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Autore: kyuukai    24/12/2017    1 recensioni
Ovvero l'amore all'insegna di calci e pugni, anche a Natale.
[Secret Santa per EuphemiaMorrigan, buon Natale!]
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Madara Uchiha, Sakura Haruno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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N.d.V: Ovvero il tentativo di fare da Secret Santa alla mia migliore amica, e coprire l'angoscia che accompagna il nostro scambio natalizio di regali. Avevamo detto “Per il Natale che vorrei, MadaSaku all the way”, beh, eccoci qui <3

È vero che si può dare tutto l'anno, ma Natale viene solo una volta, e voglio associare la gioia di far qualcosa di gradito ad altri soprattutto in questa data, se possibile condividerla con chi è disposto ad accettarla, e rendere le feste più gradite, o solo i minuti che si impiegano a leggere una fanfiction scritta col pensiero proiettato alle feste.
Sarà una two-shots, divisa per giorni: la prima il 24 dicembre, il giorno più sfortunato per i bimbi che aspettano di scartare i regali, e dato i “natali” a Madara; la seconda tratterà invece del 25.

Buone abbuffate, spero tutti quanti resisterete all'invasione familiare e le montagne di carta da scartare <3

P.s.: La storia si svolge tre anni dopo i fatti raccontati in Ring a Ding Ding, la lettura è consigliata ma assolutamente non necessaria per capire cosa succede.
Buona proseguimento.

 

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1. La vigilia di Natale, la dottoressa peluche mi ha regalato … sbalzi d'umore a profusione ed una boccetta di shampoo all'abete silvestre.

 

“Ha attraversato tanti stati, solo per avere la possibilità di abbracciare il figlio!” si lamentò ad alta voce la donna, stesa sul divano accogliente e sommersa da una quantità indefinibile di plaid. Al di sotto, strofinava nervosamente le mani per tenerle al caldo, ma era una causa persa.

“Tu invece, ad averne la possibilità, mi abbandoneresti a Natale”.

Col tempaccio che imperversava fuori dalla finestra del salottino, oltre a provocargli dolore in ogni osso nel suo corpicino, le si era gelato anche il cuore a giudicare con che disprezzo si stava rivolgendo all'unico occupante della casa oltre lei, rinchiusosi in cucina per non sorbirsi i suoi rimproveri.

Non finché la crisi non sarebbe passata.

Sakura tirò con forza su col naso, affondandolo nel bavero del pigiama peloso nero, un regalo unico e raro. solo perchè era dotato di orecchie e coda da procione, l'animale preferito dell'insensibile con cui condivideva l'appartamento.

“Perfino quel nonno bacucco è più romantico di te, nell'andare a vedere la nipotina cantare in chiesa! Chi diavolo me lo ha fatto a fare a mettermi assieme ad un maiale malintenzionato come te?”.

I capelli rosati al lato del viso solleticarono le guance, mentre rivolgeva nuovamente gli occhi luccicanti alla porta fermamente chiusa. Un singhiozzo le tagliò il respiro, e la costrinse a stringersi le braccia attorno.

“Voglio il divorzio” mugugnò con aria depressa, una singola lacrima sfuggì dalle ciglia rosa e ruzzolò fino al mento, perdendosi tra gli strati di spessa stoffa e tristezza che l'avvolgeva.

“Avessi avuto un ryo per ogni volta che lo hai detto, negli ultimi mesi, avrei pagato Danzo Homura per smetterla di riproporci Mamma ho perso l'aereo, invece di esser costretti a soffrire l'ennesima replica in tv ogni dicembre” arrivò finalmente la risposta altrettanto tagliente di Madara, di ritorno dal cucinotto con una tazza fumante in pugno.

Sakura digrignò i denti, difendendo con coraggio e lacrime femminili il canale su cui lo stava guardando forse per la milionesima volta. L'uomo fece schioccare la lingua contro il palato, e dopo aver bisticciato con lei, glielo strappò dalle dita appiccicaticce e spense il televisore.

“Bevi” grugnì senza il minimo di tatto, appoggiandole il fondo del contenitore sulla zucca dura.

A Madara i suoi piagnistei senza senso scivolavano addosso, almeno all'apparenza; eppure non pareva del tutto contento, soprattutto dopo che la donna ebbe messo sotto il naso rosso la tazza, lo storse con forza.

“Che è sta roba? Ha un odore pungente che è tutto, fuorché buono per il mio stomaco delicato”.

Il marito strinse le braccia al petto, trapassandola da parte a parte con un'occhiata a dir poco arcigna.

“Prenditela con te stessa. Dieci minuti fa non ho fatto neanche in tempo a cambiarmi di ritorno dalle fustigazioni del coach che mi sei saltata addosso, lagnandoti che morivi dalla voglia di una tisana” grugnì, cadendo senza grazia al suo fianco sul divano, posando un braccio attorno allo schienale in pelle “Per Diana, bevi quella roba prima che ti ci faccia il bagno. Almeno ti terrà lo stomaco finché non romperai di nuovo il cazzo ad un'ora improbabile per mangiare. Ma bada: mai più bastoncini di pesce e crema. Ne sento ancora la puzza sotto le narici”.

Lei gonfiò le guance, bambinescamente, verso di lui, ma sentendo lo stomaco reclamare in quel momento, sbuffò sulla tazza e cominciò a sorseggiarla pian piano.

Le spezie erano forti tanto da sbloccare le sue vie respiratorie, il profumo di arancia la stordiva, ed una volta fatta scendere, si sentì un poco meglio. Lucida e tanto stupida.

“... Non intendevo...” mugugnò stranamente imbarazzata, tamburellando le dita contro la ceramica rosa mentre provava a trovar il coraggio di guardare l'uomo in viso. Lui fece una smorfia tirata mentre si stava ravvivando la chioma umida con le dita.

“Non è mica da ieri che non do peso a ciò che dici...”.

“Ehi! Sei proprio un cafone!”.

“Detto da una donna impossibile, che non riesce manco lei a star dietro agli sbalzi d'umore” esclamò con dura sincerità, battendo il palmo della mano contro il bracciolo, volgendosi verso di lei.

Sakura inghiottì dell'aria, richiudendo piano la bocca prima di replicare, e tornò crucciata a guardare il liquido ambrato tra le dita.

Erano stati otto mesi d'inferno, per entrambi.

Lo leggeva nel suo viso pallido e stanco, nelle occhiaie più pronunciate, il leggero tic nervoso all'angolo dell'occhio mentre cercava di non guardarla in viso, e forse farla sentir più in colpa di come si sentiva al momento.

Era vero, lo aveva letteralmente trascinato via dalla doccia nel bel mezzo dello shampoo per farle una dannata tisana, e lei non aveva fatto altro che peggiorare la situazione, lamentandosi angustiata ancora una volta.

Per cosa poi?

Dannati ormoni sballati. Dannata MediaKonoha per il film che ormai conosceva a memoria, ma da cui aveva sviluppato una dipendenza, nel periodo natalizio.

La ragazza sporse il labbro inferiore più che poté, abbassando di nuovo il viso verso il basso, gli occhi color primavera già umidi; solo allora Madara si concesse di osservarla, e mugugnando una maledizione al soffitto, fece cadere il braccio attorno al bozzolo che era lei e tirarla contro il suo maglione color castagna.

Sakura si accoccolò immediatamente contro il suo fianco, singhiozzando piccola sulla pelle tesa del mento.

“Mi dispiace”.

“Sta zitta una buona volta, moglie” sentì la voce grave far vibrare le corde vocali, mentre l'abbracciava più forte a sé “Sei solo un impiccio. Quindi fa un favore ad entrambi, e fa riposare le mie orecchie, sono ancora bagnate”.

Lei a malincuore annuì, stringendo i pugni contro il torace nell'avvertire il respiro caldo dell'uomo soffiare contro i suoi capelli, portando con sé un debole profumo di abete alle sue narici.

Si ritrovò a sorridere e strusciarsi contro il collo pallido, più serena, solo nel sentirlo tenerla tra le braccia, seppur brontolante di quanto fosse diventata espansiva da incinta.

“Sai di buono”.

“So di quell'obbrobrio che hai avuto il coraggio di scambiare per me. Un regalo peggiore non potevi trovarlo, per il mio compleanno” grugnì lui, indicando con sgarbo l'albero di Natale addobbato nel bel mezzo del salotto monocromatico.

La notte prima, in un lapsus di coccole, aveva ricercato il marito per la stanza, finendo per abbracciare il complemento d'arredo. Di ritorno dal balcone, dove era uscito per riattivare il contatore della luce, l'aveva trovata abbarbicata tra le fronde sintetiche, tutta sorridente ed in vena di fusa. Ce n'era voluto per calmarlo, ed evitare che in un impeto di rabbia e cieca gelosia, non lanciasse l'albero fuori dalla finestra.

Sakura rise civettuola, individuando una punta d'irritazione nella sua voce, ma non gliene fece una croce, preferendo posare un bacio aperto contro la vena pulsante appena in superficie.

“Tu hai un profumo migliore, e sei più spazioso, duro. Relativamente comodo come cuscino e sedile. Forse ti preferisco”.

“Certo, forse” commentò lui, guardandola con complicità ed anticipare il suo sorriso.

Stranamente, Madara inclinò mite il capo di lato, facendo scivolare le ciocche scompigliate contro lo schienale e garantirle più spazio, sospirando esortante mentre faceva scivolare le mani ad agguantare i lati della sua tuta da casa.

Vibrazioni percorsero la schiena indolenzita della donna a quel tocco conosciuto, e con luce ringalluzzita in viso si premette maggiormente contro il suo petto.

“Veramente lo shampoo era per il 25, anticipato dato che avevi appena finito una bottiglia. Per oggi, penso di avere qualcosa di meglio in serbo per te” canticchiò con fare succinto, provando ad allungare un braccio verso la sua spalla e salirgli sulle gambe, ma le forze l'abbandonarono a metà strada: mentre si destreggiava fuori dalle coperte, il pancione ben evidente anche sotto le vesti larghe diede una bella fitta di dolore, e la povera ragazza si ritrovò ad accovacciarsi addosso a lui, tenendosi con le mani malferme alle spalle ampie.

“Lascia perdere, prima che il tuo tentativo di seduzione malriuscito finisca in una slavina, Kirby. Lo hai sentito il medico” mormorò con un filo di apprensione lui, prendendola da sotto le ascelle e rimetterla comoda al suo posto.

Lei rise a bassa voce, trovando assai strano che per una volta la voce della ragione dovesse farla lui, a proposito di sesso. Madara la intercettò con un'occhiata raggelante, al che lei esplose in una risata più sguaiata, scalciando le gambe da sotto le coltri.

“Chi me lo ha fatto a fare a metterti incinta?”.

“Oh, suvvia, non ti sei lamentato troppo con gli effetti che gli ormoni mi davano, alle volte” punzecchiò lei, provando a combattere contro le sue mani calde e riaccoccolarglisi addosso. Il marito dovette rassegnarsi a sentir i suoi settanta chili tutte sulle ginocchia dolenti per l'ultimo allenamento, e gemette basso contro la sua fronte spaziosa, più per sentirla crucciarsi in un misto di vergogna e giocosa rabbia, che per altro.

“Quella era la parte migliore, finché il demonietto non ha cominciato a farsi sentire” aggiunse, sogghignando sottile mentre le avvolgeva i fianchi possessivamente, agguantando il pigiamone all'altezza del fondoschiena.

Il posto migliore dove far riposare le mani, almeno a detta sua.

Sakura sorrise maliziosa, scoccando un bacio sul ponte del naso di Madara, e poi guardò in basso, tra i loro corpi, il pancione bello tondo gravante sui comodi pantaloni larghi di lui.

Era talmente enorme da costringerla ormai a chiedergli abbracci da dietro.

Il figlio del demonio, chiamato così dopo che l'ultima radiologia aveva rivelato il sesso del bambino o ciò che si spacciava per tale, si era risvegliato attorno al quinto mese, rendendo la routine altrimenti invariata di Sakura un inferno sulla terra.

Con grande dispiacere di Madara, i tacchi erano stati i primi a dover sparire dalla circolazione, dopo che per poco non aveva rischiato di capitombolare per le scale, sulla via del lavoro.

“Neanche Reneesme ha dato tanti problemi come questo piccolo karateka qui” si lamentò lei, carezzando comunque con gentilezza il pancione. Madara sbuffò contro la sua fronte spaziosa.

“Non poteva mancare l'ennesima citazione a Twilight. Sei più soddisfatta di te ora?” chiese, inclinando il capo di lato, e venendo contagiato dal sorriso luminoso e divertito della moglie.

“Molto” cinguettò serena, incontrando le labbra del marito a metà, lasciandovi l'ennesimo lamento di spossatezza sopra “Non mi dà tregua! È intrattabile come te”.

“E manesco come te. La colpa è soprattutto tua, per aver insistito di non mettere il profilattico quella notte”.

Nonostante le parole, rispose con gusto al bacio, affondando le dita callose nei capelli sulla nuca, sentire il peso della testa appoggiarsi sul palmo e concedergli di farle inclinare il viso e baciarla ancora più profondamente.

Il suo alito sapeva di cannella, spezie ed arancia, una piacevole punta di acidità sulla lingua ad incontrare la propria.

“Ricordi ancora che fosse notte? Dopo tutto questo tempo, e le volte che abbiamo fatto l'amore?” scherzò facendo la romantica, solcando le guance incavate con i pollici tiepidi, deliziandosi di come l'avesse incontrati con la bocca e baciati entrambi.

C'era qualcosa nella mitezza del suo carattere di merda a casa che le scioglieva le viscere ogni volta che gli concedeva quei gesti.
Iridi tenebrose fecero capolino dietro la frangia pettinata di lato, un sorriso sbieco ad incontrare il suo visino curioso.

“Lo sai che il mio pene è uno stacanovista, soprattutto nel turno serale, ma in generale, ho tirato ad indovinare”.

“C'era da aspettarselo” rise di cuore lei, picchiando piano la spalla destra, prima di infilarsi sotto il collo della maglia e carezzarla, con movimenti appena percettibili delle dita delicate, capaci di dare immediatamente sollievo ai muscoli. Madara la osservò pensoso, godendosi in silenzio le effusioni affettuose della moglie senza scadere in qualcosa di volgare, e chiedendosi come avesse notato il malore alla schiena con cui era tornato dagli allenamenti.

Non le sfuggiva davvero nulla.

Tranne tenere le dita arpionate ai glutei sodi e tondi. Neanche i pantaloni erano riusciti a tenerlo lontano da ciò che gli apparteneva di diritto, dal matrimonio, o forse anche prima.

Lei però sorrise, socchiudendo gli occhi ed appoggiandosi contro la sua guancia si godette i maneggiamenti, che in quel momento era ciò di più vicino a delle vere e proprie coccole.

“Devi partire presto?” chiese all'improvviso, spostando una ciocca di capelli foschi lontani dal viso. Lui reclinò il capo contro il poggiatesta, sospirando profondamente.

“Per le vacanze siamo a posto, è l'anno prossimo che...”.

“Non ci sarai”.

Per un attimo, l'unico rumore nella stanza fu la stufa a pellet scoppiettare vivace. Perfino le sue dita callose si arrestarono, in evidente tensione. Fu Madara il primo a ricercare lo sguardo della giovane moglie, stringendole la vita con forza, per rassicurarla.

“Posso sempre farmi sostitu...”.

Lei però scosse il capo, sorridendo paziente.

“Non è un'accusa, solo una constatazione. Posso farcela anche da sola”.

Era così chiaro quanto gli dispiacesse non garantirle di esserci, il giorno del parto. Lo conosceva abbastanza per dire con certezza che stava combattendo contro se stesso e prendere la decisione più giusta per entrambi, per la nuova vita che portava metà del suo corredo genetico in grembo.

Seppur da parte di uno stronzo patentato fosse davvero difficile ammetterlo, e quasi divertente da osservare, se non fosse stata una tematica importante per entrambi.

Era della loro famiglia che si discuteva, dopotutto.

Le labbra sottili si fecero più pallide, il dubbio evidente sul suo viso cinereo mentre scandagliava con la mente ogni soluzione; alla fine fu lei a trovare il modo migliore di rincuorarlo, posando il palmo appena tiepido sulla guancia.

“Io starò bene comunque, devo solo star lì, ore, e farlo nascere, sarà una noia mortale. Non ti perderai niente, quindi sta tranquillo. Almeno tu ti divertirai a tirar calci e pugni alla gente nel frattempo. Come minimo devi vincerla quella partita, per l'onore degli Uchiha, o sennò mi senti!”.

“Sakura”.

La fermezza nel modo con cui la chiamò, col suo vero nome invece di nomignoli, la destabilizzò un poco nell'animo, ma continuò comunque.

Tutto pur di non farlo sentire peggio, sciogliere la rigidità della sua schiena solitamente dritta e capace di regger tutto, e sollevarlo da quel senso di inadeguatezza che sentiva risuonare nel suo petto.

Per una volta, la sua spiccata empatia l'avrebbe aiutata con Madara.

“E poi fiiiinalmente potrò tornare a lavorare! Mi manca la palestra, so che Hinata se la cava benissimo, ma... È una cosa di cui ho nostalgia, in questi giorni uggiosi” sospirò serena lei, appoggiando il mento contro la spalla spaziosa, osservando lente gocce di piovischio scivolare lungo il vetro della finestra. Nell'individuare lo sguardo stranito di lui, rispose con un sorriso dolce.

“Proprio perché so che è una parte importante della tua vita, non voglio che ti manchi, o ti guardi indietro e realizzare a distanza di anni che era meglio far altrimenti”.

Rughe profonde si disegnarono sulla fronte del marito.

“Tu e Lucifero siete importanti” abbaiò quasi a disagio, puntando gli occhi decisi verso la sua forma ridacchiante “Se magari non mi prendi in giro”.

“Scusa, è solo che, eheh” si posò una mano sulla bocca, provando a bloccare l'ilarità che stava dando sui nervi al compagno burbero “Non ne abbiamo mai parlato effettivamente, e sarebbe quasi ora”.

“Di quanto tu sia insopportabile specialmente da incinta? Troppe volte” mormorò, stendendo la schiena all'indietro ed allargare le braccia contro il divano. Sakura gli diede un pugno contro il petto.

“Di Yorushi, bestia”.

Per un attimo rimase lì a guardarla, manco avesse bestemmiato in una lingua straniera.

Sakura alzò gli occhi al cielo, e prendendogli la mano, la posò sul pancione.

“Yorushi, Yoru, o se vogliamo far i trasgressivi anche Noctis è un bel nome” senza cavar risposta, la donna sbuffò con forza, sbraitando “Il frutto del tuo sangue demoniaco, imbecille!”.

“Non è il mio sangue ad aver contribuito alla creazione di una razza superiore, penso lo ricordi ancora bene, Strawberry” mormorò con fare provocante, piegando indietro le labbra per lasciar intravedere i denti brillanti, così vicini al suo orecchio “E poi lo sai che quando mi chiami con rudezza, penso solo a delle por...”.

Schivò appena un pizzicotto al fianco, ridendo rude in faccia alla moglie.

“Insomma, in breve non ho voce in capitolo sul nome del coso?”.

“Sempre meglio dell'ultima tua opzione proposta! Madara Jr. è orripilante” bofonchiò lei, fingendosi offesa dalla sua aria strafottente.

“Bah, bubbole” aggiunse lui, appoggiando meglio il palmo contro la pancia “Però magari evitiamo di infrangere il copyright. Di Madara ce n'è uno solo”.

“E meno male, con l'ego smisurato che ti ritrovi, Scrouge, mi stupisco che ci sia posto per altri su questo pianeta”.

Lui tossì una bassa risata, avvicinando il viso a quello della moglie, che aveva tanto insistito nel farsi una cultura di cartoni animati, con il bebè in arrivo. Lei ci teneva a crescer bene il figlio, e non farlo diventare come il padre orco.

“Buona questa” mormorò, solleticando le labbra gelide. Sakura sogghignò, facendosi strada tra la foresta dei suoi capelli per appoggiarla sulla sua.

“Vuoi sentirne una ancora migliore?”.

“Spara, intanto mi do al maneggio” aggiunse, stringendo con l'altra mano il gluteo. Quando e come fosse tornata lì, era sconosciuto ai più.

Lei singultò sonoramente, era bollente rispetto alla temperatura della sua pelle, ma poi sorrise.

“Sai perché vorrei chiamarlo così, a parte che si, quando l'abbiamo concepito, era notte?”.

“Non la finivi di chiedere di più, di più, più forte... Quando le doghe del letto hanno ceduto hanno fatto un casino inaudito, ma di certo non ti ha distratto dal montarmi selvaggiamente, né riuscito a farti star zitta un attimo quella sera. I vicini hanno addirittura chiamato la polizia, ed anche loro non hanno avuto il coraggio di suonare, per quanto gemevi languidamente”.

“MADARA!” gridò scandalizzata lei, schiaffeggiando via le dita prima che potessero andare oltre. Era già tanto ricordare come era venuto al mondo il piccolo, abbastanza da farle andare in fiamme le guance, e lui scalciare incattivito nella pancia.

Era un tasto dolente per entrambi.

Non appena si riprese, massaggiandosi la pelle livida, rincontrò il viso complice del marito, la luce passionale nei suoi occhi ancora lì, dopo anni di conoscenza e convivenza.

Era stata sicuramente un toccasana, con la rapida crescita del pancione e le situazioni nuove in cui si era ritrovata, sapere che, senza bisogno di parole, lui la voleva ancora, più di quando l'aveva incontrata.

Forse più di quanto la ginecologa fosse a suo agio consigliarle, visto che la data della nascita si avvicinava. Il veto era stato motivo di tristezza per entrambi.

Ovviamente le voleva anche bene, quando l'amministrazione del sistema nervoso passava di rado al cervello, e non al suo pene.

“Da rifare” commentò quasi rapito dall'emozione genuina fiorita in viso a sua moglie, ridendo roco si fece strada con le dita per scoprirglielo e mordicchiare la punta del naso rosso “Ma ora fammi sentire questa battutona, prima che ti offendi per non avertela fatta dire”.

“Ok, senti qui” disse lei, saltellando sulle sue gambe “Perché mi picchia così tanto forte che mi sta facendo diventare nera”.

Occhi lucenti di entusiasmo e divertimento non trovarono gli stessi sentimenti nel marito, che reprimette uno sbadiglio per miracolo.

“Con le mani ci sai fare, Zuccherino, ma lascia perdere la carriera di comico, fai ridere i polli”.

“Mamma mia, che maritino esortante che ho... Yato [1] infatti una bella risata se la sarebbe fatta” si lamentò lei, gonfiando le guance rosse “Ma il nome mi piace, e l'ho dovuto portare con me per tutto questo tempo, quindi si chiamerà così!”.

Madara ciondolò il capo contro il divano. Non aveva senso opporsi, contro la sua determinazione, non se, per la piccola vittoria avuta, lei non saltellò contenta addosso a lui, e buttarsi al collo con gioia e riempirlo di baci in ogni dove.

Aveva rischiato per un soffio di perdere la possibilità di aver altri figli con lei, col ginocchio appuntato pericolosamente contro i suoi genitali, ma si concesse un sorriso sofferente contro la sua maglia, larga e morbida.

Adorava come da qualche mese a quella parte ci vivesse dentro, e la vedesse brancolare testardamente per casa a far faccende qua e là, seguita dalla coda a cono.

“Non vedo l'ora di condividere la felicità che mi hai regalato con questo piccolo maestro delle arti marziali! Non te lo dico abbastanza, ma ti amo davvero, davvero tanto” sussurrò commossa lei, affondando il viso tra i suoi capelli appena umidi, dall'odore di abete silvestre.

Preda dell'ennesimo sbalzo di umore, che fece sospirare profondamente l'uomo, col mezzo sorriso sulle labbra pallide.

Mani piene di calli la abbracciarono col calore che né la stufa, né i tanti strati di vestiti premaman le avevano potuto dare, facendola sentire più in forze e felice, nonostante il prossimo mese sarebbe stato difficile.

Baci passionali avrebbero scacciato la tristezza che sarebbe arrivata, la sua presenza dato coraggio e spinta per stringere i denti fino all'ultimo.

“Parli davvero troppo, Sakura” mormorò impercettibilmente sulla bocca color pesca, mentre le loro mani tornavano inconsciamente ad intrecciarsi sul pancione mentre il piccolo scalciava come un cavallo imbizzarrito “Questo qui ti ha rimbambito di botte, come hai fatto con me quando ci siamo conosciuti”.

“Ti ho conciato a dovere” sussurrò lei, appoggiandosi meglio contro la sua maglia poco natalizia, ma comoda, mentre lui appuntava le labbra tra i capelli rosa e soffici.

“Fin troppo, moglie degenere, se sei riuscita a convincermi a passar la Vigilia assieme all'asilo nido che mi ritrovo per squadra e la coppia di ninfomani con la passione per il pollice verde”.

Sakura scoppiò a ridere di cuore contro la sua mascella tesa al solo ricordo di quel che avrebbero passato quella sera, ed uggiolò nel sentirlo pizzicare il fianco morbido per vendetta.

Madara sarebbe stato accanto a lei finché possibile.

E non poteva chiedere davvero niente di meglio, a Natale.

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[1]: in un headcanon al limite dell'incredibile, Elisa ed io abbiamo deciso all'unanimità di rendere Yato, di Noragami, uno dei fratelli perduti di Madara. Oltre ad Izuna ne aveva tre, e noi ci divertiamo così. Il nomignolo affibbiato dai cari fratelli maggiori è “pollo”, ergo la battuta che, comunque, non fa ridere nessuno.

  
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