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Autore: Echocide    24/12/2017    1 recensioni
Tikki è condannata a un'esistenza immortale e susseguita di morti: è una sirena e il suo unico scopo è dare in pasto delle vite umane al Mare, suo Genitore e Sposo. Ma dopo l'ennesima morte, nel piccolo villaggio in cui si ferma, incontra qualcuno...
Plagg odia il mare che gli ha portato via la sua famiglia e odia anche la nuova arrivata, che odora di salsedine, ma allo stesso tempo non può stargli lontano...
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Plagg, Tikki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: La sirena
Personaggi: Tikki, Plagg, Altri
Genere: mistero, sovrannaturale, romantico
Rating: G
Avvertimenti: Alternative Universe, longfic, Original Characters
Wordcount: 1.950 (Fidipù)
Note: E finalmente ecco qua il tanto atteso (?) capitolo de La sirena e, sinceramente, non ho molto da dire stavolta, quindi passo subito alle classiche informazioni: vi ricordo la pagina facebook per rimanere sempre aggiornati e ricevere piccole anteprime dei capitoli o dei miei scleri e il gruppo Two Miraculous Writers, aperto e gestito con kiaretta_scrittrice92.
Come sempre ci tengo a ringraziarvi tutti quanti per il supporto che mi date: grazie a tutti voi che mi leggete, commentate e inserite questa storia (e le altre) nelle vostre liste.
Grazie tantissimo!

 

Che cosa aveva fatto?
La domanda sembrava ripetersi all’infinito nella sua testa, mentre osservava Marie: il capo della donna era reclinato verso sinistra, le labbra leggermente aperte e lo sguardo aveva perso ogni barlume.
Non c’era più niente in Marie, nulla se non il desiderio di raggiungere le acque del Padre e morire nel suo abbraccio.
La sua voce aveva annientato ogni cosa, riducendo la donna a un guscio vuoto.
La guardò mentre alzava lentamente la testa e si voltava verso il mare, il cui sciabordare placido sembrava attirarla: «Oh no» mormorò Tikki, osservando Marie girare su se stessa e avviarsi la scalinata che conduceva alla spiaggia: «No, no, no, no» continuò a bisbigliare seguendola e afferrandola per una mano, cercando di trattenerla sul posto.
Marie la ignorava, tentando di avanzare e avvicinarsi, un passo dopo l’altro, all’acqua che l’attendeva: non aveva la forza per fermare quel cieco bisogno di uccidersi, sapeva benissimo quanto coloro che avevano ascoltato la sua voce fossero determinati a morire.
La lasciò andare, abbandonando le mani lungo i fianchi e osservando la donna continuare la sua lenta marcia: Marie non aveva fretta, camminava tranquilla e con la testa alta, dirigendosi fiduciosa verso il Padre.
Avrebbe ucciso anche lei come aveva fatto con il genitore, diventando l’assassina che Marie aveva sempre dichiarato che era.
Non c’era stato nessun obbligo stavolta, non c’era stato nulla se non la sua sconsideratezza nel lasciare uscire la sua voce.
Strinse le labbra, correndo in avanti e afferrando nuovamente Marie per un braccio e strattonandola con tutta la forza che disponeva: puntellò i piedi nella sabbia, tirandola e trattenendola sul posto, nonostante avvertisse la donna usare tutta la propria energia per liberarsi e continuare: «Non ti lascerò andare» dichiarò, trattenendola nuovamente e sentendo l’equilibrio mancarle.
Cozzò contro la sabbia, storcendo le labbra alla fitta di dolore che le si irradiò dal fianco e avvertì il peso di Marie sopra di lei, mentre la donna si muoveva e si contorceva per rialzarsi e continuare la sua marcia funeraria: Tikki strinse la presa attorno al polso, cercando di impedirle di andare e facendo lavorare velocemente la testa.
Cosa poteva fare?
Non poteva trattenerla per sempre.
Come poteva…
Un attimo di distrazione le costò la fatica fatta, permettendo a Marie di liberarsi e correre verso le acque che l’attendevano, mentre Tikki si rialzava appena e la fissava a bocca aperta mentre affondava i piedi nella battigia: Marie rimase immobile e lei ne approfittò per raggiungerla in fretta, correndo con difficoltà sulla sabbia fine e raggiungendola, fermandosi al suo fianco e sentendo l’acqua avvilupparsi attorno alle scarpe.
Il Padre non capiva, lo poteva immaginare benissimo anche senza bisogno del contatto diretto con lui ma era anche certa che non avrebbe rifiutato quell’offerta inattesa.
Marie si mosse improvvisa, avanzando di un passo verso l’acqua e subito un altro, avviandosi incontro alla morte: «No, no» mormorò Tikki, seguendola e sentendo il proprio corpo entrare in contatto con il Padre: distrattamente avvertì il rumore della stoffa dei pantaloni che si rompeva, incapaci di contenere la sua coda e avvertì la trasformazione delle proprie gambe.
Tikki?
La voce del Padre risuonò forte nella sua testa: aveva solamente detto il suo nome ma quella semplice parola racchiudeva in sé tante domande: «Ti prego, lasciala. Io ho…» Tikki si fermò, guardando la distesa d’acqua e la donna che avanzava sempre di più: «Io ho parlato per sbaglio e lei…»
Lei mi appartiene adesso.
E’ mia.

«No, non è tua.»
Perché comunichi con me così, Tikki? Perché usi il linguaggio degli umani?
«Io…Ti prego, lasciala andare.»
No.
«Ti prego.»
Tu hai parlato e lei ha ascoltato, sai molto bene cosa ciò comporta.
«Ma non volevo e tu non hai richiesto ancora un tributo. Lasciala, ti prego.»
Lei mi appartiene e sarà ciò che mi placherà fino al prossimo tributo. Perché dovrei lasciarla andare? Perché me lo chiedi tu, Tikki? Tu che mi hai lasciato per camminare sulla terra? Perché dovrei ascoltarti?
Aprì la bocca, incapace di far uscire altre parole e rimase a fissare Marie continuare la sua lenta discesa nell’acqua: presto sarebbe stata completamente sommersa, non avrebbe più avuto ossigeno e sarebbe affogata. Poteva salvarla.
Doveva salvarla in qualche modo.
Osservò la testa della donna scomparire fra i flutti dell’acqua e si tuffò, recuperandola subito: le passò un braccio sotto le spalle e la tirò su, avvertendo il Padre ghermirle la coda e trascinarla verso il mare aperto e il basso; storse la bocca, cercando di resistere a quella presa ma Marie le scivolò fra le dita e sprofondò nell’acqua; allungò una mano, cercando di recuperarla ma il Padre la trascinò lontana da lei: «Tu non puoi…» bisbigliò, respirando a piene boccate e rendendosi conto che Marie era morta.
Non c’era salvezza per la donna.
Suo Padre l’aveva trascinata lontana da lei e l’avrebbe lasciata cadere verso il suo fondale.
Marie era…
Era…
Perché non posso?
«Io non ho cantato, non ho parlato volontariamente.»
Il Mare le si avviluppò attorno al corpo, come un lungo tentacolo che la teneva prigioniera: Mi hai abbandonato e sei tornata per impedirmi di reclamare ciò che mio. Vedo tante cose nella tua mente, Tikki. Tu cosa stai cercando di fare?
Io non lo so, Tikki non provò nemmeno a usare la propria voce, riadattandosi subito a quel mondo fatto di silenzio e lasciando che il Padre penetrasse ogni sua difesa e guardasse in ogni suo ricordo: cosa serviva nascondere tutto adesso?
Come sarebbe potuta tornare indietro, adesso che un’altra vita macchiava le sue mani?
Lui…
Non ti lascerò tornare indietro.
Quella fra se la mise in allerta e subito l’istinto la fece fuggire dalla stretta del Padre e nuotare veloce verso la riva: arrivò sulla battigia, strisciando nella melma creata da sabbia e acqua e sentendo quest’ultima trattenerla lì, impedendole di raggiungere la sabbia asciutta e sfuggire così alla presa del genitore.
Non poteva muoversi.
Non poteva andarsene.
Sbatté con forza la coda contro il bagnasciuga, avvertendo la melmosa presa della sabbia e del Padre e sapendo benissimo che non avrebbe mai allentato la presa con cui la stava trattenendo lì: non era più libera, non le era più possibile tornare alla sua forma umana.
Strinse le labbra, affondando le dita nella sabbia asciutta e osservando la strada distante, ben sapendo che la sua borsa era abbandonata lì, a terra, e con essa anche il blocco con la quale era solita comunicare.
Sorrise senza allegria, mentre l’acqua la trascinava con lentezza dentro di sé: avrebbe voluto dire addio, avrebbe voluto scrivere qualcosa per spiegare il motivo della sua scomparsa, avrebbe voluto buttare giù qualche parola per Plagg e spiegargli perché aveva dovuto abbandonare il suo fianco e, invece, se ne andava senza niente.
Chiuse gli occhi, non facendo resistenza alla forza del Padre e lasciando che la riportasse dentro di sé, lasciando che la sua mente rievocasse tutti i momenti che aveva vissuto in quel luogo, tutte le persone che l’avevano toccata e amata: Plagg, i Dupain-Cheng, Marinette, Alya, Adrien…
Tutti apparivano e scomparivano, mentre lei non poteva dire o scrivere nulla.
Non una parola, non una lettera.
Niente di niente.
Se ne andava silenziosa, esattamente come lo era stata per tutto il tempo che era vissuta.

 

Plagg sbadigliò, massaggiandosi la nuca e infilando la chiave nella toppa della porta con la mano libera, aprendo l’uscio ed entrando nella casa completamente al buio: un fatto strano, considerato che Tikki era già ritornata a quell’ora ma, forse, era stata trattenuta da Trixx.
Tikki gli diceva sempre – o, per meglio dire, scriveva – che era entrata nelle grazie della commessa dai capelli aranciati e molto spesso la invitava a uscire.
Forse era un giorno di quelli.
Anche se gli pareva strano, visto che Tikki cercava sempre e comunque di rientrare a casa prima di lui.
Storse la bocca, avvertendo il corpo che quasi lo pregava di dargli un po’ di pace e gettarsi in doccia o, ancor meglio, a letto: quel giorno era stato massacrante e aveva aspettato con impazienza il momento di tornare a casa da lei.
Gettò lo zaino vicino al divano, afferrando i lembi della maglia e iniziando a tirarla su, optando per una doccia veloce e poi una sana spaparanzata nel letto ma il lieve bussare alla porta lo bloccò, facendolo voltare verso l’uscio di casa: possibile che Tikki avesse dimenticato le chiavi di casa?
Lasciò perdere la maglia, avvicinandosi alla porta e posando la mano sulla maglia: «Ehi, rossa, sei arrivata…» iniziò, spalancando l’uscio e bloccandosi alla vista di Tom e Sabine: «Che succede?» domandò, osservando le facce dei due e avvertendo una sensazione allo stomaco: entrambi avevano uno sguardo preoccupato e la mano di Tom era posato sulla spalla di Sabine, stringendola con fare rassicurante, un gesto che Plagg aveva visto fare molto spesso all’uomo quando la moglie era in preda all’ansia.
«Tikki non si è presentata oggi.»
«Che cosa?»
«Plagg, tu sai dov’è?»
«Doveva venire in negozio e poi…boh, fare quello che fa sempre lei.»
Tom negò con la testa, lasciando andare un respiro e guardandosi attorno: «Non è mai arrivata. L’abbiamo aspettata tutto il giorno, poi Marinette è tornata da scuola con Alya e Adrien e…» si fermò, passandosi la lingua sulle labbra: «Sono andati a cercarla ma…»
Quella tipa…
Dove cavolo era andata?
Plagg strinse la mascella, superando i due e lasciandoli lì sull’uscio di casa, iniziando a correre e dirigersi verso il cancello della villa: non poteva essere andata tanto lontano, no? Sicuramente si era persa da qualche parte e non sapeva come tornare.
Doveva essere così.
Tikki non poteva essersene andata.
Non doveva.
Lei stava con lui.
Corse lungo la strada che faceva sempre e costeggiava la spiaggia, mantenendo un’andatura costante che non gli costasse fin troppa fatica e si guardò attorno, cercando qualcosa: un oggetto, un segno, un qualsiasi cosa che gli permettesse di capire dove la rossa fosse andata.
Ignorò con forza il ricordo di lei, di quando l’aveva conosciuta, e di come aveva cercato di liberarsi di lui per fuggire via.
No, quello non era qualcosa che Tikki avrebbe fatto adesso.
Ora avevano una vita assieme, aveva una vita lì.
Rallentò, osservando due figure chine per strada a pochi metri di distanza e storse la bocca quando riconobbe la capigliatura dorata di Adrien: «Ohi» mormorò, avvicinandosi e attirando l’attenzione del ragazzo e della sua compagna: Marinette teneva stretta al petto un qualcosa e la luce del lampione non gli permetteva di capire esattamente cosa fosse: «Ma che…»
«Questa è di Tikki» dichiarò la ragazzina, alzando appena la borsa di stoffa che Tikki aveva quella mattina, Plagg ricordava perfettamente quando l’aveva osservata infilarci dentro la scorta di bloc notes e penne, di come l’aveva presa sul fatto che aveva intenzione di chiacchierare parecchio quel giorno e della faccia imbronciata di lei: «Lei…»
«Dov’era?»
«L’abbiamo trovata qui» rispose Adrien, allargando le braccia e facendo spaziare lo sguardo sulla zona: «Però…»
«Lei…» la voce di Marinette s’incrinò e la ragazzina strinse le palpebre, scuotendo il capo e voltandosi di lato: in un altro momento Plagg avrebbe preso in giro Adrien per la velocità con cui si era subito avvicinato e posato una mano sulla spalla, in un altro momento avrebbe annotato mentalmente ogni cosa per riportarla a Tikki e vederla gioire alla possibilità di una storia fra i due.
In un altro momento lui non si sarebbe dovuto preoccupare di sapere dove lei fosse andata.
«Io la troverò» dichiarò, trovandosi stranamente calmo di fronte a quello che stava succedendo alla sua vita: un’altra persona importante era sparita, aveva lasciato un vuoto, eppure lui stava affrontando il tutto con una calma quasi esasperante.
Non era da lui comportarsi così.
Non era da lui reagire così.
«Io la troverò.»

 

   
 
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