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Autore: halsey1696parrish    12/12/2017    1 recensioni
[La Quinta Onda]
Sono arrivati senza preavviso portandosi via ogni cosa.
La nostra vita, la nostra famiglia, le nostre città, la nostra umanità.
Chi rimane combatte per ciò che ha perso, per sconfiggere gli intrusi.
Gli Alti hanno preso anche i nostri volti, ora sono come noi.
Ma loro non avranno mai l'umanità che ci hanno portato via.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'ultima volta che vidi Andy fu ella quarantena della nostra città. 
Erano state allestite tende e lettini in tutta la palestra principale e nel campo da football.

Il retro della scuola si era trasformato invece in una discarica per i corpi non identificati oppure per coloro che non avevano più nessuno. 

La Terza Onda era arrivata da tre settimane e per le strade aleggiava l'odore della morte. 
O la Morte Rossa, come osavamo chiamarla. 
Ti consumava da dentro, fino a farti esplodere in un mare di sangue, letteralmente. All'inizio sembrava una semplice influenza ma dopo vari giorni, anche meno se eri più fortunato, iniziava il calvario. Per alcuni dei più fortunati, la morte era breve, in pochi giorni lasciavano questa terra tormentata da estranei. Mentre per altri la discesa verso i fondali della morte era più lenta e dolorosa. Sangue che sgorgava dagli occhi, dalle orecchie, dal naso e dalla bocca. Come una vera inondazione. 
La Morte Rossa si era portata via mio padre, e insieme a lui anche il novantasette percento dei sopravvissuti alle prime due Onde.

Mi ricordo i giorni passati in quel liceo. Ogni adolescente sogna nella propria vita di salutare il liceo il giorno del diploma, con una toga e una pergamena in mano. Ma io non ho avuto questa fortuna. Vidi l'ultima volta il mio liceo durante la Terza onda, martoriato da malati, pareti macchiate di sangue, lasciato al degrado, con il tanfo dei corpi cremati e un'aureola di fumo e cenere che circondava i piani più alti. Mi ricordo i visi famigliari marcati dalla rassegnazione, visi vuoti e occhi spenti. In loro non vedevo più il luccichio della speranza, quella che stavo perdendo anche io.

L'aereo precipitato nella Prima Onda si trovava ancora nei pressi della scuola e aveva causato oltre due mila morti, un numero nemmeno lontanamente comparabile a quello che avevamo raggiunto con la Morte Rossa.

In un modo o nell'altro, le persone lasciavano questa terra. Morti più brutali rispetto ad altre, ma in un certo senso sceglievano la via più facile.

Quelli a mettersi in gioco erano i sopravvissuti, come me, che anche involontariamente sceglievano di rimaner e combattere. Oppure erano scelti da una forza superiore. 
Non si sa come ma io, mio fratello e mia madre eravamo immuni da quell'epidemia piovuta dal cielo, a causa degli uccelli. 
Ma mio padre non lo era.

Un mese dopo la Terza Onda si era abbattuta su tutto il globo come un messaggero della morte. 
Papà si è ammalato quasi subito, ma il suo calvario è stato lungo. 
Dopo la prima settimana era stato tra i primi cento ad essere internato nella quarantena della nostra città. Di lui non ricordo quegli ultimi istanti, quando la malattia l'aveva consumato fino all'anima. Di lui ricordo i suoi insegnamenti, la sua tenacia e soprattutto il suo bene nei miei confronti. Ricordo il suo sorriso dolce e forte, che mi rassicurava nelle notti di temporale, durante la mia infanzia. Ricordo la prima volta che mi ha dovuto lasciar andare, perché ero diventata grande, una giovane donna sulla soglio della vita. Una vita che non è quella che sto vivendo ora. Anzi quello era sopravvivere.

Dopo tre settimane mio padre ci ha lasciati. Era notte fonda. Una notte buia e senza stelle.

Alcune volte cerco di ricordarmi il mondo prima che gli Altri arrivassero. Non ricordo più le mie abitudini, non ricordo più la mia vita da adolescente. Sembra quasi che la vita prima dell'Arrivo fosse stata cancellata, come se la mia vita ha avuto inizio in quel maledettissimo giorno in cui un A380 è precipitato nella nostra città. Ho cancellato tutto, e se forse un giorno tutto tornerà alla normalità, avrò inciso su pelle questi momenti.

Quando entrai con mio fratello nella quarantena, indossavamo una mascherina, di quelle che portano i medici. Le uniche cose che portavo in quel periodo erano una semplice maglietta nera, logora e dei jeans. Doveva essere all'incirca agosto e faceva leggermente caldo, non come al solito però. Gli Altri avevano cambiato anche il clima forse.

Mia mamma non ce l'aveva fatta a venire con noi per recuperare il corpo di papà.

Superammo i primi letti, barelle e tende divisorie dove c'erano i malati in una fase poco avanzata del virus. Tra quei lettini riconobbi il viso famigliare di Andy. In quel momento non era il mio pensiero principale, la mia vita si era capovolta. Vederlo mi provocava solo nostalgia. Un pezzo della mia vecchia vita e normalità, che stava andando perduto. Anche lui stava abbandonando questo mondo, ma non sapevo che mesi dopo l'avrei rivisto. Proprio lui. 

Era seduto su un lettino, con una maglietta viscida e sporca di sangue e una tuta scolorita, era scalzo. Aveva una bacinella tra le mani, gronda di sangue. Era più pallido del solito e i suoi tatuaggi avevano perso brillantezza. Andrew forse è stato l'unico che rividi di particolarmente famigliare, l'unico della mia vita passata. 

Arrivati alla fine della palestra, sul fondo, dietro un telone bianco, corpi avvolti in lenzuoli macchiati dalla Morte Rossa, corpi che appartenevano ancora ad una famiglia, non erano del tutto soli. Afferrammo il corpo di nostro padre e ci lasciammo alle spalle quel lazzaretto rosso.

   
 
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