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Autore: Ksyl    08/12/2017    5 recensioni
Lily Castle ha tre anni ed è Natale, the most wonderful time of the year
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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La calda e tranquilla atmosfera all'interno del loft, in quel mattino di dicembre, era molto più che confortevole. Castle si trovò a pensare che sarebbe quasi stato il caso di definirla paradisiaca, se fosse stato propenso a indulgere nella sua innata tendenza all'esagerazione. Lirismo, avrebbe corretto lui, non senza una certo autocompiacimento.

La compagnia inebriante di una figlia all'apice della vitalità e le allegre fiamme del caminetto rendevano quasi impossibile trovare incoraggiante l'ipotesi di abbandonare le mura di casa, per uscire ad affrontare una città caotica imprigionata sotto un cielo pallido e immobile che, Castle ne era sicuro, minacciava neve. Era qualcosa che indisponeva sempre moltissimo sua moglie, quella sua infallibile abilità, non priva di tangibile eccitazione, di prevedere la prima nevicata dell'anno. Che Natale sarebbe stato senza neve? Era mai successo a memoria d'uomo? Era certo di no. Adorava sentirla sbuffare mentre si allontanava, quando decideva che non aveva alcun senso tentare di farlo ragionare.

Non riusciva a immaginare niente di meglio che trascorrere l'intera giornata a intrattenere Lily con milioni di giochi elaborati e storie che si sarebbe inventato al momento – poteva sempre contare su un'inesauribile fonte di idee -, cucinarle un pranzetto goloso che avrebbero tenuto segreto, per poi addormentarsi sul divano insieme a lei e a qualche pupazzo sempre diverso che gli finiva inevitabilmente dietro la schiena, guardando film natalizi. Era la sua versione di beatitudine casalinga, che prevedeva inoltre, per essere davvero perfetta, la presenza di un integerrimo capitano di polizia che, purtroppo, non solo non sarebbe venuta meno al suo dovere istituzionale per raggiungerli a metà giornata, ma non avrebbe mai permesso che Lily perdesse un giorno di scuola per venire incontro ai desideri di un padre il cui scopo primario era viziare sua figlia. E se stesso. D'accordo, non si era espressa proprio in questi termini, ma dal canto suo riconosceva di essersi fatto poche remore nel regalarsi meravigliose giornate da solo con Lily, in attesa che Beckett tornasse dal lavoro e lo sorprendesse con un diadema in testa a costruire un castello in soggiorno – l'ultimo di una lunga serie.

Non era colpa sua – si era giustificato troppe volte per essere ancora credibile – era geneticamente predisposto a dar corda a sua figlia. Era un padre, lo aveva dimenticato, forse? Di chi era la colpa se era venuta fuori identica a sua madre? Come poteva, quindi, resistere alle sue richieste? Era pur sempre solo un uomo.
"Le sue richieste o le tue, Castle?", lo aveva rimbeccato con molta meno severità di quella che si era sicuramente imposta, voltandosi verso di lui con la bambina in braccio, sfoggiando, madre e figlia, due espressioni così simili da farlo ammutolire ogni volta. Chi avrebbe mai osato immaginare che sarebbe finito con due Beckett nella sua vita? E che la cosa non lo avrebbe atterrito, ma anzi, riempito di infinita e incomparabile meraviglia?

E c'era la recita, di cui tenere conto. Già, la recita, rimuginò percependo la consueta stretta allo stomaco. La prima recita natalizia di Lily. La prima in assoluto, anzi. Ci era già passato con Alexis, in teoria doveva aver superato il nervosismo al pensiero di vederla sperduta su un enorme palco lontana da lui, in mezzo a chissà quanti altri bambini sconosciuti, senza che lui potesse tenerle la mano. Non che Lily avesse bisogno di essere tenuta per mano. Lily era nata già indipendente e piuttosto spericolata, lo sapeva molto bene. Ma lui si sentiva meglio se avesse potuto rimanere in una zona di sicurezza che, Beckett lo canzonava, prevedeva che ci fosse una distanza ridotta tra lui e sua figlia.

Sospirò e si abbassò sul tappeto per prenderla tra le braccia e farla volare per aria, prima di riprenderla con la padronanza data dalla pratica. "Sei pronta per uscire, Lily? Hai voglia di incontrare i tuoi amici dell'asilo?". Naturalmente sì, segnalarono i suoi gridolini entusiasti provenienti dalla sua spalla, su cui aveva appoggiato la testa. Non sarebbe potuta essere solo un po' meno socievole, giusto per farlo felice?
La coprì dalla testa ai piedi per farle affrontare il freddo pungente che aveva invaso la città da qualche giorno, un'operazione più laboriosa del previsto e in cui Lily si dimostrò poco collaborativa, mentre tentava di strapparsi tutti quegli strati di indumenti che, dentro casa, erano semplicemente insopportabili. Era d'accordo con lei.

Aprì la porta appena in tempo perché la piccola furia si precipitasse fuori per essere la prima a raggiungere e premere il tasto dell'ascensore, non senza che fosse necessario un aiuto da parte sua. Era la loro routine. Era la loro vita. Erano le loro risate, i suoi sorrisi, la voce cristallina, le buffe parole che si inventava, lo scintillio del suo sguardo eccitato, le sue piccole conquiste, l'autonomia in rapido aumento e un gusto personale che la rendeva una personcina con una propria individualità.

Sulla via della loro destinazione giornaliera, decise di fare una deviazione. Era solito passare al distretto dopo aver accompagnato Lily all'asilo, e non prima, per una serie di validissime ragioni tra cui quella di non disorientare la figlia, che avrebbe preteso di rimanere con la madre, con il rischio di qualche capriccio al momento di doverla lasciare – soprattutto le mattine in cui non l'aveva incontrata appena sveglia, che erano proprio quelle in cui lui avvertiva maggiormente il desiderio di farle vedere Kate almeno per cinque minuti. Ed era certo che uno dei motivi, se non il primo, per cui Kate era tanto contraria, era proprio il fatto che lei per prima avrebbe faticato a separarsi da Lily. Proprio lei che lo incolpava di viziarla. Sì, la viziava. Viziava tutti. Era forse una colpa? Sarebbe stato felice di dichiararsi colpevole.

Riconosceva che in una vita precedente, molto tempo prima, era stato dominato dell'irrequietudine, come del resto era nella sua natura. E sicuramente aveva poca resistenza alla noia, era il primo ad ammetterlo. Ma quello che avevano, quello che avevano costruito, quello che era stato minacciato, ma si era salvato, aveva avuto l'effetto non tanto di placare la sua sete di avventure, o l'intatta curiosità verso il mondo che Lily aveva ereditato, quanto quello di indirizzarle verso un obiettivo che, nella sua semplicità, era in grado di fargli provare un profondo appagamento per quella che era la sua vita attuale. Era in pace. Era pieno d'amore per il mondo intero, nonostante naturalmente sapesse che il pianeta era pieno di persone cattive che compivano cose altrettanto orribili – se la si voleva raccontare senza troppi giri di parole, proprio come se avesse dovuto spiegarlo a Lily. Come si diceva, se non sai spiegarlo a un bambino, significa che non l'hai capito. E lui invece lo aveva capito perfettamente. Ma nonostante questo, aveva finalmente capito nel profondo che cosa significasse apprezzare l'immenso potere delle piccole cose. Il potentissimo effetto che ne derivava. Amava la magia, ne era un grande sostenitore, ma adesso ci credeva a un livello superiore che gli era stato finalmente svelato. Era così semplice la vita, a pensarci. Così gratificante. Così piena di bellezza. Doveva smetterla, si stava rendendo ridicolo ai suoi stessi occhi. Ma che colpa ne aveva se gliene era stata destinata una fetta così ampia? Il suo unico compito era stato quello di saperla riconoscere e di proteggerla, quando era stato necessario.

Ormai era deciso, nessun ripensamento: sarebbero passati da Beckett a farle una sorpresa. Si sarebbero trattenuti per poco, giusto il tempo di un saluto. Avrebbe potuto scattare una fotografia a Lily e spedirla a Kate per mostrarle come Lily fosse adorabile con il suo piumino nuovo di zecca e il paraorecchie peloso in tinta, ma quanto sarebbe stato più soddisfacente mostrargliela dal vivo? Amava guardare sua moglie che guardava la figlia con un'avidità che non si placava, ma che, anzi, cresceva a dismisura.

Si abbassò, piegandosi sulle ginocchia per essere alla sua altezza. "Vuoi passare a trovare la mamma?". Alla sola idea sua figlia si illuminò, trasformandosi davanti ai suoi occhi. L'idea non piaceva solo a lui, dopotutto.
"Compriamo il caffè per la mamma?", domandò Lily con aria entusiasta, saltellando sul posto.
"Sì, piccola. Vada per il caffè". Sua figlia aveva imparato molto presto quali fossero i gusti di sua madre in fatto di caffeina. "E anche un dolce, magari". Perché non giocarsi il tutto per tutto? Beckett non aveva fatto colazione, prima di uscire, avrebbe apprezzato un inaspettato picco di glicemia a metà mattina. Oh, erano già così in ritardo sulla tabella di marcia? Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per giustificarsi.

Lily gli rivolse un sorriso felice, lo stesso con cui sperava che Beckett li avrebbe accolti, sapendo con certezza che sarebbe andata così. Nonostante l'avesse salutata solo qualche ora prima, si sentiva emozionato come se dovesse presentarsi al loro primo appuntamento. Anche se ci sarebbe stato da dibattere se ci fosse mai stato in effetti qualcosa di vagamente simile a un primo appuntamento tra loro.

Lily lo precedette a passo di marcia, trascinandolo in avanti, decisa a raggiungere il distretto il prima possibile, stringendogli forte la mano, affrontando la città sicura e ottimista come era sempre stata e come sperava che sarebbe sempre rimasta. E con una fiducia incrollabile che lui sarebbe stato alle sue spalle a proteggerla. Proteggere era la sua parola preferita. Era l'essenza stessa del suo amore per loro.

***
Sono sicura di non riuscire a trasmettere nella sua totalità l'incredibile emozione che provo lasciando che questa storia fluisca da me quando vuole, come vuole, senza nessun freno, senza controllarla. Lasciando essenzialmente che "sia". Mi sento così grata. Grazie a chi sta partecipando e aumenta così la mia gioia di darle vita. Silvia

   
 
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