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Autore: _Charlie_    01/12/2017    0 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 47:

 

Arya Mason

 

Il teatro dello scontro era l'apoteosi del caos.
La colonna di fuoco torreggiava sui resti di una città in malora, sulla devastazione e le distese della morte. Proprio lì, in cima, sbocciava la Guerriera del Fuoco Aureo – il fiore più caldo di quel gelido inverno di Agosto. Alta, fiera e pura, congiunse le mani dinanzi al petto e ne trasse via una fiamma dorata.

Incubo, la nube oscura originatasi da un remoto frammento dell'Universo, si godette la scena – cieco della sua stessa arroganza, vulnerabile, convinto che nulla avrebbe mai potuto scalfirlo.
La Guerriera sollevò il capo, carboni ardenti al posto degli occhi e capelli d'oro che le frustavano il volto di pesca. Acchiappò la fiamma tra indice e pollice di una mano, inarcò la fronte come un cecchino esperto e tirò, colpendolo lì dove teneva nascosta la gola.
Il fumo purpureo esplose nella notte e la creatura si lasciò scappare un grido di dolore, tanto acuto quanto minaccioso.
Bombe di fuoco, dunque, contrastarono i suoi tentacoli.
Rombi di guerra esordirono come tuoni del più violento dei temporali ed il mondo, debole, cominciò a sgretolarsi sotto la grandine di ceneri.
Mentre il ruggito delle fiamme riempiva lo Spazio, Arya riuscì a percepire un suono, un sibilo che le strisciò nella mente e la avvelenò. Al contrario di quanto avesse creduto fino a quel momento, Incubo possedeva una voce e parlava una lingua antica, incomprensibile per coloro a cui non avesse voluto farla intendere. Era una catena di minacce la sua, all'apparenza solida, ma che tradiva uno stridio di paura e che arrugginiva lentamente, come se il fuoco la stesse rovinando a poco a poco.
Arya venne posseduta dal feroce senso di determinazione che precede un omicidio, sicura della vittoria... ma se solo non avesse abbassato la guardia e gioito prima del tempo, Incubo non avrebbe mai interpretato i cupi cenni di ingenuità che ancora la guidavano. Con il rifluire della rabbia in un cinereo senso di diletto, egli combinò lì su due piedi una strategia per trarla in inganno. Cercò quindi di distrarla, tenerla occupata prima di palesarle quanta vigliaccheria gli scorresse ancora nelle vene.
La Guerriera scivolò in avanti ed una nuova scheggia di vetro nero le trafisse la schiena, una spalla, il punto in cui la vecchia Arya teneva la cicatrice di un proiettile, l'arma del Cacciatore. Il dolore la pervase – come se la creatura le stesse divorando il cuore, strappando ogni boccone con zanne affilate e artigli.
La voce tornò a imbrattarle la mente, tronfia.
Bastava così poco per sconfiggere la Guerriera della Luce? Era stato così facile spegnerla?
Arya allargò le braccia, colma d'ira, e fece per scagliare una tempesta di fuoco che si originò, muta, dalla torre e prese le sembianze di una fenice – gli occhi di ossidiana, il becco affusolato e tre piume dorate che le pendevano dalla coda. Quindi si alzò e piroettò nel cielo, maestosa, mordendo la creatura e lacerandole le carni di fumo. Granelli di materia simili a polvere si calarono al suolo e, pericolosi tanto quanto un ordigno militare, aprirono una voragine verso l'Inferno, risucchiando tutto ciò che trovarono lì intorno.
Arya chinò il capo, inquieta. I suoi peggiori timori erano stati confermati. Alla morte di Incubo non avrebbe fatto seguito alcuna vittoria. Il bacio asintotico tra i suoi avanzi e Rozendhel avrebbe difatti scaturito una serie di esplosioni che, in pochi minuti, l'avrebbero annientata. Di quella piccola città nello Stato della Virginia sarebbe sfumato anche il ricordo.
Subito, Arya tentò di mettersi in contatto con Rhaego, sperando che non l'avesse abbandonata. Serrò le palpebre e lo vide nell'oscurità: era ferito ad un'ala, perdeva sangue e non riusciva a tenersi in equilibrio. In compagnia dei ruderi, quando udì la sua voce, drizzò l'enorme capo cornuto e mugolò un verso.
Cerca la mia Congrega. Trova Oliver e Logan. Mettili tutti in salvo. Gli sussurrò in segreto. Quando darò il colpo di grazia ad Incubo, dovrete già essere lontani. Capito?
Benché il dolore lo stesse visibilmente consumando, il drago non mancò d'obbedire e chiamò a gran voce i superstiti – senza ricevere alcuna risposta. Arya pregò in silenzio, mentre la fenice scelse di tornare all'attacco – i movimenti aggraziati, cauti. Fece il possibile pur di ripetere l'azione di qualche istante prima, arrendendosi non appena i tentacoli l'avvolsero da capo a coda e la condussero dinanzi alle fauci della creatura madre.
Un grido straziante l'accompagnò sino ai cancelli di un nuovo mondo, mentre le sue carni di fuoco venivano triturate dalle zanne e scoppiettavano in lampi di luce dorata.
Seppur fosse un pensiero orribile, Arya desiderò che Incubo ci mettesse molto tempo ad inghiottirla – il necessario affinché Rhaego recuperasse da terra tutti quei vari corpicini contusi dai lividi e le ferite. Ma quando si chinò per l'ultima volta, la terza per la precisione, nessuno era stato accolto sul suo dorso.
Lo vide allontanarsi, sfuggire alle lingue di fumo (che lo inseguirono) e precipitare, stanco, a qualche chilometro di distanza.
Inspirò profondamente.
Il silenzio che si propagò ovunque fu irreale, come se ogni suono fosse stato bandito, fosse scappato per timore di venir annientato da ciò che sarebbe avvenuto da quell'istante in avanti. Fu come precipitare in un vecchio incubo, nella dimensione in cui si era rifugiata insieme ad Hazelle e aveva incontrato lo spettro di Morgause.
Se quella fosse stata una notte normale, l'oscurità avrebbe avuto i minuti contati, sicché l'alba avrebbe incendiato il cielo e dato inizio ad un nuovo giorno.
Eppure, tutto ancora taceva. La notte non sarebbe mai tramontata.
Intanto che i ruderi tremavano ed i rami degli ultimi alberi, inspiegabilmente, prendevano fuoco, Arya sentì il potere fluirle nel corpo, raggiungere i palmi delle mani e arderle i polpastrelli. Abbassò lo sguardo: non trovò i suoi piedi. Era come se stesse divenendo un tutt'uno con la torre, trasformandosi in una creatura magnifica, dipinta di un nobile oro, imponente.
Le sue dita divennero fiamme danzanti; i capelli, lava.
In un attimo capì: era lei stessa che stava dando fuoco al mondo.
« Incendio! »
Come un raggio di sole che filtra attraverso una nuvola di pioggia, la Guerriera volò in direzione di Incubo e lo crivellò di colpi, ustionandolo. Tempeste di magia sfumarono nell'aria pura del mattino, mentre i brandelli del demone precipitavano al suolo e lo disintegravano.
Rozendhel gridò e, in quel chiasso infernale, la Guerriera riuscì a percepire un gemito levarsi da lontano. Era di nuovo Rhaego – dai suoi occhi bollivano litri e litri di lacrime preziose.
La battaglia volgeva al termine.
Quindi, Arya allungò le braccia e spinse la tempesta di Fuoco Aureo contro la nube, provocando un urto così violento che atterrì persino la forza che governa questo mondo.
Fu come se tutto scoppiasse contemporaneamente. La torre, la nube, ogni cosa.
La cenere le graffiò il corpo. Serrò le palpebre. Si abbandonò all'oscurità. Presto o tardi, sarebbe precipitata nella voragine e avrebbe dichiarato addio alla sua vita di morte.
Venne scagliata verso il centro della Terra, in una pioggia di scintille e caos.
I rumori la stordirono. Un lampo di luce l'accecò. I capelli le erano tornati rossi. La pelle non brillava più.
Mentre moriva, scorse l'alba.
Oh, chissà quanta noia avrebbe provato l'Universo nei millenni successivi, o che cosa avrebbe pianificato da quel momento in avanti? Avrebbe sentito la mancanza di una giovane fanciulla da manovrare per questioni che avrebbe fatto meglio a risolvere da solo? E se, tediato dai pianeti e le stelle, avesse creato lui stesso una minaccia da contrastare? Dopotutto, è così misera la vita di chi non conclude mai nulla, di chi poltrisce e prosegue, vagando senza meta.
Una nuova ombra si materializzò sopra di lei, acchiappandola, facendo scivolare gli artigli attorno al suo corpo.
Sentì vociare una piccola folla, un sottile: « è ancora viva? »
Sfortunatamente sì.
Atterrarono a qualche metro di distanza. Arya continuò a tenere gli occhi chiusi.
A differenza di quanto credesse, però, Rhaego fece scendere tutti meno che lei. Sebbene le loro menti non fossero più in contatto, aveva già capito tutto. Congedò i sopravvissuti, ruggì contro l'orizzonte e si alzò in volo – le ali non perdevano più alcuna goccia di sangue. Forse l'avevano medicato.
Arya schiuse una palpebra, accorgendosi di quanto fossero rimpiccioliti i suoi compagni – vide Beckah, un trionfo di lacrime, Oliver e Logan tenersi abbracciati, Cassandra, i capelli al vento e Darren, senza una mano.
Addio. Sussurrò loro, abbandonandoli ai confini di una voragine profonda e nera come il ricordo del demone che l'aveva risvegliata. Persino il cartello che le si stagliava ancora accanto appariva piuttosto ironico – in campo verde ed in un elegante corsivo, difatti, recitava la frasetta: benvenuti a Rozendhel!
Ebbene, questa è la storia di Arya Mason – Custode della Chiave, Guardiana del Fuoco Aureo, Strega-Guerriera dell'Impurità, erede di Zehelena e Meera, sopravvissuta al crollo della Dimensione e pedina dell'Universo.
La Comunità Magica continuò a narrare le sue avventure per secoli e secoli, istruendo i più piccoli, rendendola un vero e proprio modello da seguire. Naturalmente, le versioni differirono di luogo in luogo: c'era un popolo di maghi in Svizzera che sosteneva la teoria per cui Rhaego l'avesse portata in Paradiso, chi invece credeva che dopo quello scontro si fosse trasferita in Antartide e avesse partorito dieci figli.
Nessuno la vide più. Nessuno conobbe la fine della sua storia... a parte me e pochissimi eletti.
Una barbona di New Orleans, una vecchia strega a cui in precedenza erano stati tolti i poteri, la riconobbe in una notte gelida e tempestosa mentre entrava, furtiva, in una casetta di legno, le mani impegnate con una boccetta di cristallo. Quel caso le fece ottenere una tale fama che ben presto riuscì a permettersi anche una scopa di saggina automatica, la più cara in circolazione. Ogni testata giornalistica voleva scambiare quattro chiacchiere con lei, ogni salotto della tv magica la voleva come ospite. La resero una celebrità a tutti gli effetti.
Spuntò così anche il fenomeno delle sosia! Una in particolare, Valery Hudson, con i capelli tinti e le labbra carnose, si diede fuoco in pubblico... perdendo la vita a causa delle ustioni qualche giorno più tardi; o ancora, la giovane Katerina Dimitrova, che sostenne di essere sua figlia, venuta al mondo da un incesto tra lei ed il suo antenato drago.
Oh, chissà! Chissà che reazione avrebbe avuto la vera Arya Mason udendo quelle storielle da quattro soldi. A parer mio di scrittore, si sarebbe sorpresa nel suo volto da bambina. Avrebbe poi accompagnato una ciocca dei suoi lunghi capelli di ciliegia dietro l'orecchio e avrebbe sorriso. Divertita.
Serena.

 

 

 

 

 

EPILOGO

 

50 anni dopo

 

Il signor Hopkins-O'Mooney era solito alzarsi di buon'ora al mattino. Era un uomo ordinario, corpulento e con un grosso paio di baffi grigi. In pensione ormai da qualche anno, si dilettava a scrivere romanzi e viaggiare per il mondo in compagnia di suo marito, il signor Logan. Dal giorno in cui si erano scambiati il loro primo bacio erano trascorsi più di dieci lustri ed ora vivevano insieme in una piccola cittadina del Kentucky, in un condominio tranquillo, con le inferriate alle finestre ed un invitante profumino di biscotti che avvolgeva sempre l'intero pianerottolo. L'adorabile signorina che abitava loro accanto sognava di aprire una pasticceria e almeno un paio di volte alla settimana bussava alla porta, con un vassoio ricco di dolci e croissants tra le mani.
Era una vita serena, che non conosceva il concetto di soprannaturale o qualsiasi altro evento che si potesse definire strano... perlomeno ne dava l'impressione!

Al ritorno dal loro primo soggiorno in Italia, infatti, qualcosa era cambiato ed il signor Hopkins iniziò a fingere che tutto fosse a posto, che tutto stesse procedendo normalmente.
« È da quando siamo tornati che non mi rivolgi la parola » gli fece notare suo marito, al letto, con l'abat-jour ancora accesa sul comodino. « Cos'è successo quella mattina? »
« Quale mattina? » Finse lui, stanco.
« Non credo ci sia bisogno che io ti ripeta la cosa. Ti sei svegliato presto, hai lasciato l'albergo, sei andato sul Lungotevere e... non so! Da lì, sei diventato strano ».
« Non ne voglio parlare ».
« E invece dovresti! Perché non voglio vederti trascorrere tutte le giornate da solo, nello studio » lo rimproverò Logan: « ti hanno derubato? O minacciato? »
Il signor Hopkins scosse la testa.
« E allora cosa? »
« Ho visto Arya » tagliò corto, in un silenzio carico di tensione: « Arya Mason ».
« Che cosa? » Logan inarcò le sopracciglia folte: « ma è impossibile, tesoro! »
« E invece sì, era lei » si mise a sedere, le braccia abbandonate lungo i fianchi: « era così come la ricordiamo! I capelli lunghi, gli occhi verdi, la fotocamera tra le mani... ».
« Sarà stata un'altra ragazza ».
« No! » Sbottò il signor Hopkins: « ti dico che era lei! »
Allora, suo marito non poté fare a meno di raggiungerlo e prendergli una mano, dolcemente: « non hai mai superato il suo abbandono, vero? »
Il signor Hopkins aveva le lacrime agli occhi.
« Dai, andiamo a prepararci una camomilla ».
Camminarono sino in cucina – l'odore delle bistecche della cena ancora forte e, a tratti, nauseante. Il signor Logan, piegando a fatica le ginocchia, riuscì a recuperare un pentolino dallo stipo in legno pregiato e, con dita tremanti, si accinse a preparare il tutto.
Egli al contrario, non pronunciò alcunché – rimase in silenzio anche quando gli venne affidata la sua tazzina preferita, colma e bollente.
« Spiegami come possa essere possibile » iniziò suo marito, seduto dall'altro capo del tavolo.
« Non lo so! Ma era lei! Te lo posso anche giurare! »
« E cosa vuoi fare al riguardo? » Logan piegò la bocca in una smorfia: « tornare a Roma? »
Il signor Hopkins scosse nuovamente la testa: « no, perché lei è in Virginia! Mi sono messo in contatto con un'ex-strega della Natura! So dove trovarla ».
« Ma che diamine, non puoi presentarti a casa di una ragazzina! »
« Non è una ragazzina qualsiasi! È Arya! »
« Arya è morta, Oliver! »
Il silenzio tornò ad imbrattare la cucina. Il signor Hopkins fece per alzarsi e, immediatamente, venne raggiunto dall'altro che tentò di porgergli le sue scuse: « tesoro, non volevo... ma ti scongiuro, non andare lì ».
« Ho il treno per domattina. Andrò da solo ».
« E va bene, mi arrendo! Ma almeno lascia che ti accompagni in stazione! »
Il mattino seguente, quindi, si misero in macchina – una Cadillac nera, recente, uscita pochi anni addietro – e, camminando a braccetto, giunsero nell'affollatissima banchina.
Logan aspettò lì finché il treno non si decise a partire (con venti minuti di ritardo) e salutò suo marito, sorridente tra le rughe della vecchiaia. Oliver, al contrario, alitò sul finestrino e disegnò un cuoricino attraversato da una freccia e le iniziali dei loro nomi.
« Ti amo ».
Il viaggio durò meno di quanto pensasse e, non appena ebbe messo piede in Virginia, prenotò subito un taxi, augurandosi che tutto andasse per il meglio.
La ragazza che aveva visto a Roma, sul Ponte Elio, con aria beata e sognante, era la sua migliore amica, ne era più che sicuro. Quel portamento sgraziato, i capelli color rosso ciliegia e la risata inconfondibile... era la sua tappa-piatta!
Che razza di coincidenza, però, li stava vedendo protagonisti? Perché l'Universo, la forza che governa tutto quanto, aveva scelto di riservar loro un trattamento del genere? Farli incontrare direttamente negli Stati Uniti sarebbe stato più conveniente, no?
Il taxi sfrecciò in una stradina stretta, a doppio senso di circolazione, con pini secolari tutt'attorno che obbligavano a proseguire diritti.
Oliver osservò il panorama e credette di essere finito in Canada, in quelle valli sconosciute che accomunano parecchi film dell'orrore; presto o tardi, quindi, dalle ombre delle chiome, sarebbero calati un paio di vampiri succhia-sangue... o meglio, un paio di demoni che avrebbero tentato in ogni modo di strappargli via il cuore! Rise sotto i baffi.
Il conducente si arrestò in mezzo al nulla: « non credo sia sicuro scendere qui ».
« Il navigatore dice che questa è la zona giusta, no? »
« Sì, ma... ».
« Arrivederci, allora! »
L'aria era fresca e gli punzecchiava la pelle raggrinzita. Quando si immischiò nel bosco, la vegetazione si ammutolì e quell'ispido tappeto di aghi di pino che aveva sotto i piedi cominciò a scricchiolare.
La luce filtrava attraverso i rami più alti e irradiava una serpeggiante via di sassolini ed erbetta – una loro abitudine venir calpestati.
Oliver la seguì per circa mezz'ora, affaticandosi troppo per un signore della sua età. Poi, però, colmo di gioia, vide del fumo alzarsi da lontano e capì che ce l'aveva fatta.
Dal comignolo di quella casetta in mattoni proveniva un odore di castagne appena cotte, e forse anche un po' bruciacchiate. Le finestre somigliavano agli oblò delle navi, deliziose, e sul tappeto di benvenuto c'era disegnato un gattino nero, con una luna al rovescio sul muso.
Oliver bussò, tutto eccitato.
« Chi è? » Domandarono da dentro.
« Salve! Mi chiamo Oliver Hopkins e ho affrontato un lungo viaggio per venire fin qui ».
« Non conosco nessun Oliver Hopkins! Si allontani o chiamerò la polizia! »
« La prego! Mi faccia entrare! » Esclamò l'anziano: « sono stanco e affamato. Sto cercando Arya Mason ».
La porta allora si aprì cigolando e, molto lentamente, mostrò la figura di una nuova vecchina, tutta gobba e con una cascata argentea che le fluiva sino ai fianchi. Aveva gli occhi di smeraldo, celati da un paio di lenti a mezzaluna, indosso un maglione di cashmere, una gonna color lilla e delle ciabatte di spugna.
Il signor Hopkins sbirciò all'interno, in cerca della nipote.
« Come fa a conoscere quel nome? » Gli domandò lei, incuriosita. « E come ha fatto a venire fin qui? Non ricevo ospiti da secoli ».
« È la mia migliore amica! Dov'è? Posso incontrarla? »
« Qui non c'è nessuna Arya Mason, mi spiace ».
« Non mi dica bugie! Ho contattato una strega e... ».
« Una strega? » Ripeté la vecchina, deglutendo: « ma Lei chi diavolo è? »
« Gliel'ho detto! Sono Oliver Hopkins! E sto cercando la mia migliore amica, Arya Mason! L'ho incontrata a Roma e... ».
« Entri immediatamente! » E lo afferrò per un polso, con il vigore di una giovinetta.
Lo accolse nell'ampio salotto, adornato di statuine di gnomi, piante finte e dipinti. Il parquet era di legno di ciliegio, come anche l'arredamento ed il tavolo circolare. Oliver prese posto accanto al camino, dal quale proveniva il dolce calore delle fiamme. Si strofinò le mani e si lasciò attraversare da un ultimo brivido di freddo.
La vecchina lo raggiunse – sfumature di preoccupazione e interesse alternate in viso.
« Dov'è? »
« Le ripeto che qui non c'è nessun altro a parte me ».
« E perché quella strega mi ha consigliato di venire? »
« Perché io sono stata l'ultima persona ad averla vista » tagliò corto lei, pentendosene immediatamente.
Il signor Hopkins, più confuso che mai, volle chiederle quale fosse il suo nome, ma non una parola si degnò di uscirgli di bocca.
La vecchina proseguì: « ha detto che era un suo amico, giusto? »
« Il suo migliore amico » la corresse: « abbiamo condiviso tutto insieme. Sono stato il primo al quale ha detto la verità... riguardo la sua vera natura ».
« E quand'è stata l'ultima volta che l'ha vista? »
« Qualche settimana fa, in Italia ».
« E prima ancora? »
« Sono passati cinquant'anni » disse lui in un sussurro, come se il ricordo lo stesso consumando: « quando è caduta Rozendhel... se ne andò via in groppa ad un drago, Rhaego ».
La vecchina si portò una mano al petto, elegante. « Arya Mason è morta ».
« Non è vero! Io l'ho vista! »
« Ha avuto un abbaglio! L'Universo non le avrebbe... ».
« L'Universo? » Oliver alzò la voce: « quindi anche Lei conosce tutti i dettagli! Mi dica chi è? »
« Non ha alcun diritto di entrare in casa mia e sbraitarmi contro, sa? »
« Mi dica il suo nome! »
« Zehelena! » Gridò lei, nervosa: « mi chiamo Zehelena! »
Nella mente del signor Hopkins quel nome esplose come un tuono, un fulmine a ciel sereno. Fu come svegliarsi da un letargo durato decenni, che lo portò a spolverare le pagine ingiallite di un romanzo che aveva ormai dimenticato nella libreria dei ricordi, di aver persino letto. Dunque, se la memoria non lo ingannava, come spesso accadeva ultimamente, aveva dinanzi a sé la strega-guerriera più celebre della storia, condannata dall'Universo a scontare l'eternità in un luogo orribile, conosciuto come le Rovine di Meeragonthur.
Zehelena abbassò lo sguardo – vecchia.
« Posso raccontarti ogni cosa » inspirò lentamente: « tanto, ormai... »
« Sì » la pregò Oliver: « per favore ».
Zehelena fissò la danza delle fiamme nel camino, come se non riuscisse a confrontare i suoi occhi.
« Arya Mason volò via da Rozendhel e si diresse verso New Orleans, città in cui sperava potesse ricominciare daccapo » narrò: « trovò lì la figlia malata di un certo stregone, Dalila, affetta dalla Maledizione del Nero: magra, calva e con frequenti allucinazioni. Da come mi disse, capì subito che anche le Lacrime di Rhaego non avrebbero potuto guarirla. Tentò comunque di prendersi cura di lei... ma fu inutile. La mia giovane erede, quindi, pensò di non aver più alcun motivo per vivere la sua vita e mi raggiunse in Europa, nelle Rovine di Meeragonthur ».
« Ma da come sapevo io » iniziò Oliver: « soltanto una volta si può accedere in quel luogo ».
« Infatti » Zehelena continuò ad osservare le fiamme: « Arya Mason fece un patto con l'Universo ed entrò in città. Era tanto stanca, le ossa che le premevano contro la pelle e le occhiaie che le divoravano il volto. Mi disse che ero libera di andare, che l'Universo avrebbe preso la sua vita e avrebbe concesso a me il perdono ».
« Quindi, Arya è ancora lì! » Esclamò Oliver, alzandosi.
Zehelena scosse il capo: « un attimo dopo che io mi allontanai, Meeragonthur scoppiò in un lampo di luce bianca. Arya Mason è morta ».
Con un tonfo sordo, il vecchietto crollò nuovamente sulla sedia.
Il peso della sconfitta, il peso di chi aveva trascorso anni ed anni a cercare uno spettro, prese a gravargli sulla schiena.
Perché non gli era mai venuto in mente di raggiungere New Orleans? Perché non gli aveva mai attraversato la mente l'idea che se ne fosse potuta andare in Irlanda?
Aveva interrotto le ricerche all'età di ventisei anni, dopo essersi laureato e aver gongolato a nozze. A quei tempi, non voleva dimostrare quanta sofferenza provasse ancora e somministrare inutili preoccupazioni a Logan, che già aveva perso un occhio nella battaglia di Rozendhel.
Dunque, scelse di andare avanti per il bene di tutti.
Ora, avendo appreso la verità, avrebbe dovuto comportarsi alla stessa maniera.
« Solo una cosa » disse: « e poi basta ».
« Dimmi ».
« Chi pensi che fosse quella ragazza in Italia? »
Zehelena fece spallucce: « non ho più alcun potere o sfere di cristallo. L'Universo mi ha privato di ogni cosa. Non posso aiutarti ».
Oliver dovette trattenere il pianto. Zehelena se ne accorse e ricominciò: « ho sempre creduto che l'Universo fosse un'entità oscura e crudele, però... ».
« Cosa? »
« Credo che abbia scelto e voluto donarle una nuova vita, un premio per tutto ciò che ha dovuto passare ».
« Dici davvero? » Oliver si aprì in un sorriso infantile: « quindi, quella ragazzina era davvero Arya! »
Zehelena annuì: « l'Universo le avrà cancellato la memoria, le avrà donato un paio di genitori in gamba e privata della Magia ».
« Tutto ciò che aveva sempre desiderato ».
« Esatto ».
Finalmente, si scambiarono un'occhiata complice, poi Zehelena accompagnò Oliver al limitare del bosco, dove ad attenderlo c'era già un altro taxi.
« È stato un piacere conoscerla ».
« Anche per me » disse lui, balzando all'interno con un'agilità tale che ben presto lo avrebbe fatto pentire: « allora... addio ».
« Addio, Oliver! »
La vettura cominciò a muoversi e Zehelena l'accompagnò con una mano alzata, in segno di saluto.
Sotto gli occhi dell'Universo, come vecchi amici, entrambi sorrisero.

 

 

 

FINE

 

 




Alloooooooora... eccoci qui! *sigh*
Non vorrei dilungarmi troppo, annoiarvi con quest'ultimo angolino-delle-chiacchiere, quindi cercherò di essere il più conciso possibile (anche perché è l'una di notte ed io dovrei andare a letto AHAHAHAH).
Okay. Iniziamo.
Rozendhel è giunto al capolinea. Come volano gli anni, eh? Nel lontano 2014 avevo le idee piuttosto chiare riguardo l'andamento della storia, ma mai mi sarei sognato di sfociare in leggi dell'Universo, titani rocciosi, punizioni (semi)divine, e chi più ne ha, più ne metta! L'idea era quella di partire da un contesto abitudinale, quotidiano, e di renderlo poi sempre più interessante; di creare dei personaggi "veri", con i quali ci si potesse facilmente immedesimare. Spero che tutto questo, in un modo o nell'altro, vi sia arrivato, che abbiate letto ogni capitolo con entusiasmo e curiosità. 
Per quanto mi riguarda, la dolce Arya Mason avrà sempre un angolino speciale nel mio cuore - il personaggio che più di tutti si avvicina a ciò che sono io realmente - e mai mi scorderò di tutti i vostri commenti, correzioni, idee, l'hashtag #Aryamainagioia (che ogni volta mi stendeva AHAHAHAH) e via dicendo!
Sono stati tre anni molto intensi... ed ora non mi resta altro che ringraziarvi per essere giunti fin qui, per avermi dato l'opportunità di narrarvi questa storia. 
Magari, un giorno, ci incontreremo di nuovo! In altri mondi, con altri personaggi, seguendo altre avventure!
Arrivederci, dunque!

È
stato un onore ed un piacere.

_Charlie_.

PS: un ringraziamento speciale va a Giovanni, Emanuele e Davide che mi sono sempre stati accanto in questo lungo percorso. GRAZIE MILLE <3

 

  
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