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Autore: Ksyl    19/12/2017    4 recensioni
Lily Castle ha tre anni ed è Natale, the most wonderful time of the year
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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So she took her love for to gaze awhile upon the fields of barley
In his arms she fell as her hair came down among the fields of gold - Fields of Gold (Sting)

Non era certo un bel momento per lasciare il distretto, sospirò Beckett, sentendosi già prepotentemente in colpa. Il periodo natalizio aveva la curiosa tendenza a imporle un carico di lavoro molto più pesante del normale, e non aveva ancora compreso di preciso il motivo. La gente impazziva, e non nel modo adorabile di Castle.

Ma aveva più che mai bisogno di prendersi una pausa, e l'arrivo a sorpresa di figlia e marito in pompa magna, quel mattino, carichi di ciambelle e quell'entusiasmo inviolato che non mancava di contagiarla, le aveva fatto bramare di trascorrere qualche ora in loro compagnia, il prima possibile. Ed ecco il motivo di quella decisione impulsiva che l'aveva costretta a fare i salti mortali per il resto della giornata, ma che era riuscita a onorare. Manteneva sempre le promesse che faceva a sua figlia, anche quando doveva scapicollarsi per la città sperando di acchiappare al volo un taxi che la riportasse velocemente al loft a cambiarsi, e poi di nuovo in centro.

Era stanca, più mentalmente che fisicamente a dire il vero, anche se le levatacce all'alba per correre in ufficio, che aveva creduto non sarebbero più successe con tale inquietante frequenza, e il lavoro che si accumulava sulla sua scrivania, non avevano di certo aiutato ad alleggerire la pesantezza che avvertiva. I giorni liberi che si era presa nelle vacanze di lì a venire – una nuova consuetudine che interrompeva lunghi anni di copertura indefessa di molti più turni di quanti le spettassero - erano ancora un miraggio lontano, anche se il calendario era molto più ottimista di lei. Era davvero così stanca?
Aveva semplicemente bisogno di staccare, si disse. Di trascorrere qualche tempo con chi sapeva ricaricarla, chi le faceva fare il pieno di risate, buonumore, e pasti cucinati con amore. Non avevano previsto di allontanarsi dalla città, ma avrebbero fatto in tempo a organizzare una breve fuga, se avessero voluto. Non esistevano limiti.

Confortata dall'abbraccio di suo marito, una lunga serie di allettanti possibilità le sfilarono davanti agli occhi socchiusi, provocandole un fremito: mattinate pigre, l'intrufolarsi di Lily nella loro stanza, colazioni a letto e l'intera giornata a disposizione. Non aveva idea di che cosa Castle avesse deciso di regalarle per Natale, ma non c'era niente che desiderasse maggiormente che potersi infilare sotto le coperte con lui e Lily a non fare assolutamente nulla.
Non che sarebbe stato possibile, ne era più che consapevole. Lily, con quell'energia che produceva in quantità industriali attingendo da una fonte segreta, li avrebbe trascinati ovunque, e loro le sarebbero andati docilmente dietro perché, anche se era una madre che teneva molto a impartire una giusta educazione senza troppi fronzoli – o così almeno credeva Castle – aveva ogni intenzione di lasciare che le cose, semplicemente, scorressero. Avrebbe fatto qualche respiro energizzante al mattino, con il sottofondo musicale adeguato, e avrebbe permesso a quanta più vita possibile di colmare le loro giornate.
Di fronte a un tale scenario, se non avesse avuto timore di mostrarsi ridicola, avrebbe fatto proprio come Lily quando riceveva una bella notizia o il padre le prometteva qualcosa che desiderava moltissimo: avrebbe saltato battendo le mani. Ma non voleva preoccupare Castle e attivare il suo innato istinto di protezione. Si sarebbe di certo convinto che stesse perdendo il senno. Meglio non spaventarlo e mimetizzarsi nel suo consueto piglio sbrigativo.

Lily si fece viva come il solito tornado che era, elettrizzata dalla vista di entrambi i genitori. Kate agguantò il braccio di Castle senza che il suo cervello registrasse il movimento, e lo strinse forte. Anche lei considerava Lily il suo piccolo miracolo, come Castle andava dicendo da quando era nata. Da prima, anzi. Da quando contava i giorni della sua gravidanza capitata per caso, fattasi viva in mezzo a un incubo che era stato trasformato, da quell'ancestrale spinta alla vita che era sicura dovesse arrivare dritta dal centro pulsante della Terra, nella sua accezione di Nutrice, nel sogno più luminoso che avesse mai osato immaginare. Le aveva ripetuto all'infinito che sarebbe andato tutto bene e alla fine era riuscito a convincerla.
Era stato uno dei periodi più schizofrenici della sua intera esistenza: si era sentita impaurita, incredula, preoccupata che quanto le era successo potesse determinare dei problemi di sopravvivenza al loro primo figlio, ma indescrivibilmente euforica. Una confusione da farle esplodere la testa. E, in tutta onestà, quel mix di emozioni violente e inebrianti non l'aveva mai abbandonata. Quello era il senso più profondo della maternità targata Kate Beckett.

Fece qualche passo in avanti per andare incontro alla furia nascosta sotto le vesti di una paffuta bambina dal nome delicato che le avevano dato, con il senno di poi, probabilmente nel tentativo di mitigare l'esplosività che avevano intuito dovesse essere la sua caratteristica principale.
Se la fece volare tra le braccia e la riempì di baci, nonostante le proteste delle altre due persone coinvolte: di Lily che si copriva gli occhi con le mani e di Castle che rivendicava il suo turno di salutare la figlia. Non aveva nessuna intenzione di abbandonare la sua posizione privilegiata, anche se, a un certo punto, la risparmiò dal suo assalto, passandola a Castle.
Non si curava di quello che avrebbero pensato gli altri. Non che a qualcuno interessasse come si comportavano: se al distretto dovevano controllarsi per evidenti motivi, altrove erano una famiglia normalissima che la vita aveva separato per generazioni e ricongiunto proprio lì sulla soglia dell'asilo, se dovevano basarsi dall'affettuosità del loro incontro.

"Beckett, stai bene?", si premurò di chiederle Castle con una sfumatura di reale preoccupazione nella voce, a fronte del suo comportamento anomalo. Beckett ridacchiò dentro di sé, ma mantenne un'espressione imperturbabile.
"Sto benissimo, Castle", gli rispose fingendo di non comprendere il motivo della sua perplessità.
"È che sei... diversa". Sentiva il suo cervello rimuginare tentando di mettere insieme gli indizi. Che, semplicemente, non esistevano. Non aveva proprio niente.
"La mamma è bella, non è diversa", si inserì Lily con vocetta severa, pronta a proteggere la madre di fronte a una possibile minaccia, al punto da redarguire perfino il padre, se lo avesse ritenuto colpevole di un possibile affronto, nella sua lettura della realtà a prova di bambino.
"È molto più che bella", convenne Castle avvicinandosi a cingerle i fianchi, certo di provocare proteste, stupefatto nel non riceverne. Anzi, tutto il contrario.

D'accordo, si stavano divertendo e le piaceva l'idea di stupire suo marito e lasciarsi andare in pubblico di tanto in tanto, ma forse era meglio non rischiare che Lily venisse espulsa dall'asilo per il comportamento dei suoi genitori.
"Che cosa vogliamo fare?", domandò a entrambi i suoi interlocutori, indirizzandoli verso l'uscita, prima che venissero gentilmente invitati a non dare spettacolo.
"Parco!", gridò Lily divincolandosi dalla presa di Castle, pronta a lanciarsi con loro in un avventuroso pomeriggio in cui li avrebbe avuti entrambi per sé. Intendeva fare tutto quello che era in suo potere perché eventi del genere capitassero con molta più frequenza, in futuro. Amava bearsi della felicità che sua figlia spandeva a piene mani.
"Sono esausta", mormorò Kate sfinita, lasciandosi andare contro lo schienale del divanetto su cui aveva posato le membra stanche, dopo quello che si era rivelato un vero e proprio tour de force, capitanato dall'inesauribile tornado che li aveva trascinati ovunque. Non aveva la certezza di essere ancora in possesso del suo corpo.

Avevano trovato rifugio in una piccola tavola calda, che li aveva accolti con un piacevole tepore e la promessa di comode poltrone e riparo dal traffico natalizio del tardo pomeriggio. Avevano passato ore frenetiche dedicandosi, senza remore, a tutto quello che amavano di più fare. Senza orari, senza troppe regole, senza darsi nessun obiettivo. Si erano semplicemente lasciati vivere insieme alla loro bambina.
"Non dirlo a me", garantì un Castle altrettanto provato.
"Che cosa ci succede, Castle? Stiamo invecchiando? Un tempo non eravamo così".
"Un tempo non avevamo una figlia arrivata da un pianeta alieno, dove non hanno bisogno di prendersi delle pause per ricaricarsi".
Si sorrisero sopra la testa di Lily, beatamente felice e ignara delle loro condizioni fisiche.
"Non farei a cambio, però", aggiunse Castle dopo qualche istante di contemplazione adorante della sua secondogenita.
"Nemmeno io. Anche perché tutta questa attività significa che stasera crollerà molto prima del previsto", suggerì Kate, nemmeno troppo velatamente.
"E noi potremo finalmente concederci una lunga notte di sonno. Da quanto non dormiamo dodici ore filate?", esclamò lui con aria sognante.
Kate gli rifilò un'occhiata perplessa. Scherzava, vero? Anche se suonava terribilmente serio."Speravo in un'attività più...". Castle inarcò un sopracciglio. "Sociale", concluse, evitando il suo sguardo. "Come guardare un film. O pulire il frigorifero insieme".

Non giunse alcun cenno. Era davvero moribondo, quindi. Forse in prossimità della morte. Doveva preoccuparsi? Richard Castle che non raccoglieva un suo invito esplicito?
"D'accordo, se sei stanco ti lascerò riposare. Magari puoi andare a letto subito dopo cena insieme a Lily, per recuperare energia. Io ho del lavoro da sbrigare", cedette, prendendo dal tavolo il menù plastificato, per ordinare qualcosa di caldo.
Una mano si impossessò del suo ginocchio, rischiando di farla sobbalzare. "Sei molto sexy quando cerchi di nascondere la delusione perché non do corda ai tuoi progetti lussuriosi per la serata". Aveva abbassato con modestia la voce sulla parola incriminata, che non mancò di farla arrossire e insieme ridere per l'atmosfera retrò che aveva proiettato sui suoi progetti.
Gli accarezzò una guancia. Come aveva fatto a non capire di aver un bisogno tanto estremo di passare del tempo con la sua famiglia? E, più onestamente, da sola con suo marito?
"Ti sei comportato molto male e quindi ritiro le mie proposte, Castle", aggiunse, tenendo volutamente il tono ad un volume tale che non permettesse ad altri di ascoltare il loro scambio. Il locale non era affollato, ma meglio non correre rischi.
"Non dopo la cena che ho in mente di prepararti", rispose lui di rimando, afferrandole un polso e disegnando con il pollice dei piccoli cerchi al suo interno.
Bandiera bianca. Che cosa pretendeva il mondo da lei? Che resistesse a tanto fascino, felicità e promesse di un futuro perfino migliore di questo perfetto presente? Era superiore alle sue forze.

Arrivarono le loro ordinazioni e Lily sembrò placarsi quanto bastava per non rovesciare la sua cioccolata e fare una strage di poltrone e abiti, se pure con l'aiuto della mano ferma di Castle.
Kate era sempre affascinata dalla sua bravura come padre. Dal suo intuito, creatività e straordinaria connessione con la figlia. Aveva sempre saputo che sarebbe stato un ottimo genitore, l'aveva visto nella pratica per anni. Ma osservarlo prendersi cura della loro bambina era qualcosa che la inteneriva, la faceva commuovere e sì, glielo faceva desiderare anche di più. Ma questo a lui non lo disse. Aveva sempre quella propensione a vantarsi per anni dei complimenti che lei si faceva convincere a esternare.

"Ci pensi mai a rifarlo?". Castle la interruppe nel bel mezzo delle sue fantasticherie su di lui. Non capì a che cosa si riferisse. Forse aveva perso un pezzo di discorso?
"Passare dei pomeriggi con te e Lily? Sì, ci penso. Oggi è stato meraviglioso. E lo desidero moltissimo, davvero, Castle, ma non sempre mi è possibile...".
"No, parlo di un altro bambino".
Beh, di certo non aveva usato mezzi termini. La rivelazione risuonò in lei come uno squarcio. Lui... lui voleva altri figli? E aveva ponderato la cosa al punto da uscirsene con tanta sicurezza?
"Non... non lo so". Doveva saperlo? A un certo punto sarebbe stato normale ponderare la questione, ma lei era stata assente a quella lezione? "Non siamo felici così?", domandò stupidamente.
"Sì, certo, moltissimo. Ma le due cose non si autoescludono".
Aveva ragione, ma essere presa in contropiede la mise in allerta. Era una reazione naturale al suo addestramento, si disse. Non avere il controllo della situazione la innervosiva.
Castle se ne accorse. "Ehi. Non voglio farti pressione. Era solo un'idea. Non ne abbiamo mai parlato, non so quale sia la tua opinione. Non so se in effetti hai un'opinione a riguardo".
No, non ce l'aveva. Viveva alla giornata augurandosi che la sorte benevola non desse loro le spalle, come era successo in passato, a differenza di come li aveva graziati nell'ultimo periodo. Non voleva mettere a repentaglio il loro equilibrio.

Castle tornò a rivolgersi a Lily, continuando a parlare senza guardarla, come se si stesse rivolgendo a se stesso. "Siamo stati bravi, non trovi? Abbiamo fatto uno splendore. Non che avessi dei dubbi, con la tua intelligenza e la mia bellezza e fascino e altre doti che adesso non è il momento di elencare".
Stava cercando di alleggerire la conversazione, forse temeva di averla fatta alterare o averla ferita, in qualche modo.
"Non sottovalutarti, Castle. Anche tu sei molto intelligente. Magari ha preso anche quello da te", gli rispose, attenendosi allo stesso livello discorsivo, che le dava la possibilità di rifugiarsi in un benevolo evitamento.

Camminando per strada, in direzione del loft, si ritrovò immersa in possibilità su cui non aveva avuto idea di poter mai, un giorno, trovarsi a riflettere. Tentò di partecipare all'allegria che Lily e Castle erano ancora in grado di manifestare, ma rimase indietro di qualche passo, pensierosa.
Castle se ne accorse e la raggiunse, tenendo Lily per mano. Kate affondò la testa sulla sua spalla, a contatto con il calore del suo corpo. Erano arrivati a quel punto della loro relazione in cui non c'era bisogno di dirsi niente. Sapevano istintivamente di che cosa l'altro avesse bisogno.
"Non volevo turbarti", confessò Castle, un po' rammaricato.
"Non sono turbata", ammise sincera, provando sollievo e rasserenandosi. "E siamo stati molto, molto più che bravi, Castle. Chissà se potremmo esserlo di nuovo", mormorò, incontrando i suoi occhi, lieta di vederlo illuminarsi.

   
 
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