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Autore: FrancescaPotter    07/12/2017    2 recensioni
Long sugli ipotetici figli delle coppie principali di Shadowhunters (Clace, Jemma e Sizzy), ambientata circa vent'anni dopo gli avvenimenti di TDA e TWP. TWP non è ancora uscito al momento della pubblicazione, e nemmeno l'ultimo libro di TDA; questa storia contiene spoiler da tutti i libri della Clare fino a Lord of Shadows, Cronache dell'Accademia comprese.
Dal quarto capitolo:
"Will abbassò il braccio e distolse lo sguardo, ma lei gli prese delicatamente il polso. «Lo sai che puoi parlarmi di qualsiasi cosa, vero?» gli chiese, morsicandosi inconsapevolmente il labbro inferiore. Era una cosa che faceva spesso e che faceva uscire Will di testa. «So che è George il tuo parabatai» continuò abbassando la voce, nonostante non ce ne fosse bisogno perché George era concentrato sul suo cibo e Cath stava leggendo qualcosa sul cellulare. «Ma puoi sempre contare su di me. Mi puoi dire tutto. Lo sai, vero?»
Will sospirò. «Lo so, posso dirti tutto».
Tranne che sono innamorato di te."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Emma Carstairs, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Julian Blackthorn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo diciotto
Rose si rigirava nel suo letto e non riusciva a prendere sonno. Non aveva tirato le tende, e i raggi della luna illuminavano la stanza. Dalla finestra poteva scorgere la residenza degli Herondale, dove in quel momento stava Will.
Chissà se sta pensando anche lui a me, si continuava a chiedere.
Dopo pranzo avevano deciso di uscire a cavallo, costeggiando la foresta di Brocelind e raggiungendo addirittura le rive del lago Lyn. Le sarebbe piaciuto passare con Will tutto il pomeriggio, ma verso le cinque, quando aveva iniziato a fare buio e si era alzato un vento gelido, erano tornati a casa e avevano preso direzioni diverse. Will era rimasto con suo padre e Rose era rimasta con i suoi genitori.
Ora Rose avrebbe voluto chiedere a Will di raggiungerla, ma non si potevano aprire portali non autorizzati a Idris e Will non avrebbe mai bussato a quell’ora alla sua porta. Era quasi mezzanotte.
C’era una luce accesa nella casa degli Herondale, nella camera all’estremità sinistra dell’abitazione al secondo piano. Rose non ci aveva fatto caso, dando per scontato che si trattasse della camera di Jace. Vide però una figura tirare le tende, una figura che avrebbe riconosciuto tra mille altre. Alto, con il fisico asciutto e i capelli scompigliati. Era Will, lo vedeva. Era senza maglietta e il desiderio di averlo lì con lei si fece così forte da mozzarle il fiato.
Accese la luce nella sua camera e aprì la finestra, sperando che lui la raggiungesse. Si sdraiò sul letto, il sonno la stava pian piano reclamando a sé.
Ti prego, vieni qui, continuava a ripetere nella mente, come se a furia di pensarlo lui l’avrebbe sentita. 
Dopo quelle che parvero ore, sentì in lontananza una voce che la chiamava: «Rose?»
 
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«Rose?» sussurrò Will.
Rose si girò su un lato e lo guardò come se stesse sognando e non credesse ai propri occhi.
«Will?»
Will rimase di fronte al letto di lei, non sapendo bene come comportarsi. Quando aveva visto la luce accendersi nella sua camera e la finestra aprirsi aveva creduto che Rose volesse che lui la raggiungesse, ma se non fosse stato così? Magari aveva solo caldo.
«Come sei arrivato qui?» biascicò Rose con gli occhi che stavano iniziando a chiudersi.
«Mi sono arrampicato» confessò Will leggermente in imbarazzo.
Rose ridacchiò. «Non ci credo».
«Allora ho volato fino alla tua finestra, se preferisci». Will continuava a stare in piedi, immobile. Doveva raggiungerla nel letto? Cosa doveva fare? Rose aveva ragione: perché diavolo nessuno aveva scritto un manuale per queste cose?
«Sai anche volare». Rose sospirò. «Mia mamma ha ragione: non c’è niente che voi Herondale non sappiate fare».
Si spostò sul lato del letto e tirò indietro le coperte. Aveva chiuso gli occhi e la sua voce si era ridotta a un sussurro. «Vieni qui».
Will spense la luce e la raggiunse. Il letto era piccolo, a una sola piazza, ma a lui non importava, e apparentemente neppure a Rose, perché gli si accovacciò di fianco e gli posò la testa nell’incavo del collo, passandogli poi un braccio sul petto.
«Buonanotte, Will». Il respiro di Rose gli sfiorò la guancia e un brivido gli corse lungo la spina dorsale. Non poteva credere che stesse succedendo per davvero.
Will le diede un bacio sulla fronte. «Buonanotte, Rosie».
 
Nonostante Will avesse dormito poco la notte precedente, non riuscì a prendere subito sonno. Rimase sveglio molto tempo ad accarezzare la schiena di Rose e ad osservare lei: a osservare come i suoi capelli disegnassero cerchi irregolari sul cuscino, a come le sue ciglia le sfiorassero leggermente le guance. Osservò incantato i tratti delicati del suo viso pensando ai mille modi in cui gli sarebbe piaciuto dipingerla e realizzando che poteva finalmente farlo. Finalmente poteva concedersi di disegnarla. E non vedeva l’ora di poterlo fare.
Infine si addormentò, cadendo in un sogno senza sogni. Dopo quella che gli parve solo una manciata di secondi, si svegliò. Aprì gli occhi e ci mise qualche istante per rendersi conto di dove si trovava. Alcuni raggi di sole erano riusciti ad oltrepassare le tende e illuminavano leggermente la stanza. Will sentì Rose muoversi al suo fianco. Girò il capo di lato e trovò i suoi grandi occhi verde-azzurro che lo guardavano. Non sembrava essersi appena svegliata, al contrario, sembrava sveglia da molto.
«Finalmente ti sei svegliato, Bell’Addormentato». Gli diede un bacio sulla guancia ridacchiando e Will sentì una voragine aprirsi nello stomaco. Ma stava succedendo per davvero?
«Che ore sono?» chiese con voce roca.
«Quasi le nove» rispose Rose.
Will si passò una mano sul viso e sbadigliò.
«Hai sonno?» gli chiese Rose. «Ti lascio dormire ancora se vuoi».
«No, grazie». Will le sorrise. «Non è necessario, tanto io ho sempre sonno».
Rose gli poggiò una mano sul petto, sopra al cuore, e sospirò. «Vorrei riuscire a dormire quanto dormi tu».
«È un dono» le rispose lui. «Un dono dell’Angelo. Solo per pochi eletti».
Rose spostò la mano verso l’alto fino a quando raggiunse lo scollo della maglietta e le sue dita gli toccarono la pelle. Will chiuse gli occhi e rabbrividì. Rose gli accarezzò piano la guancia.
«Rose» sussurrò Will, ma Rose si era già chinata su di lui per dargli un bacio sulle labbra. Dapprima fu un qualcosa di delicato e gentile, come se gli stesse augurando il buongiorno, poi però si fece più intenso e famelico.
Will era convinto che prima o poi Rose lo avrebbe ucciso. La prese per i fianchi e girò entrambi sul materasso, così che lei fosse sdraiata sotto di lui, e per poco non caddero a terra perché il letto in realtà era troppo piccolo per poterli ospitare entrambi.
Rose gli passò le mani sotto alla maglietta e gli accarezzò prima l’addome, poi i fianchi, la schiena, inarcando il corpo contro al suo.
Will sospirò. Si stava sorreggendo sui gomiti per non schiacciarla, ma le sue braccia avevano iniziato a tremare leggermente. Si sentiva febbricitante, come un drogato al quale hanno concesso un ultimo assaggio della propria droga.
Allontanò leggermente il viso da quello di lei: i suoi occhi erano seri, più scuri del solito, e guardandoli Will seppe che anche lei lo amava, che anche lei lo voleva tanto quando lui voleva lei.
Rose lo attirò di nuovo verso di sé prendendolo per la maglietta e Will si abbandonò a lei. Si baciarono come se da quello ne dipendesse la loro vita. Will non poteva credere che dopo tutti quegli anni stesse succedendo per davvero, che lui e Rose stessero per davvero insieme e che potessero dormire insieme e baciarsi e stare insieme.
«Ti amo» le disse, baciandola con tutto ciò che aveva. «Ti amo, Rose».
Rose lo strinse a sé, così forte che le braccia di Will cedettero.
«Anche io, William» gli sussurrò all’orecchio, per poi dargli un bacio sulla guancia. «Tanto».
Will tornò a sostenersi sui gomiti e la guardò. «Credo che i tuoi genitori si siano alzati».
Si incominciavano a sentire delle voci nel corridoio e, per quanto Will avrebbe voluto continuare a baciare Rose per il resto della giornata, avrebbe anche preferito evitare che Julian li trovasse di nuovo insieme nella camera di Rose.
Rose si morse il labbro. «Lo so, li sento anche io».
Si guardarono negli occhi per un istante e Will dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non riprendere a baciarla, per non premere il proprio corpo contro il suo e dimenticarsi così di ogni cosa.
«Dovrei andare» disse, mettendosi seduto sul letto.
«No». Rose parve allarmata. «No, resta per colazione».
«Non credo che…» stava dicendo Will, ma Rose si era già alzata e lo aveva preso per mano, iniziando a trascinarlo verso la porta.
Will non osava immaginare lo stato in cui era: capelli scompigliati, labbra gonfie, sguardo da pesce lesso felice. Non poteva fare colazione con i genitori di Rose in quelle condizioni. O meglio, non poteva fare colazione con Julian Blackthorn in quelle condizioni.
Ma a Rose non sembrava importare e lo spintonò nel corridoio, chiudendosi la porta alle spalle. Poi lo prese di nuovo per mano e insieme si diressero verso le scale che portavano al pian terreno, dove Will supponeva si trovasse la cucina.
«Rose, non credo sia una buona idea» disse Will. «Posso tornare a casa».
Rose alzò gli occhi al cielo. «Almeno usa la porta di ingresso! Non sei mica un ladro. Non devi nasconderti. Non capisco che problema hai visto che lo sanno tutti che stiamo insieme».
«No, Rose, non è quello» disse. «È solo che tuo padre mi odia e non voglio dargli altri motivi per farlo».
Rose spalancò gli occhi e lo guardò come se fosse un alieno con tre teste.
«Sei matto? Mio padre non ti odia» disse. «E poi sei il mio ragazzo. Cosa dovremmo fare? Giocare a carte?»
Il mio ragazzo. Will sorrise, incapace di farne a meno e di formulare una risposta di senso compiuto.
Poi scosse il capo e si rimise assieme. «È solo che è sempre così gentile, ma distaccato» spiegò, in riferimento a Julian. «Temo di non piacergli. E io voglio davvero piacergli».
«Stai scherzando?» Rose aveva smesso di camminare. Si era fermata in mezzo al corridoio e Will si voltò per fronteggiarla. «Tu piaci a tutti».
Will sbuffò. «Non è vero. Lo dite sempre, tu e George. Ma non è vero».
Rose gli mise le mani sulle spalle. «William Herondale, ti prometto che mio padre non ti odia. Anzi, è contento che stiamo insieme».
«Ma sei sua figlia».
«E allora?»
«Vorrà assicurarsi che tu stia con una persona che ti ami e che ti rispetti e che non ti faccia soffrire»
Rose scosse la testa. «E tu non sei questa persona?»
«Sì». Will inclinò il capo di lato. «Ma lui non lo sa».
«Lo sa eccome, invece» disse Rose. Gli allacciò le braccia attorno al collo e gli si avvicinò. Will sentiva il suo respiro sul viso. «Era probabilmente lì quando sei nato, ti conosce da tutta la vita e ti vuole bene come se fossi suo figlio, così come i tuoi genitori vogliono bene a me. Sa che sei buono e gentile, e che non ci potrebbe essere ragazzo migliore per me».
Will le credeva. Le credeva sul serio. Voleva solo che Julian sapesse quanto lui amasse Rose e voleva assicurargli che non l’avrebbe mai fatta soffrire e che l’avrebbe protetta in tutti i modi possibili. Ma non poteva dirglielo, sarebbe stato strano e avrebbe fatto la figura dell’idiota, perciò tutto ciò che gli rimaneva da fare era comportarsi bene davanti a lui.
Will annuì e Rose gli stampò un bacio sul naso.
Scesero le scale e trovarono Julian ed Emma in cucina, Emma seduta al tavolo intenta a leggere dei documenti e Julian davanti ai fornelli che dava loro le spalle.
Emma sembrava stanca, come se non avesse chiuso occhio tutta la notte, ma quando li vide parve illuminarsi. «Ciao, William» lo salutò con un sorriso. «Che piacere averti qui».
Julian sussultò e per poco non fece cadere il piatto che aveva in mano. Non si voltò subito, Will lo vide prendere un respiro profondo prima di farlo.
Will guardò Rose e le rivolse un’occhiata eloquente: visto che mi vuole uccidere?
Rose lo ignorò e lo fece sedere di fronte a sua madre, mentre lei prendeva posto al suo fianco.
Julian nel frattempo si era ripreso e si era girato. Sembrava calmo e tranquillo come al solito.
«Buongiorno» disse. «Uova?»
Rose allungò il proprio piatto verso di lui, mentre Will scosse il capo e prese una fetta di pane tostato.
Will sperava che non si capisse che aveva dormito lì con Rose, anche se le sue speranze furono spazzate via quando vide il proprio riflesso nella finestra. I suoi capelli erano un disastro –grazie, Rose- e sembrava appena uscito da una lavatrice. Per non parlare del fatto che indossasse il pigiama. Cercò di appiattirsi i capelli senza attirare troppo l’attenzione.
«Avete dormito bene?» chiese Emma con naturalezza, posando i documenti da parte e bevendo un sorso di succo di arancia.
Will si passò una mano sul viso e sprofondò nella sedia. Decise che non avrebbe aperto bocca, non se la sentiva di dire niente.
Rose guardò sua madre per qualche secondo. «Ti stai divertendo, vero?»
«Oh, tantissimo» rispose lei allegra. Julian si sedette di fronte a Rose e la guardò storto.
«Abbiamo dormito benissimo, comunque» disse Rose.
Will continuò a stare in silenzio, e così anche Julian. La cosa si stava facendo davvero imbarazzante. E Will odiava quando le cose tra di loro si facevano imbarazzanti.
Rose sbuffò sonoramente e poggiò la forchetta sul tavolo.
«Papà» disse. «Puoi per favore dire a Will che non lo odi?»
Julian si strozzò con il caffè che stava bevendo e Emma dovette dargli qualche pacca sulla schiena per farlo riprendere. Will, d’altro canto, prese in considerazione la via della finestra: poteva sempre scappare da lì.
Perché, Rose? Perché?
«Cosa?» riuscì a chiedere Julian.
«Non lo odi, vero?» chiese Rose, suonando leggermente titubante per la prima volta.
«No!» esclamò Julian. Poi si rivolse a Will. «Non ti odio, Will. Perché dovrei?»
Will si rese conto che non aveva aperto bocca da quando aveva messo piede in cucina.
«Perché sto con Rose». Julian spalancò gli occhi e Will si sentì un idiota. «Non vuoi uccidermi?»
Julian scoppiò a ridere. «No, non voglio ucciderti».
«Will, Julian ti adora» disse Emma. «Anche se fai bene ad avere paura di lui».
«Se farai soffrire Rose ti sarà riservato il trattamento che riservo a chiunque la faccia soffrire» disse Julian. «Ma tu non la farai soffrire, no?»
«No». Will scosse il capo. «Certo che no».
Julian gli sorrise. «Bene».
«Bene» ripeté Rose.
«Tra l’altro, Will è il motivo per cui Rose esiste» disse Emma, continuando a mangiare le sue uova, come se stesse parlando del tempo. «Ovvio che Julian lo adora».
A Will andò di traverso quello che stava mangiando, mentre Rose fece una smorfia. «Che cosa?»
«Già» continuò Emma, lanciando un’occhiata allusiva a Julian, che invece alzò gli occhi al cielo.
«Non esagerare, Em» la ammonì lui.
Will non era sicuro di voler sapere di che cosa stessero parlando.
«Cosa vuol dire che esisto grazie a Will?» chiese invece Rose, spostando lo sguardo da sua madre a suo padre.
«Vuol dire che la mamma voleva aspettare ad avere figli, poi Clary le ha messo in braccio Will e…» Julian sospirò. «Come dirlo senza farlo suonare inquietante? Voleva portarselo a casa e tenerlo lei».
Emma si mise a ridere. «Eri così carino, Will. Sei ancora carino, certo, ma appena nato eri particolarmente carino».
Will le sorrise anche se tutto ciò che desiderava era scomparire. «Grazie?»
«Quindi Emma ha scritto alla signora Cicogna e le ha chiesto di portarle una bambina» continuò Julian.
Questa volta anche Rose sembrava imbarazzata. «Lo so come si fanno i bambini».
«Bene» disse Julian, puntando la forchetta prima contro di lei e poi contro Will. «Quindi sarà meglio che prendiate precauzioni. Sai come si disegna una runa anticoncezionale? Se vuoi te la faccio vedere».
«Papà!» Rose era diventata dello stesso colore dei capelli della mamma di Will. «Sto a posto, grazie».
«Julian» sbottò Emma. «Guardali, li stai mettendo in imbarazzo. E poi per chi mi hai preso? Ho insegnato a mia figlia qual è la runa…»
«Ehm, forse dovrei andare…» tentò Will. Se fosse rimasto lì, sarebbe morto di vergogna, dato che non aveva mai fatto sesso con nessuna, mentre Rose lo aveva già fatto con Logan.
«No, Will» lo fermò Emma. «Julian ora la pianta. Vero?»
Julian annuì. «Volevo solo essere sicuro. Per quanto vorrei dei nipotini, siamo tutti troppo giovani».
«Papà». Rose scandì la parola mentre lo guardava con occhi spalancati. «Io e Will non abbiamo fatto niente e io ho già la runa. Non hai mai fatto questi discorsi quando stavo con Logan, smettila».
«Solo perché non lo hai mai portato a casa». Poi ci pensò un attimo e si rivolse a Will. «In realtà avrei dato molto più filo da torcere a lui. Scusa se ti sto mettendo in imbarazzo, Will, sono davvero contento che tu e Rose stiate insieme».
Will era felice di sentirlo. «Grazie» disse, e questa volta lo intendeva sul serio.
 
Quando Will tornò a casa, intravide suo padre e Celine seduti al tavolo della cucina. Suo padre aveva una tazza di caffè davanti a sé, mentre sua sorella, che era arrivata la sera precedente tramite un portale, stava mangiando dei biscotti con aria assonnata.
Merda, pensò Will, cercando di chiudere la porta d’ingresso silenziosamente.
Se avessero capito che non aveva dormito nella sua camera, non lo avrebbero lasciato in pace per settimane.
Will mise un piede sul primo gradino che conduceva al piano superiore, ma si bloccò quando la voce di Celine lo raggiunse.
«Guarda un po’ chi è tornato a casa». Se prima sembrava mezza addormentata, ora si era svegliata eccome.
Will chiuse gli occhi e imprecò, per poi dirigersi in cucina molto lentamente, cercando di posticipare il più possibile il momento della sua pubblica umiliazione. Sì, stava facendo il melodrammatico e sì, ne era consapevole. Ma quando si trattava di Celine e suo padre non c’era scampo. 
«Vergogna, William» lo riprese suo padre con un sorrisetto. «Te ne torni in camera tua come se niente fosse?» Batté piano con la mano sullo schienale di una sedia facendo segno a Will di sedersi accanto a lui. «Coraggio, racconta al tuo papà».
Will si sedette e rubò un biscotto a sua sorella.
«Non c’è niente da raccontare» disse. «E anche se ci fosse, non lo racconterei certamente a voi».
«Sì, certo» fece Celine con una smorfia. «Non ci credo».
Will alzò le spalle. «Non crederci».
Ma dove diavolo era sua madre quando aveva bisogno di lei?
«Tu mi vuoi dire che sei andato a dormire da Rose, la ragazza dei tuoi sogni, e che non è successo niente?» chiese suo padre, scuotendo il capo.
«Esatto!» Ora Will si stava arrabbiando, soprattutto perché conosceva la storia della prima volta di Rose e non si sarebbe mai permesso di spingerla a fare qualcosa che invece non si sentiva di fare. «Rose si stava praticamente addormentando, eravamo entrambi stanchi e abbiamo dormito e basta. Per chi mi avete preso, uno stronzo pervertito?»
Sia Celine che suo padre lo guardarono con gli occhi spalancati, ammutoliti per un secondo.
«Will, non era ciò che intendevamo» disse Jace, stranamente serio, posandogli una mano sulla spalla. «Va bene se volete aspettare e sinceramente non devi dare nessuna spiegazione, men che meno a noi».
Anche Celine sembrava leggermente in imbarazzo. «Stavamo scherzando, Will. Sei la persona più buona che io conosca, lo so che non metteresti mai Rose a disagio».
Will borbottò qualcosa, mangiando un altro biscotto, quando sua madre e Lizzie comparvero in cucina. Sua madre aveva probabilmente aperto un portale in salotto. Li avevano raggiunti perché quel pomeriggio si sarebbe tenuta la prova abito di Celine.
«Buongiorno a tutti» li salutò Clary, piegandosi per dare un bacio sulle labbra a Jace e uno sulla guancia a Will e a Celine. Will non si lamentò, mentre Celine si pulì di nascosto il viso con la mano.
«’Giorno» borbottò invece Lizzie. Si lasciò cadere in modo sgraziato sulla sedia accanto a Celine e prese anche lei un biscotto.
«Pensavo che sareste arrivate nel pomeriggio» disse Jace. «Non che non sia contento di vedervi, s’intende. È successo qualcosa?»
Quando Clary alzò lo sguardo su di loro, Will capì immediatamente che qualcosa non andava.
«Cosa?» chiese, sentendo un nodo alla gola.
«Ha chiamato George ieri sera» spiegò sua madre con aria triste.
Will si sentì quasi mancare. George. Se fosse successo qualcosa al suo parabatai lo avrebbe saputo, anche se si trovavano a Idris, anche se…
«George sta bene» disse, e non era una domanda. «Vero?»
«Sì, sta bene. Si tratta del padre di Cath». Clary prese un respiro profondo. «È morto».

NOTE DELL'AUTRICE 
Buonasera! 
Ecco qua il nuovo capitolo, questa volta incentrato su Will e Rose -ve lo avevo detto che mi sarei fatta perdonare!
Nulla, spero che vi piaccia e che vi abbia tirato un po' su di morale, dopo il capitolo triste della scorsa settimana. :/
Buona lettura e a presto!

Francesca 
  
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