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Autore: Il corsaro nero    29/11/2017    2 recensioni
In ogni fiaba si sa già il destino dei personaggi.
I buoni vivono per sempre felici e contenti mentre i cattivi muoiono.
Non ci si può fare niente.
Non si può sperare di cambiarlo... o forse no...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Tarble, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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CAPITOLO 14: RICORDI E SEGRETI


Goten camminava nei bianchi e immacolati corridoi dell'ospedale.

Erano passati tre giorni da quando aveva donato il pezzo di fegato a Trunks e aveva ottenuto il permesso dalla terribile infermiera, il cane da guardia la chiamava quand'era con Trunks, di farsi un giretto, a patto che si trovasse in camera sua al momento dalla solita, schifosa, medicina.

Mentre camminava si accorse di una giovane ragazza seduta su una sedia a rotelle che guardava qualcosa all'interno di una macchinetta.

Aveva i lunghi capelli mossi castani che le arrivavano fino alla schiena e grandi occhi marroni.

Era davvero molto graziosa eppure sembrava un po' triste.

Mi scusi, signorina...” la chiamò Goten e lei, subito, si girò e lo guardò con due dolci e profondi occhi.

Sperando di essere arrossito come un idiota, le domandò: “E' tutto a posto? Mi sembra un po' preoccupata.” “Beh... ecco... avrei un piccolo problema... è solo che non vorrei disturbala...” “Non si preoccupi, lo faccio volentieri.” “Il fatto è che... avevo comprato una bottiglia d'acqua da questa macchinetta ma... si è bloccata all'improvviso, senza darmi l'acqua.” “Ah, capisco. Questo scherzetto me l'hanno fatto tante di quelle volte le macchinette della mia scuola che ho imparato il trucco. Non si preoccupi, signorina, gliela recupero in un attimo.” la rassicurò Goten mentre metteva una moneta nella macchinetta e digitava il numero di una barretta di cioccolato sopra alla bottiglia della giovane.

Lo sportello mentre si dirigeva verso la barretta, sfiorò la bottiglia, facendola cadere.

La ragazza era così contenta, che si mise ad applaudire, complimentandosi: “Bravissimo! E' stato fantastico!”

Goten passò la bottiglia alla ragazza e anche la barretta.

La giovane fece una faccia un po' stupita e poi domandò: “Mi scusi, ma perché mi dà anche la sua barretta?” “Per scusarmi a nome della macchinetta che le ha quasi rubato i soldi.” le rispose prontamente Goten.

La ragazza ridacchiò divertita e il giovane fece una faccia un po' sorpresa.

Prima di allora, nessuna ragazza aveva riso alle sue battute idiote, anzi la maggior parte lo considerava soltanto un povero scemo.

Quando la ragazza smise di ridere, Goten fece per passarle la barretta ma lei, timidamente, rifiutò: “Quella barretta è sua, l'ha comprata con i suoi soldi. Non la posso proprio accettare, mi dispiace. Mi sembrerebbe di approfittarmi di lei e della sua gentilezza.”

Vedendo che la ragazza non cedeva, aprì la confezione e divise la barretta in due.

Questo pezzo è mio mentre questo è suo. Così non si sarà approfittata dei miei soldi e della mia gentilezza, che ne dice?” le propose e la giovane, finalmente, accettò.

Mentre mangiavano il proprio pezzo di barretta, Goten non riuscì a trattenersi dal domandarle: “Scusi, signorina, ma come mai è stata ricoverata in ospedale? Le è per caso successo un incidente?” “No... vede... per anni ho sofferto di una grave malattia al cuore. Per farmi stare meglio, i miei genitori mi hanno portata a vivere in campagna per la mia salute ma, purtroppo, il mio cuore ha continuato a peggiorare e per salvarmi ho dovuto ricorrere a un trapianto di cuore.”

Goten la fissò allibito.

Ma allora quella ragazza era...

Mi scusi, ma quando ha fatto l'operazione?” le domandò, incredulo, e lei rispose: “Tre giorni fa.” “Verso le otto e mezza di sera?” “Sì... ma lei come lo sa?” “Ero in sala d'attesa con i suoi genitori. Un mio amico stava facendo un'operazione al fegato proprio in quel momento.” “Ma allora è lei il ragazzo che ha donato una parte del suo fegato all'amico per poterlo salvare!” esclamò la giovane, guardandolo con due occhi che brillavano per l'ammirazione.

Lei come lo sa?” le domandò, incredulo Goten e lei spiegò: “I miei genitori l'hanno sentita mentre raccontava alla famiglia del suo amico cosa voleva fare. Sono rimasti entrambi molto colpiti dal suo gesto coraggioso e altruistico. A proposito, è andata bene l'operazione? Il suo amico si è salvato?” “Sì. Grazie a me si è salvato.” “Come sono contenta. Il suo amico è stato proprio fortunato a trovare un grande amico come lei.” “Eh già...”

Goten si sentiva teso.

Non voleva dire qualche cretinata che avrebbe solo allontanato quella dolce e sensibile ragazza.

Eppure era felice.

Anche se era distante da lei solo di un metro, si sentiva l'uomo più felice del mondo.

Le parole di quella ragazza lo facevano volare.

Volare nel cielo blu.

Libero e felice.

Quando Goten alzò lo sguardo e vide l'ora nel grande orologio sul muro, per poco non ebbe un infarto.

Doveva muoversi a tornare in camera se non voleva fare i conti con il cane da guardia!

Con dispiacere, gli doleva separarsi da lei, si alzò e la salutò: “Mi dispiace, signorina, ma devo andare o dovrò fare i conti col cane da guardia.” “Il cane da guardia?” gli domandò allibita e Goten spiegò: “E' così che chiamo l'infermiera. Dopotutto, perlustra sempre i corridoi come un pitbull e alla prima cosa strana si mette ad abbaiare come i cani. Scommetto che le piace un mondo e che a colazione mangia biscottini a forma d'osso.”

La ragazza rise divertita da quella battuta.

La sua risata era chiara e cristallina come l'acqua.

Qualcun altro, però, non la trovò affatto divertente.

Signor Son!” tuonò una voce alle sue spalle “La pianti subito di darsi tante arie davanti alle ragazze e torni subito nella sua stanza, che l'aspetta la medicina!”

Goten fece un sorriso forzato davanti all'ordine dell'infermiera.

Evidentemente aveva sentito tutto fin dall'inizio...

Così si affrettò a salutare la giovane: “Spero di rivederla presto in giro.” “Anch'io.” “Comunque, io mi chiamo Goten.” “Che bel nome. Io mi chiamo Valese.”


L'infermiera ha detto che potrai uscire tra quattro giorni, sei contento, Vegeta?” “Certo, perché la prima cosa che farò, non appena potrò scendere da questo dannato letto, sarà quella di ammazzare Trunks!”

Bulma sospirò.

Suo marito non aveva preso per niente bene la notizia che la fidanzata di Trunks aspettava un figlio da lui...

Eddai, non puoi prenderla così male. Bra è felicissima al pensiero che presto diventerà zia.” tentò di rasserenarlo la moglie ma Vegeta era irremovibile: “Io la prendo come mi pare! Trunks avrebbe dovuto stare più attento! Così, adesso, arriverà un altro moccioso urlante in famiglia.” “Guarda che sei tu l'unico che la prende male. Tutti gli altri sono al settimo cielo. E, poi... non sei felice al pensiero che presto diventerai nonno?” “E Trunks si sposa alla bellezza di diciotto anni e Bra diventa zia a tre anni!” “Adesso fai così, ma scommetto che quando vedrai tuo nipote, ti innamorerai subito perché sarà un bellissimo bambino dato che erediterà dalla nonna e non dal nonno bisbetico.” “Eh no, mio nipote assomiglierà anche a me!”

Bulma ridacchiò.

Vegeta adorava già il futuro nipotino ma non l'avrebbe mai ammesso.

La donna prese la sua borsa e prima di uscire dalla stanza, lo avvisò: “Vado a vedere come sta Trunks. Torno subito.”

La donna s'incamminò nel corridoio ma, invece di dirigersi verso la stanza del figlio, si diresse verso l'ascensore e digitò il primo piano.

Una volta scesa, si diresse verso il bar.

Lo trovò subito.

Era impossibile non riconoscere quella capigliatura e, in più, si stava ingozzando a più non posso, come al solito.

Goku.” lo chiamò Bulma e l'uomo la salutò con la mano, dato che aveva la bocca piena di cibo.

La donna si sedette al tavolo e, senza mezzi termini, gli chiese: “Allora, sei riuscito a procurartela?” “Certo. Eccola qui.” annuì Goku, passandole una busta.

Mi ha pregato di non rovinarla perché l'hanno scattata quando hanno festeggiato capodanno e gli ho promesso di restituirgliela.” la pregò Goku mentre Bulma apriva la busta con le mani che tremavano.

Finalmente avrebbe saputo...

Quando la vide, non dovette nemmeno chiedere a Goku.

Lo riconobbe subito.

Era identico.

I suoi sospetti si erano rivelati fondati.

Era lui l'uomo che le aveva spiate al commissariato.

Ne aveva la certezza.

Goku le disse: “Sai, anch'io ho preso un bel colpo quando l'ho visto. E' proprio identico a lui, non trovi?” “Eh già...” sospirò Bulma.

Adesso che sapeva chi era quell'uomo, si sentiva ancora molto confusa.

Perché le aveva spiate?

E se... no, non era possibile!

Inconsciamente, Bulma spostò lo sguardo sugli altri tavoli presenti e, ad un tratto, l'occhio si posò su un tavolo i cui occupanti erano...

Bulma fece una faccia sconvolta.

Bulma, che succede? Qualcosa non va?” le domandò Goku, voltandosi per vedere cosa aveva fatto sconvolgere l'amica.

Bulma, prontamente, gli disse: “Ehi, Goku, hai mai assaggiato questo dolce? Dicono che sia molto buono.” “Davvero? Qual'è?” le domandò l'uomo, guardando con l'acquolina in bocca il menù che l'amica gli mostrava.

Mentre Goku guardava il semplice menù dell'ospedale, Bulma continuò a guardare l'uomo seduto a quel tavolo.

Non c'era dubbi, era proprio lui!

Aveva più volte riguardato la foto che aveva ancora in mano e non c'erano dubbi.

Ma cosa ci faceva in ospedale e, soprattutto... cosa ci faceva con lei?!

Ad un tratto, un pensiero le attraversò la testa.

Possibile che... ma allora...


Vedi di non prendere troppo, Cappuccetto Rosso! Ho accettato solo perché hai insistito!” l'avvisò l'uomo mentre Bra continuava a guardare con attenzione il menù.

Era tutto troppo buono...

Ho scelto due tortini ai frutti di bosco e un succo di frutta all'albicocca!” trillò alla fine e lui sbuffò: “Uno no, eh?”

Cominciò a spingere la sedia a rotelle e quando li ebbe, tornò al tavolo.

Ecco qua, piccola ingorda.” le disse mentre glieli dava.

Bra ne prese uno e lo mangiò in un lampo e, poi, bevve tutto il suo succo di frutta.

E l'altro? T'avverto che non ce ne andiamo finché non l'hai mangiato. Odio gli sprechi.” l'avvertì il Lupo Cattivo ma la piccola gli rivelò, sorridendo: “Quel tortino non è per me. E' per lei.” “Per me?!” ripeté, incredulo, l'uomo e la bimba annuì: “Sì. Lei è troppo orgoglioso per comprare una cosa per sé davanti a tutti, così l'ho presa io per lei.”

L'uomo fece un piccolo sorriso.

Ormai lo conosceva.

Lo prese e se lo mangiò.

Ha visto quant'è buono? Ho fatto proprio bene a comprarli, non è vero?” gli domandò e lui ammise: “Sì, sei stata brava. Ora torniamo in camera. Se l'infermiera non mi vede, finisco nei guai.”

Il Lupo Cattivo, seguito da Bra, si diresse verso l'ascensore e digitò il numero del suo piano.

Poi si diresse verso la sua camera e, senza troppe difficoltà, si rimise nel letto.

Bra si avvicinò al suo letto e gli chiese: “Potrei salire sul letto?” “Basta che ti togli le scarpe, Cappuccetto Rosso. Altrimenti non è igenico.”

Bra si tolse velocemente le scarpe e, poi, l'uomo la prese e la portò sul letto.

La piccola rimase incredula nel vedere quando quel letto era grande e morbido.

Mi ricorda molto il letto della mia nonna. E' grande e morbido proprio come questo. Le ricorda anche a lei un letto in particolare?” domandò Bra, senza sapere che aveva risvegliato il ricordo della sua famiglia.

Quando non aveva ancora fatto nessuna cretinata...


Si stiracchiò dolcemente.

Era mattina e, quel giorno, anche se era domenica, aveva un mucchio di cose da fare.

Ad un tratto, si accorse che nel letto c'era un piccolo intruso che lui, purtroppo, conosceva molto bene: suo figlio.

Era di nuovo entrato nel letto mentre lui dormiva.

Piccola peste...” sibilò, facendo svegliare sua moglie.

La donna si accorse subito del piccolo e ridacchiò divertita: “Hai visto chi c'è?” “Sì.” “Eddai, non fare quella faccia, è solo un bambino che sente la mancanza della sua mamma... e anche del suo papà, anche se burbero.” “Ha compiuto tre anni da una settimana e si intrufola ancora nel letto dei suoi genitori?” “Che ci vuoi fare? Certe abitudini sono dure a morire.” “Bah... vado a far colazione.” “Aspetta.”

Gli afferrò il braccio e lui la guardò nei suoi grandi occhi neri: “Cosa c'è?” “Resta a dormire ancora un po'... resta con noi.” “Non se ne parla, ho un mucchio di cose da fare...” “Facciamo così: tu dormi ancora un po' e stanotte festeggiamo fino a notte fonda. Io e te. Da soli. Con la porta chiusa a chiave.” gli propose, con un sorrisetto malizioso.

Lui si rimise nel letto e le disse: “Stanotte ti farò vedere i fuochi, attenta a non bruciarti.” “Attento a non bruciarti tu.”

Dopo pochi minuti, lei si addormentò.

Rimase a osservare, in silenzio, la moglie e il figlio.

La sua famiglia...

Si distese sul letto e, prima di addormentarsi, notò che il letto era morbido e caldo...


Allora, signor Lupo Cattivo?”

La vocina acuta e squillante di Cappuccetto Rosso lo riportò tra i vivi.

Lui fece le spallucce e disse: “Bah... tutti i letti sono uguali.”

Bra continuò a gironzolare sul letto, poi disse: “Sa che fra poco diventerò zia?” “Non sei un po' troppo piccola?” “La fidanzata del mio fratellone aspetta un bambino e quando verrà dimesso, la sposerà.” “Augurargli buona fortuna.” “Perché?” “I bambini piccoli sono delle pesti: urlano a tutto volume nel cuore della notte, sporcano dappertutto e quando devi fargli fare il bagno è un incubo.” “Perché?” “Perché si nascondono pur di non farlo, urlano e quando sono in acqua la muovono così tanto che, alla fine, c'è più acqua fuori dalla vasca che al suo interno.” “Anche suo figlio era così, non è vero?”

Lui la guardò stupito.

Ma come l'aveva capito?!

L'ho letto nei suoi occhi. Quando parla di sua moglie o di suo figlio i suoi occhi sono ancora più tristi.” gli rivelò Bra e l'uomo sussurrò: “Perché mi hai scelto?”

La bambina lo guardò, stupita.

Non riusciva a capire.

Perché, tra tutte le persone del parco... hai scelto proprio me?” le domandò di nuovo e Bra sussurrò: “Non lo so... non l'ho mai capito. Forse, era perché mi sembrava così solo... o forse perché lei mi ha sempre ricordato il mio papà.” “Io sono un pessimo padre, Cappuccetto Rosso. Il tuo papà è di gran lunga un papà molto migliore di me... come tutti.” “Come può dirlo?” “Perché mio figlio mi odia. Lo so. Sarebbe felice di vedermi morto. Un padre non dovrebbe farsi odiare dal proprio figlio e io ci sono riuscito.” “L'odio non dura mai per sempre. Sono sicura che riuscirete a far pace.” “Bah... io non credo.” “La aiuterò io.” “Sono proprio messo bene. Ho come alleata una bimba di tre anni.” “Ci aiuterà anche la mia mamma. Lei è furba. Riesce sempre a ottenere quello che vuole da papà.” “Non credo che tua madre sarà felice di vedermi.” “Perché?” “Ti ricordi quando ti ho trovata sotto quella tempesta e ti ho portata a casa mia?” “Certo.” Beh... mi sono messo d'accordo con una vicina per far in modo che tu fossi trovata in un capanno... solo che l'ho seguita di nascosto, per assicurarmi che non ti succedesse niente... mi sono nascosto in un vicolo per aspettare l'arrivo dei tuoi genitori... solo che tua madre deve avermi scambiato per una specie di maniaco perché mi ha inseguito. Tua madre ha proprio un bel caratterino e ti somiglia molto.” “Non si preoccupi, signor Lupo Cattivo. Le racconterò quanto ha fatto per me e vedrà che non la considererà più un maniaco.” lo rassicurò Bra e mentre si appoggiava al petto dell'uomo, sussurrò: “Vedrà... riuscirò a farle fare pace con la sua famiglia.”

L'uomo avrebbe voluto dirle che era da pazzi credere che presto avrebbe riavuto la sua famiglia ma non parlò.

Per una volta, voleva credere che si poteva cambiare le favole.


Bulma non riusciva più a trattenere le lacrime.

Si allontanò dalla porta e s'incamminò nel corridoio, continuando a piangere.

Si fermò solo quando si trovò davanti a una finestra.

Aveva avuto la conferma dei suoi sospetti.

Non appena l'aveva visto con sua figlia al bar dell'ospedale, aveva intuito che potesse essere lui il signor Lupo Cattivo, l'amico tanto solo quanto disperato, di Bra ma fino all'ultimo non aveva voluto crederci.

Sarebbe stato troppo assurdo e pazzesco!

Quando aveva intuito che stavano per andarsene, aveva liquidato Goku in fretta e furia.

Sapeva dov'era la stanza dell'uomo, glielo aveva detto l'infermiera, e, quindi, non aveva avuto troppi problemi a rintracciare la stanza.

Una volta trovata, aveva aperto leggermente la porta e aveva ascoltato i loro discorsi.

Bulma guardò fuori dalla finestra.

Il dolore e la solitudine di un padre nel vivere lontano dalla sua famiglia l'avevano commossa.

Sentiva che non era una bugia e che lui si era veramente pentito per quello che aveva fatto.

Avrebbe tanto voluto aiutarlo... ma sapeva che era impossibile.

Bra...” sussurrò, guardando la neve che continuava a scendere “Vorrei aiutarti, credimi, ma è impossibile. Lo sai che lo odia con tutto sé stesso... e allo stesso tempo non lo sai. Povera piccola mia... come posso dirti che il tuo amico, il Lupo Cattivo, è tuo nonno?”


Echalotte spense la tv.

Ormai, era ora di andare a letto.

Si diresse verso la sua stanza e, come al solito, guardò a lungo il letto vuoto.

Da quando suo marito se n'era andato, sperava sempre di addormentarsi su quel letto e di ritrovarlo accanto a sé al suo risveglio.

Quel letto era stato il testimone di tre meravigliosi anni di matrimonio e, proprio su di esso era stata concepita una piccola vita...


Vegeta aprì la porta e trovò la moglie sdraiata supina sul letto.

Indossava il vestito rosso scollato che lo faceva bruciare di passione e lo sapeva benissimo.

Ce ne hai messo di tempo. Credevo che te ne fossi dimenticato.” lo provocò lei, divertita, ma lui, mentre chiudeva a chiave la porta le rispose: “Grazie alla tua assurda idea mi sono svegliato a mezzogiorno. Non mi saresti scappata.”

Lei si alzò e gli porse un bicchiere: “Ti avevo promesso che stanotte avremmo festeggiato fino a notte fonda e io mantengo sempre le promesse.” “Già... come mi avevi promesso le tue mutandine al nostro primo incontro...”

Lei sorrise e gli riempì il bicchiere di champagne.

Vegeta lo bevve mentre la guardava.

I suoi capelli neri, i suoi occhi seducenti, il suo vestito rosso... avrebbe tanto voluto fiondarle addosso per farla sua.

Una fragola?” gli chiese Echalotte porgendogli un vassoio colmo di appetitose e seducenti fragole... proprio come lei.

Lui ne prese una e se la mangiò mentre la moglie faceva lo stesso.

Una volta che ebbero finito le fragole e lo champagne, Vegeta la stese.

Ora non gli sarebbe scappata.

Stava per spogliarla quando lei lo fermò: “Non scherzare. Più che togliermi i vestiti me li strappi e io a questo vestito tengo. Se mi spogli strappandolo, ti mollo.”

L'aveva di nuovo preso in trappola.

Ormai, doveva assolutamente farla sua e, così, la spogliò facendo in modo di non sciuparle l'abito.

Una volta che fu nuda, cominciò a baciarla: bocca, collo, ventre... niente gli sfuggiva.

Echalotte stava per cedere alla passione ma si ricordò che doveva fare una cosa.

Con le mani, cominciò a sbottonare la camicia del marito.

Ma cosa fai?” le domandò lui, smettendo di baciarla, e lei, prontamente rispose: “Ti spoglio, no? Tu mi hai spogliata e io spoglio te, così siamo pari. Ti spoglio io altrimenti me ne vado e per un bel pezzo di lascio a bocca asciutta, intesi?”

Fregato di nuovo.

Sua moglie era proprio una strega, ma era la strega più bella e seducente di tutte...

Echalotte gli tolse la camicia e i pantaloni e, una volta nudo, le domandò: “Desideri qualcos'altro oppure posso, finalmente, festeggiare?” “Va bene... ma sappi che la maggior parte della torta me la prendo io.” “Questo è da vedere, bambolina.” “Ehi, non chiamarmi...” stava per protestare la moglie ma il bacio, seducente e passionale di Vegeta la fecero zittire.


Echalotte non riuscì a trattenere le lacrime.

Quel ricordo la faceva ancora soffrire.

Perché quella era stata la sua ultima notte di sesso assieme a Vegeta.

Il giorno dopo, lui aveva avuto il calo di zuccheri ed era stato l'inizio della fine della loro famiglia, terminata con la sua fuga e abbandono.

Eppure, in quella notte di passione, qualcosa di magico e speciale era nato: suo figlio Tarble.

Vegeta non sapeva nemmeno della sua esistenza.

Se n'era andato prima che riuscisse a dirglielo.

Si buttò sul letto, mentre continuava a piangere disperata.

Quanto gli mancava... gli mancava come l'ossigeno... e pensare che all'inizio non lo sopportava...


Echalotte correva come una furia per le strade della città.

Maledetta stupida sveglia che non aveva suonato!

Era in ritardo cronico!

Bella figura al suo primo giorno all'università!

Era così impegnata a correre che non si accorse di una grossa moto nera e ci andò a sbattere.

Ma che diavolo...?! La mia moto!” urlò una voce maschile dietro di lei.

Un ragazzo la oltrepassò furibondo e andò a controllare le condizioni della sua amata moto.

Doveva avere la sua stessa età, indossava una giacca di pelle nera, jeans strappati, stivali neri e sulla testa portava un enorme casco nero.

Era proprio fissato col nero...

Meno male. Non c'è nessun graffio.” sbottò lui mentre saliva in groppa a essa.

Se c'era una cosa che Echalotte non poteva proprio sopportare era di venire ignorata in quel modo.

Perciò si rialzò in piedi e disse: “Senti un po', tu!” “Che cavolo vuoi, ragazzina?! Non ti basta aver quasi rischiato di graffiare la mia moto?” le domandò, scocciato, lui.

Potresti chiedermi scusa! Hai messo la tua moto in mezzo alla strada!” “E allora tu sta' più attenta, no? Comunque, dovrei essere io quello che si lamenta! Hai idea di quanto abbia dovuto lavorare per comprarmela? Se me la graffiavi doveva ripagarmela tu con i tuoi soldi!” “Un teppista come te deve lavorare per comprare una moto? Credevo la rubasse.” “Spiacente di deluderti, bambolina.” “Ehi, non chiamarmi bambolina!” “Ah sì? E chi me lo impedisce?” “Te lo impedisco io! Pratico le arti marziali!” “Ma che paura.” “Invece ce l'hai, eccome! Altrimenti, non ti nasconderesti sotto quel casco!”

Aveva appena finito di parlare, che il ragazzo si tolse il suo casco da motociclista.

Echalotte rimase a bocca aperta.

Non si aspettava di certo che quel teppista fosse così... così... bello!

Aveva i capelli castani rivolti verso l'alto, come una fiamma, occhi neri come le tenebre e la pelle bianca come la luna.

Ti ho spiazzata, eh, bambolina? Non ti aspettavi di certo una bellezza simile sotto il casco, vero?” la sfidò, con un ghigno, lui ma Echalotte ribatté: “Bah, ho visto centinaia di ragazzi più belli di te.” “Ma se non riesci a vedere una moto in bella vista. Sicura di non aver bisogno di un paio di occhiali?” “Cretino. Almeno io sono più forte di te.” “Allora perché non me lo dimostri?” la provocò lui, scendendo dalla moto, “Prova a colpirmi.” “Ok! Ma se vinco dovrai darmi un passaggio all'università di storia. Sono già in ritardo per la lezione...” “Puoi anche far con comodo. Tanto il prof non c'è.” “E tu come lo sai?” “E' molto semplice: anch'io frequento l'università di storia.” “Un teppista come te va ancora a scuola?” “Io sono diverso...” le disse con una voce seducente, tanto da incantarla per un istante.

Echalotte, però, si riprese e gli chiese: “Tu non chiedi niente in caso di vittoria?” “No. Sono un gentiluomo e non mi va di chiedere cose assurde ai miei avversari.” “Sembra che tu abbia la certezza di vincere.” “Ce l'ho, infatti.” “MA COME TI PERMETTI?! Fammi una richiesta qualsiasi e, in caso di vittoria, la esaudirò!” “Posso chiederti tutto quello che voglio?” “Qualunque cosa.” “D'accordo. Se vinco... dovrai darmi le mutandine che stai indossando in questo preciso istante.”

Echalotte diventò rossa come un peperone.

Ma come si permetteva quel pervertito...?!

E va bene! Però potrai averle solo in caso di vittoria!” acconsentì lei e si mise in posizione.

Ora aveva un motivo in più per non perdere!

Si avventò su di lui ma il teppista la scansò facilmente e con una mano, le afferrò il polso e la bloccò.

Anch'io pratico le arti marziali, bambolina.” le sussurrò all'orecchio, con la solita voce sensuale.

Echalotte desiderò che la tenesse bloccata per sempre ma, sfortunatamente, lui la lasciò andare.

Echalotte non perse tempo e cominciò a tirargli dei pugni ma lui li parava tutti con abilità.

Alla fine, le tirò un pugno alla spalla che la fece cadere per terra e, con un ghigno, dichiarò: “Ho vinto.”

Echalotte gli lanciò uno sguardo di pura rabbia ma il teppista si diresse alla sua moto e le passò il suo casco, dicendole: “Salta a bordo, ti do un passaggio all'università.”

La ragazza, esterrefatta, lo indossò e salì sulla moto.

Sulla moto, le sembrava di volare.

Le sembrava di essere nel cielo blu e di volare... lontano da tutto e da tutti... sola con lui...

L'incanto durò troppo poco.

Infatti, il teppista si fermò in parco e le disse: “Scendi.” “Che scherzo è questo?! Non siamo all'università.” “Rilassati, siamo nel parco dietro a essa. Se segui quel sentiero ci arrivi.” “Allora perché mi hai portato qui?!” “Volevi toglierti i pantaloni e le mutandine davanti a tutti?”

Echalotte arrossì.

Se lo ricordava ancora.

Oppure preferisci lasciar perdere?” la provocò lui ed Echalotte esclamò: “Fossi matta! Ti ho promesso che te le avrei date e te le do!”

Si diresse verso un cespuglio e cominciò a togliersi i pantaloni.

Nessuna l'aveva mai umiliata così...

Ma gliela avrebbe fatta pagare, altroché!

Sarebbe diventata più forte e l'avrebbe preso a calci.

Era una questione d'orgoglio.

Quando si tolse le sue mutandine bianche arrossì.

Chissà cosa ci avrebbe fatto quel pervertito...

Si rimise i pantaloni e, con in mano le mutandine, tornò da lui, sibilandogli: “Eccole! E adesso sparisci!” “Grazie, bambolina.” la ringraziò mentre le metteva nella tasca della giacca.

Almeno piantala di chiamarmi così! Io mi chiamo Echalotte!” gli disse e lui rispose, mentre si avvicinava pericolosamente a lei: “E io sono Vegeta.”

Echalotte non trovava la forza di muoversi.

Vegeta le si avvicinò all'orecchio e le sussurrò: “La prossima volta ti chiederò il reggiseno, quindi vedi di allenarti duramente o ti porterò via tutto l'intimo.”

Poi, saltò sulla sua moto e, prima di andarsene, la salutò: “Ciao, ciao, bambolina.”


Echalotte fece un sospiro triste

Il loro primo incontro non era certo stato come tutti gli altri.

Chissà come aveva capito che voleva sfidarlo di nuovo... purtroppo non l'avrebbe mai saputo.

Quando aveva messo le mani nella tasca della giacca si era accorta che c'era un biglietto.

Molto probabilmente glielo aveva scritto mentre si toglieva le mutandine per poi infilarlo nella sua tasca mentre le diceva quelle parole all'orecchio.

Un biglietto che conservava ancora.

Prese dal comodino un pezzo di carta e guardò con aria triste quel foglietto dove c'era scritto un numero di telefono e la frase: Nel caso volessi sfidarmi di nuovo, bambolina.


Che ne pensi di questo pigiama? Pensi che andrà bene per il bambino?” gli chiese Mai, mostrandogli l'ennesima fotografia di un vestitino per neonati di una rivista.

Trunks guardò a lungo quel piccolo pigiama bianco con degli allegri motivi e immaginò un bambino appena nato dentro di esso.

Suo figlio...

Ancora non riusciva a credere che presto lui e Mai sarebbero diventati genitori...

Sì, è perfetto.” le rispose e la fidanzata esclamò: “Anche a me è piaciuto molto.”

I due rimasero in silenzio un attimo, ma poi la giovane espresse quella domanda che le frullava in testa da giorni: “La tua famiglia come ha preso la notizia?” “A parte la nonna, dubito che qualcosa possa sconvolgerla, si sono beccati tutti un bel colpo all'inizio ma hanno accettato in fretta la cosa. Mio padre è l'unico che fa ancora il difficile.” “Trunks... e se per caso continuasse a odiare il bambino anche dopo la sua nascita?” gli domandò, preoccupata, Mai ma Trunks la rassicurò, abbracciandola: “Non preoccuparti, Mai. Mio padre fa sempre così. Scommetto che quando vedrà il suo nipotino si innamorerà subito di lui. Anzi, qualcosa mi dice che spera di avere un nipote interessato alle arti marziali così da farlo diventare il suo allievo.”


Oggi è l'ultimo giorno che è ricoverato, Signor Lupo Cattivo, come si sente?” “Mezzo morto congelato per il freddo che c'è qua fuori.”

Era, finalmente, passata una settimana da quando c'era stata l'operazione, e, presto, suo fratello, suo padre e il suo amico sarebbero potuti tornare a casa.

Non so cosa mi abbia spinto a venir qui! C'è il rischio che mi possa ammalare gravemente col freddo che c'è!” borbottò l'uomo mentre incrociava le braccia come al solito, nel tentativo di scaldarsi “Mi dici perché diavolo hai voluto andare fuori?” “Così... a me la neve piace tanto tanto...” sussurrò lei mentre appoggiava la testa sul suo braccio.

L'uomo sospirò.

Maledetta piccola peste... ormai riusciva a fargli fare tutto quello che voleva... entro un certo limite!

Lo sa che la mia mamma sta organizzando il trasloco di mio fratello?” gli domandò e lui rispose: “Lo so, Cappuccetto Rosso, me l'hai già detto cento volte.” “Guardi che erano novantanove.” “E' la stessa identica cosa.” “Purtroppo non prenderà tutto con sé... la sua bella moto, per esempio, la lascia a casa. Mamma dice che è troppo pericoloso.” “Tua madre ha perfettamente ragione.” “Ha mai avuto una moto?” “Ce l'avevo da ragazzo.” “E che fine ha fatto?” “Me l'hanno rubata.”

Bra, però, si era accorta che il suo sguardo si era fatto ancora più triste e capì che doveva essere una bugia.

Non è vero. Non gliel'hanno rubata.” gli disse e lui negò: “Invece sì! E se becco quegli idioti...!” “Guardi, signor Lupo Cattivo, che ho capito che sta dicendo una bugia! Lei sa perfettamente dov'è!” “Ti sbagli, Cappuccetto Rosso, è di sicuro già stata...” fece lui ma subito s'interruppe, capendo che la piccola l'aveva messo in una trappola.

Già stata cosa?” gli domandò Bra e lo pregò: “La prego, mi dica che cosa ne ha fatto. Prometto che non lo dico a nessuno.”

L'uomo sbuffò.

Ormai non poteva più scappare.

Avvicinò il suo mignolo davanti ai grandi occhi azzurri di Bra e l'avvisò: “Giura che non lo dirai a nessuno!” “Lo giuro!” promise la bimba mentre univa il suo piccolo mignolo a quello grande del Lupo Cattivo.

Un po' titubante, l'uomo cominciò a raccontare: “Io e mia moglie ci eravamo appena sposati e stavamo aspettando l'arrivo di nostro figlio. Purtroppo avevamo bisogno di soldi... nessuno di noi due aveva più i genitori da molti anni e non sapevamo come ottenerli... io potevo lavorare ma quello che guadagnavo... era troppo poco per la mia famiglia. Così... un giorno presi la moto e la vendetti.” “Davvero?!” “Sì... a lei raccontai che me l'avevano rubata e convinsi un mio amico a fingere che doveva restituirmi dei soldi.” “Ma non poteva dirle quello che aveva fatto?” “Ti sembro il tipo che dice alla propria moglie che ha venduto la moto per ottenere i soldi per il marmocchio che sarebbe arrivato? Era una questione d'orgoglio! Per anni ho creato l'immagine di un uomo apatico ai sentimenti e non avrei mai confessato una cosa simile! E guai a te se scopro che hai raccontato questa storia in giro!”

Bra non disse nulla.

Si avvicinò all'uomo e strinse con le sue piccole e minute braccia il suo braccio, sussurrando: “Lei è sempre stato buono...”

Lui la guardò, sconvolto.

L'ho sempre saputo che non era cattivo... nonostante le sue parole, la sua faccia scontrosa e i suoi atteggiamenti... io ho sempre saputo che, in realtà, faceva solo finta di essere cattivo e che era buono... come vorrei che mio nonno fosse una brava e buona persona come lei...” sospirò la bambina e l'uomo le chiese: “Tuo... nonno?” “Sì, era una persona molto cattiva e malvagia che ha fatto soffrire mia nonna, il mio papà e mio zio. Non l'ho mai conosciuto perché se n'è andato quando papà era un bambino... non so dov'è o cosa sta facendo... io spero solo che si sia pentito di tutto il male che ha fatto al mio papà...” sussurrò la bambina prima di scoppiare a piangere.

L'uomo si avvicinò a lei e l'abbracciò.

Per un po', attorno a loro non ci fu che il silenzio, spezzato solo dai loro respiri, finché, l'uomo non sussurrò: “Cappuccetto Rosso... devo rivelarti una cosa... io... io ho abbandonato la mia famiglia. Una notte me ne andai senza nemmeno salutarli... con mio figlio di soli tre anni che mi urlava di restare con lui... e non l'ho ascoltato. Come vedi, io sono veramente cattivo. Ma sappi che non sono mai stato felice della mia azione. Ogni giorno... non faccio altro che pensare al mio gesto e al supplizio che mi sono dato con le mie stesse mani... perché so che loro mi odiano.”

Bra sgranò gli occhi.

Il signor Lupo Cattivo le aveva rivelato il suo segreto... quello che impediva ai suoi occhi di brillare di felicità...

Si strinse ancora di più su di lui e lo rassicurò: “Io non la odio.” “Sei sicura? Anche adesso che ti ho mostrato il Lupo Cattivo dentro di me?” “Sì... perché so che si è pentito... si è pentito della sua azione il giorno stesso in cui l'ha compiuta.”

Lui sorrise.

Per la prima volta da anni, sorrise veramente.

Finalmente, si era liberato di un peso che lo martoriava da anni...

Sai una cosa, Cappuccetto Rosso?” commentò, alla fine, mentre le accarezzava i capelli turchini: “Credo di essermi affezionato a te perché mi hai sempre ricordato mio figlio. Sei disubbidiente, scocciatrice e adorabile tanto quanto lui...”


Una cosa era certa: sua figlia era una vera peste!

Vegeta stava cercando Bra in tutto il reparto da un quarto d'ora buono.

Bulma aveva ricevuto una telefonata urgente dal suo ufficio e, pertanto, se n'era andata.

Tanto lui e Trunks stava benissimo e sarebbero tutti usciti fra qualche ora...

Dopo qualche minuto, Vegeta si era alzato dal letto, ormai era in perfette condizioni per muoversi, ed era entrato nella stanza di Trunks.

Lui, vedendolo, aveva fatto un sorriso imbarazzo, per via della storia della gravidanza della sua ragazza, ma Vegeta gli aveva chiesto, senza mezzi termini, dove fosse Bra.

Trunks aveva fatto una faccia stupita e gli aveva detto che, molto probabilmente, la bambina si trovava nella stanza del Lupo Cattivo.

Peccato che in quella stanza non ci fosse proprio nessuno.

Così, adesso, stava cercando in tutto il reparto una bambina dai capelli turchini di soli tre anni.

Anche se quel tizio possedeva un suo rene, avrebbe passato un mare di guai se fosse capitato qualcosa a sua figlia.

Si diresse verso la reception e domandò all'infermiera di turno: “Mi scusi, ha per caso visto una bambina di tre anni con i capelli turchini?” “Ma... non eravate usciti nel parco dell'ospedale cinque minuti fa?” esclamò la donna, sorpresa.

Vegeta alzò gli occhi al cielo: ci mancava solo l'infermiera scema!

Non sono mai uscito dall'ospedale. Potrebbe dirmi da che parte è andata?” le domandò seccato e quella, sempre fissandolo come se avesse visto un fantasma, rispose: “E' nel parco dell'ospedale... assieme a un uomo che...” “La ringrazio.” la liquidò, seccato, Vegeta e uscì.

La neve, ormai, aveva ricoperto tutto: panchine, viali, portici...

Aveva smesso di nevicare ma il meteo aveva annunciato che presto avrebbe ricominciato.

I bambini sarebbero stati al settimo cielo...

Mentre camminava, Vegeta guardava da tutte le parti, con la speranza di vedere la chioma inconfondibile della figlia ma inutilmente.

Ma dove si sarà cacciata?! Commentò, scocciato, Vegeta.

Ad un tratto, notò la sagoma di una panchina dietro a un cespuglio che era occupata da un uomo.

Vegeta gli si avvicinò e, mentre si sporgeva dal cespuglio, disse: “Mi scusi...” “Sì?” fece l'altro, girandosi.

I loro occhi si incrociarono.

Vegeta non riusciva a parlare dal tanto che era sconvolto.

Non era possibile...

Cosa ci faceva lui lì?!

Cosa voleva ancora?!

Anche lui doveva averlo riconosciuto in quanto, con un filo di voce, sussurrò: “Vegeta...” “Tu...” sibilò Vegeta mentre la sua espressione s'induriva rivelando un odio feroce che aveva conservato in tutti quegli anni.

   
 
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