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Autore: rocchi68    05/12/2017    3 recensioni
“La giovinezza è sia una bugia, che un male. Quelli che elogiano la giovinezza stanno solo ingannando se stessi e chi gli sta vicino. Credono che quelli che gli stanno attorno approvino sempre gli atti che compiono.
Usando la parola giovinezza, loro alterano e stravolgono il buonsenso e qualsiasi cosa ci sia di logico.
Per loro bugie, segreti, peccati e insuccessi non fanno altro che aggiungere pepe alla loro giovinezza.
Se il fallimento è il simbolo dell’essere giovani come dicono, allora qualcuno che non è riuscito a farsi degli amici dovrebbe essere all’apice della sua giovinezza, giusto?
Ma di certo, nessuno di loro lo ammetterebbe mai perché tutto deve andare come più gli torna comodo.
Per concludere: gli idioti che si godono la loro gioventù dovrebbero suicidarsi”.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Quelle poche settimane che li separavano dagli ultimi impegni scolastici erano passati in fretta e anche l’esame si era svolto meravigliosamente.
Aveva passato le superiori indenne e con un bel 70 che fino all’anno prima poteva a mala pena sognare di tutto.
Mancavano appena due mesi al matrimonio di Alberta e, per gli ultimi preparativi, spesso Scott veniva lasciato da solo durante il week-end.
Lui comunque aveva già deciso cosa fare durante la prima domenica di vacanza e, considerando la tranquillità del periodo, poteva riposarsi quanto voleva.
Convinto di ciò e al limite della pazienza aveva preso la decisione che tanto aspettava.
Forse era inaspettata, ma era la più giusta da fare.
“Ti ringrazio d’essere passata.” Sussurrò Scott quella mattina, quasi temesse di rompere il silenzio che albergava nella baracca.
Sua madre e Alberta erano già lontane e lui aveva campo libero.
Scott voleva approfittare di quel momento per liberarsi di un segreto che iniziava a diventare insostenibile.
Lui senza pensarci la invitò ad entrare e subito salirono le scale che li avrebbero condotti nella sua stanza.
Dawn in quei pochi minuti non aveva osato aprir bocca.
Si era ritrovata la sera con un messaggio sul cellulare e lei, non avendo impegni e libera dalla scuola, aveva subito accettato l’invito.
Entrambi si erano seduti sul letto del ragazzo, così come facevano di solito per studiare e per risolvere i problemi del club, e si fissavano negli occhi.
“Cosa c’è, Scott?”
“Desideravo parlarti.”
“E non potevi farlo durante le ore del club?”
“Volevo che fossimo soli e senza intromissioni.”
“Capisco.” Sussurrò la giovane, sostenendo lo strano sguardo dell’amico.
C’era qualcosa di diverso nei suoi occhi e Dawn non riusciva davvero a comprenderlo.
Ma non si era accorta di quel cambiamento solo quel pomeriggio: in generale aveva notato un’evoluzione dall’ultimo caso che avevano risolto.
“Sono pronto.”
“Per cosa?” Chiese con innocenza, facendolo sorridere.
“Quando sono tornato, volevi sapere la verità. Io, però, non ero pronto a riaffrontarla di nuovo e ho preferito chiuderla in un angolo.”
“Non devi parlarmene per forza.” Tentò Dawn, accennando ad un nuovo sorriso che lo convinse ancora di più a dirle la verità.
“Me ne sono andato perché dovevo affrontare il problema che tu avevi intuito mesi fa.”
“Davvero?”
“Io ti ho sempre invidiato. Tu avevi ciò che non avrei mai potuto avere.”
“Potresti essere più chiaro?”
“Se devo dirti la verità, tanto vale che essa sia la più semplice possibile. Io non ho mai conosciuto mio padre.”
Quelle parole fecero scendere il gelo nella stanza.
Dawn non aveva mai immaginato che Scott potesse patire un simile peso.
Aveva sempre creduto che il genitore dell’amico fosse impegnato con un qualche lavoro o progetto all’estero, ma era lontanissima dalla realtà.
Lui non c’era mai stato.
Comprendeva la sua tristezza, il suo lato chiuso e lo sguardo carico d’odio e di disprezzo rivolto a quelli che potevano correre e parlare con il rispettivo padre.
“Tu…”
“Me ne sono andato perché volevo affrontare il mio passato. Conoscevo a grandi linee la zona dove viveva, ma non sapevo l’indirizzo preciso.”
“Tu volevi…” Tentò la giovane, interrompendosi quasi subito.
“Volevo conoscerlo e volevo sapere il perché se ne era andato. Tempo fa ti dissi che bisogna affrontare i propri timori…sapessi quanto mi ha fatto male non saper applicare una lezione di cui io stesso andavo fiero.”
“Posso immaginarlo.”
“Però non sempre c’è un lieto fine. Per mesi l’ho cercato e finalmente l’ho trovato in un bar dove stava bevendo una birra. Aveva una fede al dito, si era risposato e aveva una nuova famiglia. Lui ha dimenticato mia madre e mia sorella.”
“Che razza di uomo.” Si lasciò scappare, facendo annuire l’amico.
“Mi sono presentato e mi ha riso in faccia. Io non ero nemmeno nato, quando lui se ne è andato da questa casa.”
“Siete rimasti soli.”
“Una donna sola a far crescere 2 bambini piccoli: era questo che volevo spiattellargli in faccia. Nessuno sa quanti e quali sacrifici ha dovuto affrontare e ogni volta che le chiedevamo di nostro padre, lei doveva essere forte.
Quanto ho invidiato le vostre certezze…qualcosa che non ho mai potuto avere.”
“Tu…”
“Mi sono sentito male. Lui se ne è andato perché sono stato solo un errore. Quando ha saputo che mia madre era incinta, è scappato via. Lui non mi ha mai voluto e lo ha ammesso anche a mia madre che, però, si è rifiutata di abortire. Quello ha raccolto le sue poche cose e se l’è svignata come un codardo.”
“Mi dispiace.” Borbottò la giovane che faticava a trattenere le lacrime.
Prima di sentire quella storia si era ripromessa di non piangere e di consolare Scott, ma lui nonostante tutto aveva affrontato bene quella verità.
Tuttavia il rosso si ritrovò in un abbraccio nel quale si sentiva al sicuro.
Una volta non si sarebbe nemmeno sognato di rispondere a quella manifestazione d’affetto, ma ora era cambiato.
Non voleva più essere l’arido ragazzo che aveva rovinato la sua vita per troppo tempo.
Se l’idiota, cui doveva la vita, era stato così stupido da andarsene senza nemmeno conoscerlo, lui non aveva motivo di farsi odiare.
Lui non era colpevole di quella situazione.
“Per un po’ ho creduto che fosse colpa mia.”
“Tu non sei stato un errore per la tua famiglia.”
“Credevo che Alberta mi odiasse per quello che nostro padre ha fatto.” Sussurrò il giovane, respirando il profumo che lei emanava.
Stretto così a lei e con quell’aroma che gli solleticava il naso, lui si sentiva al sicuro.
Era sempre stato convinto che le donne fossero solo un intralcio per la felicità degli uomini, ma passando il suo tempo al club, osservando il mondo dal lato migliore possibile e meravigliandosi di quanto alcuni fossero speciali si era ricreduto.
Se una persona era il male, ciò non significava che tutti fossero uguali.
Ognuno aveva i suoi pregi e i suoi difetti e anche Dawn rientrava in questa categoria.
Qualcosa stonava in lei, ma la sua determinazione, a volte eccessiva l’aveva convinto che solo con lei poteva condividere lo stesso malessere.
E chissà…magari in un giorno lontano ci avrebbe convissuto senza nemmeno battere ciglio e ci avrebbe riso su
“Non è così.”
“Mi sono sempre comportato male per niente. Volevo farmi odiare perché temevo di deludere le persone che potevano essermi amiche. Non volevo far soffrire nessuno, ma così facendo sono sempre rimasto solo e ho provato sempre più odio. Era più forte di me. Volevo qualcuno al mio fianco, ma temevo di farlo piangere. Un po’ infantile da parte mia, non credi?” Domandò il rosso, sentendola negare con molta, troppa fatica.
Avere Scott che la stringeva con forza, quasi avesse timore nella sua fuga, le impediva qualsiasi movimento.
“Neanche un po’.”
“Davvero?”
“Non è infantile quello che hai detto. Questo è indice di una grande maturità e di un grande cuore che mostrerai solo a certe persone.”
“Tu pur di farmi star bene, diresti qualsiasi cosa.” Sussurrò Scott, facendola arrossire appena.
“Avevi paura di soffrire e di far soffrire.”
“Anche troppo.” Riprese il ragazzo.
“Probabilmente mi sarei comportata come te.”
“Ti ringrazio per avermi ascoltato.”
“Devi dirmi ancora qualcosa?” Chiese Dawn, staccandosi dall’abbraccio prolungato in cui Scott l’aveva chiusa e fissandolo negli occhi.
“Non posso proprio nasconderti nulla.”
“Dopo molti anni credo sia normale.” Sorrise lei con sguardo eloquente.
Scott si apprestava a dire un qualcosa che aveva dimenticato per troppo tempo, che aveva ricordato con fatica e che si era trascinato dietro.
“Anch’io sono stato stupido: ti ho abbandonato quando credevo fosse più opportuno e di questo ne sono pentito.”
“Hai fatto ciò che consideravi più giusto e non è una colpa.”
“Non posso dare del disgraziato a quello, se io mi son comportato anche peggio.”
“Non importa. Io ti ho già perdonato.” Sussurrò la giovane.
“A dirla tutta sono stato lontano anche per un altro motivo.”
“Quale?” Chiese lei.
“Volevo vedere se ero in grado di cavarmela da solo.”
“Ci sei riuscito?”
“A metà.” Ammise il giovane.
“Solo?”
“Quando me ne sono andato, mi son portato dietro un pensiero a cui non avevo mai dato risposta.”
“Un pensiero?” Chiese Dawn sorpresa da quelle parole.
Nel porre quella semplice domanda notò come lo sguardo di Scott si fosse addolcito e di come lui con la testa abbassata si stesse avvicinando.
“Dovresti conoscerlo.”
“Ne dubito.”
“Il mio pensiero fisso eri tu.” Bisbigliò, baciandola sulle labbra e allontanandosi quasi subito.
Aveva accarezzato per un attimo la felicità, ma non era sicuro che anche lei apprezzasse i suoi sentimenti.
Prima di ritrovarsi uno schiaffo sulla guancia a pulsare, era scappato e si era messo a fissarla negli occhi.
“Io…”
“Io ti amo Dawn.” Sussurrò il giovane.
“Ma…”
“Immagino d’averti confusa e di averti fatto sprecare il tuo primo bacio.” Borbottò, abbassando la testa.
Vedendolo così intimorito e abbattuto, la ragazza si sorprese, ma comunque lo invitò a rialzarsi per guardarlo meglio negli occhi.
“Come sempre ti sbagli.” Soffiò, baciandolo con passione.
Nell’avvertire quel contatto, Scott si sentì come se qualcosa nel suo cuore si fosse ricomposto e non appena si ritrovarono a fissarsi negli occhi, lui la strinse a sé.
“Scott…”
“Dawn, ho provato a starti lontano e a farmi odiare perché pensavo meritassi qualcuno di meglio, ma non ci riesco.”
“Lo so.”
“Grazie di tutto.” Sussurrò, mentre lei mostrava il sorriso di cui lui era tanto innamorato.
 
L’amore che provava per Dawn gl’impediva di lasciarla andare così presto.
Per troppo tempo aveva rinviato o aspettato di poterla stringere e di poterla vedere come la sua ragazza.
Nonostante fossero solo all’inizio, lui aveva il terrore di perderla e non voleva aggiungerla alla sua lunga lista di rimpianti.
“Scott…”
“Resta qui: saremo soli e potremo stare in pace.”
“E la tua famiglia?”
“Dovrebbero organizzare gli ultimissimi preparativi.”
“Ma…”
“Mia madre dormirà nella stanza degli ospiti e Alberta sarà felice di rimanere abbracciata al suo Lucas.”
“Hai pensato a tutto.” Soffiò divertita.
“Quando una cosa mi sta a cuore, non la lascio andare fino a quando non sono soddisfatto.”
“La cosa non mi dispiace.” Affermò tranquilla, strusciandosi come un gatto in cerca di coccole e carezze.
“Pensavo potessi essere nei guai.”
“Devo ancora decidere cosa raccontare alla mia famiglia.” Ammise, fissandolo negli occhi e avvertendo le sue mani che le solleticavano la schiena.
“Puoi inventarti qualsiasi cosa, ma sappi che non accetterò un rifiuto perché io voglio dormire con la ragazza che ho sempre amato.”
“Se me l’avessi detto un po’ prima, mi sarei organizzata e non avrei cercato la mia felicità altrove.”
“Non potevo costringerti a seguirmi ovunque: dovevi pur fare le tue esperienze e se tu avessi trovato qualcun altro io l’avrei accettato comunque.”
“Dovresti essere un po’ più egoista.” Borbottò, facendolo sospirare.
“Se tu sei felice, tutto il resto passa in secondo piano.”
“E se George mi avesse portato via?” Lo interrogò, incrociando i suoi occhi chiari in quelli grigi e rassicuranti dell’amico.
“Lo avrei picchiato a morte.”
“Anche se…”
“Tu non avresti mai potuto amare uno così.”
“Perché no?” S’informò, cercando di percepire dal rossore di Scott la risposta che avrebbe tenuto nascosta.
“Perché avresti sofferto come tutte le sue ex e la cosa peggiore che qualcuno può farti è quella di gettarti via.”
“La storia di Gwen e Trent è molto simile.”
“Tu mi amavi quel giorno?” Chiese con una strana luce nello sguardo.
“Io…”
“L’ultima verità, se così posso definirla, che ti ho tenuto nascosta è che io non ti amo da quest’anno o da quello passato. È da quando siamo entrati alle superiori che sento qualcosa di strano nel mio cuore e se anche tu mi amassi da poco, lo accetterei comunque.”
“Dalla storia di mio padre.” Confermò lei con semplicità.
“Hmm?”
“È da quando mi hai consigliato di parlare con mio padre che ho cambiato opinione su di te, ma ho dovuto aspettare il festival e poi il viaggio in montagna per essere sicura dei miei sentimenti nei tuoi confronti.”
“Anche quella volta abbiamo passato la notte insieme.” Ridacchiò Scott, facendola arrossire.
“Se ti fossi approfittato della situazione, non avrei mai accettato i tuoi sentimenti.”
“Ho fatto la scelta più giusta.”
“Rispettando i miei tempi e mantenendo la calma sei riuscito a entrare nel mio cuore.” Soffiò, posandosi una mano sul petto.
“Dawn…”
“Seppur fossi stanca e arrabbiata, tu mi hai salvato e mi hai fatto provare una gioia immensa.”
“Solo nello stringerti?” Domandò sorpreso.
“In sé un abbraccio non sarebbe una gran cosa, ma tra le tue braccia mi sentivo al sicuro e non avrei mai voluto svegliarmi.”
“Vorrà dire che ripeteremo l’esperienza.”
“La ripeteremo quando uno di noi si sentirà solo e in particolare questa notte.”
“Ma io mi sento sempre solo quando non ci sei.” Protestò, attaccandosi alle labbra di Dawn e donandole un nuovo bacio.
“Se fai il bravo non sarà l’ultima notte che passeremo insieme.” Affermò dopo essersi staccata dal ragazzo, afferrando il telefono e parlando con la madre che non fece troppe storie per quella serata che avrebbe passato con Zoey.
Quella era solo un innocente bugia atta a premiare un ragazzo che mai si era arreso pur di renderla felice.
Per una volta gli avrebbe dato ciò di cui aveva disperatamente bisogno.
Era quasi mezzanotte quando si ritrovarono nel loro letto formato da 2 singoli e iniziarono a solleticarsi e a punzecchiarsi per poi crollare nel mondo dei sogni.
L’indomani Scott la ritrovò distesa a riposare sul suo petto e quella visione lo portò a stringerla ancora di più a sé.







Angolo autore:

Ryuk: Rocchi dovresti chiedere perdono per questo ritardo.

10 giorni.
Sono stato lontano così tanto tempo.
E non vi garantisco, almeno in tempi brevi, di poter essere puntuale.

Ryuk: Perchè?

Te lo dico con una parola: TRASLOCO.

Ryuk: E dove andiamo di bello?

Non noi.
Sto aiutando un mio cugino che va a convivere con la sua ragazza a traslocare e sono impegnato nell'impacchettare gli scatoloni, nel portarli nella nuova casa e così via.
Tra qualche giorno dovrò pure uscire con loro per installare l'impianto stereo.

Ryuk: Come ti sei fatto fregare?

Premio finale: 50 euro e una bella cena.

Ryuk: Non sei poi così tonto.

Venerdì credo di finire la storia: loro dovrebbero andare a vedere un ultimo mobile e mi hanno concesso il pomeriggio libero.
Leggo il capitolo, lo corrego e lo metto giù.

Ryuk: Potresti almeno scusarti.

Chiedo scusa per questa situazione.
Non sapevo di doverli aiutare fino a quando mia zia non mi ha chiesto il favore ed è stata una sorpresa anche per me.
Spero vivamente che la storia continui a interessarvi e che questa prima pseudo conclusione possa avervi reso felice.
Alla prossima!
   
 
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