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Autore: holyground    08/12/2017    2 recensioni
Tauriel torna nel Reame Boscoso distrutta dalla morte di Kili. Teme di affrontare il lutto, teme l'oblio, teme il dolore. Così si rivolge a chi ha permesso al suo cuore di diventare di ghiaccio pur di superare la sofferenza: Thranduil.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tauriel, Thranduil
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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    Il palazzo fremeva per i festeggiamenti. Tauriel non ricordava neanche quale fosse l’occasione, non le importava. Ben poco le importava in quei giorni. Era all’esterno, a cibarsi di aria notturna e cieli stellati, di silenzio e pensieri turbati. Con la schiena a terra, sentiva il freddo del terreno penetrarle le ossa, mentre giocherellava con le foglie che le capitavano sottomano. La semplice camicia che indossava era talmente fina che sentiva la pelle formicolare quando il vento agitava i fili d’erba intorno a lei.

  In sere come quella si convinceva di poter quasi continuare a vivere così. Era difficile cedere all’oscurità quando al mondo esistevano cose come le stelle e la brezza notturna. Forse si sarebbe dovuta semplicemente accontentare: allora avrebbe imparato ad essere felice per ciò che aveva e avrebbe smesso di punirsi per ciò che non poteva avere.

  «Non mi hai sentito arrivare, Tauriel?»

  Sì, lo aveva sentito. Aveva sentito il fruscio delle sue vesti e i suoi passi leggeri sulle foglie e il ritmo del suo respiro che avrebbe potuto riconoscere tra mille. Ma non si era mossa. Lo aveva accolto come avrebbe accolto la morte: inerte.

  «In piedi, Tauriel.» le ordinò.

  Lei rise. Era così pedante, arrogante, borioso. Un tempo, sentendo quel tono, sarebbe scattata, avrebbe obbedito senza battere ciglio; forse avrebbe protestato un po’, all’inizio, ma poi avrebbe fatto quello che il suo re le comandava. Adesso le veniva solo da ridere.

  «Subito, Tauriel.»

  «A che serve?»

  «Prego?»

  Avrebbe voluto canzonarlo, ripetere quel Prego? in modo derisorio e irrevocabilmente irrispettoso. Sentiva come l’istinto di cacciarsi nei guai, una sensazione che la trascinava a fondo e le faceva promesse indicibili ‒ posso ridarti le tue emozioni, i tuoi sentimenti, le tue percezioni, sembrava dire.

  «Cosa dovrei alzarmi a fare?» replicò Tauriel. «Ormai ho deciso: è così che finirò la mia vita.»

  Anche stavolta sentì immediatamente i movimenti di Thranduil ma non riuscì a fare niente quando lui la sollevò da terra stringendole un braccio fino a farle male. Tauriel non avrebbe saputo dire cosa la sconvolgesse di più: se l’azione improvvisa e altrettanto imprevedibile del re, o la sensazione di dolore che sembrava così simile al piacere. Quella stretta intorno al braccio sembrava aver risvegliato tutte le sue terminazioni nervose, e la sua mente stava ricevendo talmente tanti messaggi ‒ sono qui sono viva esisto mi sta toccando sono qui esisto ‒ che era impossibile tenere traccia di tutti. Il calore di un’altra persona ‒ il suo calore, il suo tocco ‒ la riportò in quel mondo che lei credeva di aver già abbandonato, rendendola di nuovo terrena. Era lì, era viva, esisteva ancora.

  «Finché sarai nel mio regno non ti permetterò di lasciarti morire.» le disse a denti stretti Thranduil.

  Tauriel strattonò il braccio con violenza e lui lasciò la presa.

  «Allora me ne andrò!»

  «Non te lo permetto!»

  Thranduil era furioso, ma a Tauriel veniva solo da ridere, una risata amara e rassegnata.

  «Quante cose non mi permetti.» replicò sprezzante. «Tu non sei mio padre. Non sei il mio compagno. E non sei il mio re.»

  «Osi sfidarmi di nuovo?» Gli occhi di Thranduil furono attraversati da un lampo di follia.

  Tauriel non sapeva cosa rispondere. Cosa stava facendo? Perché si stava comportando in quel modo? Avvertì di nuovo il richiamo del pericolo, quella voglia di fare qualcosa di sbagliato solo per cercare di provare qualcosa, qualsiasi cosa. Avrebbe sfidato di nuovo il re? Quella parte di lei che cercava guai voleva, lo voleva davvero tanto. Nel peggiore dei casi, lui l’avrebbe esiliata, ed era quello che lei cercava. Non era così?

  Thranduil aveva sicuramente percepito la discussione interiore di Tauriel. Rise, e quel suono riecheggiò tra gli alberi, infestando la foresta e perseguitando Tauriel.

  «E come pensi di fare?» le chiese, ancora divertito. «Sei debole. È passato troppo tempo dall’ultima volta che hai impugnato un’arma.»

  Thranduil era spietato. Il suo corpo emanava un calore infernale, la sua vicinanza era come una mano che spingeva Tauriel sul bordo dell’abisso. Non sarebbe riuscita a resistere.

  «Non puoi niente contro di me.» disse il re, avvicinandosi ancora, fino a che il loro volti non furono a pochi centimetri. «Niente

  Tauriel lo schiaffeggiò.

  Lo sconcerto che si manifestò nel volto di Thranduil non trovò spazio nella mente di Tauriel. Lo aveva colpito, aveva voluto farlo, era stata provocata, e non si era mai sentita più viva. Lo spintonò, in attesa di una sua reazione. Non gli avrebbe permesso di evitare il conflitto, di farsi colpire senza difendersi o semplicemente di andarsene. 

  Lo spinse di nuovo, facendolo indietreggiare. Ogni fibra del suo essere sembrava essersi risvegliata da un lungo letargo, e Tauriel riusciva a percepire il proprio corpo nella sua interezza e nei suoi singoli particolari. Si ritrovò invasa da una sensazione così distante eppure così familiare, quella sensazione che avvertiva solo durante la lotta: adrenalina.

  «Attenta, piccola lyg.» sibilò Thranduil. «Non vuoi invischiarti in battaglie che non puoi affrontare.»

  La posa del re si era fatta più rigida, i piedi ben saldi a terra, le mani leggermente sollevate in attesa di parare eventuali colpi: era pronto a lottare. Non si sarebbe fatto da parte, era pronto a tenerle testa. Tauriel sorrise.

  Sferrò un pungo che non andò a segno, perché lui le bloccò il braccio. Si liberò e tornò di nuovo all’attacco, senza esitazioni e senza paure. Impegnati in una danza sotto le stelle, i loro colpi si fecero più concitati, i respiri più affannati, fino a che l’intero mondo sparì per lasciare spazio a loro due, ai loro corpi, a quella danza dal sapore amaro.

  Tauriel era estatica. Per lungo tempo era stata convinta di non poter più utilizzare armi, mentre l’arma principale era sempre stata con lei: il proprio corpo, la propria forza, cose che nessuno avrebbe mai potuto portarle via.

  Il labbro di Thranduil aveva iniziato a sanguinare, e il modo in cui questo metteva in evidenza la sua bocca era fonte di turbamento per Tauriel; i suoi occhi erano costantemente riportati alle labbra del re. Quella distrazione le costò cara: Thranduil l’aveva imprigionata, schiena contro petto, con una mano intorno alla vita e un pugnale alla gola.

  «Non sei abbastanza forte per battere il tuo re, piccola Tauriel.» le sibilò all’orecchio, con il fiato caldo e affannato che le soffiava sui capelli. «Ma posso lasciarti vincere, per stavolta.» 

  Non le piaceva il tono che lui aveva usato. Era provocante, allettante, prometteva cose indicibili, inconfessabili, depravate. Thranduil era inebriante.

  «Devi solamente disarmarmi.»

  Tauriel strattonò per liberarsi, ma la presa del re era salda e onnipresente. Non l’avrebbe fatto, non avrebbe ceduto al suo gioco.

  «Non è difficile.» le disse. «Devi solo strapparmi questo pugnale di mano.» Si avvicinò ancora di più all’orecchio di Tauriel, e le parlo con un sussurro udibile a mala pena. «Te lo lascerò fare.»

  Tauriel chiuse gli occhi. Sentiva odore di neve, sentiva il gelo sulla pelle. Sentiva che di lì a poco sarebbe successo qualcosa di terribile.

  «Ti lascerò prendere il pugnale. Ma sei tu che devi fare il primo passo.»

  Una lacrima solcò la pelle di Tauriel. Erano le braccia del re che la circondavano, era il suo calore che le infestava il corpo. Allora perché lo sentiva distante? Perché si sentiva come sulla cima di una montagna in procinto di affrontare la morte?

  I suoi ricordi erano fatti di occhi marroni e capelli scuri, colori caldi che contrastavano con il gelo delle montagne. Il suo presente era infestato da occhi di ghiaccio e vesti chiare, da un fuoco che sembrava non poter trovare posto in mezzo a tutto quel bianco. Ma era il fuoco che adesso ardeva in lei. Forse non avrebbe mai dimenticato il sangue sulla neve e le mani che un tempo l’avevano stretta  farsi rigide e fredde. Ma forse non avrebbe lasciato che quei ricordi deturpassero il suo futuro.

  «Non sei forte come credi di essere.»

  Non era sicura di chi avesse pronunciato quella frase, se il re o la sua voce interiore. Ma, in ogni caso, Tauriel sapeva che si trattava di una menzogna.

  «Disarmami.» continuava a ripetere Thranduil. «Mostrami chi sei. Mostrami che non ho sbagliato nel riporre in te la mia fiducia. Dimostrami che sei davvero chi credi di essere!»

  Con un grido selvaggio, Tauriel si liberò dalla presa del re, tenendo una stretta ferrea intorno all’impugnatura del pugnale, spingendo il re contro un albero e lasciandolo ansimante alla propria mercé. Disarmato, affaticato, turbato, e con la lama a pochi centimetri dalla gola.

  Per un momento, Tauriel sentì la mano tirare, il manico dell’arma quasi scivoloso, come se il pugnale volesse sottrarsi alla sua presa. Ma lei non lo lasciò, e quando guardò Thranduil negli occhi, vi trovò lo stesso fuoco che lei si sentiva dentro. Poi Thranduil le prese il volto tra le mani e la baciò. La baciò come se si stessero dicendo addio, come fossero rimasti gli ultimi esseri sulla terra. La baciò per dirle Sono fiero di te, e un migliaio di altre parole che non sarebbe mai riuscito a comunicarle a voce. 

Fu allora che Tauriel lasciò andare il pugnale.









Ho creato una playlist spotify per la storia. Consiglio di ascoltarla in ordine https://open.spotify.com/user/nt4dlzezv8uo2khes8wbhav5s/playlist/3mqzaCztYiCvIAKkGx206q

Buon Giorno dell'Albero! :)
  
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