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Autore: tixit    07/12/2017    4 recensioni
Una ragazzina torna a casa e cerca di adeguarsi alla vita in famiglia.
Breve storia minore su personaggi minori che non è diventata originale.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorelle Jarjeyes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sigyn la rossa'
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Qualcuno fa delle domande

Sigyn avrebbe tanto voluto sedersi in un angolino e meditare sul senso della vita, come Amleto.
Quando impari a osservare, quando tuo zio te lo suggerisce, quando lo fai con il vento e con i granchi dell’estran, poi non perdi l’abitudine solo perché quel che vedi non ti piace. L’infinita tristezza di Mère non le era sfuggita.
Ma non c’era molto tempo - invece di meditare si impegnò per strappare a sua madre un biglietto con delle istruzioni per Joséphine: sarebbe tornata lì per passare le domeniche a Versailles.
Un invito che sembrava un ordine, che, in quanto ordine, non era affatto diretto a lei, e che, in quanto invito, era molto gradito - se non avesse avuto ogni tanto una giornata libera dal Palazzo sarebbe finita come Amleto, a parlare coi teschi giù nella cripta che era pure umida, e l’umidità per i capelli era un vero disastro. 

E poi c’era da dare un occhio a Mère per tenerla un po’ allegra, perché, per carità, pensò Sigyn sospirando, Mère si sarà pure tenuta una gran compagnia con la Regina, ma aveva il vago sospetto che il tempo a Versailles, per quelle due, passasse molto lentamente.
Un mazzo di carte poteva fare miracoli.

Rilesse il biglietto che profumava di rose con un sorriso di approvazione: il tono era materno ma fermo, Madame Marguerite al meglio nel suo ruolo di gran castellana - a Joséphine avrebbe fatto un gran bene ricordare che non era la padrona di casa proprio per niente.

Inoltre Mère aveva scritto che lei si sarebbe dovuta occupare delle clematidi e di far crescere un ananas.
Dove procurarsene uno era una gran bella domanda, ma per la risposta c’era tempo, e, soprattutto, lasciava tante di quelle porte aperte che ostinarsi a chiuderle sarebbe stato un vero peccato.
Per il momento il giardiniere si era sguinzagliato da solo verso l’Orangerie, implorandola di concedergli ancora un mezza ora - a quanto pare il famigerato terriccio del ‘46 non gli faceva più così tanta paura.
Se c’era un uomo in grado di procurarle alla fine, con calma - molta calma - notizie su come crescere un ananas, rifletté Sigyn, quello era proprio lui, il lamentoso padre del loro Capo Giardiniere.
Quanto alle clematidi: era finalmente giunto il momento di fare visita a Madame de Girodelle. Con un gesto deciso si raddrizzò il cappellino, rimpiangendo di non avere sotto mano uno specchio. Avrebbe spiegato subito a Cassandra e a Clément quello che era successo, magari tralasciando alcuni dettagli su Mère - non avrebbero capito. E anche la storia del cornicione.
Forse per Clément sarebbe stato chiaro cosa era successo con il Nonno. O forse avrebbe detto, come Alo, che non era importante, in fondo, e l'avrebbe portata ad un concerto. O magari lui sarebbe stato il solito Clément e lei la solita Sigyn e Cassandra la solita Cassandra, che in fondo era quello che davvero desiderava.

Mentre si stava avviando verso le Grandi Scuderie, scorse il paggio appoggiato contro il muro del cortile con aria indolente. “Stavo giusto cercando la mia carrozza.” disse, andandogli incontro con un sorriso. “Volevo inoltre ringraziarVi per la cortesia…” aggiunse timidamente, ma fu subito interrotta da un gesto noncurante del paggio.

“Belle molle,” dichiarò il giovane con aria seria. “Mi sono permesso di farle fare un giro in velocità attorno alle Piccole Scuderie - peccato sia un coupé da viaggio: non so quanto si possa divertire un porteur e, senza il sedile giusto, la polvere della strada è davvero tanta.”

Sigyn annuì “L’ho notato.” disse con un sospiro leggero e il ragazzo sorrise con una certa condiscendenza. Poi la ragazzina aggiunse orgogliosa “Le molle sono dello zio Antoine-Benoit. Le ha disegnate prendendo spunto da un modello inglese.”

“Molle a balestra - ho apprezzato molto: perfette a pieno carico. E poi lavorano in modo indipendente su ogni ruota, gran bel lavoro!” nel frattempo fece un cenno ad un valletto che stava bighellonando nel cortile. “Un momento, scusate…” mormorò con un inchino ed allontanandosi per un attimo.
Sigyn lo osservò nella sua uniforme blu con i pantaloni al ginocchio rossi - avrebbe dovuto riconoscere il corteggiatore di sua sorella per quello che era, ma le livree erano tutte simili, cambiava il tipo di stoffa. Solo che la stoffa del giovane LaRocheETuttoIlResto sembrava un po’ consumata - come del resto quella dei suoi vestiti, pensò rattristata guardando l'orlo della gonna. Eppure all’abbigliamento dei paggi avrebbe dovuto pensare il Re.

“Gli ho detto di pulirla per bene, prima di prepararla per il ritorno. Nel frattempo mi chiedevo se Vi sarebbe piaciuto vedere da vicino un tavolo da biliardo.”

Sigyn lo guardò scontrosa “Devo tornare. E prima devo passare da degli amici che non vedo da tempo...” disse in fretta cercando di essere diplomatica.

“Il Vostro giardiniere sta parlando con uno dei giardinieri di Versailles, e il biliardo è nel refettorio della scuola dei paggi, posto rispettabilissimo, nonostante la deplorevole mancanza di rispettabilità dei suoi occupanti.”

Sigyn sbatté gli occhi incerta, non sapendo se stesse scherzando o se era terribilmente serio.

“Chi diventa paggio ha di sicuro amato molto l’idea di questa istituzione prima di conoscerne la realtà - si arriva qui per essere persone migliori e non si tiene conto del fatto che lo scopo del paggio, una volta diventato la versione migliore di se stesso, è andare altrove, abbandonando per sempre il suo ruolo.
L’istituzione, quindi, pullula di giovani che in quanto a miglioramenti interiori ed esteriori, hanno parecchia strada da percorrere.” spiegò de La Roche con pazienza, “Quanto al biliardo: la scuola occupa tutto il lato sinistro delle Grandi Scuderie; al pianterreno c’è una cappella, ci sono le cucine, una biblioteca e, infine, appunto, il refettorio dove mangiamo, e nel refettorio sono stati sistemati da molto tempo due biliardi, considerati un divertimento da gentiluomini.”

“Non saprei…” 

“Ci sono anche un migliaio di altre persone per tutto l’edificio: paggi e scudieri, i più interessanti, credetemi, poi valletti, quelli sono ovunque, e poi cocchieri e postiglioni, pessimo linguaggio, sono abituati ad urlare tutto il giorno a degli animali e non riescono a perdere l’abitudine quando si rivolgono ad esseri umani. E poi ci sono i corrieri, si danno parecchie arie, pensano di dover portare messaggi fondamentali per la Francia e per il Re, e raccontano di essere stati assaliti dai nemici della Corona, quasi sempre nei pressi di un mulino gestito da una bella mugnaia…”

“Sul serio?” chiese Sigyn dubbiosa.

“Non credo affatto, leggono troppe avventure di Gil Blas, e, comunque, dai loro racconti parrebbe che questi nemici siano invero dei pessimi spadaccini - non vincono mai.”

Sigyn cercò di restare seria.

“Poi ci sono i portantini, tipi silenziosi che conoscono molti segreti…”

“E come è possibile?”

“Una portantina passa per le vie per cui non passa una carrozza e viene parcheggiata dentro l’anticamera di un Palazzo… ad un certo momento ne vedi una per la strada e poi gira un angolo, svanisce e non si sa più dove sia finita...”

“E poi?” Sigyn si stava divertendo a questo gioco ed era curiosa delle opinioni del paggio.

“Palafrenieri e mozzi di stalla, non particolarmente interessanti - odore terribile e molta sfacciataggine - speronai, sellai, cuoiai, dei veri artisti più che dei semplici artigiani. E ingegnosi marescialli della forgia… ho fatto vedere le molle di Vostro zio ad uno di loro, credo gli piacerebbero dei disegni su cui lavorare…”

Sigyn arrossì. I complimenti diretti alla sua famiglia le facevano sempre piacere e se erano per lo zio Antoine-Benoit, sempre così bistrattato dal Generale, le piacevano ancora di più. 

“E poi i chirurghi ippiatrici, con Lafosse che li comanda tutti.”

“Lafosse?”

“Un uomo in gamba, ha studiato da medico, con Ferrein, ma preferisce gli animali agli esseri umani, e tra tutti gli animali preferisce i cavalli. Quanto ai cavalli, lo adorano - ignorano che ha sezionato parecchi di loro. Vorrebbe che ci fosse una scuola di medicina specializzata solo sugli animali, pensate...”

Sigyn sorrise - l'idea le piaceva.

“Sa tutto sull’argomento, e quello che non sa non vale la pena di essere conosciuto, o si tratta di qualche leggenda priva di ogni fondamento. E poi c’è Suzette, che già conoscete, che dovrebbe essere una chaperone affidabile anche se, a parer mio, passa troppo tempo a sbattere le ciglia al primo valletto dell’elemosiniere delle Scuderie, per occuparsi di cosa accade intorno a lei se non riguarda il suo lavoro.”

Sigyn lo guardò stupita “Conoscete molte persone qui a Versailles…”

“Merito di un sistema educativo poco autoritario che lascia troppo tempo libero a giovani menti irrequiete.”

Sigyn sogghignò per un attimo “Va bene,” disse timidamente,”il tempo di preparare Naso Corto, però.”

“E così avete dato un nome al coupé… anche vostra sorella, Mademoiselle Joséphine, dalla raggiante bellezza bionda, ha questa abitudine? Di dare un nome alle cose?”

Ah Joséphine, ecco svelato il mistero di tutto quell'interesse - Sigyn si sentì rassicurata e sorrise.



“Ci deve essere una posta, il pensiero di perdere qualcosa di valore influisce sui nervi del giocatore rendendo il gioco molto più interessante. Altrimenti sarebbe solo un esercizio di geometria.”

“Non ho denaro con me, mi rincresce...” Sigyn si strinse nelle spalle.

“Sono un fervente appassionato del baratto.”

“Come tutti quelli che vengono dalla campagna. Naso Corto è fuori questione e comunque non mi appartiene.”

“Le molle di Naso Corto mi piacciono molto, ma non mi permetterei mai di causarVi imbarazzo con la Vostra famiglia. Sono una persona curiosa per cui pensavo a delle informazioni. Tre partite brevissime con un limite di cinque tiri e una domanda per ogni partita a cui rispondere con assoluta sincerità.”

Sigyn guardò in terra, combattuta - aveva un debito con il paggio, ma non c’era modo di ripagarlo della cortesia, a parte forse invitarlo per un té assieme al suo idolo, che però era già fidanzata, e con Oscar che lo avrebbe detestato per via del linguaggio fiorito, mettendo tutti in imbarazzo.
Per il resto non conosceva i segreti di Stato che forse conosceva il Generale e l’unico segreto che la riguardava direttamente era un mistero anche per lei. Non le sarebbe spiaciuto accontentarlo - e poi, sotto sotto, le andava una partita - ma le sembrò che per il paggio sarebbe stata una faccenda senza sugo.

“Le domande non devono essere imbarazzanti, però.” sentenziò, alzando il nasino all'aria. Anche se imbarazzante era un concetto relativo - sarebbe stato terribile, per esempio, se le avesse chiesto le stesse cose con cui la tormentava il precettore, tipo qualcosa su Virgilio o su i verbi irregolari, o se avesse voluto sapere che cosa è uno scudo inquartato e dove si mette, nel caso, il leone illeopardito - nello zoo di Versailles, dove altro?
E sarebbe stato ancora più terribile - anche se, ammettiamolo, liberatorio - se le avesse chiesto tutta la verità su Joséphine: il paggio non era pronto per rivelazioni del genere, non più di quanto l’uomo medio fosse pronto per l’Apocalisse, anche se pure questa, a sentire lo zio Jean-Claude, il gesuita, era una faccenda inevitabile.


 

“Voi avete già giocato…” mormorò il paggio cogitabondo mentre esaminava il tavolo.

“Un poco…”

“Dove?”

“Con lo zio Antoine-Benoit.”

“Molto interessante, è un‘ottima cosa che uno zio si preoccupi della poliedrica educazione di una giovane nipote, ma dove esattamente Vi siete esercitata?

Sigyn si sentì morire, poi alzò il mento e bellicosa rispose: “A La Marée, con mio zio.”

Il paggio emise un fischio divertito “Quando dicevate di venire dalla provincia non scherzavate affatto vedo.”

“E’ un rispettabile luogo di ritrovo.”

“Frequentato esclusivamente dalla nobiltà più raffinata della zona, immagino…”

“Non esattamente,“ concesse Sigyn con aria sostenuta, “anche se la compagnia è molto distinta.”

“Viviamo indubbiamente in un’epoca di grande decadenza.” sospirò il paggio, e tornò a concentrarsi sul tiro.

Sigyn si sentì terribilmente imbarazzata, e rimase in silenzio, con le guance che le bruciavano.

“Oh so molto bene come vengono educate la ragazze di campagna in questa epoca prosaica…” riprese il paggio con cortesia, “prima di essere considerate davvero cresciute sparano coi fucili, vanno a cavallo, girano a piedi, su calessi e carretti, indossano stivali sotto le gonne, parlano il vernacolo locale…” il giovane scosse la testa ed aggiunse “e c’è sempre un familiare che se le porta dietro in posti in cui una vera signora non dovrebbe mai mettere piede.”

“Detto così sembra molto sgradevole.”

“E’ la vita agreste vista senza la lente deformante della poesia bucolica.”

“Che non apprezzate.”

“Sulla poesia bucolica ho molte perplessità, ma è di gran moda e quindi mi adeguo al gusto corrente così come non mi permetto di mettere apertamente in discussione l’uso di un parrucchino, pur considerando l’idea di indossare i capelli di qualcun altro assolutamente ripugnante. Se invece alludevate alla campagna… Vi ho confessato che è da lì che provengo, ma come avrete notato, ho temporaneamente spostato la mia residenza a Versailles, di cui preferisco nettamente la civiltà anche se non gli effluvi.”

“Però giocate a biliardo…” come fanno anche i non raffinati a La Marée sottintese la ragazzina con giusto l’ombra di un sogghigno.

“E vinco.”  concluse il ragazzo con un tono trionfale dopo aver visto l’effetto del suo ultimo tiro.

Sigyn alzò gli occhi al cielo “Due su tre.” commentò asciutta.

“Due su tre,” ammise il ragazzo, con voce conciliante, “sono il tipo di gentiluomo che apprezza il bicchiere mezzo pieno, invece di tormentarsi per il bicchiere mezzo vuoto.”

Dopo aver osservato la pendola le sorrise, e le porse il braccio “E’ l’ora!” disse con cortesia, “potete farmi la Vostra domanda, mentre ci incamminiamo.”

“Preferirei conservarla per un altro momento, se non Vi spiace.” mormorò Sigyn - non avrebbe saputo cosa chiedergli, ma sospettava che la sua fosse una delle porte a cui poteva bussare ed ottenere qualche risposta sensata, durante la caccia agli ananas. O anche durante la caccia a qualcosa d’altro.

“Va benissimo. Io invece vorrei sapere nel dettaglio cosa piace all’affascinante Mademoiselle Joséphine…”



Il paggio chiese al mozzo di condurre Naso Corto vicino allo spiazzo del maneggio mentre un valletto si sarebbe occupato di recuperare l’anziano giardiniere.

Poi le sorrise. “Posso farVi la seconda domanda?”

Sigyn annuì.

“Perché non abitate con Vostro padre?”

“Non è esatto, io abito a Palazzo Jarjayes.”

“Voi avete spostato la Vostra residenza dalla campagna ad un Palazzo, esattamente come ho fatto io. Mi chiedevo se i motivi fossero gli stessi, ma ne dubito.”  

Gli occhi della ragazzina improvvisamente si riempirono di lacrime e subito abbassò lo sguardo imbarazzata.

“Temo di aver mancato di tatto ad un livello allarmante.”

“No, è che è qualcosa che non so nemmeno io.” disse Sigyn con una vocetta seria seria. “Era proprio la domanda che speravo non mi avreste mai fatto.”

“Sul serio?”

“Quella o qualcosa su Virgilio.” le venne da ridere ed il giovane le sorrise, un po’ rattristato “Quindi niente governante, ma un precettore… se me lo permettete, conserverò anche io la seconda domanda per un altro momento… sperando che ci sia prima o poi un altro momento. E che sia migliore.”

Sigyn lo osservò guardarsi intorno e poi avvicinarsi a lei per scioglierle il fiocco del cappellino, con l’intenzione, era chiaro di riannodare il nastro diversamente. La cosa non le piacque, le sembrò incredibilmente inutile ed anche un po’ artefatta e lei non era una bambina, da dover essere acconciata secondo la moda da un estraneo. E poi le parve un po' troppo intimo, a dirla tutta, specialmente da parte di un corteggiatore di Joséphine, una gelosa dei suoi guanti di capretto di due stagioni passate, figuriamoci di un paggio parolaio.

Irritata fece qualche brusco passo indietro, senza guardare e si ritrovò ad urtare qualcuno che stava venendo verso di lei.
Il cappellino scivolò a terra, insieme ad alcune delle forcine di Madame Marguerite, che era bravissima in tante cose, ma nelle acconciature dei capelli non dava certo il meglio di sé.

I riccioli rossi scesero ad incorniciarle disordinatamente il viso, e Sigyn si voltò, arrossendo, pronta a scusarsi per la goffaggine.
Fu a quel punto che incontrò due occhi che conosceva benissimo, e che non sembravano affatto contenti di vederla.

“E così sei tornata…”

Aveva tanto desiderato che si rivedessero, pensò Sigyn sgranando gli occhi, si era immaginata il loro incontro, lo stupore, anche magari un'ombra di rimprovero e pure un abbraccio che in fondo ci poteva stare, non era poi così cresciuta! ma non così, accidenti.
Non così.

 
   
 
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