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Autore: mirianacantali__    01/12/2017    3 recensioni
"Perché noi siamo come la notte, così intensa, buia, paurosa. Ma quando è illuminata dalla luna... beh in quel caso è tutt'altra cosa. Siamo così sbagliati che i nostri difetti, insieme, si annullano. E non importa il blu dei miei capelli o quello biondo dei tuoi, non importa se le stelle questa sera non si vedono, perché adesso siamo noi ad illuminare questa notte tenebrosa."
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Quel pomeriggio, dopo che Justin mi riaccompagnò a casa, ne approfittai per portarmi avanti con lo studio.
Feci tutti i compiti di quella settimana dalla letteratura alla matematica, che odiavo; dalla chimica all'economia aziendale. 
Avevo persino dimenticato di avere il telefono spento e di conseguenza di caricarlo; non mi accorsi nemmeno degli innumerevoli messaggi da parte di Paige.
Erano le sette quando finii di riordinare gli ultimi appunti e riporre tutto nel mio zaino. 
Per me lo studio era importantissimo; ovviamente insieme alla mia più grande passione: la kick boxing.

È uno sport da combattimento che combina tecniche di calci tipiche delle arti marziali ai pugni tipici del pugilato.

Avevo iniziato a praticarla all'età di 10 anni nella palestra dell'orfanotrofio dove ci permettevano di allenarci in presenza di un'istruttore specializzato in questo sport.
Poi il giorno del mio quindicesimo compleanno, due anni fa, ricevetti il più bel regalo della mia vita. 
Paige, dopo aver supplicato per mesi il signor Spencer (il direttore dell'istituto), riuscì a comprarmi un sacco da boxe tutto per me che tenevo appeso in un angolo della mia camera insieme ai miei guantoni e tutta l'attrezzatura.

Quando mi ero trasferita in casa Adams avevo chiesto il permesso di lasciarlo in soffitta e utilizzarlo solo quando ne avessi sentito la necessità. 
Susy, sempre con il suo buon uomore altamente contaggiosso, aveva subito acconsentito. 

Avevo iniziato un po' per gioco, per tenermi in forma e occupare il poco tempo libero che mi restava il pomeriggio.
Ma pian piano era diventato un vero e proprio hobby. 
La Kick boxing era una combinazione, sul ring, di calci e pugni, di concentrazione e forza, di riflessi sempre pronti ma anche molta attenzione, di mosse fatte senza pensarci e altre ben calcolate.

Tutto una contraddizione, insomma.
Un po' come la mia vita.

E poi mi aiutava a calmare la rabbia, a placare le lacrime, a riflettere.

Mentre pensavo che ultimamente, con il trasloco, la nuova scuola, l'adozione, avevo un po' trascurato i miei allenamenti, riempì la vasca per un bagno rilassante. 
I libri, quel pomeriggio, mi avevano davvero distrutta; soprattutto perché dovevo mostrare specialmemte alla prof. Shrek, come l'aveva soprannominata Paige, che potevo riuscire a mettermi al pari con gli altri.

Stetti quasi un'ora nella vasca sommersa dai troppo pensieri che affollavano la mia mente: la scuola, i miei romanzi posti all'interno della libreria in camera, la boxe, i miei 'quasi amici', e poi... beh poi c'era Justin.
Quel giorno avevo scoperto una piccola, nuova sfumatura del suo carattere e devo ammerrere che non era poi così male.

Certo restava comunque un perfetto cretino, imbecille, stronzo e chi più ne ha più ne metta.

Sentii qualcuno bussare alla porta e interruppi quasi bruscamente il flusso dei miei pensieri.
"Kayla, sono Austin. Papà mi ha chiesto di dirti che stasera vuole portarci a cena fuori. Ti aspettiamo giù per le otto." 
"Si, cercherò di sbrigarmi."

A quel punto abbandonai il mio caldo bagno rilassante e avvolsi intorno al corpo un asciugamano; poi asciugai i capelli che avevo precedentemente lavato.
Quando fui abbastanza soddisfatta, andai in camera per vestirmi e presi il telefono per controllare l'orario.
Erano le sette; avevo ancora un'ora per sistemarmi perciò feci tutto con calma. 
Aprii l'armadio e stavo per estrarre i soliti jeans neri ma poi pensai di apparire troppo casual.
Volevo fare una bella figura con i signori Adams, solo che nel mio guardaroba non c'era nulla di elegante.
Niente tacchi, vestitini o pochette.

Alla fine decisi di chiedere aiuto alla padrona di casa.

Indossai un pantalone di tuta e una felpa e mi recai nella sua stanza a chiamarla. Quando mi trovai di fronte bussai e non appena ebbi il permesso entrai
"Susy" dissi non appena la vidi intenta ad indossare un paio di orecchini a dir poco fantastici. Era magnifica; il suo corpo era fasciato da un abito da sera nero lungo fino ai piedi, i capelli raccolti in un'acconciatura elaborata.
"Cara, non sei ancora pronta?"
"Ecco... vorrei che... cioè" balbettai imbarazzata e mi bloccai non appena la sentii ridere. E ora cosa aveva da ridere?
"Kayla, non vergognarti, sai che puoi chiedermi qualunque cosa!" e mi fece l'occhiolino.
"In realtà non ho niente da indossare per questa sera."
Sul suo viso comparve un sorriso così grande che io mi chiesi se non le facesse male la faccia. 
Vorrei non averle mai chiesto aiuto, perché alla mia richiesta balzò in piedi, mi prese a braccetto e mi trascinò letteralmente di fronte il suo guardaroba.
Venti minuti dopo avevo provato minimo dieci abiti, qualche gonna e un paio di camicette. La stanza era un casino; l'armadio era spalancato, il letto sepolto da una miriade di vestiti, sul pavimento erano sparse scarpe di ogni tipo e colore. 
Io ero già stanchissima, non mi piaceva proprio provare o scegliere abiti, ma la signora Susy non era ancora soddisfatta.
"Stai zitta e non lamentarti" mi rimproverava scherzosamente.

Alla fine, dopo innumerevoli polemiche da parte mia, sentii un piccolo urlo
"Ah, l'abbiamo trovaro.Si questo è perfetto. Ti sta d'incanto" continuava a saltellare contenta per la stanza battendo le mani. Sembrava una bambina davanti un cesto pieno di caramelle.
Io, dal canto mio, ero talmente annoiata dal provare un vestito toglierlo e prenderne un altro, che non mi ero nemmeno accorta di ciò che avevo addosso.

Quando mi voltai verso lo specchio mi stupii per la raffinatezza dell'abito. 
Era blu come i miei capelli, lungo fino al ginocchio, aderente al punto giusto, con le maniche a tre quarti in pizzo. Poi abbinai un paio di décolleté bianche e una collana di perle.
Ecco ero pronta. O almeno credevo di esserlo.
"Ora pensiamo al trucco e ai capelli" mi disse infatti Susy.
"No" risposi forse un po' bruscamente e vedi il suo viso incupirsi.
"Ecco non mi piace truccarmi molto e poi i capelli li sistemo in uno chignon, non voglio disturbarti oltre."
"Come vuoi" mi disse dispiaciuta e stava per andarsene quando si girò e "Ah Kayla, ho capito che non ti piacciono i tuoi capelli e non capisco perché; ma mi piacerebbe un giorno vederli sciolti, sulle spalle in tutta la loro lunghezza, perché scommetto che sono davvero lunghissimi. Ti aspetto sotto."

E mi lasciò così, con l'amaro in bocca e gli occhi lucidi. 
Come faceva questa donna ad essere così esuberante, sempre allegra ma allo stesso tempo con un animo così profondo? Me lo chiedevo spesso.
•••

Il viaggio in macchina fu tranquillo.
Austin e la madre non avevano smesso un attimo di parlare o più che altro di litigare per le solite cose tra madre e figlio.
"Vedi che io sono molto ordinato"diceva Austin.
"Si come no. Per questo ieri, quando mi sono sventurata ad entrare nella tua camera sembrava ci fosse stata una guerra."
Io non feci altro che ridere.

La cena si tenne in un ristorante lussuoso. 
Il parcheggio era enorme, per non parlare delle sale interne.
Quando entrammo ebbi modo di guardare più attentamente sia Austin che il padre. Entrambi avevano giacca e cravatta. Stavano bene.

La serata passò tranquillamente e mi stupii del fatto che quella cena era una specie di benvenuto nei miei confronti.
Erano tutti molto simpatici, anche John, che all'apparenza sembrava un duro uomo d'affari, si era rivelato essere divertente e alla mano.
Mi fecero sentire a mio agio, persino Austin che con le sue battutine mi faceva sempre innervosire, quella sera sembrava essere un'altra persona.
Stranamente mi sentivo bene, loro mi facevano stare bene. 
Per la prima volta mi sentii, dopo tanto tempo, far parte di qualcosa; di una famiglia che, con il tempo, sarei riuscita ad amare come loro avrebbero amato me.
C'era qualcosa di forte, un legame particolare, che mi avrebbe impedito, da quel momemto in poi, di separarmi da loro.
   
 
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