi si
soffermarono su
di lui, così bello, così perfetto. Scherzava
assieme ad
alcuni amici; i suoi movimenti erano così fluidi,
così
sciolti… aveva un equilibrio perfetto, senza farlo
volutamente.
La sua attenzione fu distolta solamente dalla porta che sbatteva
e sua mamma che entrava in camera a tutta birra, arrabbiata.
«
Maiti! Non ti ho forse detto di
abbassare questa
musica? ».
Senza aspettare repliche,
individuò il telecomando sulla scrivania, lo
afferrò e
dimezzò il volume. « Ora va
bene ».
Maiti si voltò
verso di lei, soprapensiero.
« Scusa,
mamma » replicò.
Raggiunse lo
stereo, premette il pulsante “off” e la canzone
cessò. Poi
tornò alla finestra e riprese a fissare il gruppo di
ragazzi:
assieme a Daigh Morgan c’erano anche Bairre Allen, Uilliam
McWilson
e Bran O’Friel, due ragazzi che aveva visto ancora assieme a
Brecc
Stoker. Facevano tutti parte della squadra di rugby. Stranamente.
Maiti era imbambolata di fronte all’infisso, con gli occhi
puntati su Daigh. Doveva fare qualcosa. Doveva fare maledettamente
qualcosa. Voleva solo che lui la notasse, solo quello.
Faresti
di tutto, si disse. Faresti di tutto pur di
attirare la sua
attenzione.
E così, ancora prima di ragionare e di
scartare del tutto quell’opzione, chiamò Bairre.
Non ebbe
nemmeno il tempo di pentirsi.
« Ehy,
Bairre! »
Lui si girò immediatamente. Il suo
sguardo divertito divenne immediatamente stupito, poi imbarazzato.
Rimase evidentemente senza parole: Maiti l’aveva salutato.
Stava
per blaterare qualche cavolata senza senso, ma Bran O’Friel
gli
tirò una gomitata. Lui sembrò riscuotersi.
«
Ciao, Maiti! » disse,
più rilassato. « Non sapevo
che abitassi qui ».
Fece una pausa,
evidentemente cercando altri argomenti sensati da proporle. «
Che cosa ci fai rinchiusa in casa con
un tempo
come questo? ».
Maiti
guardò il cielo: si stava ricoprendo di nuvole. I suoi amici
trattennero a stento una risata. Bairre diventò rossissimo.
«
Bé… non avevo
niente di importante da
fare » rispose,
cercando di toglierlo
dall’imbarazzo. Sapeva perfettamente come ci si sentiva. Ma
la sua
attenzione ora era rivolta a Daigh Morgan. Aveva mosso il primo piede
e per completare il passo doveva muovere anche il secondo. Non poteva
tirarsi indietro a metà.
« Allora,
ehm… voi cosa state facendo di bello? »
Trattienili
prima che se ne vadano, si diceva, agitata.
« Noi…
noi stiamo andando a fare un giro. Stiamo aspettando Brecc ».
« Come hai detto? »
Bairre
alzò la voce:
« Stiamo aspettando
Brecc ».
« Non
capisco ».
Bugia. «
Aspetta, scendo un attimo ».
Si voltò di scatto, infilò le scarpe in qualche
maniera, si sistemò i capelli alla
bell’è meglio
mentre scendeva la scale, afferrò il giubbotto e disse a sua
mamma:
« Esco ».
« Ricordati di andare a
prendere Tòmas
alle cinque » cantilenò
la
donna. « E non
fare troppo tardi ».
« Con ogni
probabilità rientrerò
tra un minuto » ribatté
la
figlia, prima di aprire la porta e uscire.
L’aria era
fredda e sferzante e, a dispetto di quella mattina, il tempo stava
peggiorando. Grosse nuvole cariche d’acqua sormontavano la
valle,
minacciando di piovere. Il vento forte scuoteva con violenza le
piante, ma per la gente del posto era pressoché normale.
Maiti si strinse nel cappotto, un gesto usuale per chi abitava in
Irlanda. Guardò Bairre, che la scrutava a sua volta, con
speranza. Si sentì un’infame: lo stava utilizzando
per i
suoi scopi. Era ancora in tempo per lasciarli andare e tornare
indietro, ma proprio mentre trovava una scusa per tagliare corto,
Daigh Morgan piantò gli occhi su di lei. A questo punto ogni
buon proposito per fare la brava ragazza si spense, soffocato da
quelle iridi verde intenso.
Le parole le morirono in gola,
lasciandola con la bocca aperta e lo sguardo fisso sul suo. Per un
momento le sembrò di essere su un altro pianeta, magari su
un
mondo parallelo. Daigh Morgan la stava guardando.
Stava
guardando lei.
Bairre se ne accorse subito e abbassò
il volto a terra. Poi lo rialzò, nascondendo la
frustrazione,
e si schiarì la voce, annunciando:
« Maiti,
io credo che tu conosca Daigh. Ehm… Daigh, lei è
Maiti ».
Daigh le sorrise, cordiale. Maiti si sentì morire. Era
sicura che stesse sognando e che quando si sarebbe svegliata avrebbe
avuto solo un bel ricordo di un altrettanto stupenda immaginazione.
« Io…
tu… noi… voglio dire…
cioè, sono Maiti. Ciao ».
Abbassò immediatamente gli occhi, imbarazzata. Come aveva
potuto fare un discorso così “non
discorso”? Ora Daigh si
sarebbe messo a ridere e non l’avrebbe più filata.
Ma come
si faceva a balbettare cose senza senso in quel modo?
Era pronta
a fare dietrofront e tornare in casa, turbata, ma un’occhiata
di
Bairre le fece capire di non fare stupidate, che stava andando
benissimo. E in quel momento seppe di non essere mai stata
più
vile e abietta. Perché lo stava facendo? Perché
solo
per attirare l’attenzione del ragazzo che le piaceva aveva
utilizzato spudoratamente una persona che avrebbe preferito evitare
in ogni istante della sua vita? C’era forse con la testa, o
l’aveva
persa nel preciso attimo in cui aveva visto Daigh Morgan sul
marciapiede davanti a casa sua?
« Ciao
Maiti » rispose
il ragazzo. «
È un piacere conoscerti ».
« Lo è anche per
me »
disse lei. Guardò Bairre. Le
sorrise, ma
era chiaro che fosse tutto tranne che contento. Aveva intuito le
intenzioni dell’amico ancora prima che lui le avesse in
mente. «
Bé, ora torno in casa »
continuò la ragazza. «
Credo
sia meglio ».
« Oh,
ma non dai nessun fastidio » replicò
Daigh, lanciandole un sorriso ammiccante.
La ragazza
faticò a trovare una risposta; era in completa agitazione.
La
sua mente le stava inviando una sola informazione: “Daigh
Morgan è
di fronte a te e ti sta parlando”. Sperando che la sua
agitazione
non fosse notata, pronunciò le prime parole che le vennero
in
mente: « I-i-io ti ringrazio, ma voi dovrete andare, e
io… io
devo… insomma ». Deglutì. In un solo
istante sentì
tutti i mali possibili assalirla: lo stomaco le bruciava e la pancia
le doleva; la sudorazione e la salivazione erano aumentate e aveva la
bocca impastata. « Voi comunque dovrete andare »
concluse, banale.
« In effetti… »
rispose Uilliam McWilson, un
po’ scocciato.
« Non dire stupidaggini »
lo rimbeccò Daigh, senza
nemmeno guardarlo.
« Stiamo ancora
aspettando Brecc ».
« Già
»
ribatté Uilliam,
sottolineando l’insistenza
nella parola. « Ma
quando arriverà
dovremo andare, e questa è una riunione di noi amici solo
per noi amici; non ci sono nemmeno le rispettive ragazze.
L’hai
stabilito tu ».
«
Sì, ma per lei si
può fare
un’eccezione ».
Questa volta il
ragazzo guardò l’amico dritto negli occhi, con uno
sguardo
severo. « Anche
Bairre è della
mia opinione, vero Allen? ».
Bairre, paonazzo, puntò lo sguardo sul ghigno divertito di
Daigh. Quando anche gli altri due ragazzi risero, lui guardò
altrove, chiaramente a disagio. Maiti non desiderò mai come
in
quel momento non avere richiamato la sua attenzione cinque minuti
prima alla finestra.
« No…non fa
niente » si
affrettò a
precisare, mentre una folata di vento le spettinava i capelli
castani. Lesta, afferrò il ciuffo ribelle con una mano e lo
rimise a posto. « Non
fa niente, sul
serio. Io devo finire quel maledettissimo video per domani, quindi
davvero, torno in casa. Se non sarà pronto per domani
Sèanait
si arrabbierà tantissimo ».
« Oh, non
c’è problema, con
Sèanait posso parlarci io » propose
il ragazzo.
« No! »
esclamò Maiti. «
No!
No, no-no! È meglio se lasci stare.
D’accordo… d’accordo!
Verrò con voi. In fondo il video posso finirlo anche
più
tardi ».
Daigh le sorrise.
« Bene »
disse,
con l’aria di chi non ne perde una. «
Ora
manca solo Brecc ».
Abigail
fu la prima a scendere dalla luccicante limousine laccata di nero e
sfilare lungo il corteo di paparazzi, seguita a ruota da suo padre
Benjamin, che davanti alle telecamere non si staccava da lei un
minuto. I flash arrivarono da ogni parte, e Abigail si sentì
in dovere di assumere le pose più fashon per apparire sulle
riviste più popolari del momento.
L’ultimo a scendere
dall’auto fu Chris, che si mosse tranquillamente come se per
lui
tutta la gente attorno non esistesse. Ignorò le tredicenni
ululanti che bramavano un suo autografo e oltrepassò i
giornalisti indemoniati che si tiravano le macchine fotografiche in
testa per realizzare lo “scatto esclusivo”.
Quando furono
entrati tutti nell’hotel, Benjamin fu l’unico ad
avvicinarsi al
bancone per chiedere informazioni. Abigail estrasse uno specchietto
dalla borsetta e iniziò subito a specchiarsi, terrorizzata
che
il brufolo che le era cresciuto sotto il mento non fosse
minuziosamente coperto di fondotinta.
« Scherzi?
» ironizzò
Chris, mentre si
attaccava al cellulare per chiamare la madre. «
I
giornalisti scovano tutte quelle imperfezioni ».
« Christopher, lascia stare
tua sorella
» ordinò
il padre, mentre la
ragazzina scappava urlando su per le scale, spaventando tutti i
presenti. « Sembra
di stare all’asilo
» aggiunse poi,
rivolto al portiere.
« La giornata
è già
stata terribile abbastanza ».
L’uomo gli sorrise, porgendogli una tesserina. Benjamin
l’afferrò, ricambiando il sorriso.
« Camera
numero 1214, signor Braight. I vostri bagagli vi saranno recapitati
tra pochi minuti ».
«
La ringrazio ».
Benjamin si voltò, sbirciando lungo gli scalini ricoperti da
una sontuosa moquette rossa. « Vedrò
di andare a recuperare mia figlia da qualche parte. Qual è
il
bagno più in vista salendo le scale? ».
« No, non ho detto che sono
Sharon
Jakobs, maledizione! » strepitò
nel frattempo Chris al telefono. « O
forse credete che abbia subito un intervento alle corde vocali?! Non
me ne faccio nulla delle sue scuse! Voglio parlare con mia madre,
santo cielo! Mi passi lo studio di Miranda Carlington,
immediatamente! Ma quali chiamate estere? Ma di che diamine di
prefisso sta parlando? Santo cielo! Sì, sì,
proprio
lei. Me ne frego se è in riunione in questo momento, voglio
parlare con lei, sono suo figlio! Mi chiamo Chris Braight. Che cosa
significa che lei è Batman, mi sta forse prendendo in giro?
Prono? Pronto! Mi hanno riattaccato! ».
Il portiere guardò Benjamin comprensivo.
« Primo
piano, seconda porta a destra; è il primo bagno che trova ».
Il regista fece un cenno con la testa e, sconsolato, si diresse
verso le scale. Osservò il figlio infuriato pretendere di
fare
una chiamata dall’hotel, permettendo l’addebito
sulla sua carta
di credito.
Scosse la testa, salendo i
gradini. Che famiglia strana, la sua.
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Chiedo venia xD. Lo so che avevo promesso di postare il più in fretta possibile, ma non ci sono riuscita. Del resto, come avete visto anche voi, questo capitolo non è dei migliori. Mi sono bloccata davvero molte volte.
Rngrazio, come sempre, coloro che mi hanno inserita tra le storie seguite, e invito Davilcat e_New_Moon_ a lasciarmi i loro pensieri su questa storia *_*.
Sarò sadica, ma a volte mi piacerebbe ricevere anche delle critiche xD laddove siano costruttive.
Kinderbuena89: ahaha mi dispiace ma non è arrivato così in fretta come speravi questo capitolo. Comunque, spero ti sia piaciuto anche questo, nonostante non sia un granché!