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Autore: Emmastory    30/11/2017    3 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VII-mod
 
 
Capitolo XXXVII
 
Minaccia nel buio
 
Un singolo giorno era ornai passato, ed era di nuovo notte. Fortunatamente libera dalla mia ansia, riuscivo a dormire senza problemi, consapevole come da ragazza, che al fianco di Stefan non mi sarebbe accaduto nulla. Lento ed esasperante, il tempo passava, e il silenzio regnava sovrano in casa. Colta dal freddo, mi svegliai quasi di soprassalto, notando solo allora uno stranissimo particolare. Non sapevo perchè, eppure Ava aveva deciso di dormire sul divano invece che nel letto inutilizzato nella camera di Aaron. Stando a quanto ricordavo, Stefan ed io lo avevamo acquistato d'impulso, guidati da un forte desiderio di diventare genitori per la quarta volta, sfortunatamente mai diventato realtà. Così, quel giaciglio era rimasto vuoto fino all'arrivo di Ava, e ad essere sincera, trovavo strano che ora non lo utilizzasse. Chiudendo gli occhi, cercai di riposare e non pensarci, ma la seppur flebile luce rimasta accesa nel salotto mi impedì di farlo a dovere, risultando quasi un invito ad andare a controllare. Lentamente, mi liberai dalle coperte e uscii dal mio caldo nido, poi raggiunsi il salotto, vedendo ciò che non avrei davvero voluto vedere. Con il viso nascosto fra i cuscini del divano e la coperta a farle da perfetto scudo, Ava pareva dare le spalle al mondo, ma quello che mi soprese maggiormente fu vederla piangere. Conoscendola, sapevo che lo faceva di rado, e come sempre, ero convinta che non fosse da deboli, ma da forti mostratisi tali per troppo tempo. Non volendo farsi sentire, si limitava a farlo in silenzio, non sapendo che i suoi singhiozzi non potevano certo sfuggire al mio finissimo udito. "Ava? Cosa c'è?" Chiesi, avvcinandomi e sedendomi accanto a lei. "Niente, Rain." Rispose, sperando di liquidarmi con quelle semplici parole. "Non mentirmi, signorina. Ci sono passata anch'io, e lo sai." Replicai, seria ma non adirata. "E va bene. Si tratta di Aaron. Ieri, al cimitero mi ha baciata e ha detto quelle cose, e ora non riesco a smettere di pensarci. Lo amo anch'io, ma sai... mi sento come se gli stessi mentendo. Il mio passato non gli importa, ma io li conosco, e torneranno." Confessò, mettendosi seduta e vuotando il sacco proprio di fronte a me. Calma e paziente, ascoltai senza interrompere, e quell'ultima frase mi fece gelare il sangue nelle vene. Senza accorgermene, divenni bianca come un lenzuolo, ma ingoiando il rospo, mi limitai a cercare di confortarla. "Ava..." La chiamai, avvicinandomi lentamente per accoglierla in un abbraccio. "Grazie, Rain. Sei sempre la migliore." Rispose lei, trovando in quel momento le mie braccia un posto sicuro in cui abitare. "Tu lo sei forse più di me. Ora riposati e fidati di noi. Andrà tutto bene, te lo prometto. Le dissi, stringendola a me e carezzandole la schiena. Annuendo, lei si staccò da me, e tornando a sdraiarsi, pregò mutamente che l'aiutassi con le coperte. In quel momento, il mio istinto materno prese a parlarmi, ed io gli diedi retta, regalando un sorriso alla ragazza prima di andarmene. Poco dopo, mi voltai, e camminando, passai dalla stanza di Aaron. Sapevo che dormiva, e non volevo disturbarlo, ma in silenzio, feci scivolare una mano sulla porta. Non mi avrebbe sentito, ma quello era il mio modo di dimostrare che gli volevo bene, e che ero orgogliosa dell'uomo che pian piano stava diventando. A breve avrebbe compiuto diciott'anni, e pensandoci, quasi mi venne piangere. Scuotendo la testa, mi liberai in fretta da quei pensieri, e una volta a letto, mi sdraiai comodamente, avendo cura di tenere vicino il mio diario, così da registrare i miei sentimenti e i miei pensieri su quella che Ava mi aveva indirettamente presentato come costante minaccia nel buio.  
   
 
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