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Autore: Estethell    16/12/2017    3 recensioni
Grazie a una promozione, il soldato nazista (non per scelta) Ludwig viene inviato nel campo di concentramento prussiano come co-amministratore di suo fratello, il feroce Gilbert.
Contemporaneamente nel campo arrivano dei prigionieri che vengono subito smistati nei vari blocchi dormitorio-fabbrica. Il blocco H3T4-L14, sopranominato hetalia, è amministrato direttamente da Gilbert ed è il luogo peggiore di tutto il campo. In poco tempo vi si ritroveranno prigionieri di vari paesi, tra cui un dissidente politico e filo-russo lituano, un polacco che aiutava gli ebrei a fuggire dai rastrellamenti tedeschi, un ex soldato volontario francese, una spia canadese e un partigiano italiano.
Ludwig cercherà in ogni modo di aiutare i poveri malcapitati del blocco H3T4-L14 a sfuggire dalla violenza del fratello, sviluppando sentimenti nuovi e complessi per il dolce e ingenuo italiano, mentre Gilbert scoprirà grazie a un timido canadese che l'amore vince su ogni cosa, anche sulla violenza.
Principalmente Gerita e Prucan, Fruk sullo sfondo, qualche accenno di Rusliet.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Ludwig fu avvolto dall’aria gelida carica di fiocchi di neve appena aprì la porta dell’edificio. Sulla neve erano rimaste le impronte che il fratello aveva lasciato correndo fuori senza alcun apparente motivo.
Ludwig si strofinò il braccio dove Gilbert lo aveva urtato violentemente e fatto quasi perdere l’equilibrio; non si era scusato né si era fermato ad aiutarlo, aveva semplicemente continuato a correre come un pazzo. Il ragazzo biondo non sapeva davvero cosa pensare, ma una cosa era certa, non aveva mai visto suo fratello in quello stato di agitazione.
Questo lo preoccupava.

Alzò il bavero del cappotto con le mani guantate mentre seguiva le orme del fratello tra i fiocchi di neve che cadevano incessantemente. In realtà Gilbert non si era allontanato molto e Ludwig lo trovò appoggiato contro un muro dietro un edificio vuoto.
Era davvero in pessime condizioni.

L’albino aveva smosso tutta la neve intorno a sé come se fosse caduto nel punto in cui Ludwig lo aveva trovato e si poggiava al muro con le mani mentre vomitava.
Ludwig distolse lo sguardo disgustato per non vedere la cena che avevano assaporato qualche ora prima rigettata tra la neve e si schiarì la voce per farsi notare dal fratello.

“Hai… hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male?” Chiese prudentemente.

Gilbert ebbe un altro conato di vomito, poi tossì pesantemente e cercò di raddrizzarsi pulendosi la bocca con una manica. Il gesto disgustò ancor di più il ragazzo che sentì il suo stomaco rivoltarsi.

“No, no… non è stato il cibo… non è stato lui…”

Lo sguardo del ragazzo dai capelli argentei era sgranato e lucido.
Ludwig riusciva a distinguere soltanto gli occhi e i capelli del volto del fratello in quanto si confondeva alla neve tant’era pallido.
Gilbert sosteneva che non era stato il cibo, ma allora cosa aveva potuto ridurre così un uomo dal carattere forte, arrogante ed esuberante come il suo?

Ludwig rimuginò sulla questione mentre guardava dubbioso il fratello cercare di ricomporsi e fare qualche passo. Gilbert però non si era ancora del tutto ripreso dallo shock e barcollò pesantemente sulle proprie gambe finendo in ginocchio nella neve. Subito il fratello gli fu vicino ad assisterlo.
L’amministratore del campo tremava come una foglia al freddo invernale e le sue labbra cominciavano a perdere colore. Ludwig cercò di rimetterlo in piedi ed aiutarlo a camminare fino alla sua stanza.

“Cos’è successo Gilbert? Non ti ho mai visto così prima d’ora!” Disse cercando di camuffare il tono preoccupato della sua voce senza riuscirci bene. Era vero che non lo sopportava, ma era pur sempre suo fratello maggiore, era stato cresciuto da lui e gli era stato accanto nel bene e nel male. Ludwig non poteva dire di provare soltanto sentimenti negativi nei suoi confronti.

“Una catastrofe…” Rispose con voce alterata l’albino.

I piedi sprofondavano nella neve ormai alta quasi trenta centimetri come coltelli nel burro. Ludwig era rimasto senza parole nel sentire la risposta del fratello e sentì la sua preoccupazione aumentare. Rimase in silenzio per tutto il tragitto finché non arrivarono alla porta dell’edificio delle guardie. Una volta entrati il suo sguardo si posò sulla libreria nel corridoio dove Gilbert lo aveva mandato quasi a gambe all’aria e gli venne un’intuizione.
Le lettere.
Deglutì nervosamente iniziando a temere la notizia che aveva ridotto suo fratello così.

Lentamente la tensione nel corpo di Gilbert lasciò il posto alla debolezza e al languore. Cercò di camminare da solo e non appoggiarsi a suo fratello ma le sue gambe non rispondevano bene ai suoi comandi.
Quando Ludwig stava per imboccare le scale che portavano alle camere private delle varie guardie Gilbert lo fermò e gli indicò invece la porta del suo studio.
Ludwig capì al volo che la questione era così urgente da dover essere discussa immediatamente.

Una volta dentro l’ufficio Ludwig rimase interdetto dal disordine. In realtà non era una stanza disordinata ma semplicemente non sembrava l’ufficio del perfetto Gilbert che aveva la mania di ordinare e pulire ogni singolo centimetro quadrato. La sedia della scrivania giaceva dimenticata su un fianco sul pavimento mentre la stufa a legna che riscaldava la stanza era ormai quasi spenta. Sulla scrivania diverse lettere erano accatastate in un angolo mentre un foglio spiegazzato e la sua busta da lettere occupavano il centro del mobile.
Alla vista della lettera sulla scrivania Gilbert aggrottò le sopracciglia, ma non disse nulla.

Velocemente il ragazzo si staccò dal fratello e andò alla scrivania dove prese il foglio abusato.
Anche se la tensione era svanita lasciando il posto alla debolezza fisica la mente di Gilbert era un caos totale. Non riusciva a pensare a qualcosa di coerente, non riusciva a trovare una soluzione o almeno a far chiarezza sulla vicenda per cercare di organizzare un piano alternativo.
L’unica cosa che riusciva a pensare era che volevano ammazzare Matthew.

“Questa è una lettera arrivata direttamente dal governo tedesco” Disse con voce tremante. Ludwig si avvicinò alla scrivania concentrandosi sul fratello e sulla lettera.

Gilbert si prese qualche istante per cercare di riordinare le idee. Ludwig doveva assolutamente sapere di quell’ordine, in realtà tutti dovevano saperlo per poter organizzare in modo rapido la ritirata nel territorio sicuro. Ludwig inoltre sarebbe stato d’accordo con lui sul non abbandonare i prigionieri e fare in modo di salvarli in qualunque modo anche se questo avrebbe significato disobbedire a un ordine diretto dei loro superiori. Ma come avrebbe spiegato a suo fratello questo improvviso interesse per persone che pochi mesi prima reputava oggetti di scarso valore con cui poter giocare liberamente?
Gilbert non si sentiva ancora pronto ad ammettere il suo interesse nei confronti di Matthew a qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era suo fratello, una persona rigida che quasi non provava sentimenti.

Lo sguardo di ghiaccio del fratello gli stava perforando il corpo mettendogli ansia e facendolo sentire sotto pressione. Infine iniziò a parlare senza riflettere.

“Il governo ci informa che i russi stanno penetrando nel territorio tedesco e che dobbiamo abbandonare il campo di concentramento immediatamente”

“Cosa? I russi? Non è possibile, loro… No, non posso crederci…”” Esclamò Ludwig perdendo la sua tipica compostezza.
Quella era una notizia sconvolgente. Nessuno si sarebbe aspettato un contrattacco dei russi nel cuore del territorio tedesco. Questo significava che avevano i minuti contati, che dovevano lasciare immediatamente quei luoghi perché se fossero stati trovati dall’Armata Rossa sarebbero stati con ogni probabilità fucilati a vista.
Ma questo significava anche altri moltissimi problemi collaterali.
Ludwig sentì una scossa di puro terrore percorrergli tutta la colonna vertebrale.

“E i prigionieri? Cosa ne facciamo dei prigionieri?”

Gilbert si aspettava quella domanda ma non aveva una risposta da dare. Non sapeva davvero cosa fare, era una situazione molto delicata, molto ostica e così improvvisa...
Inoltre in quel momento non poteva certo definirsi lucido.

“Loro non possono rimanere qui, loro… loro verranno sicuramente uccisi. I russi non hanno pietà di nessuno”

Gilbert notò con stupore che suo fratello si stava agitando. L’uomo dall’aspetto puramente ariano che aveva sempre controllato in modo impeccabile le sue emozioni si stava sgretolando velocemente davanti i suoi occhi lasciando il posto all’incertezza e alla paura.
Gilbert non sapeva spiegarselo. Forse Ludwig aveva paura dell’arrivo dell’Armata Rossa e di tutto quello che ne sarebbe conseguito, forse non voleva rischiare di essere ucciso o di diventare prigioniero dei russi. Quest’idea però era del tutto sbagliata perché Ludwig non aveva mai mostrato di temere il fronte o qualsiasi scontro con il nemico, di qualunque genere.
Allora cos’era che stava spaventando così tanto suo fratello?

L’albino guardò il fratello negli occhi. Il suo sguardo era sgranato e terrorizzato, con un alone di ansia e apprensione che offuscava quel bel azzurro ghiaccio. A Gilbert ricordò il suo sguardo quando lo intravide nel riflesso del legno della sua scrivania nel momento in cui aveva appena letto la lettera.
Un’intuizione lo colpì come un fulmine e quasi lo lasciò senza fiato.
L’italiano.
Non poteva crederci. Era semplicemente ridicolo. Tutta quella faccenda era ridicola.

“Dobbiamo fare qualcosa Gilbert, non possiamo abbandonarli qui. Li condanneremo a morte certa! Loro devono essere aiutati, non ce la faranno da soli, non hanno cibo a sufficienza, non sanno nemmeno dove andare e sono fisicamente deboli. Lo so che sono soltanto dei prigionieri, però io non posso abbandonarlo…!”

Ludwig interruppe di colpo la sua filippica sconvolto. Rimase a bocca aperta a fissare suo fratello con uno sguardo colpevole.
Gilbert rimase in silenzio per un istante a squadrare il volto del fratello. Non aveva mai visto Ludwig appassionarsi così tanto per qualcosa, in realtà non aveva mai visto il fratello esprimere alcun tipo di sentimento che non fosse rabbia o fastidio. Eppure quel lapsus aveva confermato le sue ipotesi e smascherato i suoi veri sentimenti.
L’albino sentì un forte sentimento di simpatia diffondersi nel petto. Ludwig era il suo fratellino e il compito di ogni fratello maggiore era quello di proteggere il proprio fratellino e renderlo felice. Inoltre sembrava che entrambi tenessero a determinate persone che volevano assolutamente proteggere.

Piegando il foglio su sé stesso Gilbert riacquistò in parte la sua tipica sicurezza sfrontata e guardò il fratello dritto negli occhi con uno sguardo serio.

“Loro verranno con noi. L’ordine è di sgomberare il campo di tutti i documenti compromettenti e di tutti i prigionieri prima che arrivino i russi. Non so che fine faranno i prigionieri una volta arrivati in Germania, ma comunque non verranno abbandonati qui”

Ecco, era fatta.
Insubordinazione e alto tradimento.
Era nei guai fino al collo.
Ma vedere il volto di suo fratello rilassarsi dal sollievo valeva tutto questo.

Secondo la più grande menzogna che avesse mai detto nella sua vita i prigionieri avrebbero lasciato il campo con loro. Questo significava organizzare una grande deportazione di massa dal campo prussiano, dove si trovavano, ai territori tedeschi cercando di risparmiare tempo, di trovare le vettovaglie per la maggior parte di loro e di sperare che i fisici debilitati di quelle povere anime reggessero lo sforzo di quell’esodo.
Sembrava impossibile ma dovevano farlo, solo così si sarebbero potuti salvare tutti.

Ludwig, ormai ritornato il ragazzo stoico di sempre, annuì con uno sguardo serio.
“Come ci organizzeremo? Stando alla lettera non sappiamo dove sono i russi ed è possibile che abbiamo poco tempo ormai”

Gilbert annuì a sua volta pensieroso.
“Domani raduneremo tutte le guardie del campo e prepareremo le squadre d’azione per organizzare la partenza sia di guardie che di prigionieri. Dobbiamo assolutamente recuperare più cibo possibile e dobbiamo eliminare tutte le prove della permanenza dei prigionieri qui”

Piegò ulteriormente la lettera, poi si girò a sistemare la sedia e le lettere che erano state ignorate fino a quel momento.

“La lettera mi ha colto davvero di sorpresa, sto ancora cercando di elaborare il suo contenuto”
In effetti era vero, ancora non si capacitava che una cosa simile stesse accadendo proprio in quel momento e proprio a lui.
Ludwig non rispose e per alcuni istanti l’unico rumore nella stanza era il vento carico di neve che ululava fuori dalla finestra chiusa.
Gilbert era assorto nel riordinare le carte già ordinate della sua scrivania. Non sapeva più cosa dire al fratello per non cadere in trappola e smascherare la sua bugia e stava sperando con tutto il suo cuore che lo lasciasse solo.
Infine Ludwig sospirò e si passò la mano tra i capelli biondi.

“Dicono che la notte porti consiglio. Credo che il riposo ci aiuterà a trovare delle soluzioni a questo problema. Buonanotte Gilbert” E senza aggiungere altro o aspettare la risposta del fratello lasciò la stanza chiudendosi alle spalle la porta.

Appena rimasto solo Gilbert agguantò con forza il pezzo di carta piegato e alzandosi si avvicinò alla stufa quasi spenta. Doveva assolutamente disfarsi di quella lettera, non poteva rischiare di essere scoperto dalle altre guardie, lo avrebbero additato come traditore e ucciso sul momento. Prendendo un attizzatoio dal gancio, aprì lo sportello della stufa e attizzando i carboni ormai quasi morti buttò la lettera tra di loro.

Osservò il fuoco mangiare la carta fino a quando non ne rimase che cenere. Gilbert non sapeva spiegarsi il perché ma sentiva che il fuoco non aveva bruciato soltanto quel maledetto pezzo di carta ma anche una parte di sé stesso.
Imputò quella sciocca sensazione alla stanchezza.

 

La mattina dopo Ludwig si trovava affianco a suo fratello davanti la schiera di guardie ordinata in file perfette. Lui e Gilbert erano saliti su un piccolo palchetto che si trovava nello spiazzale principale del campo dove di solito venivano comunicate le notizie più importanti, come in quel giorno.
Ludwig si sentì tutti gli occhi puntati addosso finché il fratello non cominciò a parlare a gran voce al pubblico.

“Signori, stamattina vi ho convocato qui prima dei lavori quotidiani per una comunicazione urgente e di vitale importanza” Fece una pausa d’effetto lasciando che il suo sguardo vagasse su tutti i soldati che in silenzio ascoltavano le sue parole “Con l’ultimo approvvigionamento è arrivata una comunicazione firmata dal portavoce del Fuhrer”

Si alzò un leggero mormorio. I soldati cominciarono a scambiarsi parole a bassa voce guardandosi gli uni con gli altri con apprensione. Le comunicazioni che arrivavano direttamente dal portavoce del Fuhrer non erano mai un buon segno e spesso non portavano buone notizie.
Ludwig guardò Gilbert che con un gesto azzittì il mormorio. Era sempre stato una persona carismatica, che riusciva ad essere al centro dell’attenzione con grande abilità e non voleva perdersi la possibilità di poterlo osservare da vicino. Non lo avrebbe mai ammesso, ma ammirava alcuni aspetti di suo fratello.

“La lettera comunica l’avvistamento dell’armata russa in territorio polacco” Si levò un forte brusio che Gilbert tentò di calmare con un altro gesto “Silenzio! L’armata russa sta marciando verso di noi. Non possiamo più rimanere qui, dobbiamo sgomberare il campo immediatamente!”

Il brusio divenne in poco tempo un vociare confuso. Le guardie persero la loro disciplina e iniziarono a esclamare, parlare, urlare tutte insieme verso Gilbert e verso gli altri.
Gilbert si aspettava una reazione simile, lui stesso ne aveva avuta una ancora più forte. Forse anche tra di loro c’era qualcuno che si era affezionato a qualche prigioniero e non voleva accettare questa situazione, ma Gilbert era contento di poterlo rassicurare con lei sue prossime parole.
Prese un profondo respiro che attirò l’attenzione di Ludwig, che nel mentre si era girato ad osservare la confusione generale delle guardie, e prendendo coraggio per quello che avrebbe dovuto dire, continuò il discorso.

“Silenzio! Abbiamo poco tempo e non possiamo sprecarlo così! Abbiamo l’ordine di eliminare ogni prova di produzione bellica e di presenza sia nostra sia dei prigionieri. Ogni documento e oggetto dev’essere distrutto. Inoltre ci è stato chiesto di trasferire i prigionieri nel territorio tedesco in vista di un nuovo smistamento nei campi di concentramento”

Ecco, era fatta.
Le guardie cercarono di ricomporsi e di ascoltare tutti i dettagli dell’organizzazione dei giorni rimanenti prima della partenza. Ludwig aveva avuto ragione, la notte aveva portato consiglio.
Le guardie furono assegnate a dei gruppi di lavoro composti dai prigionieri di ogni dormitorio. Il loro compito era di sorvegliarli e guidarli nei vari lavori che gli sarebbero stati affidati. Un gruppo di lavoro avrebbe procurato le vettovaglie sia dalle rimanenze in cucina sia dai campi circostanti; un altro avrebbe smantellato tutti i dormitori bruciando tutti i loro contenuti; un altro ancora si sarebbe occupato delle fabbriche mentre un quarto avrebbe cercato di recuperare tutti i mezzi di trasporto disponibili nel campo cercando di aggiustare quelli fuori uso (quasi impossibile ma bisognava provare).
Il medico del campo aveva il compito di rendere i malati in grado di affrontare il viaggio sui veicoli e sulle barelle. Nessun prigioniero sarebbe stato ucciso o lasciato indietro.

Quella notizia portò non poca confusione tra le guardie.
In tutto il trambusto che si era creato con quel discorso soltanto Roderich non aveva dato alcun segno di stupore o di panico. Si limitò ad osservare insistentemente Gilbert in silenzio e con un’espressione indecifrabile.

Dopo aver smistato le varie guardie ai loro nuovi gruppi Gilbert annunciò la fine della riunione e inviò le guardie a lavoro. Scendendo dal palco, Ludwig vide dei piccoli fiocchi di neve scendere dal cielo nuvoloso.

“Ancora neve? Accidenti quest’anno ha nevicato più del solito!” Esclamò l’albino affondando gli stivali nella neve.
Ludwig guardò i tetti degli edifici carichi della soffice sostanza bianca con preoccupazione.

“Spero solo che non diventi un problema per la nostra partenza” Pensò mentre seguiva il fratello.

 

Feliks si svegliò di scatto con il cuore in gola. Non aveva sentito nessun urlo in tedesco e questo lo preoccupava. Temendo di essere rimasto addormentato nonostante la sveglia delle guardie, si precipitò fuori la cuccetta per mettersi le scarpe temendo una punizione da Gilbert, svegliando in malo modo il suo compagno di cuccetta. Solo dopo essersi messo le scarpe si accorse che i prigionieri erano ancora tutti nelle loro cuccette, alcuni svegli a guardarsi intorno con uno sguardo confuso come il suo, altri come Feliciano che dormivano ancora beatamente.

Feliks si avvicinò alla cuccetta di Francis che intanto si era messo a sedere.

“Cosa succede?”

“Non saprei dirtelo, oggi i nostri secondini sono in ritardo!”

“Forse oggi non si lavora?” Chiese Toris raggiungendoli.

“Ma non dire stupidaggini, Toris! Però non è normale che non sono ancora venuti a svegliarci” Rispose Feliks pensieroso.

Mentre discutevano a bassa voce di quanto fosse strana quella situazione improvvisamente la porta del dormitorio fu aperta lasciando entrare un forte vento carico di fiocchi di neve che fece rabbrividire tutti.

“Fuori feccia maledetta!”

Feliks e Francis si scambiarono uno sguardo confuso. Le guardie erano infine arrivate a chiamarli per il lavoro, ma non erano né Ludwig né quel demonio di Gilbert. Era invece una guardia quasi sconosciuta che avevano visto sporadicamente in giro o durante le grandi riunioni del campo.
Molto strano.

Velocemente i prigionieri si sistemarono e uscirono nel freddo invernale. Molti si stringevano le braccia al corpo per cercare di scaldarsi senza molto risultato. Francis rimase indietro come sempre per cercare di svegliare Feliciano, che incredibilmente quel giorno si alzò quasi subito.

Una volta fuori la guardia li fece mettere in fila e iniziò a parlare. Gli fu spiegato che da lì a poco avrebbero dovuto lasciare il campo senza alcuna motivazione valida e che i dormitori erano stati assegnati a nuovi lavori speciali. Il dormitorio H3T4 era stato assegnato alla raccolta di tutto ciò che era commestibile nei campi adiacenti al perimetro del campo di concentramento.

A quelle parole Feliks ebbe un brivido lungo tutta la schiena e sbiancò visibilmente. Aveva sentito molte storie riguardo i finti viaggi che i prigionieri erano costretti a fare. Viaggi che in realtà erano soltanto biglietti diretti per le camere a gas.
Quei bastardi volevano farli tutti fuori.

Si girò cercando con lo sguardo Francis, uno dei pochi che poteva sapere una cosa del genere essendo un veterano come lui. Anche il francese era sbiancato visibilmente ma cercava di camuffare il suo panico con un atteggiamento più spontaneo possibile. Feliks invidiò il suo sangue freddo, lui se la stava facendo letteralmente sotto.

Dopo aver finito il suo sermone la guardia, armata di manganello, li costrinse a marciare verso l’uscita secondaria del perimetro recintato per raggiungere i campi ormai sepolti dalla neve e dal ghiaccio.
Feliks sospirò sconsolato. Non gli avevano dato nemmeno una zappa, un forcone o un bastone per smuovere la neve e la terra, avrebbero dovuto scavare a mani nude per fare un buco nell’acqua.
Cosa poteva mai crescere sotto trenta centimetri di neve?

 

Ludwig alitò sulle mani sfregandole velocemente. Quella notte era veramente gelida e il soldato biondo non vedeva l’ora di entrare nella sua stanza dove una stufa scoppiettante lo stava aspettando per riscaldarlo. Si rimise in fretta i guanti neri della divisa cercando di non disperdere tutto il calore.
Maledetto posto dimenticato da Dio.

Ludwig camminava a grandi falciate nella coltre di neve altissima. Nell’organizzazione dei nuovi gruppi di lavoro era stato assegnato al gruppo che si occupava del recupero dei veicoli e aveva passato tutto il giorno a controllare e a volte anche aiutare i prigionieri di un dormitorio a smontare e rimontare vecchie ferraglie a quattro ruote. Ludwig si sentiva ancora l’odore nauseabondo addosso di grasso e olio per macchina.

“Spero davvero che ci sia ancora dell’acqua calda per farsi una doccia”

Piccoli fiocchi di neve si posavano sulle spalle e sul cappello del ragazzo mentre cercava di proteggersi dal fortissimo vento che gli bruciava la pelle e gli occhi. Intorno agli edifici era buio pesto e c’erano pochissime luci che sporgendo dai muri illuminavano oscillando pericolosamente al vento piccole sezioni di strada.
Nell’aria c’era un’atmosfera quasi lugubre e Ludwig sentì nascere dentro di sé un’ondata di ansia.

Lasciò la strada principale del campo per raggiungere gli alloggi delle guardie, ma appena imboccò il vicolo si fermò sul posto. Vicino la recinzione, sotto una lampada che ondeggiava al vento c’era una figura nera immobile.
A Ludwig vennero in mente tutti quei racconti paurosi che il suo stupido fratello gli raccontava da piccolo quelle sere in cui i genitori non c’erano per spaventarlo e costringerlo a notti insonni e a chiedere di dormire con lui. Sentì un brivido lungo il corpo e l’adrenalina aumentare spaventosamente.
Chi era? Cosa stava facendo lì a quell’ora della sera?

Poi improvvisamente sentì una voce melodiosa che a tratti arrivava alle sue orecchie trasportata dal vento. Quella voce cantava una melodia molto lenta che suscitava tristezza e angoscia.
Ludwig percepì soltanto due o tre parole, ma non ebbe dubbi a riguardo.
Una canzone italiana.

Si avvicinò lentamente al ragazzo cercando di essere più discreto possibile ma la neve scricchiolava rumorosamente sotto i suoi stivali di pelle. Quando si avvicinò abbastanza per distinguere i dettagli della figura Feliciano smise di cantare, ma non si girò per guardarlo. Se ne stava immobile a guardare l’oscurità oltre la recinsione aspettando che il ragazzo lo raggiungesse.

“Cosa ci fai qui?” Chiese Ludwig più dolcemente possibile, ma le sue parole uscirono così dure che nemmeno il vento riuscì a smorzare.

Feliciano non rispose subito. Nuvolette calde volavano via dal suo volto e Ludwig notò con dispiacere che il suo corpo magro e provato tremava come una foglia per il freddo.

“Ve, s-sto cantando…”

“Ho sentito, una bella canzone. Però non dovresti essere qui a quest’ora, c’è il coprifuoco. E poi fa freddo, potresti ammalarti seriamente se rimani qui fuori con solo quei panni addosso” Ludwig arrossì leggermente “Vieni con me, ti accompagno al tuo dormitorio”

“Aspetta… volevo almeno finire la canzone”

Ludwig rimase interdetto a quelle parole. Feliciano stava seriamente rischiando di prendere una polmonite o qualcosa di peggio soltanto per cantare all’aperto?
Il ragazzo bruno tirò su con il naso, poi finalmente si girò a guardarlo.

“Sto dicendo addio a mio fratello” Disse mentre le lacrime gli rigavano il volto bruciato dal freddo.

Ludwig rimase a bocca aperta tant’era sconvolto. Gli occhi di Feliciano erano rossi e gonfi di lacrime e le sue labbra di un colore bluastro. Il suo naso era rosso e colava mentre le sue guance erano graffiate dal vento. Ludwig non sapeva cosa fare, Feliciano stava piangendo davanti a lui.

L’italiano tirò nuovamente su con il naso e si asciugò le guance bagnate con il dorso della mano.
“Stamattina… ci hanno detto che dobbiamo fare un viaggio, non si sa dove… ve, ma noi sappiamo dove… tutti lo sanno…”

Ludwig non riusciva a capire di cosa stesse parlando. Quella mattina Gilbert era stato così chiaro riguardo all’ordinanza, nessuno sarebbe stato lasciato indietro oppure ucciso. Ma allora perché Feliciano stava piangendo e agendo in modo così strano?

“Ve, voi… voi volete mandarci nelle camere a gas, vero? E’ per questo che ci sono tutti questi preparativi, volete ucciderci”

“C-cosa?” Riuscì a dire la guardia sgomenta. Cosa diavolo stava farneticando quell’italiano così tutt’un tratto?
Ludwig stentava quasi a riconoscerlo. Feliciano era stato sempre una persona molto allegra e spensierata, sbadata e anche piagnucolona, si, ma non aveva mai mostrato quell’atteggiamento prima d’ora.

“Voglio dare a mio fratello, ovunque egli sia, il mio ultimo saluto… perché lo so, in un modo o nell’altro non uscirò vivo da qui!”
Feliciano mantenne il suo sguardo fisso in quello del biondo nonostante i suoi occhi si riempivano nuovamente di lacrime e il suo corpo veniva scosso dai singhiozzi.

Ludwig scosse la testa a quelle parole. Si rifiutò di accettare la visione di Feliciano sconvolto dal pianto.
Questo era troppo.
Con pochi passi accorciò la distanza che li separavano e avvolse il fragile corpo del prigioniero in uno stretto abbraccio. Feliciano sgranò gli occhi per la sorpresa mentre il suo volto affondava nella spalla del soldato.
Ludwig lo strinse forte a sé senza dire nulla per alcuni interminabili istanti in cui il suo cuore minacciava di uscire dal suo petto, poi sospirò lentamente e strinse ancor di più il ragazzo a sé.

“Non dire stronzate, Feliciano. Non permetterò che ti uccidano, non permetterò nemmeno che ti tocchino. Farò tutto il possibile per proteggerti. Tu rivedrai tuo fratello” E velocemente gli spiegò dell’ordinanza ricevuta la sera prima.

Nella sua mente un crogiolo di voci urlavano contemporaneamente. Alcune lo accusavano di essere diventato pazzo, di agire senza pensare, di compiere la più grande sciocchezza che potesse mai fare, altre invece urlavano disperate temendo le conseguenze di quel gesto. Una su tutte però faceva valere il suo suono riuscendo a coprire tutte le altre.
Era la voce che urlava il sentimento che provava per Feliciano.

L’italiano non rispose. Rimase immobile nelle braccia ben allenate del biondo per alcuni istanti, poi fece per allontanarsi quel tanto che bastava per poterlo guardare negli occhi. I suoi occhi erano ancora grandi, acquosi e rossi per il pianto, ma i suoi lineamenti si erano ammorbiditi e un piccolo sorriso iniziava a nascere sul suo volto. Ludwig rimase incantato da quello sguardo così dolce, notando anche come le guance cotte dal freddo iniziavano a colorirsi per altri motivi.
Infine l’italiano sorrise:

“Ve… sei così caldo”

Ludwig si chinò verso il ragazzo. Le sue labbra incontrarono quelle fredde e livide del ragazzo e per pochi istanti che sembrarono un’eternità i due si scambiarono un casto bacio.
Quando Ludwig si allontanò l’imbarazzo fu così grande che distolse lo sguardo arrossendo vistosamente.

“S-scusami, io non volevo, io…”

“Ve! Non scusarti, in realtà… mi piaci dalla prima volta che ti ho visto alla stazione”

Ludwig tornò a guardare Feliciano incredulo. L’italiano aveva un sorriso genuino sul volto e lo guardava dolcemente. Ludwig era sconcertato dalla schiettezza del ragazzo. Aveva sentito parlare della totale assenza di pudore e di vergogna degli italiani, ma non credeva che ciò arrivasse a tanto. Nonostante ciò non poté fare a meno di sorridere.

“Una guardia e un prigioniero che si innamorano… non ti sembra comica come cosa?

“Si, si lo è” Rispose Ludwig sorridendo amaramente.

“Mi basta sapere i tuoi sentimenti. Sapevo fin dall’inizio che era impossibile come cosa, ma… ve, mi basta sapere che i miei sentimenti sono corrisposti!”

Ludwig appoggiò la fronte su quella di Feliciano.

“Si, lo sono… ma non possiamo…”

“Ve, so anche questo, non sono stupido-“

Improvvisamente Feliciano starnutì violentemente. Il suo corpo tremava come una foglia tra le braccia del biondo. Ludwig scompigliò i suoi capelli bruni con la sua mano guantata.

“Avanti, andiamo al tuo dormitorio prima che ti ammali sul serio”

“No aspetta!” Feliciano tirò la mano di Ludwig quando questo fece per allontanarsi “Posso… posso avere altri di quei baci?”

“Adesso?”

“Anche domani, o il giorno dopo. Ve, io vorrei poterti stare sempre vicino, e ora che so quello che provi lo vorrei ancora di più!”

Ludwig rimase a pensare per qualche istante, poi sorrise al ragazzo bruno.

“Vediamoci domani sera in questo stesso posto. Cerca di non farti vedere da nessuno. Va bene?”

Feliciano lo raggiunse e, in punta di piedi, gli diede un piccolo bacio sulle labbra.
“Si”

Ludwig si sentiva agitatissimo. Aveva appena baciato e confessato i suoi sentimenti a un prigioniero e invece di sentirsi sbagliato si sentiva incredibilmente bene. Sperava davvero di poter iniziare una relazione con Feliciano, anche se clandestina, e segretamente sperava anche di imparare presto a baciare e a fare altre cose che aveva letto in alcuni libri ormai censurati. Ma soprattutto sperava di poter riscattare la libertà di Feliciano una volta che avrebbero raggiunto la Germania.
Ma per ora doveva riportarlo al suo dormitorio.

 

Quella notte Toris si svegliò di soprassalto in preda ai sudori freddi. Cercando di calmare il battito accelerato del suo cuore si sedette e iniziò a respirare lentamente cercando di non pensare all’ennesimo incubo che aveva appena sognato. La storia delle camere a gas lo aveva turbato moltissimo, ma si sentiva più tranquillo dopo aver parlato con Feliciano. Il ragazzo sembrava incredibilmente sicuro che i loro secondini non stessero tramando per la loro morte.

La luce della luna penetrava debolmente dalle finestre ostacolata dalle nuvole sospinte dal forte vento invernale, lasciando l’interno dell’edificio quasi al buio totale.
Da fuori arrivava il parlottare di due persone. A Toris sembrarono la voce dal forte accento tedesco della guardia di turno e la soave voce francese di Francis.
Affianco a sé sentì il corpo di Feliks agitarsi.

“Toris! Toris, stai bene?” Sussurrò il polacco.

“Si… scusami se ti ho svegliato… di nuovo”

Feliks si girò sulla schiena e poco dopo si mise a sedere lanciando un sorriso al suo compagno di cuccetta.

“Non preoccuparti, in realtà non riuscivo a dormire nemmeno io. Sono preoccupato per questa storia della partenza. Le chiacchiere di Feliciano non mi hanno convinto!”

Feliks iniziò a parlare senza sosta delle sue sensazioni e dei suoi pensieri riguardo la notizia che avevano ricevuto quella mattinata e riguardo la fatica che aveva provato nel lavorare nei campi innevati, lamentandosi per le mani rovinate dal freddo e per il poco cibo che avevano trovato. Toris ascoltò pazientemente la sua filippica abbozzando un tenero sorriso, poi quando Feliks finalmente finì sorrise dolcemente.

“Grazie Feliks”

“Di niente! Ma per che cosa?”

“Grazie a te ho dimenticato l’incubo che mi ha svegliato. Sono contento che siamo compagni di cuccetta!”

Feliks rimase senza parole. Abbozzò un sorriso al suo compagno, poi lo abbracciò.

“Sai, ho sempre voluto avere un fratello, invece sono figlio unico. Quando penso a un ipotetico fratello però lo immagino sempre uguale a te!”

Toris ricambiò l’abbraccio con forza mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.

“Grazie Feliks, grazie di starmi vicino. Senza di te probabilmente sarei già morto!”

“E’ probabile. Non preoccuparti Toris, noi sopravvivremo”

Toris stava per rispondere che si, sarebbero sopravvissuti e che quando sarebbero tornati a casa avrebbe invitato Feliks a cena da lui quando un forte rumore rimbombò in tutto il dormitorio seguito dal buio più totale.
L’ultima cosa che Toris percepì fu le urla terrorizzate dei prigionieri nelle altre cuccette.

 

Gilbert si alzò di scatto nel letto svegliato da un rumore assordante e dalle urla varie che ne seguirono. Quella mattina aveva deciso di formare dei gruppi di sentinelle che sarebbero stati di guardia sulle torri del perimetro del campo e lui aveva finito da poche ore il suo turno. Era completamente stremato e assonnato, ma nonostante ciò le urla continuarono confermandogli che non si era trattato della sua immaginazione. Uscendo lentamente da sotto le sue amatissime coperte e dal letto si avvicinò strusciando i piedi a terra alla finestra per vedere cosa diavolo stava succedendo nel cuore della notte nel suo campo di concentramento.
Appena vide l’enorme colonna di fumo che si alzava da dietro i tetti dei dormitori il suo cuore perse un battito e la sua mente si svegliò immediatamente perdendo tutto il suo torpore.

Velocemente si mise addosso dei vestiti pesanti e corse fuori dalla sua stanza e dal dormitorio delle guardie. Mentre correva vide che altre guardie e prigionieri si stavano accalcando nella stessa direzione. Facendosi largo tra tutta quella gente finalmente Gilbert riuscì ad arrivare al punto di origine del fumo.
Si pentì amaramente di averlo fatto.

Il dormitorio H3T4 non esisteva più.

Al suo posto vi era un cumulo di macerie e di neve. Gilbert si sentiva come se la sua mente fosse stata divisa dal suo corpo in quanto aveva perso completamente la facoltà di muoversi.

Era umanamente impossibile.
Dopo aver patito così tanto per colpa della lettera, dopo aver mentito spudoratamente sia a suo fratello sia a tutte le guardie del campo, questo.
Era morto, era sicuramente morto. Tutti quelli che stavano in quel capannone erano sicuramente morti.

Mentre era afflitto da quella bruciante verità il cerchio di curiosi si divise per far passare Ludwig. Appena vide il disastro il tedesco biondo lanciò un urlo disperato e corse verso le macerie iniziando a scavare a mani nude tra la neve e a spostare travi e mattoni vari.
Gilbert sentì un blocco formarsi nella gola nel vedere quant’era disperato suo fratello.
Poco dopo fu affiancato da Francis che, buttando il secchio dei bisogni lontano e urlando nella sua lingua madre, si mise anche lui a smuovere la neve e le macerie.

Fu tentato anche lui di affiancarli nello scavo quando Roderich lo fermò afferrandolo per un braccio.

“Gilbert dobbiamo iniziare la procedura d’emergenza”

Non era una richiesta ma un ordine. In una situazione normale Gilbert avrebbe subito sgridato la maleducazione di quello snob austriaco e punito con qualche lavoro extra, ma quella non era una situazione normale. Un dormitorio era letteralmente scomparso, crollato su sé stesso per qualche oscuro motivo, forse il suo amato canadese morto schiacciato dalle macerie insieme a tutti gli altri prigionieri, tra cui quell’idiota italiano tanto caro a suo fratellino.

“Si… la… la procedura…” Balbettò guardandolo in modo confuso.

Sentiva il cuore martellargli nelle orecchie. Due eventi orribili in così poco tempo, Gilbert sentiva che stava per morire di crepacuore.
No, in quel momento lui non aveva la mente lucida per poter prendere decisioni tant’era sconvolto e inebetito dal dolore, ma sembrava che Roderich la avesse.

Senza aspettare alcun consenso si girò verso le guardie che si erano mischiate tra i prigionieri nella folla di curiosi e iniziò a urlare.

“Adottare la procedura d’emergenza, grado A, muovetevi!!! Primo gruppo radunate i prigionieri e fate rimuovere tutte le macerie. Gruppo 2 occupatevi dei sopravvissuti, ordinate in file i cadaveri nello spiazzale. Gruppo 3 sulle torri di guardia! Potrebbe essere stato un attacco dei russi!”

A quelle parole Gilbert si scosse profondamente.
I russi!
Se i russi erano già arrivati significava che non avevano via di scampo.
Scuotendo la testa incredulo, Gilbert fece per correre verso le macerie ma la presa di Roderich si strinse ancor di più fermandolo.

“Gilbert, conviene che vai sulle torri di guardia. Se veramente sono arrivati i russi dovremo prendere decisioni velocemente. Devi sapere in tempo reale cosa sta succedendo per decidere come muoverci”

Gilbert rimase scioccato dalla fredda lucidità della mente di Roderich nonostante la catastrofe che si era appena consumata, e forse nonostante la catastrofe che stava per arrivare. Guardò velocemente il cumulo di macerie ormai circondato dai prigionieri che spostavano pietre e travi per cercare dei sopravvissuti, o dei corpi. Vide delle guardie avvicinarsi a Ludwig e portarlo via con la forza.
Si girò nuovamente verso Roderich e si liberò dalla sua presa.

“Hai ragione” Si limitò a dire, poi si avviò correndo verso la torre di guardia situata a est del campo.

Lo sguardo di Roderich lo accompagnò finché non si rifugiò dietro un muro. Una volta nascostosi rallentò la sua andatura e cercò di riprendere fiato e di recuperare la sua lucidità mentale, per quanto era possibile.

“Dio ti supplico, fa che non sia morto” Pensò mentre i suoi occhi diventavano lucidi.

Note dell'autore:

Ed ecco il nuovo capitolo.
Purtroppo non ho potuto pubblicare prima perché ho avuto e ho ancora molti impegni, anche e soprattutto universitari, che mi stanno dannando l'anima. 
Ma non preoccupatevi perché la storia è tutta decisa, dev'essere soltanto resa su carta x'D
Sono consapevole che questo capitolo non è il massimo ma non potevo fare di meglio a causa del poco tempo frazionato anche piuttosto male (notare quando a che ora sono costretta a pubblicare xD), ma nonostante ciò spero che vi piaccia comunque :)
Sono successe molte cose in questo capitolo e gli altri non saranno da meno!!
Detto questo, a presto e Buone Feste :D

   
 
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