Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: Ksyl    22/12/2017    5 recensioni
Lily Castle ha tre anni ed è Natale, the most wonderful time of the year
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Be foolishly in love, 
because love is all there is
Rumi


Il loft era raggomitolato sotto una cappa di benefico e necessario silenzio.

In lontananza, se avesse teso le orecchie con attenzione, avrebbe avvertito ancora gli echi festosi di una serata, quella della vigilia di Natale, piena di rumorosa allegria, ricolma di doni, affetti e amici, ottimo cibo, stelle luminose colorate appese sul soffitto, rosse candele propiziatorie per un futuro ricco di benedizioni, luce e tepore che avevano avvolto nel loro caloroso abbraccio ogni commensale, contrastando visibilmente con l'oscurità gelata e respingente che si intravedeva appena fuori dalle finestre.
Lily, dopo essersi goduta il ruolo di protagonista indiscussa della serata, con il nuovo abitino natalizio, le forcine dorate tra i capelli e le guance più rosee del solito, era finalmente crollata a letto stremata, e per questo motivo tenacemente contraria fino all'ultimo ad abbandonarsi al sonno.

Castle tornò in salotto, chiudendo piano la porta della cameretta, sperando che nessun rumore imprevisto svegliasse la pargola ostinata e lui fosse costretto a inventarsi l'ennesimo trucco per farla dormire, prolungando ulteriormente la sua lontananza da Kate, che aveva lasciato abbandonata scompostamente sul divano, quando Lily aveva richiesto imperiosamente la sua presenza e non quella della madre.
Aveva voglia, no, era qualcosa di più, era una sensazione di mancanza quasi fisica, una sorta di nostalgia tattile delle sue dita che anelavano a toccarla, stringerla. Aveva disperatamente bisogno di trascorrere del tempo da solo con sua moglie. Aveva l'impressione di non averla vista, vista sul serio, da secoli.

La preparazione della cena li aveva tenuti impegnati fin dal mattino. Erano corsi come trottole fuori e dentro casa, affannandosi per recuperare qualche oggetto o ingrediente dimenticato, avventurandosi nella folla pigiata nei negozi. Si erano abilmente destreggiati tra le varie incombenze e Lily da intrattenere. Oltre a lanciarsi istruzioni verbali, comporre liste su liste e fare il punto della situazione, non avevano avuto il tempo di scambiarsi nemmeno dei generici convenevoli. Erano stati un'ottima squadra – non lo erano forse sempre, in tutto quello in cui si avventuravano? - e ora si meritavano una più che sacrosanta pausa, da godersi nell'ozio più rigoroso e amorevolmente condiviso.
Kate aveva voluto che cucinassero tutto da soli, declinando le sue ripetute offerte di prenotare un servizio di catering, affittare una rosticceria vita natural durante, riservare un'intera nave da crociera a sue spese, dove li avrebbe imbarcati tutti quanti e qualcun altro si sarebbe occupato dei pasti. Ma lei si era mostrata inflessibile e quindi il risultato era che non sapeva se sarebbe riuscito a trovare il divano prima di collassarci sopra.
Lo individuò e lo raggiunse un po' a fatica, senza poter trattenere un teatrale sospiro di sollievo quando si lasciò cadere accanto a lei.

La casa era immersa in una versione meno abbagliante e scenografica di quello che aveva considerato il suo miglior trionfo natalizio. Nell'addobbare il loft, non aveva badato a spese, né aveva avuto timore di perdere ogni ritegno, che aveva anzi abbandonato con grande disinvoltura.
Aveva superato se stesso, lo ammetteva senza nessun pudore . Aveva però deciso di realizzare anche una variante più intima e domestica, che consisteva in luci più soffuse, strategicamente dislocate, che alleggerivano la sensazione di vivere in un enorme luna park natalizio, che era il suo grande orgoglio. Kate aveva apprezzato lo sforzo che aveva messo nel creare qualcosa che accompagnasse l'atmosfera più discreta delle loro serate a due, quando era concesso loro di ritrovarsi dopo una lunga giornata di impegni. O che almeno, come si era espressa, favorisse la produzione di melatonina, o non avrebbero mai più dormito per tutta la durata del periodo delle feste, se fossero stati costantemente sottoposti a sorgenti luminose tanto abbaglianti.

La trovò semi sdraiata e pensierosa, con la fronte corrugata, intenta a fissare un punto imprecisato davanti a sé. Se non si fosse mossa sentendolo arrivare, sarebbe stato sicuro che si fosse addormentata. In quel caso l'avrebbe portata a letto, con tutta la delicatezza necessaria perché non si svegliasse. Le avrebbe rimboccato le coperte e avrebbe vegliato sul suo sonno, visto che lui si sentiva stranamente ancora pieno di forze. Forse era il residuo di adrenalina. O le luci sempre accese, in effetti.
“Si è addormentata?”, domandò allungando le gambe verso di lui, perché le massaggiasse i piedi, un'altra delle cose in cui eccelleva. Beckett aveva il marito migliore del mondo, e lui era naturalmente la persona più indicata per giudicarlo.
“Sì, anche se non è stato facile. Alla quarta rilettura della stessa favola ho temuto che avrei trascorso il resto della mia vita scomodo e ingobbito tra il muro e il suo letto”.
Kate sorrise, immaginando perfettamente la scena, che capitava anche a lei di vivere spesso.
“Io invece avevo solo voglia di passare qualche minuto da solo con te. Sono un padre degenere?”, chiese sfoderando la giusta dose di retorica, che serviva a camuffare un po' di romanticismo.
“Allora siamo in due. Anche io non vedevo l'ora di stare con te senza dover urlare per farmi sentire”. Gli parve una risposta molto romantica.
“Se sei stanca possiamo andare nel nostro letto e trascorrere lì la nostra solitudine”, propose. Non aveva nessun secondo fine, solo quello di farla riposare, visto che sembrava più bisognosa di una buona dormita di quanto non lo fosse lui.
“No, voglio stare qui con te, a guardare uno di quei film natalizi terribili che ti piacciono tanto”.
“Non mi piacciono i film natalizi!”, protestò vivamente. “Solo... alcuni. Quelli meno terribili”, si corresse con un po' di imbarazzo.
“Non c'è nessun motivo, Castle, di nasconderlo. Il tuo segreto è al sicuro con me”, replicò contorcendosi per recuperare la coperta voluminosa che usavano di solito per le loro serate casalinghe. Non che ce ne fosse la necessità, il loft era praticamente surriscaldato e lei a piedi nudi, ma era più per l'idea di loro infilati sotto la stessa coperta che li avvolgeva creando un bozzolo confortevole.

Kate si avvicinò, appoggiandosi contro al suo petto, più interessata a sonnecchiare, che a seguire la trama del film che aveva scelto. Si ritrovò ad accarezzarle i capelli e a meditare – nemmeno lui era così coinvolto dalla storia – su quanto fosse piena di armonia ultimamente la loro vita. Gli bastava guardare un brutto film in televisione, chiudendo fuori il freddo e la solitudine a colpi di caminetto e plaid peloso, sincronizzando i respiri, mentre una bambina dormiva un sonno angelico nell'altra stanza.
“Siamo felici”, si lasciò sfuggire, quasi sorprendendo se stesso per l'imprevedibilità di una tale esternazione, che non voleva essere l'incipit di un dibattito, ma solo una costatazione che era arrivata da un punto imprecisato della sua coscienza, forse solo leggermente meno vigile, per via del profondo stato di rilassamento in cui era scivolato. L'aveva detto o l'aveva solo sognato? Doveva trattarsi della prima ipotesi, perché bastò quella semplice e, in apparenza, innocente riflessione, per risvegliare Kate dal torpore e renderla immediatamente circospetta.

“Castle...”, mormorò riluttante, ricomponendosi e tirandosi le maniche della maglietta oltre i polsi. Era un segnale di allarme, aveva perfino lasciato il loro nido caldo per allontanarsi da lui. Il mondo di Castle andò in frantumi. La sua mente si mosse frenetica alla ricerca del pezzo di puzzle sbagliato, la tessera che aveva fatto crollare tutto, e di cui era responsabile, senza sapere il motivo.
Seguì un silenzio agghiacciante, in cui fu certo di vedersi sfilare tutta la vita davanti, sempre se il cuore non l'avesse abbandonato prima, rifiutandosi di sopportare quell'intenso lavorio nervoso e l'angoscia galoppante. Stava per accadere qualcosa di terribile, sentiva già il cappuccio nero calato sulla sua testa, che l'avrebbe fatto sprofondare per sempre nelle tenebre. Lei non era felice? Stava per confessarglielo? Il mondo stava per finire?
“Stai male? Gravemente? Vuoi lasciarmi? È colpa mia? Sapevo che non avrei dovuto insistere per raccontare a cena la leggenda del solstizio, il sole bambino che nasce e quello vecchio che muore e proporre di bruciare il ceppo per strada, per ingraziarci le divinità della Natura. Anche perché non credo si possa legalmente fare, credo... O è perché quest'anno ho esagerato con le decorazioni?”. Non aveva detto molto a riguardo e solo adesso si accorse di quanto il silenzio fosse stato minaccioso e foriero di terribili verità. Lei si era stancata delle sue stranezze, ecco che cosa era successo. Forse voleva un approccio alla vita più minimalista. O forse, più semplicemente, non sapeva come dirgli che lui non la rendeva felice?

“Castle?”, pronunciò il nome declinandolo in forma interrogativa, ma lui non colse la sfumatura di stupore inorridito con cui aveva recepito la sua lunga esternazione priva di logica.
“Farò tutto quello che vuoi. Mi convertirò a qualsiasi religione, se lo desideri. Basta ceppi. E il prossimo anno metterò solo un piccolo alberello spoglio e triste”. Ne aveva ogni intenzione, purché lo levasse dal tormento. E gli garantisse che l'anno seguente sarebbero stati ancora insieme.
“Posso parlare?”, si informò cauta, forse temendo che si arrivasse a un nuovo disperato flusso di coscienza. Si lasciò andare contro lo schienale del divano, affranto e pronto alla condanna a morte.

“Non ho nessuna intenzione di lasciarti, tanto per cominciare”, annunciò con calma, quasi fosse un proclama. Appoggiò una mano sulla sua. “E mi dispiace terribilmente che sia la prima cosa che ti viene in mente. Lo so che sei ancora ferito per... quando me ne sono andata senza darti spiegazioni”, continuò rammaricata. Castle ricominciò a respirare, mentre lei si avvicinava per offrirgli conforto fisico, abbracciandolo. Forse doveva servire a rassicurarlo, ma non era del tutto sicuro che non fosse il preambolo di qualcosa di non esattamente piacevole, visto il tono e il generale atteggiamento. Stava addolcendo la sentenza?
“Non sto per morire, per quanto ne so, e sì, l'idea del ceppo non è realizzabile, ma mi piace sentirti raccontare le tue storie”. Non erano le “sue” storie, erano il substrato pagano della loro civiltà, ma preferì lasciar perdere.
“Ok”, esordì riluttante. “Quindi la nostra vita non sta per subire uno stravolgimento?”, si informò cautamente. Non ottenne una risposta. Di bene in meglio. L'inquietudine tornò a lambire la loro vita perfetta.
“Ho un ritardo”, ammise lei bisbigliando.
“Quale ritardo?”, domandò ottusamente, senza riuscire, di primo impatto, a mettere insieme gli indizi. Avevano onorato tutti gli impegni e non c'era niente di programmato davanti a loro.
Kate lo fissò in modo eloquente e lui finalmente capì. “Quel ritardo! Dio, Kate, perché non l'hai detto subito? Stava per venirmi un infarto! Ero pronto a trattenerti con la forza, se si fosse reso necessario”. Non lo avrebbe fatto. L'avrebbe lasciata libera di scegliere. Ma non gli sarebbe dispiaciuto legarla da qualche parte e implorarla.
Basta divagare. Doveva concentrarsi sulla circostanza assolutamente straordinaria che quell'informazione aveva svelato. Doveva smettere di pensare alle peggiori ipotesi che, non solo non si erano avverate, ma avevano lasciato spazio a qualcosa a cui stentava perfino a credere, figurarsi considerarlo reale.
Tutto questo significava che il bambino che lui desiderava a tal punto da non riuscire a starsene zitto, era già in arrivo quando si era fatto coraggio e si era avventatamente espresso in tal senso? Babbo Natale gli recapitava doni ancor prima di scrivere la sua letterina?

“Di quanto ritardo parliamo?”, assunse il miglior tono da persona assennata nel pieno controllo della situazione, quale non si sentiva affatto. Avrebbero avuto un altro bambino! Peccato non averlo concepito nella notte di Natale, ma questo significava che sarebbe arrivato prima di quanto previsto. Era così confuso che non riuscì a fare i conti. Ci avrebbe pensato più tardi.
“Pochissimo, anzi... forse è solo stanchezza, abbiamo avuto molto da fare negli ultimi giorni, e questo mese è stato molto faticoso al distretto. Magari è meglio aspettare, invece di preoccuparci. Sarà di sicuro un falso allarme”.
Aspettò il “ma” che avvertiva perfettamente sotto il primo strato di tutte quelle considerazioni molto sagge. Quello che lo preoccupava di più, in quel preciso istante, era che non riusciva a capire se la prospettiva la rendesse felice o meno. Anche perché la rivelazione era avvenuta quando lui aveva espresso la propria di felicità, quasi a voler contrapporre, invece, il suo dissenso. Il cuore tornò a perdere battiti.
“Ma tu non credi che sia un falso allarme”, ponderò, senza alcuna emozione, solo per elencare i fatti a disposizione, trattenendosi a stento.
“Non lo so. Mi sento... strana”, ammise, quasi si sentisse in colpa.
“Lo sei, infatti. Hai apprezzato il mio spirito natalizio senza battere ciglio e sei stata incredibilmente gentile e amorevole nei miei confronti. Pochissimo sarcasmo. Sei sicuramente incinta”. Oh, lo aveva detto. Non era così terribile, una volta espresso ad alta voce. Al contrario, diventava quasi una visione lussureggiante.
Schivò il cuscino che gli lanciò contro, ridendo. “Sono sempre gentile e amorevole con te. Non ti avrei sposato, altrimenti”.
“Avrei da dissentire in proposito, ma lo farò al momento opportuno. Vogliamo fare il test? O preferisci aspettare?”. Incrociò le dita perché non avrebbe retto l'incertezza un minuto di più.
“Ho ancora i vecchi test di Lily”. Quali vecchi test?
“Non li abbiamo fatti con Lily. Lo abbiamo saputo in ospedale”, obiettò, andando a ritroso nel tempo. Avevano mancato quella tappa importante, se pur insignificante nel contesto di tragedia in cui era avvenuta la scoperta.
Kate si morse le labbra. “È così, infatti. Ma qualche tempo dopo essere tornata a casa ho... lo so che ti sembrerà stupido, sono andata in farmacia e ne ho comprati alcuni, solo per vedere che cosa si provava a vederli diventare positivi. Alla fine però non l'ho fatto perché era una cosa priva di senso. Sapevo perfettamente di essere incinta”.
Gli venne voglia di prenderla tra le braccia e non lasciarla più andare. Se la immaginò dolorante per i postumi dell'intervento - quello che aveva rischiato di non far sopravvivere Lily-, aggirarsi disorientata tra gli scaffali, alla ricerca di qualcosa che le avrebbe dato l'illusione di poter vivere un momento che invece era stato loro precluso.
“Li hai conservati, quindi?”, si informò gentilmente.
“Sì, ma credo siano scaduti. O comunque è passato troppo tempo, non mi fiderei del responso. Dobbiamo aspettare qualche giorno”.
“Non possiamo aspettare nemmeno domani mattina!”, ruggì, lasciando finalmente traboccare quello che sentiva. Lo guardò perplessa.
“È la notte di Natale, Castle”.
“Deve per forza esserci una farmacia aperta nelle vicinanze, o un supermercato che fa orario notturno. Mi vesto e in un attimo sarò di ritorno”. Con la mente si vedeva già vagare per la città alla ricerca del prezioso malloppo, che avrebbe reso gloriosa per sempre la vigilia di Natale. E così nessuno avrebbe mai più osato sminuire l'importanza di quel periodo dell'anno. Li avrebbe messi tutti a tacere con il racconto della loro natività privata. O, almeno, la promessa di una natività.
“Non voglio che tu esca di notte, tra le strade gelate e chissà cos'altro, solo per comprare un test che può aspettare. Ho davvero un ritardo minimo, anzi forse ci stiamo solo illudendo”.

Le prese i polsi con delicatezza, ma determinato a spuntarla. “Non c'è niente che possa impedirmi di precipitarmi fuori a comprarlo. Quindi tu te ne starai qui a riposare, anzi perché non ti sdrai e cerchi di non prendere freddo? Non vuoi infilarti il mio maglione? Sei comoda? Ti prendo degli altri cuscini?”. Stava già esagerando? “E io tornerò nel giro di cinque minuti. E se non dovessi trovarlo, ti porterò un medico qualsiasi in carne e ossa, il primo che trovo”. La seppellì sotto un effluvio di parole che dovevano servire a confonderla, in modo da non bloccare la sua missione. Alla fine Kate cedette, ma solo perché non aveva senso fare il contrario.
“Torna presto. E prendi la mia pistola”, aggiunse alzando la voce.
Castle si bloccò in mezzo al trambusto dei preparativi, per accertarsi che non stesse scherzando. “Non posso prendere la tua pistola. È contro la legge”, si stupì.
“Ti sembra il momento di farti venire tanti scrupoli? Non sai che la notte di Natale aumenta il numero di omicidi in città?”.
Lo spirito natalizio di sua moglie gli scaldava sempre il cuore. Ma apprezzava l'apprensione, peraltro eccessiva, per la sua incolumità. Deponeva certamente a favore di una gravidanza in corso. Altrimenti non gli avrebbe mai proposto qualcosa di così contrario a ogni logica di buonsenso.
“Non prenderò la pistola, ma cercherò di non farmi uccidere, te lo prometto”. Corse da lei per baciarla piano, la seppellì sotto la coperta e le intimò di non muoversi.
Si precipitò nell'androne e solo lì respirò avidamente l'aria fredda corroborante. Inviò mentalmente un ringraziamento all'universo per l'incredibile e continua messe di doni che inviava sulla sua casa. Non avrebbe smesso nemmeno per un minuto di essere grato. Mai più.

**

“Sei pronta?”, propose dopo essere tornato sano e salvo e averla trovata vagare innervosita per casa, incapace di stare ferma e seriamente preoccupata che potesse capitargli qualcosa. Le strade erano deserte, la farmacia più vicina di quanto pensassero e nessun malvivente si era fatto vivo per derubarlo, l'aveva rassicurata.
Kate annuì. Avevano seguito le istruzioni, con un po' di nervosismo, tanto da sembrare futuri genitori alle prime armi. Avevano atteso per un tempo interminabile e ora era il momento della verità.
“Torniamo sul divano”, propose lei un attimo prima di voltare il test. “Non voglio scoprirlo in bagno. Visto che lo racconterai negli anni a chiunque, voglio che almeno il contesto della storia non sia imbarazzante”.
Recuperarono la postazione originaria, con la coperta abbandonata sul tappeto sotto di loro. Castle teneva saldamente in mano la prova inoppugnabile che avrebbe decretato la direzione della loro vita, e si era trattenuto dal dare una sbirciatina.
“Giralo”, gli ordinò con voce decisa, fissando il test come se potessero comunicare telepaticamente.
“Vuoi che facciamo un discorso, prima? Una specie di cerimonia? Lo chiedo perché non voglio rimpianti, quando ci capiterà un'altra volta. Tenendo anche conto del fatto che lo racconterò arricchendolo di particolare succulenti a ogni ripetizione”.
Lo fissò con orrore. “Castle! Gira quel maledetto test!”. Erano già gli ormoni? Gli era sembrata in effetti su di giri il mattino della recita. Molto emotiva e in preda alla nausea. E molto più stanca del normale. Perché non si era accorto di niente? Perché non aveva osato sperarci, ecco perché.

Ma non era ancora pronto a farlo. Gli sembrò che fosse necessario dire qualcosa. O forse il suo bisogno era qualcosa di più profondo, che non semplicemente onorare l'evento. “Io... io non so che cosa ne pensi tu. Ma voglio dire, prima di saperlo...”, sapeva che stava per recidergli un'arteria, ma doveva parlare. “Che io ne sarei molto, molto felice. Non desidero altro. Voglio tutti i bambini che vorrai anche tu, magari qualcuno che assomigli un po' anche a me, ma vanno bene tante altre meravigliose piccole Beckett. Sono talmente felice della nostra vita che qualche volta ho perfino paura di dirlo ad alta voce, come adesso. E sarà per sempre la notte di Natale più bella della mia vita, comunque vada”. Stava blaterando per non arrivare al punto. “Ma non so se è anche il tuo desiderio. Non hai avuto tempo di pensarci, di deciderlo”. Voleva che fosse la loro felicità, non solo la sua. E non sapeva perché si fosse messo a fare quel discorso, quando ormai la realtà dei fatti era incontrovertibile.

“Non che questo cambi le cose...”, proruppe Beckett ormai rassegnata a dargli corda, e a ritardare il momento della scoperta. “Ma anche io sono felice della nostra vita. Di me, di te, di Lily e del... “deglutì, “possibile bambino che ti ostini a tenermi nascosto. Non l'ho deciso nemmeno questa volta e temo che ormai faccia parte delle nostre tradizioni, ma... voglio anche io sentire di nuovo profumo di neonato, quella beatitudine che trasmettono solo mentre dormono, le guance da mordicchiare, le tue filastrocche senza nessun senso che canticchi esausto dopo la poppata, per farmi dormire cinque minuti. Non sapevo di volerlo, ma adesso... lo so”, finì. Era uno dei discorsi più sentiti che avesse mai pronunciato, con voce ferma, nonostante la criticità del momento.

Lo voltò. Entrambi trattennero il respiro. Si guardarono negli occhi e si sorrisero increduli, facendo cadere il test, nell'impeto di abbracciarsi, scossi dalla gioia.
“Buon Natale, Beckett”, mormorò baciandola piano.
“Buon Natale, Castle”.
Era davvero felice. Lo vedeva negli occhi che brillavano. Il mondo era tornato al proprio posto.
Ripescò il test, per controllarlo ancora una volta.
“Hai visto che colore deciso hanno assunto le linee? Secondo me sono due gemelli”.
“Castle!”, gemette tra le sue braccia. “Non dirlo nemmeno per scherzo! Potrei ucciderti se mi hai fatto una cosa del genere!”.
Ci avrebbero pensato più avanti, anche se l'idea, pescata a caso solo per farla impazzire, iniziava a piacergli. Adesso l'unica cosa che contava era festeggiare degnamente il più bel Natale della sua intera esistenza, insieme a ciò che amava di più al mondo e che sarebbe presto aumentato, arricchendo la loro vita di un nuovo capitolo e nuove avventure.
- The End -

**

Ho già tentato di spiegare l'inspiegabile, cioè il modo misterioso in cui questa storia si è fatta viva e come l'ho vissuta, tra le brume di dicembre, che è il periodo dell'anno che amo di più. Non si tratta di averla amata più delle altre, perché le amo tutte visceralmente. Si tratta di averla accolta e averla lasciata fluire senza resistenze, mettendomi a totale servizio, annullando il controllo. Ho scritto tutto quello che è arrivato, più in fretta possibile, senza pormi domande e il nutrimento che ne ho tratto è stato molto di più del tempo e sforzo che ho donato. Se vi ha dato lo stesso che ho ricevuto io, ne sono molto felice, ma non ci sono meriti, in quella che è stata un'esperienza che definirei spirituale nel senso non religioso del termine.

Grazie, quindi, di essermi stati vicini, di aver contribuito a portare quella Luce che è tornata come tema principale e simbolico, di aver fatto parte di un cerchio di puro Amore incondizionato, quello dei Caskett, che non diventa mai fioco, ma splende ogni anno che passa.
Dal momento che andrò in vacanza da domani e non sarò qui per rispondervi, nel caso aveste voglia di comunicare con me, auguro a tutti voi la miglior rinascita che l'anno nuovo porterà con sé, come simboleggiato dal Sol Invictus citato da Castle.

The wisdom is about transforming our Darkness into Light” - Yehuda Berg

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Ksyl