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Autore: edoardo811    30/11/2017    1 recensioni
Quello che sembrava un tranquillo viaggio di ritorno alla propria terra natale si trasformerà in un autentico inferno per i Titans e i loro nuovi acquisti.
Dopo la distruzione del Parco Marktar scopriranno ben presto che non a tutti le loro scorribande nello spazio sono andate giù.
Tra sorprese belle e brutte, litigi, soggiorni poco gradevoli su pianeti per loro inospitali e l’entrata in scena di un nuovo terribile nemico e la sua armata di sgherri, scopriranno presto che tutti i problemi incontrati precedentemente non sono altro che la punta dell’iceberg in un oceano di criminalità e violenza.
Caldamente consigliata la lettura di Hearts of Stars prima di questa.
[RobStar/RedFire/RaeTerra] YURI
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Good Left Undone

XVI

L'ATTACCO

 

L’atrio del palazzo non era mai stato così zeppo. Centinaia di fongoid si erano ammassati al suo interno, ognuno di loro stava dicendo la sua, un fastidioso brusio era sollevato in aria. Voci venate dalla paura e dalla preoccupazione si mescolavano tra loro, rendendo impossibile riuscire a captare una sola frase di senso compiuto.

In un angolo della sala, nel frattempo, i Titans stavano praticamente facendo a gara con i fongoid a chi si stesse mangiando di più le mani.

«Come hanno fatto a trovarci?!» domandava Cyborg, sempre più ansioso, mentre si premeva le mani sulle tempie e camminava in avanti e in indietro senza avere l’apparente intenzione di fermarsi.

Stella sembrava stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro. Era ancorata al braccio di Robin e nulla avrebbe potuto staccarla. Si era totalmente dimenticata del diverbio avuto con il fidanzato prima di andare a dormire, in quel momento la sua unica preoccupazione erano quelle quattro navi nere.

Terra e Amalia continuavano a lanciarsi occhiate preoccupate. Entrambe erano quasi state scaraventate giù dal letto quando la terra aveva cominciato a tremare. Avevano creduto che fosse tutta opera di un terremoto, ma non appena si erano affacciate dalla finestra e si erano accorte dei quattro velieri, la realtà era stata sbattuta in faccia ad entrambe. E, se avessero potuto scegliere, avrebbero di gran lunga preferito che ci fosse davvero stato un terremoto, anziché quelli.

Robin, dal canto suo, era quello che più di tutti era angosciato. Il peso della responsabilità gravava su di lui, sempre di più con il passare dei secondi. Vedere tutti i suoi amici con quell’aspetto così preoccupato, nonché l’espressione spaventata di Stella, lo agitava. Sentiva le viscere contorcersi dentro di lui. Avrebbe voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma il corpo non sembrava volerlo ascoltare. Avrebbe voluto parlare, cercare di rassicurare i compagni, ma la voce gli mancava. L’unica cosa che riusciva a fare, era restare fermo, a guardare l’atrio pieno di persone affannate e spaventate, con le molteplici guardie che cercavano di mantenere l’ordine nonostante loro in primis fossero preoccupate da quella faccenda.

BB li raggiunse poco dopo, entrando nella sala passando per il portone spalancato, volando veloce come un proiettile. Per poco non si schiantò al suolo quando atterrò e ritornò in forma umana. Inutile dire come anche lui si stesse contorcendo dalla preoccupazione. Solo più Corvina e Red X mancavano all’appello.

La prima sicuramente era sicuramente da qualche parte del palazzo, probabilmente insieme a Canoo. L’assenza del secondo, invece, era un mistero per i giovani eroi. Avevano chiesto ad Amalia, lei naturalmente non aveva alcuna idea. Aveva comunque evitato di parlare del suo litigio con il ragazzo in nero, riteneva che quello non fosse la causa della sua assenza. In quel momento, dovevano tutti essere uniti, ogni cosa detta o fatta precedentemente valeva meno di zero.

«Dai, magari... magari non è Slag, no? Magari sono dei soccorsi...» BB la buttò lì, speranzoso, dopo essersi accorto di come Cyborg sembrava prossimo a mangiarsi le unghie che non aveva.

Nessuno rispose. Il brusio incessante dei fongoid poco distanti da loro fu ciò che impedì alla loro conversazione di immergersi nel silenzio. In compenso, il robot sembrò ritrovare un certo contegno, perché smise di camminare come un pazzo e si fermò, posandosi le mani sui fianchi e fissando il suolo.

«R-Robin?» Il mutaforma non si arrese e guardò il leader, sperando in una delle sue classiche risposte decise e per nulla titubanti. Ma dalla bocca del moro non uscì altro che un fruscio di parole a fatica udibili, a causa del trambusto generale: «Le ho viste con i miei occhi, BB. È inutile fingere, sono quelle. Sono le navi di Slag.»

BB si irrigidì. Cyborg abbassò la testa e Stella gemette spaventata. Le navi di Slag, con la sua flotta di ottocento uomini e decine e decine di quei pericolosi Torpedo. Erano su Quantus, li avevano trovati.

«Ragazzi!»

Il gruppo si voltò, prima che i pensieri negativi distruggessero definitivamente le loro menti, e furono lievemente più sollevati nel vedere Corvina dirigersi verso di loro a grandi falcate. Sfortuna voleva che anche in quel momento critico lei indossasse i suoi bizzarri abiti, con tanto di drappi e pittura facciale, ma non sembrava molto imbarazzata da ciò. Tutt’altro, non esitò minimamente di presentarsi di fronte a loro. «Scusate il mio ritardo, ma Canoo ha cercato di impedirmi di venire. Ha detto che era pericoloso e che per la mia salvaguardia dovevo restare in camera mia. Naturalmente non potevo abbandonarvi, non con Slag sopra le nostre teste, perlomeno.»

Incrociò lo sguardo di Terra. Si guardarono per appena un istante, poi entrambe si costrinsero a fissare il suolo e a frenare l’irresistibile impulso di abbracciarsi davanti a tutti loro. «Che facciamo, Robin?» domandò invece, voltandosi verso di lui.

Il leader esitò. Aveva perso il conto, ormai, di quante volte lo aveva fatto. Si mordicchiò l’interno della guancia, sentendo tutti gli occhi puntati su di sé e avvertendo per la primissima volta in vita sua un senso di inquietudine talmente grande da fargli pensare di poter sprofondare a terra. Aprì bocca per rispondere, ma il brusio intorno a loro si fece dieci volte più intenso, diventando un vero e proprio baccano.

Decine e decine di voci si sollevarono, una più forte dell’altra, con timbri e tonalità completamente diversi tra loro, provenienti da uomini, donne, anziani e forse anche bambini: «È la Salvatrice!», «È lei!», «È qui per scacciare gli intrusi!», «Aiutaci tu!»

Tutti i fongoid si erano accorti di Corvina ed erano voltati verso il gruppo di giovani eroi. Si avvicinavano a loro tenendo le mani dinnanzi vero la maga, come un orda di zombie. Continuavano ad urlare frasi imploranti, quasi come se stessero delirando. In tutti i loro occhi non si riusciva a cogliere un solo barlume di sanità mentale.

Corvina impallidì e indietreggiò. Forse capì cosa volesse dire Canoo quando le aveva detto di non uscire da camera sua. I fongoid le si avvicinarono, ma furono ben presto intercettati da Robin e gli altri, che si pararono di fronte a lei, accerchiandola. Ben presto anche le guardie accorsero ed intimarono ai cittadini di allontanarsi, ma fu solo con l’arrivo tempestivo di Canoo che le persone sembrarono ritrovare un certo contegno. Lo sciamano sembrò sbucare fuori dal nulla, quando si piazzò davanti a Robin e sollevò il bastone, illuminandone la pietra le richiamare l’attenzione di tutti. «Indietro! Indietro! Lasciate in pace la Salvatrice!»

Diverse lamentele si sollevarono in aria, ma il saggio della comunità rimase inamovibile e poco per volta l’ordine, per quanto "ordine" potesse definirsi il trambusto generale di poco prima, si ripristinò.

«Senti un po’...» Canoo si rivolse a Robin e non sembrava per niente felice come la sera precedente. «... queste navi, appartengono per caso ai vostri inseguitori di un mese fa’?!»

Robin sentì come con la bocca piena di sabbia al momento della risposta. Inghiottì il grosso nodo alla gola che gli si era formato e annuì. «Sì, sono loro.»

L’espressione che assunse Canoo lasciò ben intendere che lui avrebbe gradito qualsiasi risposta meno che quella. Chiuse gli occhi e inarcò il collo all’indietro, rivolgendosi al cielo. «Sommo Orvus...» sussurrò, per poi rivolgersi nuovamente al leader dei Titans, questa volta quasi con tono rabbioso. «Ma non avevate detto di averli seminati?!»

«Li avevamo seminati! Chieda a chiunque dei miei amici, loro confermeranno! Abbiamo distanziato le navi di giorni e giorni!»

«E come hanno fatto a trovarvi, allora?!»

«Non lo sappiamo!» esclamò Robin, ormai ai limiti dell’esasperazione. Odiava non sapere cosa stava succedendo attorno a lui, e ricevere ugualmente domande a riguardo. Lo detestava proprio.

Lo sciamano socchiuse gli occhi e lo squadrò con molta attenzione, sembrava quasi che stesse cercando di leggergli nella mente per capire se era sincero o meno. Dopo diversi istanti, grugnì e distolse lo sguardo.  

Robin avrebbe voluto replicare, ma non aveva idea di cosa dire. E comunque, Canoo non sembrava molto in vena di ulteriori chiacchiere. Il leader sospirò, poi si voltò verso di Cyborg. «Sei proprio sicuro di non avere idea di come abbiano fatto a trovarci?»

Il robot incrociò le braccia e scrutò il pavimento, pensieroso. «Beh... l’unica cosa che mi viene in mente è che in qualche modo Slag abbia rintracciato la nostra nave, ma è altamente improbabile, visto che io e Zurkon avevamo disattivato il localizzatore... nessuno poteva rintracciarci, a meno che non lo volessimo noi, mandando un messaggio di richieste di aiuto. Ma questa è una cosa impossibile, nessuno di noi ha mandato un SOS dalla nave...»

Robin annuì. «Sì, hai...» Il resto della frase gli morì in gola, quando sgranò gli occhi e realizzò solo in quel momento una cosa di vitale importanza. Cominciò a tremare senza nemmeno rendersene conto, e fece vagare lo sguardo su tutti i suoi amici, uno per volta, con estrema lentezza. Il respiro si fece pesante e schiuse le labbra. Sembrava in trance. Infine, si soffermò su Amalia. I due si guardarono intensamente negli occhi per diversi secondi. La ragazza resse lo sguardo senza alcuna difficoltà, guardandolo quasi con aria interrogativa, poi, anche lei, sembrò capire e strabuzzò le palpebre. E non solo lei sembrò intuire cosa stesse frullando nella mente del leader. Tutti quanti cominciarono a scambiarsi sguardi, occhiatine, cenni, finché dalla bocca di Robin non uscì una frase che paralizzò Amalia: «Sicura di non sapere dove sia andato Red X?»

Diversi gemiti si sollevarono quando terminò di parlare. La tamaraniana mora ammutolì. Se non ci fosse stato il brusio dei fongoid di sottofondo, probabilmente tra loro sarebbe calato un silenzio opprimente.

«C-Cosa vorresti insinuare?» biascicò lei dopo diverso tempo, sempre sotto gli occhi di tutti, anche se aveva il terrore di sapere la risposta.

Il leader si piantò le unghie nei palmi, ma spiegò comunque con tono calmo: «Red X odiava stare su questo pianeta. Si è spesso lamentato e ha causato problemi dietro problemi. E adesso non è qui. E Slag ci ha trovati, perché qualcuno ha lanciato un SOS dalla nostra nave.»

«Stai dicendo che è stato lui?!» lo interruppe la ragazza, quasi gridando e stringendo i pugni a sua volta.

Robin non smosse di un millimetro. «Sto solo dicendo che io non credo alle coincidenze. E tu?»

La ragazza lo guardò scioccata. Sembrò voler rispondere, ma non lo fece. Fu Cyborg ad intromettersi, l’unico che dopo quella scioccante affermazione aveva trovato il coraggio di parlare: «Robin, aspetta. Hai ragione, anch’io fatico a credere alle coincidenze, però... stai esagerando. Red X, come tutti noi, sapeva che lanciando un SOS avremmo rischiato di farci trovare da qualche malintenzionato. Davvero credi che abbia comunque deciso di farlo? Nonostante il pericolo che correva?»

«Era così ostinato che potrebbe aver deciso di correre il rischio» ribatté Robin, impassibile. «E aver fallito.»

A quelle parole, Amalia si riscosse e cominciò a ringhiare. «Chi diavolo ti credi di essere per accusarlo in questo modo?!» gridò di nuovo, sporgendosi verso di lui e fissandolo con quanto odio avesse in corpo.

«Non mi sto elevando sopra di lui. Sto solo dicendo che i fatti parlano chiaro. Slag ci ha trovati e il tuo ragazzo non è qui insieme a tutti noi altri» disse Robin, per nulla intimidito.

Dopo quell’ultima frase, la tamaraniana mora perse il controllo. «Zitto! ZITTO!!»

Red X poteva anche aver combinato la sua buona dose di fesserie su Quantus, ma non avrebbe mai e poi mai fatto ciò di cui Robin lo accusava. Non avrebbe mai rischiato di mettere in pericolo lei e ciò che custodiva nel suo ventre. E se Robin era così idiota da non capirlo, perché in X non vedeva una persona nuova, ma il solito vecchio criminale che era abituato ad affrontare, allora ci avrebbe pensato Amalia ad aprirgli gli occhi. Strinse la mano a pugno talmente forte da farsi male e questa si illuminò di viola, insieme ad i suoi occhi. «Ti faccio vedere io come Slag ha fatto a trovarci, bastardo!»

«Kom, fermati!» Stella, rimasta aggrappata al braccio del fidanzato fino a quel momento, decise di intromettersi. Non aveva mai visto la sorella così arrabbiata, doveva fermarla e subito. Si parò davanti a Robin, il quale nemmeno in quel momento sembrava intimidito, e la fissò implorante. «Calmati, ti prego...» mormorò tendendo una mano verso di lei.

Amalia vide la sorella frapporsi ed esitò. «Kori...»

Una mano si posò immediatamente dopo sulla sua spalla. Si voltò ed incrociò gli occhi celesti di Terra. «Amalia...» mormorò semplicemente, ma il concetto fu presto chiaro alla tamaraniana. «Terra...» sussurrò, per poi abbassare la mano. La luce si affievolì poco per volta, finché il suo corpo non tornò alla normalità.

Incrociò di nuovo lo sguardo severo di Robin, rimasto fermo ed impassibile dietro di Stella. Amalia si sentì morire sotto quegli occhi. La rabbia sfumò da dentro di lei. Quel sentimento che aveva semplicemente adoperato per celarne un altro, un altro molto più doloroso: la tristezza.

Abbassò la testa, fissò le piastrelle nere e lucide del pavimento, fino a quando esse non apparvero a lei appannate per via delle lacrime che cominciarono a scivolare fuori dai suoi occhi. Singhiozzò, e poi cominciò a piangere. «Non... non è stato X...» biascicò stringendosi nelle spalle, per poi scuotere la testa con convinzione. «Non è stato lui... non è stato lui...»

Stella la abbracciò per consolarla. Le diede diversi colpetti di incoraggiamento alla schiena. «Coraggio Kom... non piangere. Non è ancora detto che sia stato lui.»

«Ha ragione» convenne Terra annuendo dietro loro due e sorprendendo tutti i presenti, per poi fissare Robin con sguardo glaciale. «La devi smettere di puntare sempre il dito contro gli altri. Non puoi accusare Red X in questo modo. Ti rendi  conto di quanto sia grave la situazione? Credi davvero che lui, malgrado tutto il suo odio per questo posto, possa aver fatto una cosa del genere a tutti noi?»

Il leader fece una smorfia. «E allora come avrebbero fatto a trovarci?»

«Non lo so, ma direi che ora come ora non è questo il problema, o sbaglio?» domandò ancora Terra, avvicinandosi ad Amalia e accarezzandola sulla schiena per rassicurarla come faceva anche Stella. «Dobbiamo capire come uscire da questo schifo di situazione, non giocare a "di chi è la colpa". Sei il leader, giusto? Allora pensa ad un modo per proteggere la tua squadra, non ad incasinarla ulteriormente con delle accuse campate all’aria.» Lo disse con tono molto calmo, ma allo stesso tempo deciso. Era andata dritta al nocciolo della questione, non voleva ulteriori giri di parole.

Gli sguardi vagavano da Robin a Terra, la prima dopo tanti anni che trovava da ridire in quel modo al leader dei Titans. Gli occhi azzurri di entrambi non si schiodavano gli uni dagli altri. Nessuno dei due era intenzionato a distogliere lo sguardo, farlo avrebbe significato cedere e darla vinta all’avversario.

Corvina, BB o Cyborg non sapevano cosa dire, la situazione stava sfuggendo di mano. Red X non c’era ed era un possibile traditore del gruppo, Amalia era in lacrime per colpa di tutto ciò, Stella cercava disperatamente di consolarla, Terra e Robin sembravano sul punto di litigare furiosamente. I fongoid intorno a loro erano terrorizzati dalle navi di Slag, Canoo era furibondo. E per finire, quattro immense navi da guerra presidiavano il cielo sopra le loro teste e nessuno aveva idea di che intenzioni avessero i loro piloti.

Corvina volle quasi andare da Terra e domandarle per favore di non gettare benzina sul fuoco con Robin, ma a riportare la calma in tutta la sala non fu né lei né nessun’altro dei suoi amici. Ci pensò una voce tonante che intimò il silenzio a tutti quanti. «Silenzio!»

Solo allora tutti i presenti si accorsero della presenza di Alpheus, il quale stava eretto dinnanzi al trono e sbatteva l’estremità del proprio scettro al suolo per richiamare l’attenzione. Non passò molto prima che il brusio generato dai fongoid si affievolisse. Malgrado la critica situazione, gli alieni riconoscevano ancora l’autorità del loro sovrano.

«Bene» disse il re quando la quiete fu ripristinata. «Vi prego di mantenere la calma. Non sappiamo ancora di chi siano le navi che vediamo sopra il nostro villaggio. Non lasciatevi sopraffare dal panico. Le guardie sono già...»

«Vostra maestà!» gridò qualcuno da in mezzo alla folla, interrompendo il sovrano. Una guardia si fece largo tra la folla, sembrava molto affannata. Quando giunse ai piedi della scalinata, si chinò per riprendere fiato e usò lo scettro come punto di appoggio.

Alpheus lo guardò con aria critica. «Cosa succede?»

Il fongoid ci mise diversi istanti per riprendersi, poi sollevò lo sguardo e disse con un fil di voce: «Sono... sono entrati.»

«Chi?»

«I... i predoni, sire. Si sono calati dalle navi e sono entrati nel villaggio.»

Il re ammutolì. Il sangue gelò nelle vene di tutti i presenti. E il panico si scatenò di nuovo.

 

***

 

Dozzine e dozzine di brutti ceffi presidiavano la via principale. Individui con forma da umanoide, ma per nulla umani. I loro corpi erano interamente rivestiti di metallo lucente. Vestivano con gilè, calzoni, anfibi, bandane e cinture, ma non erano veri e propri abiti, erano semplicemente altri pezzi di metallo che, fusi con i loro corpi, avevano quelle sembianze. Erano robot, non avevano bisogno di veri vestiti, dopotutto. Occhi glaciali, dei più svariati colori, più simili a dei riflettori che ad altro. Azzurri, blu, verdi, rossi, gialli, viola, parecchi ne avevano perfino di due colori diversi. I loro volti erano simili a dei crani privi di capigliatura, assomigliavano a degli scheletri, più che a dei pirati. Brandivano sciabole, pistole, fucili, coltelli e ogni qualsivoglia di arma da taglio. Sparavano colpi in aria, spaccavano finestre, rovesciavano le bancarelle, gridavano, esultavano e cantavano a squarciagola qualche bizzarra canzone. Diverse bottiglie giravano fra le loro mani, se le passavano in continuazione per poterne sorseggiare il contenuto e darsi ulteriore carica per proseguire le razzie che stavano commettendo.

Tutti i fongoid che avevano la sfortuna di trovarsi in strada in quel momento fuggivano terrorizzati, altri venivano colpiti e presi a calci. Nessuno fu ucciso, per fortuna, ma era altamente probabile che presto o tardi ciò sarebbe accaduto. Le guardie che erano state mandate a controllare le strade cercavano di respingerli, ma ne erano intimiditi, si vedeva perfettamente. Esitavano prima di sparare con i loro scettri e spesso e volentieri alzavano le mani e si arrendevano, per poi venire pestati brutalmente, sotto le risate crudeli di tutti loro.

Si stava ripetendo esattamente ciò che anche molti anni prima era accaduto, quando i fongoid erano stati messi in ginocchio la prima volta.

Uno spettacolo sconcertante, quello che si parò dinnanzi agli occhi dei Titans e degli altri fongoid usciti da poco dal palazzo. Erano giunti al limitare del cortile, in cima alla scalinata, dove, dall’alto della collina, era possibile scorgere buona parte del villaggio.

«Sommo Orvus...» sussurrò Canoo, per poi fare uno strano gesto con la mano, una specie di segno della croce.

Diversi piagnucolii si sollevarono tra i fongoid, perfino dei pianti o delle grida disperate atte a chiamare figli o comunque parenti rimasti nel villaggio e che quindi correvano grossi rischi a causa dei pirati. I ragazzi, invece, si trasformarono in delle statue, talmente si irrigidirono davanti a ciò che stavano vedendo.

«No...» mormorò Stella portandosi una mano davanti alla bocca, sentendo gli occhi inumidirsi.

Le risate e le crudeltà continuarono, finché uno dei pirati non si distinse in mezzo alla massa. Era grosso almeno il doppio degli altri, e non perché era in forma, tutt’altro. Aveva una pancia talmente enorme che era quasi impossibile non scorgerla. Teneva in mano uno strano oggetto, simile ad una pistola ma con la canna a forma di cono, stretta a partire dal cane, larga alla bocca da fuoco. Solamente quando quell’individuo parlò fu chiaro che quell’oggetto era in realtà un megafono. «D’accordo, piccole carogne.» La sua voce riecheggiò in tutta la strada e giunse perfettamente anche in cima alla collina, dove fongoid e Titans ebbero modo di sentirla. E la riconobbero all’istante. Falso tono cordiale, enfasi alle vocali, timbro fastidioso. Slag. Colui che parlava era Slag II in persona. Il prode capitano, l’erede di Slag I, il più grande pirata che quell’universo avesse mai potuto ammirare. Nessuno di loro si sarebbe mai aspettato di vederlo dal vivo.

«Non ho voglia di perdere tempo con voi, e immagino che voi non abbiate voglia di vedere il vostro villaggio trasformarsi in una landa desolata dove nemmeno le ortiche avranno il coraggio di crescere, perciò sono qui in vesti ufficiali per proporvi uno scambio. Sì, avete sentito bene piccoli cornuti, uno scambio.

«Qualcuno ha lanciato un messaggio di richieste di aiuto, poche ore fa. Sfortuna vuole che quel messaggio sia giunto a noi. E, sempre sfortuna vuole, pare quel messaggio sia stato mandato da dei terrestri nascosti qui da voi che, coincidenza, circa un mese fa’ stavano fuggendo proprio da noi. Ora, la questione è molto semplice. Noi ci prendiamo questi terrestri e lasciamo in pace il vostro piccolo villaggio. Dopotutto, sono loro che hanno chiesto di andarsene da qui, noi vogliamo solo accontentarli. Dunque, tirate fuori i terrestri e non raderemo al suolo questo buco. Considerando la velocità con cui i miei stanno distruggendo la vostra via maestra... direi che avete dieci minuti di tempo. Vi consiglio di sbrigarvi, prima che comincino ad appiccare incendi a destra e manca. Grazie mille per la pazienza.»

I Titans avevano ascoltato quasi come in trance il discorso del pirata. Se non fu per la domanda che qualcuno gli rivolse, non si sarebbero accorti di nulla. «Li avete chiamati voi?!»

«C-Cosa?» Robin si ridestò solo in quel momento, poi negò con convinzione, non capendo nemmeno chi aveva parlato. «No! Certo che no! Noi non...»

Il resto della frase fu seppellito dal pandemonio che si scatenò. I fongoid cominciarono adì gridare, a protestare e a puntare dita accusatorie contro di lui e il resto della sua squadra. I ragazzi indietreggiarono quasi intimoriti, pure Corvina, La Salvatrice, rimase atterrita. Stella abbracciò di nuovo Robin, mentre tutti gli altri stringevano i denti e si arrovellavano su come uscire da quella pessima situazione. Ma, paradossalmente, fu sempre Canoo ad aiutarli. «Fermi! Fermi! Indietro!»  esclamò parandosi di fronte a Robin. «Non siate affrettati!»

«Canoo ha ragione» convenne Alpheus, affiancandolo e sbattendo a terra lo scettro. «Non possono essere stati i terrestri. I predoni hanno ricevuto il messaggio poche ore fa’, ma in quel momento tutti i nostri ospiti erano al palazzo, e il palazzo viene sigillato dall’interno a notte inoltrata. Nessuno di loro può essere uscito e...»

«Maestà...» rantolò qualcuno, alle spalle di tutti. I presenti si voltarono, anche Alpheus, e videro un’altra guardia salire in cima alle scale quasi trascinandosi per la fatica. Lo riconobbero all’istante, malgrado l’aspetto martoriato. Era Galvor. Il fongoid giunse finalmente in cima alle scale. Non aveva più lo scettro, né il suo copricapo, probabilmente anche lui aveva affrontato i pirati. Quando finalmente fu di fronte a tutti loro, sollevò l’indice e lo puntò contro di Robin. «Sono... sono stati loro! Hanno chiamato i predoni!»

«Ehi! No! Non è vero!» protestò BB, venendo presto seguito a ruota da Terra e Cyborg.

«Silenzio!» tuonò Alpheus, zittendoli, per poi rivolgersi a Galvor, con aria severa. «Spiegati meglio. Come puoi dire una cosa così grave?»

Galvor grugnì di rabbia. «Ieri notte il loro amico vestito di nero non era al palazzo, ma era fuori, nel villaggio. L’ho intravisto per caso, mentre pattugliavo con i miei compagni. Aveva un’aria molto sospetta. Lo abbiamo chiamato per fermarlo e domandargli cosa ci facesse in giro la notte tardi, ma lui è scappato. Lo abbiamo inseguito, ma quello si è infilato nella foresta. Lo abbiamo cercato a lungo, ma non lo abbiamo più trovato. E non potevamo nemmeno allontanarci troppo, o avremmo rischiato di svegliare le Bestie. Io per primo non riesco a credere a ciò che sto dicendo, ma adesso che quel predone ha detto come hanno fatto a giungere qui, non ho più dubbi. Il loro amico è tornato alla loro nave e ha chiamato i soccorsi, attirando così i predoni.»

Diversi versi di sorpresa si sollevarono fra i Titans. E non solo. Sorpresa, delusione, incredulità.

«No...» mormorò Amalia abbassando il capo, trafitta da quella notizia come da una pugnalata. «No... non può averlo fatto... non può...»

«Galvor, ne sei proprio sicuro?» domandò ancora Alpheus. «Ti rendi conto, vero, che questa è un’accusa molto grave?»

La guardia annuì, irrigidendosi come un soldato sull’attenti. «Lo giuro sul mio onore. Può anche domandarlo alle guardie che erano con me ieri sera, loro possono confermare.»

«Sommo Orvus...» sussurrò il re, per poi premersi una mano sulla fronte ed apparire per la prima volta dinnanzi a tutti davvero spiazzato e perfino spaventato.

Perfino Robin, colui che fino a poco prima era il primo ad accusare X, si sentiva davvero umiliato e preso in giro dal ragazzo in nero. Non avrebbe mai potuto credere che sarebbe arrivato a tanto. Osservò Amalia mentre cadeva in ginocchio e cominciava a piangere disperata, continuando a negare con convinzione anche se ormai le prove erano schiaccianti. Oramai non c’erano più dubbi, Red X li aveva traditi. Aveva tradito tutti.

«Avete ancora quattro minuti.» La voce di Slag riapparve sgradevole come una secchiata di acqua ghiacciata.

A quel punto, il caos si generò di nuovo. I fongoid cominciarono ad accanirsi contro i Titans, a gridare loro di andare ad arrendersi e che non volevano che il villaggio venisse distrutto. Gli unici che rimasero in silenzio furono Alpheus e Canoo, gli unici due che ancora avrebbero potuto fare qualcosa per i Titans. Notando come loro due si stessero astenendo dalla discussione, i ragazzi cominciarono davvero a temere il peggio. La domanda sorse spontanea dalla bocca di Cyborg: «Robin, cosa facciamo?»

Il leader si sentì sopraffare. Osservò i pirati mentre saccheggiavano le case degli innocenti, guardo Galvor che dal canto suo lo fissava in maniera truce, vide Terra abbracciare Amalia per confortarla dopo l’appresa notizia del tradimento di X, e poi vide Alpheus allontanarsi da tutti loro a testa bassa, umiliato e sconfitto.

«Robin...» Stella lo chiamò con un fil di voce, il ragazzo si voltò verso di lei ed incrociò il suo sguardo. I suoi meravigliosi occhi smeraldo incastonati in un volto angelico ed innocente. Fu troppo per lui. Il ragazzo abbassò la testa, distogliendo lo sguardo dalla dolce amata. «Io... io...» cominciò a dire, con un tono di voce mai stato così flebile. «Temo... temo che forse dovremo...»

«Lo so io cosa dobbiamo fare» disse Amalia all’improvviso, interrompendolo. La ragazza strinse i pugni e sollevò lo sguardo all’improvviso. Il pianto le era passato, ma aveva lasciato i suoi segni. Le guancie erano ancora rigate dalle lacrime e gli occhi erano arrossati. Ma quando si erse in piedi, Amalia non sembrava mai stata così determinata. Terra si separò da lei, guardandola altrettanto sorpresa.

«Arrendersi non servirà a nulla» cominciò lei, con tono determinato, per poi passarsi una mano sul volto e darsi una rapida ripulita, per apparire più sicura. «Conosco bene i criminali. Questo genere, di criminali. Se vi arrenderete, credete davvero che risparmieranno il villaggio? Una volta avuto ciò che vogliono, nulla impedirà loro di fermarsi. I fongoid sono spaventati da loro, e lo sanno. Se ci arrendiamo, gliela daremo semplicemente vinta. E inoltre, arrenderci significherebbe consegnare anche Corvina, La Salvatrice.»

«No, questo mai!» esclamò Canoo, il quale aveva udito la conversazione. «Non possiamo consegnare La Salvatrice, è fuori discussione!»

Amalia annuì. «E infatti non succederà. Non possiamo arrenderci.»

«E allora cosa suggerisci?» domandò Robin, ma sapeva già dove lei stesse andando a parare.

«Il fuoco va combattuto con il fuoco» disse infatti lei, con determinazione. Strinse una mano a pugno ed essa si illuminò di viola. «Siete eroi, giusto? E io sono nel vostro gruppo, perciò fino a prova contraria, anche io lo sono. Una specie, almeno. Non mi sembra che sia davvero necessario dirvi cosa fare.»

Robin osservò la sorella di Stella. Si mordicchiò l’interno della guancia, pensieroso. Poi, dopo diverso tempo, a fatica represse un sorriso. Il suo era stato un discorso breve, ma avrebbe convinto chiunque. Pure lui ne era impressionato. I ragazzi si guardarono tra loro. Terra, Corvina, Cyborg, BB e Stella. In tutti i loro sguardi comparve il barlume di una scintilla che fino a pochi attimi prima non c’era. Perfino quest’ultima sembrava aver ritrovato un po’ di coraggio.

La tamaraniana mora abbassò la mano, si voltò ed osservò con quando odio avesse in corpo prima Galvor, poi il villaggio e i pirati, ed infine un punto qualsiasi in cui immaginò di vedere il volto di quel ragazzo che tanto aveva amato e che le aveva ridotto il cuore in frantumi. «Combattere. Cacceremo quei bastardi da qui alla vecchia maniera.»








E riappaio anche qui. Sì, insomma, tecnicamente sarei piuttosto avanti con i capitoli con questa storia, quindi non avrei molti problemi a pubblicarla, però... ecco, diciamo che ho avuto un blocco, non me la sentivo proprio di continuare, nonostante fossi già avanti, per l'appunto. Io non so come spiegarlo, ma è così. Chiedo scusa per l'attesa, spero di riuscire a farmi perdonare con i prossimi aggiornamenti (che spero non arrivino troppo tardi a loro volta, anche se cercherò comunque di dedicarmi di più ad Infamous che ad altro). Grazi per la pazienza. Alla prossima!
   
 
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