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Autore: LizardQueen96    13/12/2017    0 recensioni
Vegeta è ben conosciuto da tutti come il cinico, spietato e orgoglioso principe dei Saiyan. La sua intera tragica esperienza di vita, a partire dall’esplosione di Vegeta-sei lo ha forgiato per essere ciò che tutti hanno imparato a conoscere e ad accettare.
Ma potrebbe essere lo stesso Principe dei Saiyan a non riconoscersi e non accettarsi più.
E se qualcuno intraprendesse un viaggio nel tempo per salvare il borioso principe dal triste destino di distruzione che lo attende che piega potrebbero prendere le cose?
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bra, Pan, Un po' tutti, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Si parte!!! Arriviamo, Vegeta-sei!!!”

Pan cominciò a palesare il proprio entusiasmo per l’imminente, avventurosa partenza, e suo padre non poté fare a meno di sentirsi riempire pian piano il cuore di tenerezza alla splendida visione del radioso sorriso della figlia.

Certo, era perfettamente consapevole del fatto che sarebbe stato stupido pensare che la sua bambina avesse potuto avere una totale ripresa tanto celere dalla propria inspiegabile tristezza. E Gohan di certo, stupido non lo era affatto. Ma vederle nuovamente riflessa negli occhi la luce di quell’inconfondibile, vivace allegria, che caratterizzava il suo paffuto viso di bambina fin da quando era piccola non poté far altro che spingerlo a sorridere inconsciamente a propria volta, a credere nel piccolo barlume di speranza che quella partenza inaspettata e improvvisa aveva aperto, in diversa misura, davanti a tutti loro.

Sapeva fin dall’inizio che quella sarebbe stata la soluzione migliore. Sapeva quanto fosse stata un’idea geniale quella che aveva avuto. Ma nonostante l’entusiasmo, la razionalità dei propri progetti, la speranza di poter riconoscere nuovamente la bambina allegra che aveva imparato ad identificare in Pan, sentiva bruciare dentro il cuore il peso opprimente di un atroce macigno.

Qualsiasi cosa fosse successa alle due bambine si sarebbe sentito il primo responsabile. Si sarebbe sentito il responsabile di ogni cosa. Di ogni pericolo, di ogni sofferenza, di ogni intimo timore che avesse potuto assalire anche per un solo istante, i loro cuori. Avrebbe vissuto tutte le giornate che lo separavano dal giorno fatidico del loro ritorno a casa con l’anima in pena, avrebbe trascorso con il cuore colmo di ansia ogni momento passato lontano dalla sua dolce, piccola Pan.

La serenità gli sarebbe stata nuovamente concessa solo col calore di un suo abbraccio, solo nel momento in cui avrebbe potuto stringere nuovamente contro il proprio petto il viso roseo del suo piccolo angelo, quando quella pericolosa avventura fosse finita per sempre.

Sperò per lo meno che non fossero vane le aspettative che nutriva, insieme a tutti gli altri, per quell’impresa. Sperò che la missione che tutti insieme avevano ingegnato con tanto impegno, mossi dalla più viva speranza, desse delle soddisfazioni a coloro che avevano impiegato un tale dispendio di sogni e di energie.

Sperò vivamente che la sua bambina potesse trovare tutto ciò di cui avesse bisogno per accantonare definitivamente le ombre che avevano preso a pesarle sul cuore.

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“Bene ragazze, siete sicure di non aver dimenticato nulla che possa servirvi?”

“Certamente, Bulma non preoccuparti. E’ tutto sotto controllo!!” Esclamò entusiasta Pan, carica di allegria.

Pareva che in un batter di ciglia fosse tornata ad essere la bambina di sempre. La bambina che la sua famiglia aveva avuto lo sciocco ed infondato timore di non rivedere mai più. E quel repentino quanto inaspettato cambiamento ebbe l’effetto immediato di generare nel cuore dei presenti un profondo senso di fiducia nella buona riuscita di quella pericolosa missione.

Chiunque pareva a prima vista tranquillo, fiducioso, rincuorato. Rincuorato dalla visione della grinta e dell’energia che visibilmente traboccava dai volti sicuri delle due giovani guerriere.

L’unico componente del gruppo a palesare la propria preoccupazione era Bulma.

Infatti, nonostante il fatto che Goku e Gohan l’avessero ampiamente tranquillizzata a proposito dei pericoli nei quali le due giovani avrebbero potuto imbattersi e soprattutto a proposito della loro straordinaria qualità di guerriere, la turchina non riusciva ad affrontare quella partenza con la stessa leggerezza d’animo di tutti gli altri. Nutriva in fondo il cuore il timore atroce che potesse capitare qualcosa di terribile, a discapito delle ottimistiche previsioni effettuate dalla vecchia Baba.

“Ho un’ultima cosa di cui parlarvi, ragazze. Vegeta-sei è scomparso esattamente 32 anni fa, all’epoca in cui Vegeta aveva circa 18 anni. * Perciò credo che sia sufficiente per voi giungere lì un anno prima della presunta esplosione, ovvero 33 anni fa. La navicella, come potete vedere, è apparentemente molto simile a quella utilizzata abitualmente dai Saiyan, perciò ovunque atterriate non dovrebbero esserci problemi. Probabilmente ci starete un po’ strette ma non ho potuto fare diversamente. E’ già stata un’impresa non indifferente riadattare la macchina del tempo per renderla simile ad una qualsiasi altra navicella!!

Come stavo dicendo, la distanza temporale che dovrete percorrere è notevole, perciò impiegherete circa un mese per arrivare a destinazione.”

“UN MESE INTERO?! Come sarebbe a dire?!”

Bra strabuzzò gli occhi, visibilmente esasperata a quella nefasta notizia.

Come avrebbe trascorso un intero mese su una navicella spaziale in compagnia di Pan? Si sarebbe certamente annoiata a morte. Senza considerare ovviamente il fatto che sarebbe stata sprovvista di qualsiasi cosa che, nella diversa circostanza della sua allegra quotidianità, avrebbe potuto costituire per lei un trastullo.

E in più, come se tutto ciò non fosse bastato, non le sarebbe stato concesso neppure lo spazio vitale per starsene per fatti suoi, con la compagnia unica delle sue riviste di gossip e del suo cellulare.

“E’ per papà, tutto questo è soltanto per papà. La sua felicità vale molto di più di uno stupido sacrificio.”

“Mpf. Cerca di non lamentarti troppo, carina. Purtroppo ne convengo, non sono stata in grado di diminuire ulteriormente il tempo necessario per effettuare il viaggio. Ma ho posto un rimedio a questa mia piccola mancanza. Potrete trascorrere il tempo del viaggio allenandovi per i combattimenti che dovrete affrontare una volta arrivate nella piccola palestra che ho costruito appositamente per voi! Pensate un po’, nella minima quantità di spazio che ho avuto a disposizione sono riuscita persino ad installarvi dentro una piccola Gravity Room. Senza considerare naturalmente il fatto che avrete la possibilità di discutere al meglio sulle modalità e sullo svolgimento del vostro piano, e soprattutto che avrete a disposizione tutto il tempo necessario per indossare i vostri travestimenti e calarvi nei panni dei vostri nuovi personaggi! Dico bene?”

Perfetto. Mi toccherà discutere tutto il tempo con quella zucca vuota di Bra, e come se non bastasse dovrò addirittura allenarla. Ma in fondo forse ne vale la pena, forse servirà a qualcosa. Forse riuscirò a dimenticarti definitivamente dopo tutto questo, Trunks.”

 “Bene, credo di avervi detto tutto ciò che dovevate sapere. Buon viaggio ragazze, e abbiate giudizio. In bocca al lupo.”

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Chiusosi il portellone alle loro spalle, le ragazze si guardarono intorno stranite.

Dal momento in cui era stata fatta loro la proposta di intraprendere quella missione, le loro giovani menti non avevano abbandonato quel pensiero neppure per un singolo istante. Eppure, solo trovarsi a bordo di quella navicella, solo sentirsi addosso l’inconfondibile adrenalina dell’avventura, del pericolo, servì a rendere le due ragazze seriamente consapevoli del fatto che l’avventura fosse cominciata per davvero.

Entrambe poterono avvertire quasi nello stesso istante un tremito percorrere la schiena in tutta la sua lunghezza.

Entusiasmo, terrore, irrequietezza, impazienza, inquietudine.

Contrastanti erano i sentimenti che si agitavano nei loro giovani animi confusi, senza che le due ragazze fossero tuttavia in grado di scegliere quale tra questi sentimenti prevalesse sull’altro.

Erano sicuramente felici, comunque. Felici di trovarsi lì dov’erano.

 

L’ambiente nel quale si trovavano era molto più ampio rispetto a quanto non apparisse dall’esterno, ma ugualmente gli spazi erano alquanto limitati rispetto alle ordinarie necessità di due adolescenti.

Contro la parete opposta rispetto alla loro posizione erano situati i comandi della navicella, mentre alle due estremità della vettura si trovavano rispettivamente la palestra, un bagno e una piccola cucina. Infine, esattamente al centro del piccolo ambiente erano posizionati due letti.

Alle due ragazze parve ottimisticamente che ogni cosa fosse perfetta e che, soprattutto, il tutto rispondesse perfettamente ad ogni tipo di necessità. Nonostante il pessimismo iniziale, dunque, le due ragazze si ritrovarono all’inizio dell’avventura pronte ad affrontare ogni tipo di avversità con la migliore disposizione d’animo che si possa immaginare.

“Bene, direi che è tutto pronto. Preparati al decollo, Pan.”

Così, dopo aver indossato le ampie tute spaziali, le due ragazze presero posto sugli appositi sedili posti di fronte ai comandi di pilotaggio e, allacciate le cinture di sicurezza, furono definitivamente pronte alla partenza.

“Reggiti forte Pan. Stiamo per decollare.”

La giovane Bra, abile quanto la madre in fatto di tecnologia, azionò velocemente la navicella, digitando con aria esperta ed assorta sul tabellone dati e simboli apparentemente insignificanti, cosicché nel giro di qualche istante la macchina del tempo fu pronta per alzarsi dal suolo, dando finalmente inizio a quel viaggio tanto atteso.

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“Bene, direi che abbiamo superato la turbolenza iniziale. Possiamo slacciare le cinture di sicurezza, mettere via queste stupide tute spaziali e cominciare a rilassarci.”

Pronunciate queste parole Bra abbandonò repentinamente la propria postazione e si liberò dell’ingombrante tenuta spaziale.

“Ma come, te ne vai? Non dovresti stare attenta ai comandi?” Domandò Pan, in un misto di confusione e timore.

Per tutta risposta Bra ridacchiò.

“No Pan, non è necessario. Dimentichi che non ci troviamo nello spazio, bensì in un’altra dimensione. Prova un po’ a guardare fuori attraverso i vetri. Non c’è alcun ostacolo di fronte a noi.”

Pan, slacciate a propria volta le cinture di sicurezza si diresse con curiosità verso una delle ampie vetrate poste ai due lati esterni della navicella.

E ciò che si mostrò ai suoi occhi la lasciò di stucco. Poiché era come se la navicella sulla quale si trovavano stesse attraversando il vuoto. Intorno a loro regnava infatti la più totale oscurità, e, come aveva detto Bra, nessun ostacolo si opponeva al loro avanzare nel nulla, quell’immensa infinità non offriva alcun diversivo per contrastare la totale supremazia di quelle opprimenti, desolate tenebre. Nessun astro faceva dono del proprio bagliore per rendere adorna di luce quella notte sconfinata, nessun corpo celeste, nessuna forma di vita faceva sfoggio della propria presenza di fronte agli occhi attoniti della giovane corvina. Poiché intorno a loro regnava il nulla.

Pan si sentì inspiegabilmente stordita, impaurita. Per la prima volta, da quando aveva permesso che la sua giovane mente fosse intasata completamente dal pensiero di quella missione, si capacitava realmente dello stato di cose nel quale era venuta improvvisamente a trovarsi.

Era sola, completamente sola. Sola come non lo era mai stata in tutta la sua vita. Qualsiasi pericolo si fosse scagliato contro di lei, qualsiasi terribile nemico avesse attentato alla sua vita, il nonno Goku non ci sarebbe stato. Trunks e Ub non ci sarebbero stati. Il suo adorato papà non sarebbe accorso a salvarla.

Avrebbe dovuto affrontare le avversità con l’ausilio unico delle proprie forze, sulle proprie potenzialità e su null’altro avrebbe potuto contare. Quell’avventura, nella sua interezza, avrebbe costituito una prova, una dura prova.  Una prova dall’esito sconosciuto, un esame difficile.

Ma la piccola Pan sentiva come mai le era successo prima di allora, che il momento fosse arrivato.

Era finalmente arrivato il glorioso momento di dar prova a se stessa e a tutti coloro che le volevano bene della portata dei propri miglioramenti, della propria incredibile forza di volontà, del fatto soprattutto che da quel momento in avanti avrebbe potuto cavarsela da sola, in ogni circostanza. Del fatto che Pan Son non fosse più soltanto una bambina.

Perché Pan era una donna ormai, a tutti gli effetti. E soprattutto, era diventata un forte guerriero.

Un guerriero capace di affrontare da solo le proprie battaglie e di vincerle, un guerriero capace di farsi strada a testa alta tra le più atroci difficoltà.

Una donna capace di accantonare un amore impossibile, un amore non ricambiato come fosse carta straccia, e andare avanti.

Una donna capace di vivere nel mondo, di superare le delusioni e di trovare una nuova ragione per la quale essere felice.

Tutte queste idee che avevano preso improvvisamente ad agitarsi nell’animo della giovane avevano causato un atroce sconvolgimento nella sua mente confusa.

La piccola Pan si sentì strana. Poiché quei pensieri avevano sortito su di lei un effetto contrastante. L’avevano terrorizzata, ma inspiegabilmente eccitata al tempo stesso. L’avevano riempita di quell’adrenalina che si fa largo nel corpo di ogni guerriero Saiyan percorrendone le membra per intero nel momento in cui si trova di fronte ad un’avventura pericolosa, ad un nuovo nemico.

E capacitandosi di questi pensieri si sentì improvvisamente, inspiegabilmente felice. Sorridendo tra sé si liberò con calma dall’ingombro della tuta spaziale, e si adagiò comodamente sul letto che le era stato destinato accanto a Bra, che vi si era già accomodata a partire dal momento in cui Pan aveva cominciato ad occuparsi delle proprie congetture mentali.

“Bra?”

“Mh?”

“So perfettamente che prima di adesso non siamo abbiamo mai provato molta simpatia l’una nei confronti dell’altra … Ma dal momento in cui abbiamo una quotidianità da trascorrere insieme, mi chiedevo se non potessimo fare uno sforzo per cercare di andare d’accordo e … beh … essere amiche.”

Bra sorrise.

“Certamente, mi sembra un’ottima idea. Dovremo imparare a convivere per un periodo di tempo abbastanza lungo, e se fossimo in conflitto tra noi le cose potrebbero rivelarsi più difficili del previsto. Inoltre penso che sarebbe una noia mortale trascorrere tutto questo tempo senza poter parlare di nulla. Perciò, a partire da questo momento puoi considerarmi una tua amica.”

Pan sorrise rincuorata a sentir pronunciare quelle parole, perché erano giunte alle sue orecchie tranquille, serene, dolci. Quel breve discorso, pronunciato con tale dolcezza da una persona come Bra le era apparso assolutamente inusuale, inaspettato.

E la giovane corvina, a partire da quel momento, ebbe modo di riconsiderare e ribaltare il proprio precedente affrettato, aspro giudizio a proposito della turchina che, incontrastato, era sempre rimasto riposto in fondo al suo cuore.

Fin da quando era una bambina aveva avuto l’abitudine di considerare Bra come tutt’altro che una persona anche solo lontanamente interessante.

L’amica, o la presunta tale, era sempre apparsa ai suoi occhi come null’altro che una bisbetica, antipatica, stupida oca, come un essere che mai, per nessuna ragione al mondo avrebbe potuto avere qualcosa a che fare con lei. Né tantomeno Pan avrebbe voluto averla tra i piedi, in nessuna circostanza. Erano sempre state fin troppo diverse, loro.

Eppure, per quanto Pan non si fosse mai posta la problematica di essere strana rispetto al resto del mondo, per quanto non le fosse mai capitato di avere problemi di autostima, provava un inspiegabile senso di inferiorità nello starle accanto. Provava quasi la sensazione di trovarsi in presenza di un essere soprannaturale, inarrivabile quasi.

Perché Bra, per quanto ai suoi occhi potesse essere apparsa sciocca e insopportabile, era semplicemente splendida. Lo era sempre stata. Del resto, come avrebbero potuto le cose essere diverse? Era una principessa in fondo. Molto particolare, con ben poco di principesco probabilmente, ma pur sempre una principessa.

Non lo avrebbe mai confessato a nessuno al di fuori di se stessa, ma aveva sempre provato un’irreprimibile forma di invidia nei suoi confronti. Invidiava la sua innata capacità di suscitare l’ammirazione generale, la sua bella presenza, la sua straordinaria, naturale dote di riuscire a star sempre al centro dell’attenzione, il successo indiscusso che, in ogni ambito, riusciva sempre a riscuotere.

Lei, al confronto, altro non era che una misera, insignificante, figura.  

Pan Son era semplicemente una secchiona, bruttina e un po’ maschiaccio, con una potenza e un’ingordigia tali da spaventare anche il più coraggioso dei ragazzi che avesse deciso di invitarla al cinema.

Null’altro.

La giovane corvina era perfettamente consapevole di questo stato di cose. Per questo motivo non poteva affermare di essere mai stata completamente soddisfatta del proprio personaggio. Né mai era stata fin troppo contenta di ciò che col tempo, passivamente, si era ritrovata a diventare.

Essere primogenita, nonché unica figlia di Son Gohan e di Videl era una grossa responsabilità. Una responsabilità di cui Pan non aveva mai avuto troppa voglia di farsi carico.

 

Poiché lei sentiva di essere venuta al mondo per qualcosa di diverso rispetto a quanto la sua famiglia, per abitudine, soleva aspettarsi da lei. Sentiva di essere nata per vivere l’avventura, per sentirsi inebriare dell’adrenalina del combattimento, per cimentarsi in esperienze nuove e sfrenate.

Aveva sempre pensato, con ogni cognizione di causa, che la sua vita non facesse per lei. Poiché si sentiva quasi come se fosse stata vittima di un’ineluttabile prigionia. Si sentiva come rinchiusa in una gabbia monotona e desolata, in una prigione in cui aveva cominciato a sentirsi troppo stretta.

Nessuno si era mai cimentato nella missione di starle accanto tanto da capire quanto si sentisse frustrata. Era Pan Son, ma nessuno l’aveva mai riconosciuta come tale. Era sempre stata ‘la nipotina di Mister Satan’ per i compagni di scuola, ‘la figlia di Son Gohan’ per tutti gli insegnanti delle scuole più prestigiose, ‘la nipotina di Goku’ per gli amici di famiglia. L’ombra insignificante di personaggi ben più importanti e interessanti di lei. Poiché in fondo lei non era mai stata altro che una mocciosa bisbetica e isterica, piagnucolosa e capricciosa.

Non sarebbe mai stata come Son Goku, né come Son Gohan. Non avrebbe mai eguagliato le straordinarie doti di guerriero del nonno, pur avendone ereditato una parte, non avrebbe mai raggiunto la preparazione del padre, pur essendo sempre riuscita ad ottenere dei buoni risultati nel corso degli studi. Non avrebbe mai raggiunto la popolarità del nonno Satan, mai avrebbe riscosso tra la gente tanta ammirazione.

Poiché lei, in fondo, era null’altro che un’insignificante mediocre. La piccola Pan continuava a ripetere a se stessa che fosse proprio questo il primordiale motivo per cui tutti gli amici che aveva intorno, nonostante le fossero molto affezionati, non l’avessero mai presa sul serio.

E se Bra era diversa era certamente migliore di lei, sotto ogni punto di vista.

Impeccabile in ogni attimo della sua vita, i suoi capelli erano morbidi e ordinati anche in mezzo alle tempeste, portava abiti griffati e alla moda, abbinati naturalmente agli accessori più svariati e costosi, indossava con incredibile leggiadria borse e scarpe diverse ogni giorno, e aveva un meraviglioso corpo da modella.  E nonostante fosse altezzosa, snob e antipatica praticamente tutti i ragazzi della scuola le erano sempre morti dietro. Senza che lei li avesse mai degnati di uno sguardo, naturalmente.

Somigliava più ad una divinità che ad una semplice ragazzina di 17 anni. E beh, in fondo forse un po’ speciale lo era davvero. Era figlia di quei due matti di Vegeta e Bulma in fondo, e quel che è peggio, era la copia esatta di suo padre. Una principessa spocchiosa e insopportabile.

E lei, ancora una volta, non era null’altro che una squallida ombra al suo fianco. Era nulla di più che una misera terza classe, secchiona e maschiaccio.

E se Pan praticamente da sempre si era ostinata a credere che la straordinaria bellezza di Bra altro non fosse che l’involucro di una testa vuota, il vano, splendido involucro di una semplice oca, in quel preciso istante, osservando attentamente i grandi occhi di zaffiro della turchina, non poté far altro che capacitarsi della superba intelligenza che traspariva da quello sguardo un po’ truce. Somigliava a Vegeta, incredibilmente. E proprio a partire da questo dato di fatto, oca non poteva esserlo affatto.

“Cosa ti prende Pan? Sai, praticamente tutti sono preoccupatissimi per te. Nessuno ha la più pallida idea di cosa possa esserti successo per renderti così giù di corda.”

“C-cosa? Oh, nulla Bra! Mi dispiace che tutti si siano preoccupati per me, ma credimi questa preoccupazione generale è assolutamente eccessiva e infondata!! Sono solo un po’ stanca perché negli ultimi tempi ho dovuto sostenere molti esami a scuola, e beh, questa vacanza rilassante è proprio cascata a pennello!! Eheheh!!!”

Pan, in uno di quei gesti che tanto la rendevano tanto simile a suo nonno e a suo zio Goten si grattò la nuca ridacchiando, in preda al più totale imbarazzo. E a vederla in quello stato Bra alzò involontariamente un sopracciglio e si lasciò sfuggire una risata sommessa.

“Stai mentendo Pan. Lo so perché somigli incredibilmente a tuo zio Goten. E’ per via di un ragazzo, non è vero?”

Pan abbassò tristemente lo sguardo verso il basso senza rispondere, per evitare così gli occhi indagatori della turchina.

“Scusami per essere stata indiscreta, Pan. Di certo non sei costretta a parlarne con me se non ti va.”

Pan sembrò incerta sulla risposta da dare. Ma in seguito ad una veloce analisi sulla situazione si ritrovò a constatare che sfogarsi per la prima volta nella sua vita non avrebbe potuto farle altro che bene.

“Si, si tratta di un ragazzo, Bra. Sai, non ne ho mai parlato con nessuno prima di adesso … Beh, in realtà non c’è molto da dire, a me piace lui e a lui piace un’altra … Tipico.”

“Posso chiederti chi è?”

Pan arrossì violentemente a quella richiesta assolutamente indiscreta. Non avrebbe potuto rivelarle il suo nome. Sarebbe stato troppo imbarazzante parlare di lui proprio con sua sorella.

“Ehm, sarebbe meglio di no Bra, non lo conosci neanche!”

Pan, quasi inconsciamente si portò la mano alla nuca, ripetendo nuovamente il gesto abituale che fino a qualche attimo prima aveva smascherato le proprie menzogne.

E Bra a questo punto non fu in grado di trattenere le risate.

“Si tratta di Trunks, giusto?”

Pan strabuzzò gli occhi incredula. Poiché incredulità e sbigottimento furono gli unici sentimenti possibili per lei in quell’istante. La ragazzina non riuscì a spiegarsi in tempi decenti come avesse potuto Bra, che peraltro non ne sapeva assolutamente nulla di lei fino a qualche istante prima, calarsi in maniera così perfetta e profonda nella sua psicologia e riuscire a cavare in tempi tanto brevi delle informazioni così riservate.

Bra non era semplicemente tutt’altro che un’oca, diversamente da quanto poteva apparire attraverso un’analisi superficiale dei suoi abituali comportamenti. Paradossalmente si era rivelata una delle persone più astute che Pan avesse mai incontrato in tutta la sua vita.

La mancata risposta di Pan alla domanda che le era stata appena posta pose Bra di fronte alla ferrea consapevolezza di aver colto nel segno. In fondo come avrebbe potuto non capire un dato di fatto tanto chiaro? Non era certo una sciocca, lei. Non avrebbe potuto non accorgersi degli sguardi carichi di malcelata malinconia che la giovane corvina rivolgeva praticamente ininterrottamente al fratello in occasione della rimpatriata, non avrebbe potuto fraintendere una dimostrazione d’amore tanto palese. Eh già, nulla poteva sfuggire ai suoi attenti e vigili occhi di zaffiro.

“Mi dispiace molto, Pan … Ma che vuoi farci? Nulla va mai per come avremmo sperato noi. Ma non disperare. E’ sciocco farlo alla nostra età, non credi? E poi, sono sicura che l’occasione ti si presenterà davanti quando meno te lo aspetti. Succede sempre così. Sei una bella ragazza, e se cominciassi a truccarti un po’ e a curare maggiormente il tuo aspetto sono pronta a giurare che un sacco di ragazzi ti farebbero la corte!!”

Pan si voltò infastidita dalla parte opposta. Detestava profondamente che fosse toccato quel tasto dolente. Poiché sapeva quanto Bra avesse ragione. Era perfettamente consapevole di quanto quelle fastidiose parole fossero vere.

“Ti ringrazio infinitamente per i tuoi preziosi consigli, Bra. Ma credo di poterne fare a meno, almeno per il momento.”

La giovane si sdraiò sul letto su di un fianco, voltando le spalle alla turchina.

“Scusami Pan, il mio non voleva affatto essere un insulto. Il contrario piuttosto. Comunque se non ti va possiamo smettere di parlarne. Abbiamo molte altre cose di cui discutere del resto.”

 

“Già, la missione. Parlando di queste sciocchezze me ne ero addirittura dimenticata. Dannato Trunks.”

 

“Già. Come sarebbe opportuno comportarsi secondo te una volta arrivate lì? Un po’ come farebbe Vegeta?”

“Mmm … Suppongo di si. E in questo non dovrei avere molte difficoltà.”

“Credi che sia utile allenarsi prima dello sbarco?”

“Allenarsi sarebbe sicuramente molto utile, ma a dir la verità non è che ne abbia molta voglia, Pan. In fondo quando arriveremo mancherà ancora un anno intero all’esplosione del pianeta, avremmo tutto il tempo necessario per allenarci una volta arrivate lì, no?”

“Forse hai ragione tu. Anche io non ho molta voglia di allenarmi ad essere sincera. In fondo è un po’ come se fossimo in vacanza, no?”

“Piuttosto singolare come vacanza. Non credo che quell’assurdo pianeta sia mai stato una rinomata meta turistica.”

Le due ragazze si guardarono e scoppiarono a ridere all’unisono.

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Il tempo del viaggio trascorse più velocemente di quanto le ragazze avessero potuto immaginare in una pessimistica previsione. Le giornate sbarrate sul loro calendario di viaggio si erano moltiplicate in maniera incredibilmente veloce, quasi senza che le ragazze se fossero accorte.

Avevano avuto modo di approfondire il loro rapporto, Bra e Pan, e avevano scoperto di andare d’accordo, molto di più di quanto non fosse nelle loro iniziali aspettative. Incredibilmente avevano scoperto di avere molte cose in comune, di essere incredibilmente simili sotto molti punti di vista.

E ciò non poté esser altro che un incentivo in più a rendere ottimistiche le previsioni per quel loro bizzarro soggiorno.

 

“E’ meglio cominciare a prepararsi Pan. Rimetti a posto le tue cose, mancano soltanto 24 ore all’atterraggio.”

“Wow, finalmente, sono emozionatissima!!!” Pan cominciò allegramente a correre per la navicella nella più entusiasta e forsennata ricerca della propria vita. Radunati velocemente tutti gli effetti personali all’interno del proprio bagaglio, tirò fuori dall’armadio i travestimenti che avrebbero dovuto indossare.

Pan dispiegò le tute da combattimento che Bulma si era premurata di confezionare appositamente per loro, e per la prima volta ebbe curiosità di osservarle.

La parte superiore della tuta era costituita da una salda corazza, mentre la parte inferiore da un semplice tessuto resistente ed elasticizzato. La divisa in sé era molto simile a quella abitualmente utilizzata da Vegeta stesso durante i combattimenti, ma la differenza sostanziale era costituita dal colore. Le tute che Bulma aveva confezionato per loro erano infatti di colore verde.

In base alle spiegazioni che la turchina aveva preventivamente fornito loro, il colore blu era riservato esclusivamente alla nobiltà, mentre le classi subalterne avrebbero dovuto utilizzare un colore che contraddistinguesse la loro differente condizione sociale.

La distinzione tra il vestiario maschile e quello femminile Saiyan era costituito unicamente da un lungo strascico, il quale aveva origine dalla corazza superiore. Infine, a rendere l’armatura completa c’erano i guanti e gli stivali, entrambi bianchi, perfettamente identici a quelli utilizzati da Vegeta.

Pan pensò entusiasticamente che quell’uniforme fosse a dir poco meravigliosa.

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“Guarda Bra, non è splendida??”

La corvina, elettrizzata come non mai, si liberò velocemente dall’ingombro dei propri vestiti, restando in biancheria intima. In maniera altrettanto celere indossò quindi la propria tenuta Saiyan, per poi correre a specchiarsi.

“Wooow, sembro proprio un guerriero Saiyan!! Sarà un’impresa smascherarci per quegli scimmioni!!”

“Mpf, se penso che dovrò passare un anno intero su quel pianeta con queste porcherie addosso mi sento svenire!”

La piccola Bra indossò stizzita la parrucca e la coda artificiale che sua madre aveva avuto la premura e la genialità di prepararle.

“DANNAZIONE!!”

“Mh? Che ti prende Bra?”

“Non abbiamo pensato alla cosa fondamentale! Dobbiamo inventarci dei nomi Saiyan!! Ci sgamerebbero subito se gli rivelassimo i nostri veri nomi!!!”

“Hum? E quale potrebbe essere secondo te un nome Saiyan?”

“Beh, se tuo nonno si chiama Kakaroth e mio padre si chiama Vegeta è ovvio che i nomi Saiyan si ispirino alle piante o alla vegetazione. Dunque direi...”

“Mmm, Cipolla e Zucchina, che ne dici?”

“Ma che razza di idiozia è mai questa? No, mi rifiuto categoricamente di farmi chiamare Zucchina!!”

“Beh, allora sono spiacente, ma non ho altre idee…” Affermò infine Pan, in preda alla più totale confusione.

“Meglio non pensarci. Stiamo per atterrare e se tutto va bene non dovremmo incontrare nessuno scocciatore che voglia sapere il nostro nome. Allacciati la cintura di sicurezza Pan. Tra dieci minuti esatti atterreremo sul suolo di Vegeta-sei.”

 

Pan ebbe un sussulto. Nuovamente le sensazioni che aveva provato il giorno della partenza si erano fatte largo nella sua anima, e un misto di eccitazione e paura fece aumentare vertiginosamente i battiti del suo cuore. Meccanicamente, quasi tremando, si allacciò le cinture, aspettando impazientemente che quella dannata attesa avesse fine.

“Perfetto, eccoci arrivate.”

Entrambe le ragazze si liberarono dall’impaccio delle cinture e furono pronte a scendere dalla navicella.

Aperto il portellone e ritrasformata velocemente la navicella in una capsula, ebbero finalmente modo di placare la grandiosa curiosità che le aveva accompagnate per tutta la durata del loro viaggio.

E ciò che si mostrò ai loro giovani occhi le lasciò attonite e senza fiato.

Un cielo, inaspettatamente rosso, ospitava ben due astri simili al Sole, mentre della luna invece non c’era alcuna traccia.

La città, o presunta tale che fosse, non aveva nulla di simile alle grandi metropoli terrestri. E neppure al più piccolo e insignificante dei borghi. Al contrario, guardandosi intorno si aveva l’impressione di trovarsi in un villaggio abitato da barbari.

Intorno alle due giovani regnava la più tetra desolazione. Il terreno non era asfaltato in nessun punto, gli edifici, rudi e austeri, risultavano sparsi e apparentemente costruiti senza alcun criterio, le abitazioni erano più simili a grotte che a normali alloggi, nessun elemento artistico smorzava quella rigidità inquietante che rendeva inconfondibile quell’ambiente tetro.

Un’unica costruzione spiccava rispetto alle altre per la propria incredibile imponenza. Essa, dal peculiare stile duro e austero, era situata sul punto più alto del terreno circostante. Costituita interamente in pietra, pareva molto più simile ad un enorme masso, tanto alto da dare l’impressione di voler squarciare il rosso manto del cielo.

Con ogni probabilità doveva trattarsi della reggia.

Non sarebbe stato facile raggiungere Vegeta, certo. Ma per lo meno sapere dove andare a cercarlo costituiva per le due ragazze un piccolo sollievo nel profondo mare di inquietudine nel quale si sentivano di sprofondare.

Infine, persino la bizzarra vegetazione che adornava quell’orrido ambiente servì a completare un quadro che di per sé non era troppo entusiasmante.

Piante dalle forme e dai colori più svariati facevano capolino da ogni dove, fornendo un nascondiglio a forme di vita animale parecchio strane.

Alieni in divisa e Saiyan dalle fantasiose capigliature percorrevano freneticamente quelle vie, piccole navicelle spaziali dalla forma sferica atterravano e decollavano in un susseguirsi ininterrotto e infinito, rendendo per la prima volta partecipi le due giovani Saiyan della caotica quotidianità di una città di quel pianeta, tanto sconosciuto eppure al contempo familiare, che ben trentatré anni prima rispetto alla loro epoca era stato ridotto in macerie da un unico, ben assestato colpo.

Uomini e donne dagli sguardi truci passavano loro accanto con aria indifferente, senza minimamente crucciarsi o anche semplicemente curarsi della loro presenza.

A questa constatazione entrambe tirarono un sospiro di sollievo.

Sarebbe stata un’impresa ardua portare a termine quella missione, ma per lo meno il primo dei tanti obiettivi era stato portato a termine. Riuscire perfettamente nella mimetizzazione.

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Paura. Sconsolazione. Solitudine. Voglia di mandare tutto allo scatafascio e correre nuovamente a casa, come mocciose piagnucolose.

Era questo ciò che provavano entrambe.

Parve infatti a tutte e due che il coraggio, la grinta e la forza di volontà fossero loro venute a mancare nel momento in cui più di ogni altro ne avevano bisogno. Nel momento esatto in cui erano venute a contatto con quella realtà tanto cruda, tanto fredda.

Tanto diversa rispetto a tutto ciò che per loro era sempre stata consuetudine.

Tuttavia entrambe decisero di resistere. Entrambe avrebbero opposto tutte le proprie forze a quell’incontenibile terrore, avrebbero portato a termine quella missione. Avrebbero dimostrato che potevano farcela, da sole.

Pan si sentì improvvisamente stringere una mano da una presa stretta e decisa.

“Anche io ho paura Pan. Ma non perdiamoci d’animo. Non prima di averci provato per lo meno. Andiamo a cercare un posto isolato dove posizionare la capsula casa. Dopodiché cercheremo di architettare un piano per arrivare a mio padre il prima possibile.”

Pan le rispose con un sorriso di assenso, carico della determinazione che le era parso di aver perso definitivamente.

Cominciarono quindi a gironzolare senza una meta precisa per quella strana città, nella disperata ricerca di un posto opportuno alla loro permanenza.

“Guarda Bra, che ne diresti della cavità dietro quella roccia? E’ isolata e poco visibile, non dovremmo avere problemi.”

“Mmm.”

Bra si affacciò con sguardo indagatore all’ingresso della grotta, e poté constatare con grande sollievo che fosse profonda abbastanza da non palesare la presenza della capsula dall’esterno.

“Direi che è perfetto. Posizioniamola qui.”

“Bene. Dici che sarebbe opportuno andare a fare un giro?”

“Certamente Pan. Cerchiamo di osservare i loro comportamenti e di imitarli al meglio. Siamo intesi?”

“Certo. Andiamo.”

Le due ragazze si incamminarono con passo spedito, perdendosi fra quella moltitudine di persone ed effettuando uno sforzo immane per mantenere immutata sul proprio volto un’espressione che fosse sufficientemente “rabbiosa”.

Tuttavia non ebbero modo di allontanarsi di molto rispetto al loro punto di partenza.

Due giovani sconosciuti infatti avevano deciso di opporsi al loro girovagare senza meta piazzandosi di fronte a loro.

“Salve, ragazze. Posso chiedervi dove state andando?”

Il primo dei due giovani, con aria arrogante si era avvicinato pericolosamente alla giovane Bra, sfiorandole il mento con le dita. Aveva profondi occhi neri e una folta chioma ribelle che gli ricadeva sulle spalle percorrendo la schiena in tutta la sua lunghezza. Un bel ragazzo. Un bel ragazzo con qualcosa di familiare.

Ma Bra non ebbe tempo né voglia di pensarci in quel momento.

La turchina, in preda al terrore, in un unico scatto d’ira allontanò con disprezzo dal proprio viso quelle mani sconosciute che sconsideratamente avevano osato sfiorarla.

E si sentì pesare addosso una grande responsabilità. Il dovere di comportarsi in maniera opportuna per non essere smascherata fin dal primo momento.

“Si da il caso che siamo molto impegnate. Perciò vedi di far presto a levarti di torno.”

Con la freddezza glaciale che la giovane, fortuitamente in questo caso, aveva ereditato dal padre, scansandosi dal ragazzo con lenta indifferenza fece per proseguire il proprio cammino, quando la sua voce la interruppe nuovamente nei suoi intenti.

“Andiamo, non fare l’antipatica. Io e il mio amico volevamo soltanto invitare te e quell’altra ragazza a fare un giro e divertirci un po’. Mi chiamo Radish. E lui è Nappa.”

Alle spalle di Radish si delineò una figura mastodontica, che fece sussultare di spavento il cuore delle due ragazze. 

Nappa era molto più alto rispetto a Radish. Aveva pochi capelli in testa e due minuscoli baffi ai lati della bocca, il corpaccione grosso e muscoloso e gli occhi piccoli.

‘Incredibilmente brutto. ’ Pensò Pan.

“Come ho già detto siamo impegnate. Siete pregati di non continuare a scocciare. Intesi?”

Bra aveva parlato con risolutezza, in un misto tra stizza e impazienza. Il suo primordiale obiettivo di quel momento sarebbe stato senz’altro quello di allontanare il più velocemente possibile quei due scocciatori, poiché la loro opprimente presenza cominciava a trasmetterle ansia e inquietudine. Tuttavia si sentì improvvisamente stringere forte una mano.

 

“Bra, guarda!! Laggiù c’è tuo padre!!”

 

Il sussurro appena percettibile di Pan fece perdere un battito alla giovane turchina, la quale, appresa quella succosa informazione prese a guardarsi intorno quasi impercettibilmente, alla ricerca della giovane figura paterna.

Ad un tratto lo vide. Molto più basso, molto meno muscoloso, eppure mai e poi mai avrebbe potuto non riconoscerlo. Stava nella sua posizione abituale, l’espressione crucciata, indifferente e un po’ truce, in piedi contro una parete rocciosa, le braccia incrociate contro il petto, un piede appoggiato contro la parete alle sue spalle.

 

Avevano avuto un colpo di fortuna. Un colpo di fortuna incredibile e insperato. E di certo non avrebbero potuto lasciarsi sfuggire una così fortuita circostanza.

“Abbiamo cambiato idea. In fondo non abbiamo un granché di interessante da fare. Veniamo con voi.”

Nappa fece sfoggio di un sorriso maligno, molto più simile a un ghigno. Si avvicinò a Pan con lenta risolutezza e si fermò una volta giunto di fronte alla piccola Saiyan.

“Mi fa piacere, dolcezza. Come ti chiami?”

“Pa-pa-pan!” Sussurrò tremante la ragazza.

“Pan? Mmm che strano nome…” Rifletté l’energumeno massaggiandosi il mento.

Pan ebbe il tempo di perdere un altro battito, ma fortunatamente l’attenzione del giovane si era già spostata altrove.

“Non vi si è mai viste da queste parti. Eravate in missione per caso?”

“Ehehehehe, già!!!” Ridacchiò Pan massaggiandosi la nuca. Lo sguardo truce che Bra le rivolse in risposta tuttavia costrinse Pan ad assumere un atteggiamento più serio a partire da quel momento.

“E su quale pianeta siete state mandate in missione?”

Le due ragazze si squadrarono disorientate, in preda ad un pauroso stato confusionale.

Pan, prontamente si accinse a rispondere a quella domanda.

“Ehm, sul pianeta Ba… Banana!!”

Bra squadrò la corvina con sguardo sconvolto e terrorizzato. Sarebbe stato ovviamente compito suo riparare alle sciocchezze tirate fuori da Pan.

“Banana? Ma che razza di pianeta è?”

“Non conosci il pianeta Banana? Beh, dovresti cercare di documentarti prima di porre domande simili, scimmione ignorante!” Bra si voltò dalla parte opposta con aria indifferente, sperando vivamente di aver posto fine a quell’imbarazzante interrogatorio.

“Hum… Ehm, già adesso che ci penso mi ricordo perfettamente di un certo pianeta Banana! Heheheh!!” Radish si grattò la nuca imbarazzato. E a quel punto Bra non poté non trovare risposta ai propri dubbi. Quel ragazzo aveva decisamente qualcosa di familiare.

“Beh andiamo?”

“Certo, andiamo!”

Radish, senza un minimo accenno di timidezza cinse con un braccio le spalle di Bra, mentre invece Nappa si avvicinò a Pan con un ghigno arrogante stampato in faccia.

“Ecco, lo sapevo. Quello brutto e ciccione è toccato proprio a me!”

“VEGETA!!! Guarda, abbiamo incontrato due belle ragazze! Hanno detto che verranno a divertirsi con noi! Che ne dici di unirti al gruppo? Magari strada facendo ne rimorchiamo un’altra!”

“Mpf.”

Le ragazze in preda al terrore videro il principe avvicinarsi lentamente, e decisero di tacito accordo che avrebbero sopportato quella tortura. In fondo, aver incontrato Vegeta soltanto qualche minuto dopo il loro sbarco sul pianeta era da considerarsi assolutamente un autentico colpo di fortuna.

   
 
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