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Autore: Anwa_Turwen    12/12/2017    1 recensioni
1995.
La seconda Guerra Magica sta per iniziare.
La sicurezza degli studenti di Hogwarts è a rischio, mentre il Ministero stesso fa involontariamente il gioco del nemico.
Anche a Evelyn, sedicenne dall'infanzia tutt'altro che tranquilla, la vita offre una seconda possibilità. Deve dimenticare gli anni trascorsi a piangersi addosso, far pace con il passato, prendere coscienza di sé e del mondo a cui appartiene.
Accompagnata da suo severo professione di pozioni, riuscirà la ragazza a superare le sue paure e, finalmente, a crescere?
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Classi e Inconvenienti

 

Quando Evelyn ricevette, seduta a colazione, l'orario settimanale delle lezioni, si domandò per l'ennesima volta se avessero fatto bene ad ammetterla al corso dei G.U.F.O.

Si chiese anche se il Cappello Parlante non avesse sbagliato assegnandola a Serpeverde: fin dalla sera prima era stato chiaro che il sospettoso carattere di tutti i membri della Casa non le avrebbe permesso di andare perfettamente d'accordo con nessuno.

In un primo momento le sue nuove compagne erano sembrate interessate; ma presto fu loro chiaro che non si trovavano di fronte alla persona che avrebbe soddisfatto le loro domande curiose, e che non avrebbe parlato molto di qualsiasi argomento, allora avevano rinviato il momento della socializzazione. Almeno aveva fatto in tempo a conoscere i loro nomi.

Pansy Parkinson era un Prefetto, e aveva tutta l'aria della ragazza montata, illusa di essere importante. Sbavava dietro a Malfoy, l'altro Prefetto, faceva qualsiasi cosa per attirare l'attenzione, ed era assai generosa su ogni tipo di commento sarcastico o falsamente indulgente le sembrasse adeguato a mettere in imbarazzo il prossimo. 

Millicent Bulstrode era classificabile al pari di Crabbe e Goyle per stazza, cattiveria e quoziente intellettivo, mentre per Daphne Greengrass si trattava di una biondina piuttosto snob, che dopo aver osservato un attimo Evelyn con sufficienza, aveva ostinatamente deciso di ignorarla.

Tracey Davis forse si salvava. Si era rassegnata a non far domande, ma almeno non esternava una gran dose di disprezzo nei suoi confronti. 

Evelyn avrebbe voluto troncare sul nascere i pregiudizi, ma dare spiegazioni era davvero sempre stata l'ultima delle sue priorità. Preferiva questo tipo di indifferenza nei suoi confronti, ai comportamenti che sarebbero derivati dalla consapevolezza di ciò che aveva fatto.

Si stava impegnando per non raccontare il passato neppure a sé stessa, a non crogiolarsi nel timore del domani, ma a pensare a studiare e vivere. A ringraziare Silente, l'unico che l'avesse salvata da reclusione e umiliazione. 

Eppure, aveva già in antipatia le sue compagne. Dovette ammettere di ritrovarsi più adatta alla sua Casa di quanto lei stessa non avesse creduto.

Non ne era contenta.

Si concentrò sull'orario; dopo la prima ora, ne avrebbe avute due di Pozioni.

Insieme alla classe di Grifondoro, notò. 

Come materie secondarie aveva scelto Cura delle Creature Magiche, Aritmanzia e Rune Antiche; sapeva a malapena di cosa trattassero. 

Come avrebbe passato gli esami? Chi altri sapeva di lei là dentro, oltre al professor Silente?

Con un accenno delle vecchie ansie che già mostravano le sfumature della paura, si preparò ad andare a Incantesimi.


***


La prima ora durò meno del previsto. Il professor Flitwick l'aveva salutata come nuova studentessa, e dopo una stridula tirata sulla responsabilità che, essendo l'anno degli esami, dovevano aver acquisito, aveva concesso un veloce ripasso.

Evelyn se ne era stata nel suo angolino a sforzare la memoria, ed aveva scoperto che il tempo perduto non l'aveva del tutto privata delle sue potenzialità. Sapeva ancora lanciare un incantesimo senza necessariamente mandare in frantumi la stanza.

Sentì l'umore risalire di parecchi gradini.

Ora la ragazza se ne stava in cortile, al riparo da una fine e persistente pioggia, aspettando la campana per Pozioni. Era impaziente di accendere il fuoco sotto il paiolo, scegliere, tra tutti, gli ingredienti giusti, e dare un caloroso bentornato alla materia.

Era stata una delle sue preferite, uno dei grandi amori della scuola, prima.

Era quella affascinante, piena di mistero, senza bacchetta, senza formule chiare; i risultati erano nascosti da qualche parte, dietro le proprietà degli elementi, attraverso gli effetti delle combinazioni. Necessitava di logica, acume, un poco di inventiva, e tanta, tanta concentrazione.

Non era pronta a ricevere una delusione di qualsiasi tipo, e il primo impatto potenzialmente negativo di ciò che era a Hogwarts il corso di Pozioni non riuscì in alcun modo modo scalfire l'entusiasmo di Evelyn.

I sotterranei erano umidi.

L'aula era fredda.

L'insegnante, gelido.

Entrò facendo gonfiare il mantello, chiuse la porta con un colpo secco, e regalò loro un discorso farcito di disprezzo, assicurando che non avrebbe permesso ad alcuni deficienti di passare ai M.A.G.O., se non con il massimo dei voti.

Assegnò una complicta Bevanda della Pace da distillare nella seguente ora e mezza.

La difficoltà, stava nel non distrarsi mai. Si doveva capire attentamente ogni passaggio, eseguirlo nell'ordine giusto, mettere estrema precisione nel dosaggio degli ingredienti: qualche grammo in più, e l'effetto rischiava di essere un profondissimo sonno perpetuo. 

Dopo molto tempo, dopo anni di rimpianto e di panico disorientato, la ragazza sentì, finalmente, di essere nel posto giusto. Come un'ondata di calore a rinfrancare la sua anima, quella, la classe di Pozioni, il calderone di rame, la piccola e precisa bilancia di ottone, i contenitori con gli ingredienti, erano la sua casa.

Perse lo sguardo e le fantasie oltre la sottile coltre di fumo, osservando la superficie opalescente dell'intruglio sobbollire con calma.

Poteva sentire l'empatia magica scivolarle quasi dalle dita, per trovare perfino nella più comune delle erbe l'attitudine e l'esatta proprietà. Vuoi per il ritrovato amore, vuoi per i fumi stessi della Bevanda della Pace, il risultato era rilassante.

Non ebbe tempo di guardarsi intorno per un bel po', indaffarata com'era tra polvere di Pietra di Luna, sciroppo di Elleboro, direzioni in cui mescolare, fiamma da abbassare, minuti precisi da attendere.

"Un lieve vapore d'argento dovrebbe ora sprigionarsi dalle vostre pozioni" disse il professor Piton.

Evelyn guardò l'orologio: mancavano dieci minuti alla fine.  Trovava la sua pozione abbastanza discutibile: il vapore era un po' troppo denso e tendente al bianco latte. Quando potè finalmente girarsi, si rese conto con un sospiro che esistevano situazioni molto peggiori.

Ad esempio, Piton stava apostrofando un ragazzo occhialuto di Grifondoro che Evelyn aveva l'impressione di aver già visto da qualche parte. 

"Hai fatto tutto quello che c'era scritto alla terza riga, Potter?"

Potter? Era lui Harry Potter? Si trovava nella stessa classe con Il-Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto senza essersene resa conto? 

"Ho dimenticato l'elleboro".

"Lo so Potter, il che vuol dire che questa porcheria è del tutto inutile. Evanesco".

Evelyn si rese conto di provare una certa venerazione nei confronti del ragazzo.  E invece, i suoi compagni Serpeverde gli ridacchiavano alle spalle con noncuranza. 

Doveva trovarlo divertente? 

Consegnò un campione della sua pozione e appuntò di fare una ricerca sulla Pietra di Luna, per compito. Vide lo sguardo del professore una attimo su di lei, e si aspettò quasi che le tivolgesse la parola, poi uscì solamente, diretta alla classe seguente.


***


Per tutta la prima settimana di settembre, Evelyn non potè fare a meno ri vagare per il castello in ammirazione.

Hogwarts era più grande e sfarzosa di qualsiasi posto avesse mai visto. 

Alta ben otto livelli, con le scalinate di marmo che si spostavano a loro piacere, spesso a discapito dei ritardatari. I muri erano popolati da centinaia di quadri e ritratti vivi, i cui soggetti amavano spostarsi di tela in tela e chiacchierare a coppie o passarsi pettegolezzi. Fantasmi giravano liberamente attraverso pareti e corridoi - ce n'era almeno uno per Casa - e lo stesso professore di Storia della Magia era uno di loro!

La cucina, poi, era magnifica, adatta a far tornare l'appetito alla persona più  frugale di questo mondo. 

Il parco e la Foresta Proibita, il grande Lago Nero con la sua piovra gigante, dalle pietre dei sotterranei alle stelle sopra la Torre di Astronomia, tutto era più affascinante, più inglese, più antico e più nuovo, quasi piú magico di quello a cui era stata abituata.

Il Quidditch non era male, aveva visto di meglio.

Eppure, anche Hogwarts portava le sue pecche.  La professoressa Umbridge era una di queste. 

Difesa contro le Arti Oscure: meraviglioso! aveva pensato Evelyn. Aveva cercato di rimuovere il sospetto che sotto a quel nome rassicurante anche a Hogwarts si studiassero le Arti stesse: e così non era stato.

Ma solo teoria, non aveva senso. Aveva una bacchetta e dei poteri, andava a scuola per imparare a sfruttarli, non per leggere pagine di libri e guardare il sorrisino mieloso di una strega bassa, grassa, e terribilmente incompetente. E non era solo questo: la Umbridge era cattiva. Sembrava divertirsi a metterli in difficoltà. 

Già il primo giorno aveva assegnato una punizione a Harry Potter per aver sostenuto il ritorno del Signore Oscuro, e aveva zittito Hermione Granger che aveva contestato il metodo e il libro senza alzare la mano. Aveva quella faccia da rospo sempre sorridente, e quella vocetta acuta e falsa, neanche si stesse rivolgendo a dei abini di cinque anni. Era sadica, più cattiva e sadica di Severus Piton, ed era tutto dire.

Evelyn aveva anche iniziato a leggere i giornali. 

Non era mai stata così attaccata al mondo a cui apparteneva, convinta ormai com'era di guadagnare solo guai. Ma ora, farsi arrivare La Gazzetta del Profeta ogni mattina, e leggerla durante le ricreazione, si era rivelato qualcosa di davvero utile.

Per prima cosa, i giornali li pubblicava il Ministero, e sia i giornali che il Ministero facevano di tutto per smentire il ritorno di Lei-Sapeva-Chi. Così come faceva la professoressa Umbridge.

Mentre il Cappello Parlante aveva parlato chiaro.

Conclusione: la professoressa Umbridge era un'inviata dal Ministero fatta su misura per impicciarsi negli affari della scuola e del preside. Oltre, naturalmente, a generare guai e impreparazione. E questo, oltre a sembrare estremamente ingiusto, era anche irritante.

Un'altra nota stonata per Evelyn, cominciò a sembrare la stessa Casa di Serpeverde. 

Secondo la canzone del Cappello Parlante, necessitava il sangue puro. Cosa che lei era ben lontana dal poter vantare.

Aveva scoperto che il Signore Oscuro stesso e tutti i suoi Mangiamorte provenivano da Serpeverde. Aveva iniziato a notare ovunque le sfumature più sgradevoli del carattere Serpeverde e ad unfastidirsene, perfino con sé stessa.

Con questi pensieri arrivò, all'ora di pranzo del mercoledì, seduta al suo tavolo sotto gli arazzi verde e argento, a servirsi di un pezzo di roast-beef con le patate, cercando di ignorare i chiacchiericci in tutta la sala, e di dimenticare le figuracce appena fatte a Trasfigurazione. Si era resa conto di essere palesemente indietro, in effetti, non era stata meglio di Goyle, e questo la metteva particolarmente di malumore.

Come se non bastasse, Malfoy e Zabini iniziarono proprio davanti al suo naso una discussione sulle rispettive genealogie. Zabini non poteva dirsi fortunato quanto Draco, che affermava di aver sfogliato annali e alberi genealogici, e di non aver ancora trovato l'ultima volta in cui qualcuno della parentela aveva avuto un coniuge non magico.

Pansy sembrava ansiosa di prendere parte al discorso è di giustificare il proprio cognome troppo comune tra i Babbani, mentre Nott non aveva assolutamente nulla da mascherare: tutti sapevano che suo padre era stato un attivo Mangiamorte. 

"E tu, Smyth?" Evelyn alzò il capo di malavoglia "non dici mai niente? Non sei fiera di nulla che ti porti onore?"

Il ghigno di Malfoy non prometteva niente di buono.

"Ma certo" aggiunse il biondo prima che lei potesse ribattere, in tono di improvvisa comprensione. "Smyth. Quale onore potresti pretendere, anche una bestia porta un nome del genere".

Evelyn abbassò il capo e socchiuse gli occhi.

Non era Purosangue, e forse qualcosa in meno che Mezzosangue. 

Respirò profondamente. 

E allora? Cosa le importava della provenienza del suo DNA? Le bastava esistessero i geni magici.

Cominciò ad avvertire un nodo alla gola, posò la forchetta. Intorno, qualcuno ridacchiava.

"Anche le bestie lo portano".

Era un'offesa, ma a lei non doveva importare.

Sentì le pulsazioni aumentare. 

Indifferente. Rimani indifferente. 

Qualcosa nel suo petto vorticava pericolosamente.

Al diavolo l'indifferenza, Malfoy aveva appena insultato la sua famiglia davanti a tutta la classe.

Smyth, così fai il suo gioco.

"Immagino che tu sia d'accordo, allora?" 

Insisteva? 

Alzò uno sguardo freddo dritto negli occhi di Malfoy. 

"Mmm... - continuò lui - mi sa che il Cappello Parlante sta diventano un po' vecchio, perché non lo sostituiscono?  In fondo ha dovuto pensarci un po' prima di piazzarti qui, vero? Immagino che tu lo abbia supplica in ginocch- CHE COSA STAI FACENDO!"

Evelyn non voleva.

Il biondo guardò con orrore nel suo piatto sporco: era spaccato in due identiche metà. Una linea sottile partiva trasversalmente dalla fessura più grande, rigando la porcellana bianca.

"COME HAI FATTO! Alza le mani, ALZALE!" 

Alzò sopra il tavolo le mani aperte, tentando di riprendere il controllo; le girava la testa, e non sapeva se essere più divertita dallo sbigottimento di Malfoy o preoccupata per sé stessa. 

Poi ricordò l'offesa. L'acqua nel bicchiere del ragazzo iniziò a tremolare. 

Lo vide dilatare gli occhi e portare una mano alla bacchetta. Il bicchiere andò in frantumi.

Ora Evelyn tremava. Si chinò e prese la bacchetta dalla borsa.

"FERMA! O vado a chiamare Piton!" 

"No! R-reparo!"

Le stoviglie davanti al ragazzo si ricomposero a fatica. Tutto il tavolo li guardava.

Draco era arrabbiato. Pansy aveva un'espressione disgustata, Daphne colma di disprezzo. Zabini sembrava vagamente impressionato.

Evelyn decise che ne aveva avuto abbastanza e, raccolte le sue cose, se ne tornò in sala comune. 


***


Fu solo quando ebbe alzato la testa dai libri di Trasfigurazione e riposto la bacchetta, che tornò in possesso della capacità di pensare.

Se fino a quel momento aveva preferito allontanare il ricordo della figuraccia fatta a tavola, per concentrarsi sulla montagna di compiti ed esercitazioni assegnati dalla professoressa McGonagall, ora cominciava a rendersi conto di tutto.

O piuttosto, il suo cervello iniziò a proporle una sequela di situazioni più o meno sgradevoli in cui il professor Piton o qualunque altro insegnante scopriva del litigio, la sgridava pesantemente, toglieva un sacco di punti a Serpeverde, la metteva in punizione, la portava davanti al preside, le faceva un discorso di quelli che si fanno ai abini piccoli, o scuoteva tristemente la testa ammettendo il grande errore che avevano fatto ad accoglierla.

Poi le spiegavano davanti a un foglio di carta burocratica che la sua seconda possibilità aveva fallito miseramente, che lei, nonostante i suoi sedici anni, era inguaribile, che per proteggere gli altri e lei stessa era necessario prendere provvedimenti drastici prima che la situazione degenerasse, e la rimandano a casa.

Questa volta per sempre. 

Oh, BASTA, non succederà niente.

Aveva solo rotto un piatto a Malfoy, e non era successo intenzionalmente. 

Mentre lui aveva avuto tutta la volontà di provocarla deridendo il nome e l'onore di suo padre.

Ma d'altra parte, Malfoy era Prefetto, e anche sa la ragazza avesse nutrito l'assurda speranza che dal tavolo dei professori non si fosse visto niente, non ci si poteva aspettare da lui che tacesse. Chissà quanto avrebbe goduto nel metterla nei guai, ora.

Tentando invano di far cessare quei vaneggiamenti, che si concludevano invariabilmente nella più inverosimile delle catastrofi e distruggevano per sempre la sua carriera da strega, Evelyn ripose i libri di scuola, prese il mantello, e si precipitò oltre le scalinate e la sala grande, all'aria fresca cellultimo sole di settembre.

Il lago era immobile, l'erba umida, qualche foglia brunita cominciava ad abbandonare il suo ramo spruzzando tutto intorno di marrone e arancio e oro.

Lei poteva tentare di concentrarsi sul fascino dell'autunno, o sulla casetta abbandonata presso il confine della foresta, ma bisognò che qualcuno la strattonasse con forza da una manica perché si ricordasse del resto del mondo.

Sussultò, voltandosi. 

Riconobbe subito la ragazzina bionda dal limpido e malandrino sguardo celeste che le pendeva dal braccio respirando pesantemente, come dopo una gran corsa.

"Chloe!"

"Evelyn! Che bello, ti ho trovata! Stavo per venire direttamente giù a Serpeverde" ansimò tutto d'un fiato.

"Ah... ehm - che devi dirmi?" 

Chloe si stava frugando con foga belle tasche del mantello, corrucciando le sopracciglia sottili come per qualcosa di importante. "Aspetta... la sto... cercando... oh noh! L'ho dimenticata in sala comune!"

"Come? Cosa hai..."

"Perché non vieni tu su? Dai, ti mostro la sala comune e il mio dormitorio, è bellissimo, tutto rosso e dorato, e ri faccio anche vedere cosa so fare con la bacchetta! Ah, e ti presento Maggie, è la persona più carina del mondo, peccato che si nasconda sempre" e nel dirlo, trascinò per il polso una scolaretta piuttosto timida che avrebbe palesemente preferito rimanere all'ombra della sua schiena.

Poi, afferrato con l'altra mano il braccio della sorella, se le portò energicamente fino alla torre di Grifondoro. 

Evelyn non aveva avuto nessuna intenzione di opporre resistenza. Pensava che l'esuberanza della sorellina avrebbe saputo impegnarla e stancarla abbastanza da non pensare a nient'altro per il resto della serata. E fuggire un poco dai sotterranei non era una prospettiva così spiacevole. 

Però, si chiese, se tutti i Grifondoro erano uguali, che livelli di confusione raggiungeva il dormitorio durante il giorno?

Solo una volta che furono tutte in camera, Chloe decise di essere stata in silenzio troppo tempo. 

"Allora, Ev, lei è Maggie Scamander, la mia amica! Mag, ti presento mia sorella Evelyn. Sta al quinto anno di Serpeverde, e Maggie invece è Tassorosso, ci siamo conosciute l'altro giorno a Erbologia. Maggie non vuole entrare qui, perché pensa che sia contro il regolamento andare nei dormitori degli altri, ma non fa niente, io ce la porto lo stesso. Peccato che voi due non parlate mai, quindi non vedo come possiate fare amicizia".

Alla maggiore girava già la testa. 

Cavolo Chloe, prendi fiato. 

Gettò uno sguardo all'oggetto di tanto entusiasmo.

Maggie Scamander era una ragazzina minuscola con una gran treccia da cui sfuggivano alcuni morbidi ricci, un visetto rotondo, il mento appuntito, e gli occhi dolci e castani più grandi del mondo.

Evelyn si lasciò andare ad un sorriso tirato, e vide la sommità delle guance della piccola Tassorosso imporporarsi mentre incurvava in risposta la bocca sottile.

"Allora, si può sapere perché mi hai portato fin qua su, che se se ne accorge la McGonagall sono guai per tutte e tre?" 

"Quanta fretta Ev! Guarda qui, questo è il mio letto!" e saltò sul materasso di un letto a baldacchino con le tende cremisi aperte. "Guarda! Wingardium Leviosa!" e, tuffatasi a raccogliere la bacchetta dal comodino, Chloe fece levitare una pantofola attraverso la stanza. Esplose in un risolino compiaciuto.

"Maggie però è più brava! È riuscita a far spostare la sua sedia con lei sopra da una parte all'altra dell'aula, stamattina!"

L'altra sorrise e arrossì del tutto. 

Evelyn cominciava già a sentirsi di troppo. Ora voleva che la sorella arrivasse allo scopo della visita, ammesso che ve ne fosse uno.

Invece lei continuava a cercare di spostare oggetti con la magia, probabilmente la sola cosa che sapesse fare. 

"Comunque, Ev, oggi pomeriggio abbiamo avuto Pozioni. Mi sa che non ci capisco niente. Tutti hanno paura del professore ah ah ah, quindi suppongo che dovrei averne anch'io".

Fece una piccola pausa.

"Però, quando alla fine mi ha chiamato, un po' ne ho avuta. Credevo di aver fatto la pozione sbagliata. Dato che non ci capisco niente..." si chinò e raccolse la borsa. "Mi ha dato questa".

"Cosa?" Evelyn realizzò che la mano della sorella stava tendendo verso di lei un pezzetto di carta piegato in quattro, delle dimensioni di un francobollo. 

"Il professore ha detto che è per te. 'Signorina Smyth' ha detto, 'devi dare questo a tua sorella. E guai a te se non lo riceve personalmente entro questa sera'. Sembrava così importante che sono venuta subito a cercarti.".

Il professor Piton. 

Malfoy. 

L'incidente del piatto rotto.

"V-va bene. Grazie. Dirò a Piton che me lo hai dato tu stessa. Ciao Maggie. Ciao Chloe". E la Serpeverde si fiondò giù per le scale provando a non immaginare.

Quando al coscienza ci tortura per un fatto, non sappiamo pensare ad altro, e crediamo che qualunque cosa capiti, sia legata a ciò di cui ci sentiamo colpevoli. Anche se intanto tentiamo di scusarci con noi stessi, e di trovare il verso per scaricare le responsabilità. 

Evelyn era già passata per quella via, e ne era stata duramente ricompensata. 

La sicurezza, anche nella penombra della sua stanza, sembrava precaria.

Aprì il biglietto.


Alla signorina Evelyn Smyth.

Presentati nel mio ufficio alle 17 in punto di domani, giovedì 6.

Prof. S. Piton

   
 
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