Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Melanto    23/12/2017    11 recensioni
Nel bene e nel male, la vita è imprevedibile.
Capita che un minuto prima scherzi con gli amici e un minuto dopo ti ritrovi nell'incubo che non vorresti vivere; tanto vicino e tanto casuale da non credere che potrebbe capitare proprio a te.
Ma questa è una di quelle coincidenze universali che Mamoru si troverà davanti nel momento in cui la sua vita si fermerà per sempre in un convenience store.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer, Mamoru Izawa/Paul Diamond
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Mori no Kokoro - Il Cuore della Foresta'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sonnet - Epilogo

- Epilogo: Il pruno fiorisce in inverno -

 

Sull’ultimo ricordo che ha di quella notte, Mamoru smette di parlare, come se qualcuno abbia premuto sul tasto stop di un vecchio mangianastri. Con tutta la semplicità del mondo si ferma e gli occhi sono sulle proprie mani dove, mentre raccontava, ha finito per ancorarli.

Da quelle mani il sangue di Yuzo non se n’è mai andato, nemmeno lavandole mille volte.

«Lui ce l’aveva per vizio di dire che tutto andava bene anche quando non andava bene niente.» Si concede come ultimo singhiozzo di parole.

Ad Haruna sembra immerso in una trance, gli occhi vedono qualcosa che non c’è più, ci si focalizzano quasi a toccarla. Ma il ragazzo è stato bravo, glielo riconosce, perché è riuscito a srotolare la matassa per intero.

Sta per fargli una domanda quando un altro singhiozzo solitario esce fuori.

«Non è servito a niente, lo sapevo. È tutto uguale a prima.»

«Non è una magia che funziona con uno schiocco di dita.»

«E allora è una fregatura.»

«È presto per stabilirlo. Parlami del dopo.» Il dottore lo incalza un poco alla volta. «Sai cosa è successo?»

«Non l’hanno preso,» afferma asettico, ma le labbra accennano una smorfia di fastidio. «Dicono che quando si è visto braccato, il bastardo si sia infilato in un sottopasso, abbia abbandonato la vettura e sia scappato per le fogne. Il signor Miura stava bene, un po’ provato, ma illeso. Di quell’infame nessuna traccia. Himura lo sta ancora cercando.»

«Pensi che la sua cattura possa portarti qualche giovamento? Della soddisfazione? Possa migliorare quello che senti?»

«Sì, forse. O forse non me ne frega niente perché tanto Yuzo non me lo darà indietro nessuno.» Mamoru affetta le piccole verità che ogni tanto vengono fuori in maniera precisa, con un coltello affilato. Non sono colpi d’accetta, sono tagli sottili, lungo la linea dell’osso.

«Dottore…»

«Dimmi.»

«Quanto è grave che io… io non abbia pianto?»

Fettine di coscienza, una alla volta, come un macellaio attento.

Haruna lo vede smarrirsi per un istante su quell’ultimo taglio; ha smesso di prendere appunti da un po’, ma questo elemento se lo conserverà per segnarlo dopo. Ormai è chiaro che per quanto Mamoru abbia piena coscienza di ogni cosa e di ogni verità, tanto da riuscire a sezionarle poco per volta, semplicemente non le ha accettate.

«Non tutti reagiscono a un evento doloroso alla stessa maniera,» sospira, intrecciando le dita sul ginocchio. «Piangere sul momento o dopo mesi non significa che tu abbia sofferto di meno. Le lacrime troveranno il loro tempo.»

«Non lo dico per me, non mi importa.» Mamoru gira il volto, sembra quasi risentito dal fatto che abbia compreso più di quanto voglia dirgli. «Ma ho sentito i miei che ne parlavano, erano preoccupati.»

«Puoi dir loro di stare tranquilli,» sorride il dottore, perché ci lavoreranno insieme. Abbassa gli occhi sul blocco di appunti che ha appoggiato sulle gambe, ne ha cerchiato uno in particolare. «Quel messaggio di cui mi hai parlato, quello per suo fratello. Come è andata?»

Mamoru esita, le dita rinsaldano la stretta e le sopracciglia si aggrottano velando l’espressione di risentimento.

«Non l’ho riferito,» s’affretta a dire.

«Perché?»

«Non è venuto al funerale. Non c’era.»

Haruna è sorpreso di una reazione così aperta rispetto alle altre. Nel raccontare gli eventi, Mamoru aveva mantenuto un tono piuttosto monocorde; gli occhi avevano trasmesso sofferenza, questo sì, ma ora sta avendo un secondo guizzo, imprevisto come il primo quando hanno finalmente aperto la seduta parlando del ficus.

«Avresti potuto chiedere ai genitori, per Yuzo sembrava molto importante.»

«Un fratello che non si presenta al funerale dell’altro fratello non si merita niente.» Mamoru scuote il capo, è categorico. Adesso sì che il taglio diviene colpo d’accetta. «I Morisaki sono già sconvolti così, che ne so se parlando di questo tizio non faccia un altro danno? Yuzo non mi aveva mai detto niente. Mai. Neppure accennato una sola parola. Camera sua aveva due letti, ok, e con questo? Anche la scrivania era grande, ma che cambia? Era una stanza ampia, magari non volevano sprecare spazio o magari non lo so. Le ipotesi sono tante e foto in quella casa di altri bambini o ragazzi non ne ricordo. Figlio di un altro padre? Figlio di un’altra madre? E chi lo sa!»

Un fiume in piena, una sequenza di pensieri e immagini vomitate fuori all’improvviso come scarti di carne da macello, raffazzonati insieme per essere gettati via. In quegli scarti, secondo Haruna, c’è molto di più di quanto si possa pensare.

«Mamoru, cos’è che ti spaventa?»

Izawa si concede qualche istante per prendere fiato, sembra che abbia corso per novanta minuti senza fermarsi mai. Nelle mani spera, come sempre, di trovare la risposta a tutti quei quesiti che sa di avere, ma aspetta che siano gli altri a porre al suo posto. In quelle mani, che ricorda sempre troppo rosse.

«…forse che non esista,» sussurra. «O che sia stato così cieco da averlo avuto sotto gli occhi per tutto il tempo e non essermene mai accorto.»

Haruna comprende che sono andati troppo oltre, per quella seduta, toccando qualcosa che ha bisogno di più tempo per venire approfondito. Riporta quindi la discussione sui binari regolari, presi all’inizio: chiedere e avere un quadro generale dell’insieme.

«Com’è andato il funerale?»

Mamoru ha un’altra esitazione: anche quello deve essere un punto difficile.

«Io… non so.»

«Non lo sai?»

«Non me lo ricordo.» Mamoru scuote il capo piano piano, stringe gli occhi come voglia mettere a fuoco qualcosa di sfuggevole. «Non ricordo niente di quel giorno, solo che c’ero. Mi sono svegliato, alzato, vestito. C’ero. C’erano i miei, e so che c’erano altre persone, ma non ricordo nulla a parte i fiori. I fiori erano ovunque. Arancioni.»

«So che sei tornato già a Yokohama City.»

Haruna lo allontana con garbo dal nuovo punto in cui si è arenato. Lo accompagna, mano sulla schiena, su percorsi alternativi. C’è una grande strada davanti a loro e le tappe devono solo guardarle, adesso, senza fermarsi.

«Sì. Ho lasciato Nankatsu quasi un mese dopo quella notte.»

«Hai ripreso gli allenamenti?»

Mamoru solleva le spalle.

«Qualcosa, ma mi sembra tutto così inutile. Correre avanti e indietro per un campo, tirare calci a un pallone. A che diavolo serve? Il mister preme perché io torni a pieno regime. Sei giovane, Izawa, così ti rovinerai la carriera. Me lo ripete quasi ogni giorno, pensa sia un valido sprone.»

«E tu cosa pensi?»

«Che ogni volta che metto piede in campo vorrei vomitare.»

La sveglia trilla sull’ultima risposta lasciando che lo scorrere abituale del tempo torni a invadere quello spazio che per un’ora è rimasto solo loro, chiuso in una scatola.

Mamoru si guarda in giro, risvegliato dalla sua trance, e si alza di slancio, come se una presenza invisibile gli abbia messo fretta. Haruna è più lento, si prende del tempo per sgranchirsi un po’, ma infine si alza anche lui: Izawa ha già il giaccone e la sciarpa nelle mani.

«Torni a Yokohama City, ora? O resti a Nankatsu?» domanda il dottore, osservandone i movimenti svelti.

«Torno a Yokohama. Ho il treno tra circa un’ora.» Mamoru è alla porta della stanza, quando il dottore lo raggiunge. «Mi spiace di averle fatto perdere tempo fino a oggi.»

«Il tempo non si perde. Siamo noi a perderci nel tempo.»

Per la prima volta da che è lì, Mamoru Izawa gli accenna un principio di sorriso: l’angolo sinistro della bocca si arcua per poco, ma è quasi abbagliante. Annuisce e fa un inchino.

«Grazie per essersi perso con me per un po’.»

«Siamo solo all’inizio, Mamoru. Ci perderemo un sacco di altre volte. Ricordiamoci di portare una bussola.»

Haruna apre la porta, ma Izawa è perplesso.

«Aveva detto che sarebbe stato l’ultimo incontro.»

«Ho detto che ero ‘quasi sicuro’ che lo fosse.» Il dottore sorride, fiducioso. «Ci vediamo la prossima settimana.»

 

Quel Febbraio è freddo ovunque.

Nankatsu, Shizuoka City, Yokohama non fa differenza. Il mare non stempera abbastanza e Mamoru è con la testa infossata dentro la sciarpa. Del suo viso si vede solo la striscia degli occhi.

Per tutto il tragitto del treno non ha fatto altro che ripensare al tempo passato nello studio dello psicologo. È stata la prima volta che è riuscito a raccontare le cose per filo e per segno, e non pensava ne sarebbe mai stato capace. Soprattutto di farlo in maniera tanto lucida e ordinata. Nella sua testa, tutto si è sempre susseguito come un film mandato a ripetizione, ma quando cercava anche di raccontarlo solo a sé stesso, la pellicola si aggrovigliava e non gli usciva fuori neppure una parola.

Oggi lo ha fatto.

One shot, one kill gli verrebbe da dire se non fosse la similitudine più devastante cui potrebbe pensare.

La strada verso casa la percorre a memoria, tanto infagottato com’è non ha paura di venire riconosciuto e fermato, per questo sceglie di prendere la metro. Gli ultimi isolati li percorre in fretta, guardando i pochi accumuli di neve ghiacciata abbandonati nelle aiuole.

L’appartamento lo accoglie con un tepore che gli fa rilasciare un sospiro di sollievo che lo tiene fermo contro la porta, spalle all’uscio chiuso. È caldo, protettivo, chiuso e intoccabile. Un mondo che può controllare e che non gli sfugge di mano.

«Tadaima…»

Esala aspettandosi che qualcuno gli risponda, ma la casa è vuota come l’ha lasciata la sera prima che si è spostato a Nankatsu. Lo è stata sempre, perché quando si è trasferito a Yokohama non è mai andato a convivere con nessuno dei suoi compagni di squadra; gli piace avere indipendenza e spazi suoi. Si rende conto che è stata la scelta migliore che potesse fare, vista la situazione attuale.

Le chiavi nel portaoggetti sono il primo gesto di una sequenza rodata. Poi cappello, sciarpa e giaccone sull’attaccapanni. Con una mano sbroglia i capelli neri incollati dalla lana in cui si è avvolto, e inizia a muoversi per quello spazio familiare dopo aver tolto le scarpe.

Si ricorda solo allora di controllare il cellulare cui ha silenziato suoneria e vibrazione – e che non ha spento solo per far contenta sua madre. La vita sociale del resto del suo mondo è lì che lo aspetta, tra vocali di whatsapp, chiamate perse, sms e chat di messenger, ma nonostante tutto ha ancora un freddo addosso che non se ne vuole andare; è piantato tra le scapole, come un pugnale. Stringersi nelle braccia non è sufficiente così afferra la grande sciarpa a quadri che Kumi ha lasciato sul divano circa sei mesi prima. Ci si avvolgeva come un bozzolo quando restava da lui; seduti sul divano, sgranocchiavano quello che la sua dieta di sportivo gli vietava e guardavano la tv. Adesso ad avvolgersi nella lana morbida è lui, e quel divano non ha più ospitato nessuno per una serata in compagnia.

Lui e Kumi si sono lasciati da due mesi, e anche se la scelta ha trovato un accordo reciproco – stavano insieme da troppo poco per farne un dramma –, il motore è partito da lui. Troppe cose da risolvere per pensare di stare insieme a qualcuno, troppe cose su cui meditare da soli. Troppe cose che non è tempo di affrontare, e Mamoru non è così egoista da tenere legato a sé qualcuno quando sa che non potrebbe dargli neppure un minimo del calore umano di cui avrebbe bisogno.

Mentre mette su il bollitore nella speranza che un tè gli scaldi le ossa, scorre tra i vocali di whatsapp trovandone proprio uno di Sugimoto. Lasciarsi di solito comporta un netto distacco tra le parti, ma forse complici di ciò che hanno vissuto e il fatto che sono stati amici prima di tutto, hanno mantenuto lo stesso legame iniziale; è stato solo un downgrade del sistema.

Lo fa partire e si muove per la cucina diretto in salotto.

«Ehi, ciao. Come stai? So che sei rientrato a Nankatsu. Sei tornato dal dottore? Spero che stavolta tu gli abbia detto qualcosa. All’inizio non sembrerà ma, credimi, aiuta tanto. Se sei ancora nei paraggi, prendiamoci qualcosa insieme. Il vecchio bar in centro ha un nuovo tipo di torta, esclusivo per l’inverno.» Una leggera pausa. «Era il suo bar preferito.»

Mamoru sa di quale sta parlando, con Yuzo sono stati capaci di fare il record: un’ora al giorno, tutta la settimana, nell’estate di seconda liceo. Quanti soldi hanno speso in frappè lo sanno solo le loro povere tasche. Sorride, consapevole che neanche Kumi riesce a dimenticare, a dispetto di qualsiasi cosa possa dire un medico qualunque.

L’altro vocale che ascolta è quello di Teppei.

«Ehi, moschettiere! Vedi che io e Hajime saremo a Yokohama il prossimo week-end, indovina quindi chi ti verrà a trovare? Hajime si è raccomandato di dirti di ‘non fingere di non essere in casa, cretino’. E l’insulto è suo. Porteremo noi le vivande e le birre, tu non fare niente. Aprici solo la porta.» In quell’ultima frase c’è un significato mille volte maggiore di una semplice serata tra amici. «Mamoru… ci manchi, in campo. Torna presto, ok?»

La Silver Combi non si smentisce mai, ai suoi occhi, e anche se non vorrebbe farli preoccupare così come sta accadendo, non se la sente di dare loro false speranze, per questo al momento decide di non rispondere. Vuole pensarci su.

Una volta in salotto si ferma accanto al mobile della libreria, dove ha esposto trofei e medaglie conquistati nell’arco della carriera sportiva fin lì condotta.

Di quelle del World Youth ce ne sono due.

«Ciao, piccoletta.»

Decide invece di rispondere a Kumi e registra un vocale al volo, mentre fissa quel doblone d’oro che aveva sempre considerato il più bello di tutti.

«Sono appena rientrato a Yokohama, lo sai che a Nankatsu non mi fermo più del necessario. E, sì, sono andato dal dottore. Abbiamo parlato.»

Mamoru prende la medaglia che era stata di Yuzo, la signora Yumeko gliel’ha lasciata senza dire una parola, ma ombreggiando le labbra con un sorriso velato e indecifrabile.

«Spero davvero che possa servire, ma ora come ora mi pare una perdita di tempo.» Si ferma ancora un istante. «Quella torta… la mangeremo un’altra volta, ok?»

Lascia andare il dito e il messaggio viene trasmesso al destinatario, poi fa sparire il telefono, lanciandolo sul divano. Ora che ha le mani libere, può toccare la medaglia con entrambe, seguire il contorno del cerchio e i rilievi delle incisioni.

«…ma il dottore ha detto che siamo noi a perderci nel tempo. Non suona male, no? Come frase a effetto è carina.»

Si gira per guardare attraverso i vetri del balcone e trovare un vaso coperto da del tessuto-non-tessuto, affinché ciò che contiene non si bruci per il gelo.

Mamoru ripone la medaglia assieme alle altre e si stringe di più nella sciarpa, raggiungendo il poggiolo. Una zampata di inverno lo investe lì, all’ottavo piano, e morde, con denti aguzzi, tutto ciò che può: le guance, il naso, la testa, le orecchie. Per non farsi divorare, Mamoru afferra il vaso e rientra, scrollandosi il gelo di dosso con un brivido. Si siede a terra, e il freddo del pavimento non è poi così mordace come quello esterno.

«Tu che ne pensi? È davvero così che funziona?»

Chiede, scoprendo l’arbusto dal tronco ritorto e spoglio, ma con rami ricchi di boccioli chiusi. Sembra abbiano troppo freddo anche loro. Mamoru li sfiora con il terrore che possano rompersi, che l’intera pianta possa infrangersi come cristallo. Ricorda che quando l’aveva Yuzo, a volte apriva i primi fiori alla fine di Gennaio, ora invece è Febbraio inoltrato, ma tace. Deve sentire che non c’è più la mano del suo padrone, eppure il bonsaista l’ha rassicurato infinite volte.

Sta benissimo, non preoccuparti.

Devi tenerci molto, e ti capisco: è un gran bell’esemplare.

Quanti anni ha? Cavolo così tanti? Però!

Chi te l’ha regalato doveva volerti un bene fuori dall’ordinario.

«Anche io te ne volevo, lo sai. Ma adesso? Che cosa faccio, adesso? Che cosa faremo?»

Lui e quel bonsai, con il freddo di fuori destinato a esaurirsi in qualche mese, ma quello dentro che gli rimane aggrappato alle viscere come munito di artigli solidi.

«Ne verremo mai fuori?»

Mamoru appoggia il capo contro il vetro chiuso del balcone, e nell’alone del fiato che si condensa gli sembra di vedere qualcosa che non ha notato prima. È un po’ più nascosto, di lato, sotto a una delle nervature principali del tronco portante del bonsai. Lui gira il vaso con entrambe le mani e il bianco del fiore aperto è abbagliante contro la corteccia scura.

È così sorpreso che per un attimo pensa d’averlo immaginato, ma il velluto dei petali sulla punta delle dita è reale. Così reale che non ci crede.

La bocca di Mamoru si lascia sfuggire un respiro diverso mentre le labbra prendono la piega inaspettata di un sorriso sincero e parole lontane, dette non ricorda bene quando, gli tornano alla mente.

«Perché è perseverante. Nel freddo e nelle avversità, non si fa mai scoraggiare, e prima di tutti rinasce. Il pruno fiorisce in inverno.»

Il sorriso gli prende tutto il volto, gli occhi, snuda i denti nascosti dalle labbra. Con quel sorriso si gira a guardare la città dal cielo bianco, da cui iniziano a scendere due timidi fiocchi di neve.

«Sì, in qualche modo ne verremo fuori.»

 

 

 “Yes, there's love if you want it
Don't sound like no sonnet, my Lord.”

 

Sonnet – The Verve

 

 

 

FINE

- Sonnet -

 

Note Finali: E ‘Sonnet’ finisce con qualcosa che cerca di rinascere, anche se è piccolo piccolo. Come un fiore di pruno.
Lasciamo un Mamoru ferito fino in fondo all’anima e all’inizio di un percorso di ricostruzione. Ha trovato la forza di parlare con Haruna, ha i suoi amici che non lo mollano mai, ha il ricordo e la fiamma ancora tremula della volontà che non vuole spegnersi.

Il prunus mume è una pianta simbolica di grande importanza per i giapponesi ma ancor più per i cinesi: perché rappresenta perseveranza, capacità di affrontare le avversità ed è un portafortuna che viene solitamente regalato a persone molto importanti e amate. :)
Il pruno (in giapponese ‘ume’, ma il fiore è anche chiamato ‘baiko’ :D) presenta infiorescenze solitamente bianche, ma anche fuchsia, e sono molto profumate.

Ed è da questo pruno che Mamoru vuole ripartire, dal suo insegnamento implicito così semplice e così forte al contempo: perseverare e fiorire nei momenti che sembrano più bui.
E voi siete pronti per scoprire se ci riuscirà?

Siete pronti ad affrontare tutte le risposte ai punti rimasti oscuri? :D

Perché il tempo di ‘Malerba’ è arrivato.

Pensavo di partire direttamente col nuovo anno… e invece ho deciso di iniziare già la prossima settimana, mentre finite di aprire gli ultimi regali e vi preparate al cenone finale! :D E di questa scelta volevo ringraziare Heavensan,, per il suo supporto e l’entusiasmo, e il mio 'fido trio di consigliere' di chat Kara/Guiky/Sanae XD.
Giovedì 28 Dicembre arriverà il prologo. ;) Tenetevi uno spazio libero, magari mentre mangiate una fetta di pandoro o qualche struffolo *___* !

 

So che ‘Sonnet’ non è stata la storia che avreste sperato: non c’è l’happy ending, e la vita dei protagonisti è stata completamente spezzata, lasciandocene solo uno.
Spero davvero che ‘Malerba’ possa farvi superare parte dell’amaro lasciato da ‘Sonnet’. :*
Grazie a tutti coloro che mi hanno avvolta di calore dopo uno stop scrittorio di parecchi mesi: per me ha significato tantissimo, e significherà pure per voi… perché sono tornata in carreggiata e questa è una minaccia XD LOL!
Grazie a coloro che hanno recensito, infilato la storia in qualche lista o anche solo fatto da lettori ninja.

Ci ritroveremo la prossima settimana, con una nuova avventura :*

 

E come sempre:

 

Il Re è morto.

Lunga vita al Re.

 

 

 

   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Melanto