“Si
parte!!! Arriviamo,
Vegeta-sei!!!”
Pan
cominciò a palesare il
proprio entusiasmo per l’imminente, avventurosa partenza, e
suo padre non poté
fare a meno di sentirsi riempire pian piano il cuore di tenerezza alla
splendida visione del radioso sorriso della figlia.
Certo,
era perfettamente consapevole
del fatto che sarebbe stato stupido pensare che la sua bambina avesse
potuto
avere una totale ripresa tanto celere dalla propria inspiegabile
tristezza. E
Gohan di certo, stupido non lo era affatto. Ma vederle nuovamente
riflessa
negli occhi la luce di quell’inconfondibile, vivace allegria,
che caratterizzava
il suo paffuto viso di bambina fin da quando era piccola non
poté far altro che
spingerlo a sorridere inconsciamente a propria volta, a credere nel
piccolo
barlume di speranza che quella partenza inaspettata e improvvisa aveva
aperto,
in diversa misura, davanti a tutti loro.
Sapeva
fin dall’inizio che
quella sarebbe stata la soluzione migliore. Sapeva quanto fosse stata
un’idea
geniale quella che aveva avuto. Ma nonostante l’entusiasmo,
la razionalità dei
propri progetti, la speranza di poter riconoscere nuovamente la bambina
allegra
che aveva imparato ad identificare in Pan, sentiva bruciare dentro il
cuore il
peso opprimente di un atroce macigno.
Qualsiasi
cosa fosse successa
alle due bambine si sarebbe sentito il primo responsabile. Si sarebbe
sentito il
responsabile di ogni cosa. Di ogni pericolo, di ogni sofferenza, di
ogni intimo
timore che avesse potuto assalire anche per un solo istante, i loro
cuori. Avrebbe
vissuto tutte le giornate che lo separavano dal giorno fatidico del
loro ritorno
a casa con l’anima in pena, avrebbe trascorso con il cuore
colmo di ansia ogni
momento passato lontano dalla sua dolce, piccola Pan.
La
serenità gli sarebbe stata
nuovamente concessa solo col calore di un suo abbraccio, solo nel
momento in
cui avrebbe potuto stringere nuovamente contro il proprio petto il viso
roseo
del suo piccolo angelo, quando quella pericolosa avventura fosse finita
per
sempre.
Sperò
per lo meno che non
fossero vane le aspettative che nutriva, insieme a tutti gli altri, per
quell’impresa.
Sperò che la missione che tutti insieme avevano ingegnato
con tanto impegno,
mossi dalla più viva speranza, desse delle soddisfazioni a
coloro che avevano
impiegato un tale dispendio di sogni e di energie.
Sperò
vivamente che la sua
bambina potesse trovare tutto ciò di cui avesse bisogno per
accantonare
definitivamente le ombre che avevano preso a pesarle sul cuore.
::::::::::::::::::::::::::::::::::::
“Bene
ragazze, siete sicure di
non aver dimenticato nulla che possa servirvi?”
“Certamente,
Bulma non
preoccuparti. E’ tutto sotto controllo!!”
Esclamò entusiasta Pan, carica di
allegria.
Pareva
che in un batter di
ciglia fosse tornata ad essere la bambina di sempre. La bambina che la
sua
famiglia aveva avuto lo sciocco ed infondato timore di non rivedere mai
più. E
quel repentino quanto inaspettato cambiamento ebbe l’effetto
immediato di generare
nel cuore dei presenti un profondo senso di fiducia nella buona
riuscita di
quella pericolosa missione.
Chiunque
pareva a prima vista
tranquillo, fiducioso, rincuorato. Rincuorato dalla visione della
grinta e
dell’energia che visibilmente traboccava dai volti sicuri
delle due giovani
guerriere.
L’unico
componente del gruppo
a palesare la propria preoccupazione era Bulma.
Infatti,
nonostante il fatto
che Goku e Gohan l’avessero ampiamente tranquillizzata a
proposito dei pericoli
nei quali le due giovani avrebbero potuto imbattersi e soprattutto a
proposito
della loro straordinaria qualità di guerriere, la turchina
non riusciva ad
affrontare quella partenza con la stessa leggerezza d’animo
di tutti gli altri.
Nutriva in fondo il cuore il timore atroce che potesse capitare
qualcosa di
terribile, a discapito delle ottimistiche previsioni effettuate dalla
vecchia
Baba.
“Ho
un’ultima cosa di cui
parlarvi, ragazze. Vegeta-sei è scomparso esattamente 32
anni fa, all’epoca in
cui Vegeta aveva circa 18 anni. *
Perciò credo
che sia sufficiente per voi giungere lì un anno prima della
presunta
esplosione, ovvero 33 anni fa. La navicella, come potete vedere,
è apparentemente
molto simile a quella utilizzata abitualmente dai Saiyan,
perciò ovunque
atterriate non dovrebbero esserci problemi. Probabilmente ci starete un
po’
strette ma non ho potuto fare diversamente. E’ già
stata un’impresa non
indifferente riadattare la macchina del tempo per renderla simile ad
una
qualsiasi altra navicella!!
Come
stavo dicendo, la
distanza temporale che dovrete percorrere è notevole,
perciò impiegherete circa
un mese per arrivare a destinazione.”
“UN
MESE INTERO?! Come sarebbe
a dire?!”
Bra
strabuzzò gli occhi,
visibilmente esasperata a quella nefasta notizia.
Come
avrebbe trascorso un
intero mese su una navicella spaziale in compagnia di Pan? Si sarebbe
certamente annoiata a morte. Senza considerare ovviamente il fatto che
sarebbe
stata sprovvista di qualsiasi cosa che, nella diversa circostanza della
sua
allegra quotidianità, avrebbe potuto costituire per lei un
trastullo.
E
in più, come se tutto ciò
non fosse bastato, non le sarebbe stato concesso neppure lo spazio
vitale per
starsene per fatti suoi, con la compagnia unica delle sue riviste di
gossip e
del suo cellulare.
“E’
per papà, tutto questo è
soltanto per papà. La sua felicità vale molto di
più di uno stupido
sacrificio.”
“Mpf.
Cerca di non lamentarti
troppo, carina. Purtroppo ne convengo, non sono stata in grado di
diminuire
ulteriormente il tempo necessario per effettuare il viaggio. Ma ho
posto un
rimedio a questa mia piccola mancanza. Potrete trascorrere il tempo del
viaggio
allenandovi per i combattimenti che dovrete affrontare una volta
arrivate nella
piccola palestra che ho costruito appositamente per voi! Pensate un
po’, nella
minima quantità di spazio che ho avuto a disposizione sono
riuscita persino ad
installarvi dentro una piccola Gravity Room. Senza considerare
naturalmente il
fatto che avrete la possibilità di discutere al meglio sulle
modalità e sullo
svolgimento del vostro piano, e soprattutto che avrete a disposizione
tutto il
tempo necessario per indossare i vostri travestimenti e calarvi nei
panni dei
vostri nuovi personaggi! Dico bene?”
“Perfetto.
Mi toccherà discutere
tutto il tempo con quella zucca vuota di Bra, e come se non bastasse
dovrò
addirittura allenarla. Ma in fondo forse ne vale la pena, forse
servirà a
qualcosa. Forse riuscirò a dimenticarti definitivamente dopo
tutto questo,
Trunks.”
“Bene, credo di
avervi detto tutto ciò che
dovevate sapere. Buon viaggio ragazze, e abbiate giudizio. In bocca al
lupo.”
::::::::::::::::::::::::::::
Chiusosi
il portellone alle
loro spalle, le ragazze si guardarono intorno stranite.
Dal
momento in cui era stata
fatta loro la proposta di intraprendere quella missione, le loro
giovani menti
non avevano abbandonato quel pensiero neppure per un singolo istante.
Eppure,
solo trovarsi a bordo di quella navicella, solo sentirsi addosso
l’inconfondibile
adrenalina dell’avventura, del pericolo, servì a
rendere le due ragazze
seriamente consapevoli del fatto che l’avventura fosse
cominciata per davvero.
Entrambe
poterono avvertire
quasi nello stesso istante un tremito percorrere la schiena in tutta la
sua
lunghezza.
Entusiasmo,
terrore,
irrequietezza, impazienza, inquietudine.
Contrastanti
erano i
sentimenti che si agitavano nei loro giovani animi confusi, senza che
le due
ragazze fossero tuttavia in grado di scegliere quale tra questi
sentimenti
prevalesse sull’altro.
Erano
sicuramente felici,
comunque. Felici di trovarsi lì dov’erano.
L’ambiente
nel quale si trovavano
era molto più ampio rispetto a quanto non apparisse
dall’esterno, ma ugualmente
gli spazi erano alquanto limitati rispetto alle ordinarie
necessità di due
adolescenti.
Contro
la parete opposta
rispetto alla loro posizione erano situati i comandi della navicella,
mentre
alle due estremità della vettura si trovavano
rispettivamente la palestra, un
bagno e una piccola cucina. Infine, esattamente al centro del piccolo
ambiente
erano posizionati due letti.
Alle
due ragazze parve
ottimisticamente che ogni cosa fosse perfetta e che, soprattutto, il
tutto
rispondesse perfettamente ad ogni tipo di necessità.
Nonostante il pessimismo
iniziale, dunque, le due ragazze si ritrovarono all’inizio
dell’avventura
pronte ad affrontare ogni tipo di avversità con la migliore
disposizione
d’animo che si possa immaginare.
“Bene,
direi che è tutto
pronto. Preparati al decollo, Pan.”
Così,
dopo aver indossato le
ampie tute spaziali, le due ragazze presero posto sugli appositi sedili
posti
di fronte ai comandi di pilotaggio e, allacciate le cinture di
sicurezza,
furono definitivamente pronte alla partenza.
“Reggiti
forte Pan. Stiamo per
decollare.”
La
giovane Bra, abile quanto
la madre in fatto di tecnologia, azionò velocemente la
navicella, digitando con
aria esperta ed assorta sul tabellone dati e simboli apparentemente
insignificanti, cosicché nel giro di qualche istante la
macchina del tempo fu
pronta per alzarsi dal suolo, dando finalmente inizio a quel viaggio
tanto
atteso.
:::::::::::::::::::::::::
“Bene,
direi che abbiamo
superato la turbolenza iniziale. Possiamo slacciare le cinture di
sicurezza, mettere
via queste stupide tute spaziali e cominciare a rilassarci.”
Pronunciate
queste parole Bra
abbandonò repentinamente la propria postazione e si
liberò dell’ingombrante
tenuta spaziale.
“Ma
come, te ne vai? Non
dovresti stare attenta ai comandi?” Domandò Pan,
in un misto di confusione e
timore.
Per
tutta risposta Bra
ridacchiò.
“No
Pan, non è necessario.
Dimentichi che non ci troviamo nello spazio, bensì in
un’altra dimensione. Prova
un po’ a guardare fuori attraverso i vetri. Non
c’è alcun ostacolo di fronte a
noi.”
Pan,
slacciate a propria volta
le cinture di sicurezza si diresse con curiosità verso una
delle ampie vetrate
poste ai due lati esterni della navicella.
E
ciò che si mostrò ai suoi
occhi la lasciò di stucco. Poiché era come se la
navicella sulla quale si
trovavano stesse attraversando il vuoto. Intorno a loro regnava infatti
la più
totale oscurità, e, come aveva detto Bra, nessun ostacolo si
opponeva al loro
avanzare nel nulla, quell’immensa infinità non
offriva alcun diversivo per
contrastare la totale supremazia di quelle opprimenti, desolate
tenebre. Nessun
astro faceva dono del proprio bagliore per rendere adorna di luce
quella notte
sconfinata, nessun corpo celeste, nessuna forma di vita faceva sfoggio
della
propria presenza di fronte agli occhi attoniti della giovane corvina.
Poiché
intorno a loro regnava il nulla.
Pan
si sentì inspiegabilmente
stordita, impaurita. Per la prima volta, da quando aveva permesso che
la sua
giovane mente fosse intasata completamente dal pensiero di quella
missione, si
capacitava realmente dello stato di cose nel quale era venuta
improvvisamente a
trovarsi.
Era
sola, completamente sola.
Sola come non lo era mai stata in tutta la sua vita. Qualsiasi pericolo
si
fosse scagliato contro di lei, qualsiasi terribile nemico avesse
attentato alla
sua vita, il nonno Goku non ci sarebbe stato. Trunks e Ub non ci
sarebbero
stati. Il suo adorato papà non sarebbe accorso a salvarla.
Avrebbe
dovuto affrontare le
avversità con l’ausilio unico delle proprie forze,
sulle proprie potenzialità e
su null’altro avrebbe potuto contare.
Quell’avventura, nella sua interezza,
avrebbe costituito una prova, una dura prova. Una
prova dall’esito sconosciuto, un esame
difficile.
Ma
la piccola Pan sentiva come
mai le era successo prima di allora, che il momento fosse arrivato.
Era
finalmente arrivato il
glorioso momento di dar prova a se stessa e a tutti coloro che le
volevano bene
della portata dei propri miglioramenti, della propria incredibile forza
di
volontà, del fatto soprattutto che da quel momento in avanti
avrebbe potuto
cavarsela da sola, in ogni circostanza. Del fatto che Pan Son non fosse
più
soltanto una bambina.
Perché
Pan era una donna ormai,
a tutti gli effetti. E soprattutto, era diventata un forte guerriero.
Un
guerriero capace di
affrontare da solo le proprie battaglie e di vincerle, un guerriero
capace di
farsi strada a testa alta tra le più atroci
difficoltà.
Una
donna capace di
accantonare un amore impossibile, un amore non ricambiato come fosse
carta
straccia, e andare avanti.
Una
donna capace di vivere nel
mondo, di superare le delusioni e di trovare una nuova ragione per la
quale
essere felice.
Tutte
queste idee che avevano
preso improvvisamente ad agitarsi nell’animo della giovane
avevano causato un
atroce sconvolgimento nella sua mente confusa.
La
piccola Pan si sentì
strana. Poiché quei pensieri avevano sortito su di lei un
effetto contrastante.
L’avevano terrorizzata, ma inspiegabilmente eccitata al tempo
stesso. L’avevano
riempita di quell’adrenalina che si fa largo nel corpo di
ogni guerriero Saiyan
percorrendone le membra per intero nel momento in cui si trova di
fronte ad un’avventura
pericolosa, ad un nuovo nemico.
E
capacitandosi di questi
pensieri si sentì improvvisamente, inspiegabilmente felice.
Sorridendo tra sé
si liberò con calma dall’ingombro della tuta
spaziale, e si adagiò comodamente
sul letto che le era stato destinato accanto a Bra, che vi si era
già
accomodata a partire dal momento in cui Pan aveva cominciato ad
occuparsi delle
proprie congetture mentali.
“Bra?”
“Mh?”
“So
perfettamente che prima di
adesso non siamo abbiamo mai provato molta simpatia l’una nei
confronti
dell’altra … Ma dal momento in cui abbiamo una
quotidianità da trascorrere
insieme, mi chiedevo se non potessimo fare uno sforzo per cercare di
andare d’accordo
e … beh … essere amiche.”
Bra
sorrise.
“Certamente,
mi sembra
un’ottima idea. Dovremo imparare a convivere per un periodo
di tempo abbastanza
lungo, e se fossimo in conflitto tra noi le cose potrebbero rivelarsi
più
difficili del previsto. Inoltre penso che sarebbe una noia mortale
trascorrere
tutto questo tempo senza poter parlare di nulla. Perciò, a
partire da questo
momento puoi considerarmi una tua amica.”
Pan
sorrise rincuorata a
sentir pronunciare quelle parole, perché erano giunte alle
sue orecchie
tranquille, serene, dolci. Quel breve discorso, pronunciato con tale
dolcezza da
una persona come Bra le era apparso assolutamente inusuale,
inaspettato.
E
la giovane corvina, a
partire da quel momento, ebbe modo di riconsiderare e ribaltare il
proprio precedente
affrettato, aspro giudizio a proposito della turchina che,
incontrastato, era
sempre rimasto riposto in fondo al suo cuore.
Fin
da quando era una bambina
aveva avuto l’abitudine di considerare Bra come
tutt’altro che una persona
anche solo lontanamente interessante.
L’amica,
o la presunta tale,
era sempre apparsa ai suoi occhi come null’altro che una
bisbetica, antipatica,
stupida oca, come un essere che mai, per nessuna ragione al mondo
avrebbe
potuto avere qualcosa a che fare con lei. Né tantomeno Pan
avrebbe voluto
averla tra i piedi, in nessuna circostanza. Erano sempre state fin
troppo
diverse, loro.
Eppure,
per quanto Pan non si
fosse mai posta la problematica di essere strana rispetto al resto del
mondo,
per quanto non le fosse mai capitato di avere problemi di autostima,
provava un
inspiegabile senso di inferiorità nello starle accanto.
Provava quasi la
sensazione di trovarsi in presenza di un essere soprannaturale,
inarrivabile
quasi.
Perché
Bra, per quanto ai suoi
occhi potesse essere apparsa sciocca e insopportabile, era
semplicemente splendida.
Lo era sempre stata. Del resto, come avrebbero potuto le cose essere
diverse?
Era una principessa in fondo. Molto particolare, con ben poco di
principesco
probabilmente, ma pur sempre una principessa.
Non
lo avrebbe mai confessato
a nessuno al di fuori di se stessa, ma aveva sempre provato
un’irreprimibile forma
di invidia nei suoi confronti. Invidiava la sua innata
capacità di suscitare
l’ammirazione generale, la sua bella presenza, la sua
straordinaria, naturale
dote di riuscire a star sempre al centro dell’attenzione, il
successo
indiscusso che, in ogni ambito, riusciva sempre a riscuotere.
Lei,
al confronto, altro non
era che una misera, insignificante, figura.
Pan
Son era semplicemente una
secchiona, bruttina e un po’ maschiaccio, con una potenza e
un’ingordigia tali
da spaventare anche il più coraggioso dei ragazzi che avesse
deciso di
invitarla al cinema.
Null’altro.
La
giovane corvina era
perfettamente consapevole di questo stato di cose. Per questo motivo
non poteva
affermare di essere mai stata completamente soddisfatta del proprio
personaggio. Né mai era stata fin troppo contenta di
ciò che col tempo,
passivamente, si era ritrovata a diventare.
Essere
primogenita, nonché
unica figlia di Son Gohan e di Videl era una grossa
responsabilità. Una
responsabilità di cui Pan non aveva mai avuto troppa voglia
di farsi carico.
Poiché
lei sentiva di essere
venuta al mondo per qualcosa di diverso rispetto a quanto la sua
famiglia, per
abitudine, soleva aspettarsi da lei. Sentiva di essere nata per vivere
l’avventura,
per sentirsi inebriare dell’adrenalina del combattimento, per
cimentarsi in esperienze
nuove e sfrenate.
Aveva
sempre pensato, con ogni
cognizione di causa, che la sua vita non facesse per lei.
Poiché si sentiva
quasi come se fosse stata vittima di un’ineluttabile
prigionia. Si sentiva come
rinchiusa in una gabbia monotona e desolata, in una prigione in cui
aveva
cominciato a sentirsi troppo stretta.
Nessuno
si era mai cimentato
nella missione di starle accanto tanto da capire quanto si sentisse
frustrata.
Era Pan Son, ma nessuno l’aveva mai
riconosciuta come tale. Era sempre
stata ‘la nipotina di Mister Satan’ per i compagni
di scuola, ‘la figlia di Son
Gohan’ per tutti gli insegnanti delle scuole più
prestigiose, ‘la nipotina di
Goku’ per gli amici di famiglia. L’ombra
insignificante di personaggi ben più
importanti e interessanti di lei. Poiché in fondo lei non
era mai stata altro che
una mocciosa bisbetica e isterica, piagnucolosa e capricciosa.
Non
sarebbe mai stata come Son
Goku, né come Son Gohan. Non avrebbe mai eguagliato le
straordinarie doti di
guerriero del nonno, pur avendone ereditato una parte, non avrebbe mai
raggiunto la preparazione del padre, pur essendo sempre riuscita ad
ottenere
dei buoni risultati nel corso degli studi. Non avrebbe mai raggiunto la
popolarità del nonno Satan, mai avrebbe riscosso tra la
gente tanta
ammirazione.
Poiché
lei, in fondo, era
null’altro che un’insignificante mediocre. La
piccola Pan continuava a ripetere
a se stessa che fosse proprio questo il primordiale motivo per cui
tutti gli
amici che aveva intorno, nonostante le fossero molto affezionati, non
l’avessero mai presa sul serio.
E
se Bra era diversa era certamente
migliore di lei, sotto ogni punto di vista.
Impeccabile
in ogni attimo
della sua vita, i suoi capelli erano morbidi e ordinati anche in mezzo
alle
tempeste, portava abiti griffati e alla moda, abbinati naturalmente
agli
accessori più svariati e costosi, indossava con incredibile
leggiadria borse e
scarpe diverse ogni giorno, e aveva un meraviglioso corpo da modella. E nonostante fosse
altezzosa, snob e
antipatica praticamente tutti i ragazzi della scuola le erano sempre
morti
dietro. Senza che lei li avesse mai degnati di uno sguardo,
naturalmente.
Somigliava
più ad una divinità
che ad una semplice ragazzina di 17 anni. E beh, in fondo forse un
po’ speciale
lo era davvero. Era figlia di quei due matti di Vegeta e Bulma in
fondo, e quel
che è peggio, era la copia esatta di suo padre. Una
principessa spocchiosa e
insopportabile.
E
lei, ancora una volta, non
era null’altro che una squallida ombra al suo fianco. Era
nulla di più che una
misera terza classe, secchiona e maschiaccio.
E
se Pan praticamente da
sempre si era ostinata a credere che la straordinaria bellezza di Bra
altro non
fosse che l’involucro di una testa vuota, il vano, splendido
involucro di una
semplice oca, in quel preciso istante, osservando attentamente i grandi
occhi
di zaffiro della turchina, non poté far altro che
capacitarsi della superba
intelligenza che traspariva da quello sguardo un po’ truce.
Somigliava a
Vegeta, incredibilmente. E proprio a partire da questo dato di fatto,
oca non
poteva esserlo affatto.
“Cosa
ti prende Pan? Sai,
praticamente tutti sono preoccupatissimi per te. Nessuno ha la
più pallida idea
di cosa possa esserti successo per renderti così
giù di corda.”
“C-cosa?
Oh, nulla Bra! Mi
dispiace che tutti si siano preoccupati per me, ma credimi questa
preoccupazione generale è assolutamente eccessiva e
infondata!! Sono solo un
po’ stanca perché negli ultimi tempi ho dovuto
sostenere molti esami a scuola,
e beh, questa vacanza rilassante è proprio cascata a
pennello!! Eheheh!!!”
Pan,
in uno di quei gesti che
tanto la rendevano tanto simile a suo nonno e a suo zio Goten si
grattò la nuca
ridacchiando, in preda al più totale imbarazzo. E a vederla
in quello stato Bra
alzò involontariamente un sopracciglio e si
lasciò sfuggire una risata
sommessa.
“Stai
mentendo Pan. Lo so
perché somigli incredibilmente a tuo zio Goten. E’
per via di un ragazzo, non è
vero?”
Pan
abbassò tristemente lo
sguardo verso il basso senza rispondere, per evitare così
gli occhi indagatori
della turchina.
“Scusami
per essere stata
indiscreta, Pan. Di certo non sei costretta a parlarne con me se non ti
va.”
Pan
sembrò incerta sulla
risposta da dare. Ma in seguito ad una veloce analisi sulla situazione
si
ritrovò a constatare che sfogarsi per la prima volta nella
sua vita non avrebbe
potuto farle altro che bene.
“Si,
si tratta di un ragazzo,
Bra. Sai, non ne ho mai parlato con nessuno prima di adesso
… Beh, in realtà
non c’è molto da dire, a me piace lui e a lui
piace un’altra … Tipico.”
“Posso
chiederti chi è?”
Pan
arrossì violentemente a
quella richiesta assolutamente indiscreta. Non avrebbe potuto rivelarle
il suo
nome. Sarebbe stato troppo imbarazzante parlare di lui proprio con sua
sorella.
“Ehm,
sarebbe meglio di no
Bra, non lo conosci neanche!”
Pan,
quasi inconsciamente si
portò la mano alla nuca, ripetendo nuovamente il gesto
abituale che fino a
qualche attimo prima aveva smascherato le proprie menzogne.
E
Bra a questo punto non fu in
grado di trattenere le risate.
“Si
tratta di Trunks, giusto?”
Pan
strabuzzò gli occhi
incredula. Poiché incredulità e sbigottimento
furono gli unici sentimenti
possibili per lei in quell’istante. La ragazzina non
riuscì a spiegarsi in
tempi decenti come avesse potuto Bra, che peraltro non ne sapeva
assolutamente nulla
di lei fino a qualche istante prima, calarsi in maniera così
perfetta e
profonda nella sua psicologia e riuscire a cavare in tempi tanto brevi
delle
informazioni così riservate.
Bra
non era semplicemente
tutt’altro che un’oca, diversamente da quanto
poteva apparire attraverso
un’analisi superficiale dei suoi abituali comportamenti.
Paradossalmente si era
rivelata una delle persone più astute che Pan avesse mai
incontrato in tutta la
sua vita.
La
mancata risposta di Pan
alla domanda che le era stata appena posta pose Bra di fronte alla
ferrea
consapevolezza di aver colto nel segno. In fondo come avrebbe potuto
non capire
un dato di fatto tanto chiaro? Non era certo una sciocca, lei. Non
avrebbe potuto
non accorgersi degli sguardi carichi di malcelata malinconia che la
giovane
corvina rivolgeva praticamente ininterrottamente al fratello in
occasione della
rimpatriata, non avrebbe potuto fraintendere una dimostrazione
d’amore tanto
palese. Eh già, nulla poteva sfuggire ai suoi attenti e
vigili occhi di
zaffiro.
“Mi
dispiace molto, Pan … Ma
che vuoi farci? Nulla va mai per come avremmo sperato noi. Ma non
disperare. E’
sciocco farlo alla nostra età, non credi? E poi, sono sicura
che l’occasione ti
si presenterà davanti quando meno te lo aspetti. Succede
sempre così. Sei una
bella ragazza, e se cominciassi a truccarti un po’ e a curare
maggiormente il
tuo aspetto sono pronta a giurare che un sacco di ragazzi ti farebbero
la
corte!!”
Pan
si voltò infastidita dalla
parte opposta. Detestava profondamente che fosse toccato quel tasto
dolente. Poiché
sapeva quanto Bra avesse ragione. Era perfettamente consapevole di
quanto
quelle fastidiose parole fossero vere.
“Ti
ringrazio infinitamente
per i tuoi preziosi consigli, Bra. Ma credo di poterne fare a meno,
almeno per
il momento.”
La
giovane si sdraiò sul letto
su di un fianco, voltando le spalle alla turchina.
“Scusami
Pan, il mio non
voleva affatto essere un insulto. Il contrario piuttosto. Comunque se
non ti va
possiamo smettere di parlarne. Abbiamo molte altre cose di cui
discutere del
resto.”
“Già,
la missione. Parlando di
queste sciocchezze me ne ero addirittura dimenticata. Dannato
Trunks.”
“Già.
Come sarebbe opportuno
comportarsi secondo te una volta arrivate lì? Un
po’ come farebbe Vegeta?”
“Mmm
… Suppongo di si. E in
questo non dovrei avere molte difficoltà.”
“Credi
che sia utile allenarsi
prima dello sbarco?”
“Allenarsi
sarebbe sicuramente
molto utile, ma a dir la verità non è che ne
abbia molta voglia, Pan. In fondo
quando arriveremo mancherà ancora un anno intero
all’esplosione del pianeta,
avremmo tutto il tempo necessario per allenarci una volta arrivate
lì, no?”
“Forse
hai ragione tu. Anche
io non ho molta voglia di allenarmi ad essere sincera. In fondo
è un po’ come
se fossimo in vacanza, no?”
“Piuttosto
singolare come
vacanza. Non credo che quell’assurdo pianeta sia mai stato
una rinomata meta
turistica.”
Le
due ragazze si guardarono e
scoppiarono a ridere all’unisono.
:::::::::::::::::::::::::::
Il
tempo del viaggio trascorse
più velocemente di quanto le ragazze avessero potuto
immaginare in una
pessimistica previsione. Le giornate sbarrate sul loro calendario di
viaggio si
erano moltiplicate in maniera incredibilmente veloce, quasi senza che
le
ragazze se fossero accorte.
Avevano
avuto modo di
approfondire il loro rapporto, Bra e Pan, e avevano scoperto di andare
d’accordo, molto di più di quanto non fosse nelle
loro iniziali aspettative. Incredibilmente
avevano scoperto di avere molte cose in comune, di essere
incredibilmente
simili sotto molti punti di vista.
E
ciò non poté esser altro che
un incentivo in più a rendere ottimistiche le previsioni per
quel loro bizzarro
soggiorno.
“E’
meglio cominciare a
prepararsi Pan. Rimetti a posto le tue cose, mancano soltanto 24 ore
all’atterraggio.”
“Wow,
finalmente, sono
emozionatissima!!!” Pan cominciò allegramente a
correre per la navicella nella
più entusiasta e forsennata ricerca della propria vita.
Radunati velocemente
tutti gli effetti personali all’interno del proprio bagaglio,
tirò fuori
dall’armadio i travestimenti che avrebbero dovuto indossare.
Pan
dispiegò le tute da
combattimento che Bulma si era premurata di confezionare appositamente
per
loro, e per la prima volta ebbe curiosità di osservarle.
La
parte superiore della tuta
era costituita da una salda corazza, mentre la parte inferiore da un
semplice
tessuto resistente ed elasticizzato. La divisa in sé era
molto simile a quella
abitualmente utilizzata da Vegeta stesso durante i combattimenti, ma la
differenza sostanziale era costituita dal colore. Le tute che Bulma
aveva
confezionato per loro erano infatti di colore verde.
In
base alle spiegazioni che
la turchina aveva preventivamente fornito loro, il colore blu era
riservato
esclusivamente alla nobiltà, mentre le classi subalterne
avrebbero dovuto
utilizzare un colore che contraddistinguesse la loro differente
condizione
sociale.
La
distinzione tra il
vestiario maschile e quello femminile Saiyan era costituito unicamente
da un
lungo strascico, il quale aveva origine dalla corazza superiore.
Infine, a
rendere l’armatura completa c’erano i guanti e gli
stivali, entrambi bianchi,
perfettamente identici a quelli utilizzati da Vegeta.
Pan
pensò entusiasticamente
che quell’uniforme fosse a dir poco meravigliosa.
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“Guarda
Bra, non è
splendida??”
La
corvina, elettrizzata come
non mai, si liberò velocemente dall’ingombro dei
propri vestiti, restando in
biancheria intima. In maniera altrettanto celere indossò
quindi la propria
tenuta Saiyan, per poi correre a specchiarsi.
“Wooow,
sembro proprio un
guerriero Saiyan!! Sarà un’impresa smascherarci
per quegli scimmioni!!”
“Mpf,
se penso che dovrò
passare un anno intero su quel pianeta con queste porcherie addosso mi
sento
svenire!”
La
piccola Bra indossò
stizzita la parrucca e la coda artificiale che sua madre aveva avuto la
premura
e la genialità di prepararle.
“DANNAZIONE!!”
“Mh?
Che ti prende Bra?”
“Non
abbiamo pensato alla cosa
fondamentale! Dobbiamo inventarci dei nomi Saiyan!! Ci sgamerebbero
subito se
gli rivelassimo i nostri veri nomi!!!”
“Hum?
E quale potrebbe essere
secondo te un nome Saiyan?”
“Beh,
se tuo nonno si chiama
Kakaroth e mio padre si chiama Vegeta è ovvio che i nomi
Saiyan si ispirino
alle piante o alla vegetazione. Dunque direi...”
“Mmm,
Cipolla e Zucchina, che
ne dici?”
“Ma
che razza di idiozia è mai
questa? No, mi rifiuto categoricamente di farmi chiamare Zucchina!!”
“Beh,
allora sono spiacente,
ma non ho altre idee…” Affermò infine
Pan, in preda alla più totale confusione.
“Meglio
non pensarci. Stiamo
per atterrare e se tutto va bene non dovremmo incontrare nessuno
scocciatore
che voglia sapere il nostro nome. Allacciati la cintura di sicurezza
Pan. Tra
dieci minuti esatti atterreremo sul suolo di Vegeta-sei.”
Pan
ebbe un sussulto.
Nuovamente le sensazioni che aveva provato il giorno della partenza si
erano
fatte largo nella sua anima, e un misto di eccitazione e paura fece
aumentare
vertiginosamente i battiti del suo cuore. Meccanicamente, quasi
tremando, si
allacciò le cinture, aspettando impazientemente che quella
dannata attesa
avesse fine.
“Perfetto,
eccoci arrivate.”
Entrambe
le ragazze si
liberarono dall’impaccio delle cinture e furono pronte a
scendere dalla
navicella.
Aperto
il portellone e
ritrasformata velocemente la navicella in una capsula, ebbero
finalmente modo
di placare la grandiosa curiosità che le aveva accompagnate
per tutta la durata
del loro viaggio.
E
ciò che si mostrò ai loro
giovani occhi le lasciò attonite e senza fiato.
Un
cielo, inaspettatamente
rosso, ospitava ben due astri simili al Sole, mentre della luna invece
non
c’era alcuna traccia.
La
città, o presunta tale che
fosse, non aveva nulla di simile alle grandi metropoli terrestri. E
neppure al
più piccolo e insignificante dei borghi. Al contrario,
guardandosi intorno si
aveva l’impressione di trovarsi in un villaggio abitato da
barbari.
Intorno
alle due giovani
regnava la più tetra desolazione. Il terreno non era
asfaltato in nessun punto,
gli edifici, rudi e austeri, risultavano sparsi e apparentemente
costruiti
senza alcun criterio, le abitazioni erano più simili a
grotte che a normali
alloggi, nessun elemento artistico smorzava quella rigidità
inquietante che
rendeva inconfondibile quell’ambiente tetro.
Un’unica
costruzione spiccava
rispetto alle altre per la propria incredibile imponenza. Essa, dal
peculiare
stile duro e austero, era situata sul punto più alto del
terreno circostante.
Costituita interamente in pietra, pareva molto più simile ad
un enorme masso,
tanto alto da dare l’impressione di voler squarciare il rosso
manto del cielo.
Con
ogni probabilità doveva
trattarsi della reggia.
Non
sarebbe stato facile
raggiungere Vegeta, certo. Ma per lo meno sapere dove andare a cercarlo
costituiva per le due ragazze un piccolo sollievo nel profondo mare di
inquietudine nel quale si sentivano di sprofondare.
Infine,
persino la bizzarra
vegetazione che adornava quell’orrido ambiente
servì a completare un quadro che
di per sé non era troppo entusiasmante.
Piante
dalle forme e dai
colori più svariati facevano capolino da ogni dove, fornendo
un nascondiglio a
forme di vita animale parecchio strane.
Alieni
in divisa e Saiyan
dalle fantasiose capigliature percorrevano freneticamente quelle vie,
piccole
navicelle spaziali dalla forma sferica atterravano e decollavano in un
susseguirsi ininterrotto e infinito, rendendo per la prima volta
partecipi le
due giovani Saiyan della caotica quotidianità di una
città di quel pianeta, tanto
sconosciuto eppure al contempo familiare, che ben trentatré
anni prima rispetto
alla loro epoca era stato ridotto in macerie da un unico, ben assestato
colpo.
Uomini
e donne dagli sguardi
truci passavano loro accanto con aria indifferente, senza minimamente
crucciarsi o anche semplicemente curarsi della loro presenza.
A
questa constatazione
entrambe tirarono un sospiro di sollievo.
Sarebbe
stata un’impresa ardua
portare a termine quella missione, ma per lo meno il primo dei tanti
obiettivi
era stato portato a termine. Riuscire perfettamente nella
mimetizzazione.
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Paura.
Sconsolazione.
Solitudine. Voglia di mandare tutto allo scatafascio e correre
nuovamente a
casa, come mocciose piagnucolose.
Era
questo ciò che provavano
entrambe.
Parve
infatti a tutte e due
che il coraggio, la grinta e la forza di volontà fossero
loro venute a mancare
nel momento in cui più di ogni altro ne avevano bisogno. Nel
momento esatto in
cui erano venute a contatto con quella realtà tanto cruda,
tanto fredda.
Tanto
diversa rispetto a tutto
ciò che per loro era sempre stata consuetudine.
Tuttavia
entrambe decisero di
resistere. Entrambe avrebbero opposto tutte le proprie forze a
quell’incontenibile terrore, avrebbero portato a termine
quella missione.
Avrebbero dimostrato che potevano farcela, da sole.
Pan
si sentì improvvisamente
stringere una mano da una presa stretta e decisa.
“Anche
io ho paura Pan. Ma non
perdiamoci d’animo. Non prima di averci provato per lo meno.
Andiamo a cercare
un posto isolato dove posizionare la capsula casa. Dopodiché
cercheremo di
architettare un piano per arrivare a mio padre il prima
possibile.”
Pan
le rispose con un sorriso
di assenso, carico della determinazione che le era parso di aver perso
definitivamente.
Cominciarono
quindi a
gironzolare senza una meta precisa per quella strana città,
nella disperata
ricerca di un posto opportuno alla loro permanenza.
“Guarda
Bra, che ne diresti
della cavità dietro quella roccia? E’ isolata e
poco visibile, non dovremmo
avere problemi.”
“Mmm.”
Bra
si affacciò con sguardo
indagatore all’ingresso della grotta, e poté
constatare con grande sollievo che
fosse profonda abbastanza da non palesare la presenza della capsula
dall’esterno.
“Direi
che è perfetto.
Posizioniamola qui.”
“Bene.
Dici che sarebbe
opportuno andare a fare un giro?”
“Certamente
Pan. Cerchiamo di
osservare i loro comportamenti e di imitarli al meglio. Siamo
intesi?”
“Certo.
Andiamo.”
Le
due ragazze si
incamminarono con passo spedito, perdendosi fra quella moltitudine di
persone
ed effettuando uno sforzo immane per mantenere immutata sul proprio
volto
un’espressione che fosse sufficientemente
“rabbiosa”.
Tuttavia
non ebbero modo di
allontanarsi di molto rispetto al loro punto di partenza.
Due
giovani sconosciuti
infatti avevano deciso di opporsi al loro girovagare senza meta
piazzandosi di
fronte a loro.
“Salve,
ragazze. Posso
chiedervi dove state andando?”
Il
primo dei due giovani, con
aria arrogante si era avvicinato pericolosamente alla giovane Bra,
sfiorandole
il mento con le dita. Aveva profondi occhi neri e una folta chioma
ribelle che
gli ricadeva sulle spalle percorrendo la schiena in tutta la sua
lunghezza. Un
bel ragazzo. Un bel ragazzo con qualcosa di familiare.
Ma
Bra non ebbe tempo né
voglia di pensarci in quel momento.
La
turchina, in preda al
terrore, in un unico scatto d’ira allontanò con
disprezzo dal proprio viso
quelle mani sconosciute che sconsideratamente avevano osato sfiorarla.
E
si sentì pesare addosso una
grande responsabilità. Il dovere di comportarsi in maniera
opportuna per non
essere smascherata fin dal primo momento.
“Si
da il caso che siamo molto
impegnate. Perciò vedi di far presto a levarti di
torno.”
Con
la freddezza glaciale che la
giovane, fortuitamente in questo caso, aveva ereditato dal padre,
scansandosi
dal ragazzo con lenta indifferenza fece per proseguire il proprio
cammino,
quando la sua voce la interruppe nuovamente nei suoi intenti.
“Andiamo,
non fare
l’antipatica. Io e il mio amico volevamo soltanto invitare te
e quell’altra
ragazza a fare un giro e divertirci un po’. Mi chiamo Radish.
E lui è Nappa.”
Alle
spalle di Radish si
delineò una figura mastodontica, che fece sussultare di
spavento il cuore delle
due ragazze.
Nappa
era molto più alto
rispetto a Radish. Aveva pochi capelli in testa e due minuscoli baffi
ai lati
della bocca, il corpaccione grosso e muscoloso e gli occhi piccoli.
‘Incredibilmente
brutto. ’ Pensò
Pan.
“Come
ho già detto siamo
impegnate. Siete pregati di non continuare a scocciare.
Intesi?”
Bra
aveva parlato con
risolutezza, in un misto tra stizza e impazienza. Il suo primordiale
obiettivo
di quel momento sarebbe stato senz’altro quello di
allontanare il più
velocemente possibile quei due scocciatori, poiché la loro
opprimente presenza
cominciava a trasmetterle ansia e inquietudine. Tuttavia si
sentì improvvisamente
stringere forte una mano.
“Bra,
guarda!! Laggiù c’è tuo
padre!!”
Il
sussurro appena
percettibile di Pan fece perdere un battito alla giovane turchina, la
quale,
appresa quella succosa informazione prese a guardarsi intorno quasi
impercettibilmente, alla ricerca della giovane figura paterna.
Ad
un tratto lo vide. Molto più
basso, molto meno muscoloso, eppure mai e poi mai avrebbe potuto non
riconoscerlo. Stava nella sua posizione abituale,
l’espressione crucciata,
indifferente e un po’ truce, in piedi contro una parete
rocciosa, le braccia
incrociate contro il petto, un piede appoggiato contro la parete alle
sue
spalle.
Avevano
avuto un colpo di
fortuna. Un colpo di fortuna incredibile e insperato. E di certo non
avrebbero
potuto lasciarsi sfuggire una così fortuita circostanza.
“Abbiamo
cambiato idea. In
fondo non abbiamo un granché di interessante da fare.
Veniamo con voi.”
Nappa
fece sfoggio di un
sorriso maligno, molto più simile a un ghigno. Si
avvicinò a Pan con lenta
risolutezza e si fermò una volta giunto di fronte alla
piccola Saiyan.
“Mi
fa piacere, dolcezza. Come
ti chiami?”
“Pa-pa-pan!”
Sussurrò tremante
la ragazza.
“Pan?
Mmm che strano nome…”
Rifletté l’energumeno massaggiandosi il mento.
Pan
ebbe il tempo di perdere
un altro battito, ma fortunatamente l’attenzione del giovane
si era già
spostata altrove.
“Non
vi si è mai viste da
queste parti. Eravate in missione per caso?”
“Ehehehehe,
già!!!” Ridacchiò
Pan massaggiandosi la nuca. Lo sguardo truce che Bra le rivolse in
risposta
tuttavia costrinse Pan ad assumere un atteggiamento più
serio a partire da quel
momento.
“E
su quale pianeta siete
state mandate in missione?”
Le
due ragazze si squadrarono
disorientate, in preda ad un pauroso stato confusionale.
Pan,
prontamente si accinse a
rispondere a quella domanda.
“Ehm,
sul pianeta Ba…
Banana!!”
Bra
squadrò la corvina con
sguardo sconvolto e terrorizzato. Sarebbe stato ovviamente compito suo
riparare
alle sciocchezze tirate fuori da Pan.
“Banana?
Ma che razza di
pianeta è?”
“Non
conosci il pianeta
Banana? Beh, dovresti cercare di documentarti prima di porre domande
simili,
scimmione ignorante!” Bra si voltò dalla parte
opposta con aria indifferente,
sperando vivamente di aver posto fine a quell’imbarazzante
interrogatorio.
“Hum…
Ehm, già adesso che ci
penso mi ricordo perfettamente di un certo pianeta Banana!
Heheheh!!” Radish si
grattò la nuca imbarazzato. E a quel punto Bra non
poté non trovare risposta ai
propri dubbi. Quel ragazzo aveva decisamente qualcosa di familiare.
“Beh
andiamo?”
“Certo,
andiamo!”
Radish,
senza un minimo
accenno di timidezza cinse con un braccio le spalle di Bra, mentre
invece Nappa
si avvicinò a Pan con un ghigno arrogante stampato in faccia.
“Ecco,
lo sapevo. Quello brutto e ciccione è toccato proprio a
me!”
“VEGETA!!!
Guarda, abbiamo
incontrato due belle ragazze! Hanno detto che verranno a divertirsi con
noi!
Che ne dici di unirti al gruppo? Magari strada facendo ne rimorchiamo
un’altra!”
“Mpf.”
Le
ragazze in preda al terrore
videro il principe avvicinarsi lentamente, e decisero di tacito accordo
che
avrebbero sopportato quella tortura. In fondo, aver incontrato Vegeta
soltanto
qualche minuto dopo il loro sbarco sul pianeta era da considerarsi
assolutamente un autentico colpo di fortuna.