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Autore: Mir7    19/12/2017    1 recensioni
Per Michela e i suoi amici l'estate è finita, ma le avventure continuano. Michela farà un passo avanti per esaudire il suo desiderio di diventare una cantante alla Oxford Arts Academy, ma dietro a quella scuola c'è qualcosa di più grande, qualcosa che cambierà la vita sua e dei suoi compagni d'avventura.
Ps: informo che in questa storia verranno presi in considerazione solo gli avvenimenti della prima serie di Percy Jackson e non degli Eroi dell'Olimpo.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Apollo, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Deitas'
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[Allen]

 

Mentre Alessandra vegliava su Michela che dormiva appoggiata ad una panchina, io ne approfittai per cercare informazioni e una cartina sul posto in cui eravamo atterrati con Gloria. La cittadina sembrava tranquilla e piacevole, un bel luogo in cui trascorrere la giornata. Il vento soffiava leggero e fresco alleggerendo il caldo estivo che stava arrivando. Allargai per qualche secondo la mia maglietta verde per far passare l'aria e rinfrescarmi leggermente. La città era simile a tante altre americane che si vedono in televisione, niente di così emozionante. Alti palazzoni grigi e marroni ci accompagnavano ai lati della strada, alcuni avevano un negozietto al piano terra. Accanto a me Gloria passeggiava esaminando ovunque e contenta di essere di nuovo nel suo corpo. Diceva che non si metteva gli abiti tradizionali bavaresi...ma anche lei con gli abitini non ci scherzava. Il vestito lilla le evidenziava le forme perfette sotto di esso, mentre i capelli neri si posavano con delicatezza sulla sua schiena risaltando la pelle chiara. La esaminai velocemente con lo sguardo per poi fissare di nuovo davanti a me. Dovevo smetterla di farmi distrarre. Con la coda dell'occhio vidi che lei si era girata a guardarmi a sua volta e sperai che non mi avesse notato, visto che l'avevo osservata un po' troppo. -Tornando al discorso di ieri, riguardo al fatto che sono pazzesco e tutte mi adorano...- iniziai per rompere il ghiaccio. A Gloria scappò un risolino ironico, ma mi fece segno di andare avanti. -Anche io sono stato rifiutato, una volta. È stato complicato per la mia testa dura lasciar perdere- le feci sapere. -Ah, sì? E da chi?- chiese incuriosita dal gossip. -Beh, la conosci...si tratta di Michela- dichiarai semplicemente. Gloria storse il naso. -Ti piaceva una così? Io sono infinitamente meglio- scherzò. -Ma ti ho incontrata solo adesso, quindi non essere gelosa dei miei vecchi sentimenti- le misi un braccio intorno alle spalle e le diedi un bacio delicato sulla tempia destra. Il rossore leggero che si creò sulle guance risaltò sulla pelle chiara. Gloria si spostò verso sinistra staccandosi da me e andò a sbattere contro una scala di metallo sopra cui erano sistemati degli attrezzi per la pulizia dei vetri. La scala si mosse e gli oggetti sopra di essa iniziarono la loro caduta verso Gloria. Istintivamente la presi per un polso, la avvicinai e la strinsi a me in modo che non venisse colpita. Il suo viso era nascosto nel mio petto ed io la abbracciai più forte appoggiando la mia testa sulla sua. Sapeva di lavanda, un profumo così dolce e inebriante che non fece altro che aumentare il mio battito cardiaco. -Tutto okay?- chiesi a bassa voce accarezzandole i capelli. Gloria annuì con la testa senza parlare, molto strano per una come lei che è sempre pronta a dire qualcosa di punzecchiante. Si staccò improvvisamente dal mio abbraccio e continuò a camminare lungo la strada lasciandomi indietro. -Ci saranno delle cartine della città da qualche parte?- domandò lei esasperata guardandosi intorno. Appena la raggiunsi, lei riprese a camminare senza permettermi di starle accanto. Forse qualcosa non andava, chissà cosa le stava passando per la mente. Passeggiammo per qualche altro metro finché non trovammo un piedistallo con sopra delle cartine della città in un angolo vicino ad un vicolo. -Finalmente!- esclamò Gloria. Ne aprimmo una e le demmo una breve occhiata. Il posto si chiamava Allentown. Non pensavo esistesse un luogo con il mio stesso nome. -Ho come l'impressione che Michela ci si divertirà molto- dissi piegando la carta. Risi al pensiero della figlia di Atena intenta a programmare l'intera giornata basandosi sulla cartina, era uno strano modo di divertirsi. Gloria storse il naso a sentire la mia affermazione e si voltò verso il vicolo cieco. Alzai un sopracciglio confuso dal suo comportamento. Non avrei fatto lo stesso sbaglio stavolta, dovevo capire cosa le frullava nella testa. La presi delicatamente per un braccio e la portai nel vicolo. -Ora mi dici cosa hai- esclamai serio. -Non ho proprio un bel niente- disse lei schietta incrociando le braccia al petto. -Non sarò un medico ma le malattie basilari le so curare. Se, invece, hai problemi equini, mi dispiace ma non sono un veterinario- esclamai scherzando. Finalmente Gloria mi mostrò un sorriso, e che sorriso. Mi prese alla sprovvista e mi spiazzò, sorridente era ancora più bella. Mi ci volle la sua voce per farmi tornare alla realtà. -Continuerai con la storia del pegaso finché non me ne libererò, vero?- rise lei. -Finché morte non ci separi- le risposi sorridente. Mi prese la mano che ancora tenevo sul suo braccio e mi condusse fuori dalla stradina. -Torniamo dalle altre, Al. Se rimaniamo nel vicolo potrebbe sembrare che abbiamo brutte intenzioni- disse Gloria sorridendomi.

 

[Gloria]

 

Perché a me? Perché lui? Lui, che faceva perdere la testa a tutte, perché doveva impressionarmi? Ogni volta che mi sorrideva il mio cuore aveva un sussulto, nonostante non lo dessi a vedere. Il calore del suo sorriso mi scioglieva e il suo sguardo su di me faceva scoppiare una battaglia interiore. Sarei finita come le altre vittime? No, di lui non mi colpiva solo l'aspetto, ciò che provavo non era così banale. Mi piaceva il fatto che fosse sicuro di sé, non perché lo rendeva più affascinante, lo faceva apparire più forte ai miei occhi. Non gli importava del pensiero degli altri, non sarebbe cambiato per nessuno, proprio come me. I ragazzi che avevo conosciuto fino a quel momento vomitavano complimenti e lusinghe mentre Allen rimaneva se stesso, mi stuzzicava e si lodava da solo. Durante la dimostrazione delle mie capacità di ballerina avevo percepito qualcosa di diverso, che non sentivo con i miei compagni di ballo. Ci fu una sintonia fisica istantanea. Mi mise alla prova con quel tentativo di baciarmi, me lo sentivo, voleva vedere se ci fossi cascata come le altre, se ero come loro. Ovviamente non lo ero. Era simpatico e premuroso, ma era così con tutte? Non potevo saperlo. Poi c'era quella Michela... perché sentire il suo nome mi irritava? Da quando Allen mi aveva raccontato di aver avuto una cotta per lei, il pensiero di Michela mi infastidiva. Sperai non se ne accorgesse, non gli avrei permesso di prendersi gioco di me come faceva con le altre. Eppure per le persone che mi conoscevano ero un tipo difficile in tutti i sensi, invece con Allen era tutto così facile... chissà se anche lui la pensava così. Persino il silenzio riusciva ad emozionarmi se ero con lui, le farfalle nello stomaco non mi abbandonavano anche se tentavo di non considerarle. Cercavo di guardarlo il meno possibile perché i suoi occhi verdi come il prato al mattino mi ipnotizzavano. Me ne stavo innamorando, però non superficialmente come il resto delle ragazze, bensì in modo profondo e sincero per quello che era e che mi faceva provare. Mi irritava che fosse riuscito a rendermi vulnerabile, tuttavia dovevo accettare che in sua compagnia stavo bene e i miei sentimenti per lui erano veri.

 

[Michela]

 

-Michela, svegliati. Non puoi dormire tutto il giorno- era la voce di Allen che, insieme alle sue scrollate, cercava di svegliarmi. -Voi avete dormito tutta la notte, io dormirò tutto il giorno- borbottai muovendomi leggermente. -Non ha tutti i torti- concordò Alessandra. Mi resi conto di essere seduta da qualche parte mentre le braccia e il viso poggiavano su una superficie. Aprii gli occhi piano e vidi che ero seduta su una panchina da picnic. -Dove siamo?- chiesi strusciandomi gli occhi per abituarli alla luce. -Il cartello dice Allentown- mi informò Alessandra seduta di fronte a me. Accanto a lei Gloria era tornata umana e mi passò una cartina. La ispezionai per controllare la nostra posizione. Avevamo fatto un po' di strada, ma era solo l'inizio. -Allentown, sul serio? Allen, non è che ti appartiene?- domandai ironica iniziando a ridere. -Sento che sta per arrivare un altro soprannome- commentò lui sconsolato al mio fianco. -Infatti, che ne dici di “Mastro di Chiavi”?- dissi assumendo la posa di chi sta riflettendo. -Questo è ancora più brutto degli altri. Dai, avvicinati che ti curo le ferite- cambiò velocemente discorso. Il figlio di Apollo prese una crema verde lime dallo zaino e iniziò ad applicarla sui graffi del braccio sinistro. -Sai che odio il disinfettante- sbuffai irritata. Odiavo quel tipo di medicamenti, frizzavano sempre al contatto con la pelle e mi veniva voglia di grattarmi la ferita. -Sì, e te sai che ti serve- ribatté serio lui. Provai a togliere il braccio dal suo controllo. Preferivo mille graffi profondi e non rimarginati al bruciore della crema. -Non ci pensare neanche- strinse la presa sul braccio per finire il lavoro in pace. Notai che Allen lanciò uno sguardo veloce verso Gloria mentre mi metteva dei cerotti più o meno grandi sui tagli. La osservai anch'io per curiosità: stava storcendo il naso guardandoci di sottecchi. Probabilmente non le piacevo, il mio piano di esserle simpatica era partito male in ogni caso, me ne sarei fatta una ragione. Allen sorrise ampiamente mentre mi sistemava l'ultimo cerotto. Conoscevo quel sorriso fin troppo bene, era trionfante. Chissà cosa gli frullava in quella zucca bionda. Mi si accostò decisamente troppo ed io lo guardai confusa. Cosa aveva intenzione di fare? -Stai al gioco- mi bisbigliò in un orecchio. Subito dopo mise un braccio intorno alle mie spalle nel momento in cui aprii la mappa degli Stati Uniti. -Cosa credi sia meglio fare?- mi domandò guardando la cartina. -Dovresti conoscerla bene, visto che porta il tuo nome. Dovresti dircelo tu- lo canzonai. Alessandra ed io iniziammo a ridere di gusto. Allen tornò ad osservare rapidamente Gloria e lei si voltò dall'altra parte. -Adesso puoi togliere il braccio da sopra le mie spalle prima che te lo tronchi?- gli chiesi a bassa voce sorridendo. Non se lo fece ripetere due volte. -Avete fatto colazione?- continuai. I miei amici scossero la testa. -Possiamo mangiare delle barrette energetiche- suggerì Alessandra. -Almeno che Gloria non voglia una zolletta di zucchero- scherzai. -Datemi quella maledetta barretta- esordì lei guardandomi di sbieco. -Più che altro, da quando hai una faretra che non si scarica mai?- domandai ad Allen sorpresa. -È un regalo di mio padre- mi informò lui distribuendo la colazione. -Dove l'hai tenuto per tutto questo tempo?- una faretra l'avrei sicuramente notata in quella minuscola stanza del dormitorio. -Nel saccone delle meraviglie sotto il letto insieme al nettare e ai medicinali- mi spiegò semplicemente. Annuii soddisfatta della risposta. Aveva senso, era un ottimo nascondiglio. Gloria aveva lo sguardo più confuso di me poco prima, ma ci pensò Alessandra a far sparire i suoi dubbi. -Loro vanno a scuola insieme e stanno in dormitori- le chiarì. -A proposito, com'è finita con quella tua compagna che voleva ucciderti per colpa sua?- mi chiese Alessandra presa dal pettegolezzo scolastico. Ovviamente si riferiva a Carin, quella simpaticissima ragazza, sentivo proprio la sua mancanza. -Ci odiamo a vicenda come sempre- affermai senza troppi rigiri di parole. -Probabilmente continuerà a rompere finché non mi fidanzerò. Forse, a quel punto la finirà- esclamò Allen finendo la sua barretta. -Spero di trovare qualcuno che la conci per le feste- continuò lui ridendo leggermente e posando lo sguardo per qualche secondo su Gloria. Tornai a concentrarmi sulla cartina, decisamente più importante e interessante di Carin Adams. -In ogni caso, ho studiato la mappa tutta la notte riflettendo sulla profezia. Il succo è che dobbiamo andare a Chicago o Detroit- condivisi con i miei amici ciò che avevo capito la sera prima. -Direi di fare una tappa prima a Detroit per controllare e poi a Chicago, visto che Detroit viene prima. Che ne pensi Michela?- osservò Alessandra indicando la mappa. -Certamente, ma perché domandi a me?- morsi perplessa la barretta al cioccolato. -Perché questa mattina sei stata straordinaria, ci hai salvati da una situazione da rintronati e con gran velocità! Inoltre essendo figlia della dea della saggezza, prendi le scelte più giuste- rispose con entusiasmo Alessandra. -Grazie...non ho fatto poi questa gran cosa- dissi finendo la colazione. -Allora andiamo a cercare un'uscita a piedi. Allen, sai dove possiamo andare?- domandò la figlia di Poseidone sul punto di ridere. -Ti ci metti anche tu? Non ne so nulla di questa città- esclamò Allen. Non poteva capitare un'occasione migliore per prenderlo un po' in giro, dopotutto lo ammiravano e adoravano sempre, che male c'era se noi invece lo canzonavamo un pochino? -Là c'è un gruppo di turisti con una guida, potremmo chiedere a loro- suggerì Gloria indicando delle persone poco distanti da noi. Annuimmo e ci avviammo verso il gruppo. Allen fermò la guida e parlò con lei per qualche minuto, poi ci fece segno di raggiungerlo. -Buongiorno a tutti ragazzi! Io sono la guida turistica di Allentown. Mi chiamo Elodie e sarò felicissima di accompagnarvi all'uscita della città alla fine del nostro giro turistico- si presentò lei. I suoi piccoli occhi marroni ci studiavano dalla testa ai piedi. -Che ne dite di seguirci?- concluse la guida. Si voltò verso il suo gruppo di turistico facendo oscillare i capelli castani. -Un po' di svago non ci farà male, no?- commentò Alessandra seguendo Elodie.

 

[Gloria]

 

-Eppure dovrebbe essere facile per lei capire che non mi piace. Oltre ad averglielo detto non so quante volte, io provo a baciare la ragazza che mi piace, cerco il contatto fisico. Con Carin non ho mai tentato, neanche mi è passato per l'anticamera del cervello- sbuffò Allen tornando sul discorso della sua compagna di classe. -L'abbiamo notato- risero Alessandra e Michela. Lui gli lanciò uno sguardo assassino. -Era diverso, con te avevo un rivale da far fuori- si giustificò. -No, il fatto è che sei un testardo abituato ad ottenere tutto ciò che vuoi- lo corresse la figlia di Atena. -Okay, solo perché sono sempre riuscito ad avere ciò che volevo, non vuol dire che mi cadeva dal cielo- Allen fece il finto offeso. -Ma io scherzo!- esclamò lei abbracciandolo. Una morsa mi strinse lo stomaco e istintivamente storsi il naso. Non mi piaceva vederli così vicini, così come odiavo essere gelosa. Il figlio di Apollo si voltò appena verso di me ed io iniziai a fissare insistentemente l'asfalto. Il biondino iniziò a fischiettare una canzone a me sconosciuta, mentre sembrava essere assai nota a Michela. -Sul serio “Smile” di Avril Lavigne?- disse lei poco convinta. Non capivo a cosa si riferisse visto che non conoscevo la canzone, così chiesi ad Allen di cantare almeno il ritornello.

And that's why I smile

It's been a while

Since every day and everything

Has felt this right

And now you turn it all around

And suddenly you're all I need

The reason why I smile

La sua voce era melodiosa e intonata come poche, perché Apollo aveva dovuto donargli anche una bella voce canterina? Il resto non bastava? Mentre cantava guardava intensamente il cielo splendente sopra di lui, come se stesse facendo un omaggio al padre, ma agli ultimi versi si girò nella mia direzione. Il suo sguardo mi trafisse in profondità come una delle sue frecce però non distolsi il mio, al costo di arrossire non gliel'avrei data vinta. Entrammo in un parco divertimenti immenso, senza la mappa mi sarei sicuramente persa. Alessandra voleva andare sui giochi d'acqua mentre Michela sulle montagne russe, ma la figlia del mare era troppo terrorizzata per accompagnarla. -Verrò io con te- si offrì Allen. Impulsivamente lo presi per un braccio e lo portai dalla parte opposta indicandogli un'attrazione a caso. -Guarda quello!- esclamai. Aumentai il passo sperando che le altre non c'avessero seguito. Perché l'avevo fatto?Non era da me, era tutta colpa di quello stupido. Se prima non risultavo interessata a lui, adesso avrà dei sospetti assicurati grazie alla mia trovata. Mi ero scavata la fossa da sola. Non sapevo neanche cosa stessi indicando. Guardai meglio e notai che avevo scelto un'attrazione acquatica in cui si sedeva in una canoa indiana e si affrontava un percorso fra le rapide artificiali. Perfetto, ed io dopo come mi sarei asciugata? Lo condussi alla fila del gioco e lui non si lamentò del malo modo con cui l'avevo portato via. Mi sarebbe piaciuto sapere cosa pensasse di me ma non volevo chiederglielo direttamente, sarebbe stato fin troppo evidente che ci tenessi. Dovevo trovare una scusa adatta. -Cantami qualcosa, la prima che ti viene in mente guardandomi, così per passare il tempo- dissi mentre avanzavamo nella coda a serpente. Allen aveva le mani nelle tasche dei jeans e stava osservando le persone che partivano con la canoa. Chissà cosa gli frullava in quella testa bionda. Abbassò lo sguardo verso di me e intonò un pezzo di una canzone a bassa voce per non disturbare nessuno. -Right beside you, I'll never leave you. Let me be your heart and your company, I'll let you be the one who can lean on me, I'll catch you when you fall, when you're falling free. Let me be, be your gravity-. -Apprezzabile?- mi sorrise dolcemente. Annuii senza parole. Dovevo riprendermi. -Potevi fare di meglio- gli risposi indifferente distogliendo lo sguardo. Lui rise della mia affermazione. -Non mi toglierai la convinzione di essere bravo- esclamò divertito. Mi voltai sorridente, mi piaceva la sua cocciutaggine. Ripensai al testo che aveva finito di cantare da poco e mi sentii arrossire, così nascosi il viso dalla sua vista. Era possibile o me lo stavo immaginando? Collegando quello alle sue dichiarazioni riguardo ciò che farebbe con chi gli piace... -Oddei, ce l'abbiamo fatta!- esclamò Allen interrompendo la linea dei miei pensieri. Montò sulla canoa di legno e mi porse la mano per aiutarmi a scendere davanti a lui. Mi sarei goduta quel giro sulla giostra con lui senza starmi a scervellare. Non c'era una divisione dei posti e bisognava reggersi a delle aste di metallo laterali. Strinsi le mie mani alle barre pronta per la partenza. Alle mie spalle Allen non si teneva a niente finché non fummo completamente soli. Mise la mano sinistra sopra la mia e mi cinse la vita con il braccio destro. Dovevo stare tranquilla e non pensare al mio cuore che batteva forte. Andava a tempo con il suo, che riuscivo a percepire avendo il suo petto appoggiato contro la mia schiena. -Cosa ti ha ispirato di questa giostra?- mi chiese accarezzandomi la mano. Stava decisamente cercando il contatto fisico. Chiunque ci avesse visti, ci avrebbe scambiati per una coppia di fidanzati, cosa che non eravamo. -Ah...non saprei- risposi. Era vero, avevo indicato totalmente a caso solo per portarlo via da Michela. -È rilassante- commentò Allen. Posò il mento sulla mia spalla destra e chiuse gli occhi. I raggi del sole lo facevano risplendere, odorava di luce, un profumo delicato e dolce. Le ciglia bionde brillavano come se fossero fatte d'oro sulla pelle chiara. Sembrava che Apollo volesse aiutare il figlio ad apparire come un dio per fare bella figura e ci stava riuscendo. Era perfetto da qualunque lato lo guardassi, senza imperfezioni. Lo osservai mentre si abbandonava alla pace interiore, probabilmente si stava godendo il momento di relax dell'impresa, finché non entrammo in un tunnel semi buio. Ero capace di vederlo anche se poco e a tratti. Approfittai della quasi oscurità per posare dolcemente le mie labbra sulla sua guancia. La sua pelle era calda e morbida, il suo tepore mi incitava a ripetere la mia azione ma mi bloccai, fortunatamente. Allen strinse la presa che aveva sul mio corpo, come se volesse avvertire di avermi sentito.

[Michela]

Alessandra ed io ritenemmo strano il comportamento di Gloria, ma non ci badammo più di tanto perché tornammo a discutere su quale attrazione salire. Per non perdere tempo iniziammo a passeggiare fra le stradine vivaci del parco divertimenti mentre ancora eravamo indecise su cosa fare. Lei si rifiutava di salire sulle montagne russe perché le riteneva troppo pericolose. Certo, era abituata ad uccidere mostri che cercavano di farla entrare nel loro lunch box in giro per Milano, ma le montagne russe erano troppo per lei. Acconsentii a fare i suoi giochi a patto che si sarebbe messa lei davanti, in modo che io non mi bagnassi. Nonostante la fila fosse corta, l'addetta insistette per far salire con noi altri due passeggeri. Parlavamo così fittamente tra di noi riguardo all'ultimo libro letto che non ci accorgemmo della loro presenza finché il gioco non partì. Eravamo in un gommone arancione che doveva affrontare delle rapide un po' all'aperto e un po' al chiuso. L'attrazione consisteva nello sballottare e bagnare il più possibile chi era all'interno del gommone. Dalla parte opposta alla nostra sentimmo uno strano rumore e ci voltammo all'unisono per notare che avevamo una mostruosa compagnia. Erano due bestie bitorzolute senza pelle con le vene viola in superficie che riuscivano a stento a stare sedute. Al posto delle braccia avevano lunghi tentacoli rosa, ma sembravano incapaci ad usarli come si deve. Rimanemmo bloccate per qualche secondo sconvolte, non ci saremmo mai aspettate una cosa del genere. Lo spazio era decisamente a nostro svantaggio. Un timone di metallo si frapponeva tra noi e i mostri, ma loro sarebbero riusciti ad attaccare con più facilità rispetto a noi. Ci alzammo cautamente senza poter scappare, visto che il giro era iniziato da poco. -Ale...- richiamai la sua attenzione per indicarle, un po' impaurita, che stavamo per entrare in un tunnel semi buio. I mostri sembravano gustarsi il nostro sgomento come il profumo di un buon pasto che aleggia nell'aria. Alessandra chinò a malapena la testa per non picchiarla all'ingresso dell'area chiusa. Appena oltrepassammo la linea che divideva la luce dalla semi oscurità, fu automatico. Scattai alla mia destra impugnando la spada e trasformando l'anello. La figlia di Poseidone investì uno dei mostri con un enorme turbine d'acqua che lo travolse a tal punto da farlo cadere dal gommone. Io squarciai il nemico con la spada e me la cavai con qualche graffietto lieve che sarebbe sparito con un po' di nettare. Uscimmo dall'area coperta e tirammo un sospiro di sollievo. Alessandra si rilassò e si rimise a sedere. Si appoggiò allo schienale lasciandosi cullare dal ritmo delle finte rapide. -Molto meglio averlo tutto per noi- esclamò stendendo le gambe. Fu un attimo, ma sembrò durare in eterno. Dei tentacoli rosati e viscidi circondarono il collo di Alessandra e strinsero la presa cercando di portarla verso sé. La bestia che aveva messo fuori gioco poco prima non si era disintegrato, anzi sapeva usare bene le sue armi. Il volto della mia amica stava perdendo gradualmente colore e oltre il bordo vidi il mostro aprire le fauci mostrare mille denti. Mi riscossi dal panico e mirai al tentacolo fregandomene se avessi preso anche i capelli di Alessandra. Lo tagliai e l'essere mollò la presa. Balzai decisa verso la bestia e gli diedi il colpo di grazia dritto in testa. Quando mi sedetti, la figlia di Poseidone si stava toccando il collo incredula. Lo osservai per vedere in che condizioni fosse: una linea bordeaux lo attraversava sotto il mento ed era segnato da tanti piccoli pallini viola. Mi adoperai per prenderle del nettare ma lei lo rifiutò preferendo qualcosa di più pratico. Mise una mano in acqua, ora che il pericolo era scampato, e un rivolo d'acqua le percorse tutto il perimetro del braccio fino ad arrivare al collo, dove si depositò. Qualche secondo più tardi la ferita era sparita ed Alessandra era come prima. -Te l'avevo detto io di scegliere le montagne russe- la canzonai ironicamente quando scendemmo dall'attrazione. La riccia mi fece il verso e si voltò verso la postazione dell'addetta al gioco. Feci lo stesso e notai che era cambiata. Facemmo spallucce e ci allontanammo da lì più in fretta che potemmo.

  
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