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Autore: Grey Wind    23/06/2009    1 recensioni
Le Ojamajo non si conoscono, il mondo della magia non è mai esistito... le ragazze dovranno scontrarsi con la vita e con i problemi che questa comporta. Il rating è attualmente verde, ma non so se peggiorerà! XD
Pairings: OjamajoxFLAT4
Dedicato alle mie due splendide nee-chan + imotou-chan (rirettificato)! Arigatou...
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5
Watashi Wa Asuka Momoko Desu

(Quello scritto tra gli ** è inglese, i flashback sono scritti con l’allineamento a destra)

Asuka Momoko: questo è il nome della ragazza seduta all’ombra di un ciliegio in fiore, con le gambe raccolte al petto e il mento appoggiato sulle ginocchia.
Gli occhi verdi erano fissi al cielo, apparentemente concentrati su una nuvola bianchissima che sguazzava felice nel cielo... in realtà non la guardava veramente, stava pensando al suo passato, a pochi mesi prima.
-Onee-sama!- d’improvviso si sentì tirare uno dei codini biondi e si voltò verso colui che l’aveva chiamata.
-Hi!- esclamò notando il bambino che la guardava insistentemente.
-Yo!- rispose lui, alzando la mano a mo’ di saluto.
-Hem... onee-sama, mi aiuteresti a prendere il pallone?- il piccolo dito del bambino indicò in alto, in un ramo basso del ciliegio.
-Oh, certo!- esclamò lei, allungando le gambe prima di alzarsi. Con slancio si tirò su e si allungò per prendere il pallone... con le lunghe dita affusolate lo smosse finché non rotolò verso i boccioli in fiore e cadde giù, portandosi dietro una cascata di petali rosa, i quali finirono tutti addosso a Momoko.
-Una pioggia di petali!- esclamò ammaliato il bambino, prendendo tra le braccia la palla.
-Accidenti!- esclamò scrollandosi i petali.
-Arigatou! Arigatou gozaimasu!- il piccolo corse via, facendo ampi gesti con il braccio per salutare la sua nuova onee-sama, facendola ridere per la spensieratezza che dimostrava facendo in quel modo.
Senza pensarci due volte si rimise seduta sul manto erboso morbido e si lasciò andare indietro con la schiena fino ad appoggiarla sul tronco dell’albero...
-Gommenasai...- sussurrò pensando a tutti i fiori che erano stati rovinati dal pallone.
Si portò le mani dietro la nuca, allungò le belle gambe e le incrociò, prima di chiudere i due occhi scintillanti. A cullarla in quella sua pace interiore fu il vento leggero che le accarezzava il viso.
E fu proprio il vento a farle tornare in mente quel giorno di dicembre, solo qualche mese prima.


*Momoko! Vieni qui per favore!* aveva esclamato sua madre, seduta vicino al caminetto.
*Arrivo!* aveva risposto, mettendo al centro della tavola un vassoio di biscottini al cioccolato, molto profumati.
*Momoko, io e papà dovremmo darti una notizia...* la donna si voltò verso il marito e sorrise amaramente, prima di tornare ad incrociare gli occhi della quindicenne.
-Senti Momoko... noi...-
*Perché parli in giapponese?!* domandò perplessa. Quando suo padre parlava la sua lingua d’origine non era mai un buon segno, lo aveva sperimentato suo malgrado molte volte!
-Perché è questa la lingua che sentirai parlare da qui in avanti...- rispose la madre.
*Non capisco...* esclamò stringendo i pugni.
*Dicevo, è questa la lingua...*
*No, quello l’ho capito... ma non capisco dove vogliate arrivare...* gracchiò alzando la voce.
-Vedi amore... papà ha avuto una qualifica al lavoro e deve trasferirsi a Misora, in uno degli uffici principali.- la ragazza aprì la bocca per dire qualcosa, ma le parole non le uscirono. In compenso furono le lacrime che sgorgarono senza riuscire a fermarla.
-Momo-chan...- il signor Asuka si alzò per abbracciarla, ma la figlia si voltò e scappò fuori, gli occhi pieni di lacrime e incapace di poterle fermare.
“Perché? Perché?” si domandò correndo verso casa della sua migliore amica Beth. Con solo un paio di case a dividerla dall’amica, non fu lunga la corsa, ma sentiva i muscoli doloranti e il fiato corto.
*Momo?* domandò Beth, in giardino con il suo cane.
*Beth! Beth!* urlò buttandosi tra le braccia dell’amica, senza riuscire a dire altro.
*Che succede?* domandò allarmata, sentendo le lacrime calde della bionda.
*Beth... mi devo... trasferire!* riuscì a dire, stringendosi di più. Il vento soffiò così forte da farle tremare entrambe.
*Entriamo a casa... parliamone!* con forza Beth la trascinò dentro casa, portandosi dietro il cane; la fece sedere sul divano rosso e le accarezzò la testa, guardandola preoccupata.
*Momoko? Beth? Perché è così sconvolta?* domandò la madre della ragazza americana, sentendo i singhiozzi rumorosi.
*Non ho ben capito! Potresti preparare del thé? Momo perché sei uscita senza giacca? Non è caldo!* la rimbeccò Beth, accarezzando il volto bagnato della bionda.
Per un po’ ci fu il silenzio più assoluto, finché, come una bomba, la ragazza dai capelli del colore del grano non scoppiò a piangere rumorosamente, proprio come una bambina piccola.
*Calmati!* esclamò la bruna, incapace di fare qualunque cosa.
*Beth... mi trasferisco... in Giappone!* esclamò tra le lacrime e la disperazione.



Il ricordo si fece scottante, gli occhi le pizzicarono nonostante fossero chiusi, ma cercò di non cedere e sospirò forte. Il vento cessò di soffiare o, più probabilmente, la ragazza non si era accorta che avesse smesso. Aprì gli occhi e fu accecata dai colori così vivi e belli, con un magone all’altezza della gola e la tristezza ad avvolgerla come una coperta di ghiaccio.
Il cellulare fece un leggero sibilo, ad indicarle l’arrivo di una e-mail (in Giappone usano mandarsi le e-mail, non gli sms! ndS); lo prese dalla tasca e lesse la riga scritta in inglese, senza poter fare a meno di sorridere.
“Ancora un’ora di pace!” pensò rimettendosi il telefonino in tasca, e tornando ai suoi pensieri, i quali corsero alla vigilia di Natale.

*Muoviti Momo! Sei troppo lenta!*
*Anche tu saresti lenta, se avessi una benda negli occhi! Non capisco perché non voglia farmi vedere dove abita tua cugina!* sbuffò la bionda, tenendosi stretta al braccio della sua amica.
Senza aggiungere altro, Beth aprì la porta in vetro e spinse senza troppa delicatezza Momoko, la quale per poco non cadde.
*HEY!* urlò togliendosi la benda con vigore; ma non vide nulla, era tutto buio.
*Beth?!* chiese allungando le braccia.
Silenzio.
*Dai...*
Niente.
*Beeeeth!!!*
E proprio quando ebbe finito di esclamare il nome, un paio di scoppi la fecero sobbalzare e la luce si riaccese, mostrando la sala di un locale tutto addobbato, i tavoli stracolmi di cibo e tutti i suoi amici con le stelle filanti in mano.
*ARIGATOU MOMO!!!* urlarono tutti, improvvisando un giapponese dall’accento strano. La bionda non poté fare a meno di ridere... ridere e piangere allo stesso tempo.
-Douitashimashite!- rispose asciugandosi gli occhi con la manica del giacchetto. Beth la abbracciò di slancio e scoppiò a piangere come tutte le altre ragazze.
*Basta piangere! Divertiamoci, ok?!* si intromise Dave, uno degli amici di Momoko, sorridendo brillantemente.
*Ha... ha ragione... Dave! Balliamo!* sussurrò Momoko, prendendo le mani di Beth tra le sue e cominciando a muoversi a tempo di musica, ancheggiando velocemente e quasi comicamente.
*Vai così Momo!* le urlò qualcuno, vedendola scatenata. Dopo poco partì un assolo della chitarra e la ragazza si inginocchiò a terra per fare l’air-guitarist con tanto di smorfia per la concentrazione. Tutti risero allegramente, sia perché la bionda era una spasso, ma soprattutto perché non volevano più vederla piangere.



Dopo questo ricordo tornò al presente, si lasciò scivolare una lacrima, prima di prendere il controllo.
“Che sete!” si toccò la gola e decise di alzarsi per prendere da bere ad un distributore automatico vicino ai bagni e alle panchine.
-Onee-sama! Vuoi giocare con noi?- il bambino di prima la notò dirigersi della sua parte.
-Ok, prendo da bere e arrivo!- le piaceva il calcio, se la cavava bene e adorava i bambini, perciò accettò di buon grado.
Comprò una lattina e la bevve velocemente, ingozzandosi della bibita con foga per dissetare la sua gola secca e si unì ai tre bambini felici.

Si divertì molto in quella ventina di minuti urlando, calciando e ridendo, quei bambini non facevano altro che fare fallo e azzuffarsi per un nonnulla perciò un paio di volte dovette usare il pugno sulla testa per farli calmare. Purtroppo per loro era arrivato il momento di andare, così la bionda si accasciò su una panchina all’ombra e sorseggiò la seconda lattina che aveva preso, notando solo allora che la marca della bibita era uguale a quella che le avevano dato in aereo quando era partita alla volta del Giappone.

L’aeroporto era gremito di gente quel 2 gennaio, soprattutto spiccava un gruppo di ragazzi rumorosi che non facevano altro che singhiozzare e gridare saluti in direzione di una ragazza dai capelli dorati che non la smetteva di voltarsi e salutare con la mano, prima di doversi imbarcare.
“Sayonara...” pensò, correndo quasi.

L’aereo era quasi del tutto pieno, Momoko si trovava proprio infondo, vicina al finestrino.
*Ciao!* sentì dire da qualcuno, probabilmente il suo vicino di sedile.
*Ciao!* rispose fissando la pista di partenza/atterraggio.
*Senti... hem... questa è la prima volta che voli?* domandò preoccupato.
*No, perché?* la ragazza si voltò e vide che a parlare era un ragazzo della sua stessa età più o meno, con dei tratti tipicamente giapponesi e con altri che ricordavano quelli occidentali.
*Ah, per fortuna! L’altra volta che sono tornato a casa di mia nonna avevo una signora che è stata in tensione per tutto il viaggio... sapessi che ansia!*
*Posso immaginare! Anche io una volta ho avuto un’esperienza simile! Che angoscia...* al ricordo della vecchietta che non faceva altro che gufare la caduta dell’aereo, si mise a ridere.
*Sono così buffo?* chiese il ragazzo.
*No, no... ripensavo ad una signora anziana un po’ troppo ansiogena!* rispose senza riuscire a smettere di ridacchiare.
*Oh, beh... peccato non ci fossi stato per divertirmi come ti sei divertita tu!*
*Adesso rido, ma allora mi veniva da piangere!* rispose lei, sorridendo.
*Preghiamo i signori passeggeri di allacciarsi le cinture di sicurezza* l’imminente partenza stava per arrivare e i due ragazzi eseguirono la richiesta velocemente.
*Non mi sono ancora presentato! Mi chiamo Sakuragi Takumi!*
*Io sono Asuka Momoko! Piacere di conoscerti...* si strinsero la mano e dopo poco sentirono l’aereo che cominciava il suo decollo.
*Come mai vai a casa? È tardi per le vacanze invernali!!*
*No, mi trasferisco per colpa del lavoro di mio padre...* rispose lei a mezza voce, storcendo la bocca.
*Come ti capisco! Anche io mi devo trasferire, per giunta in una cittadina sconosciuta! Misora... ma chi l’ha mai sentita nominare?!*
*Io! Anche io mi trasferisco lì!* esclamò lei, voltandosi di scatto verso di lui, presa in contropiede da tutte queste somiglianze.
*Davvero?*
*WOW!!!* gridò lei, saltellando sul seggiolino.
*Ho anche trovato un’amica! Per giunta molto carina, che fortuna!* esclamò Takumi contento.
*C-c-carina?!* sussurrò appena la bionda, imbarazzandosi.
*Come?*
*N-nulla! Piuttosto, dove andrai alle medie?*
Cominciarono a parlare di tutto e di più mentre sorvolavano mezzo mondo, ridendo, scherzando e spesso facendosi rimproverare per l’eccessiva confusione... ma ciò che sicuramente li prese di più fu la musica!
*Suoni la chitarra?! Accidenti, che bello! Io suono il basso!!!* esclamò Takumi, felicissimo.
*Sì, non ci posso credere! Io sono una grande fan dell’indie rock (nel rock indipendente soprattutto si usa la chitarra acustica. ndS), sono andata a vedere un sacco di gruppi nella mia zona!*
*Adoro l’indie rock! Perché non facciamo una band una volta arrivati a Misora?! Come minimo lì nemmeno sanno cosa sia l’indie!* scherzò il ragazzo, sorridendo sempre di più.
*Ok, perché no?! Porteremo un po’ di America in quella città!* rispose lei, ricambiando il sorriso.



-Momo-chan!! Hey, Momo-chan... svegliati! Solo tu puoi addormentarti su una panchina in un parco!-
Momoko si stropicciò gli occhi e sbadigliò sonoramente, prima di fissare Takumi come se lo vedesse per la prima volta.
*Ti sei abituato a parlare giapponese?* domandò sorridendo.
*Un po’! Comunque dobbiamo muoverci! Ti devo presentare la batterista e il cantante che ho trovato!* senza pensarci due volte la prese per un polso e la fece alzare, cominciando a correre.
*Aspetta! Aspetta!* esclamò lei, sentendosi tutti i muscoli indolenziti.
*Hum?!* si voltò e la vide stiracchiarsi.
Lentamente si avvicinò alla ragazza e le tolse qualcosa dai capelli.
*Che c’è?* chiese lei, fissando gli occhi grigi del ragazzo.
-Un petalo di ciliegio...- sussurrò tenendolo tra le dita.
*Sakuragi... Sakura... che coincidenza strana!* esclamò lei, sorridendo.
*Su, andiamo!* la prese di nuovo per il polso e la trascinò via.
Momoko non riuscì a non pensare a quel petalo.
Che assurde coincidenze aveva con quel ragazzo un po' troppo strambo.

Fine Quinto Capitolo
  
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