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Autore: EffyLou    24/12/2017    1 recensioni
ATTENZIONE: storia interrotta. La nuova versione, riscritta e corretta, si intitola Stella d'Oriente.
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Ha venti anni quando incontra per la prima volta quegli occhi, lo sguardo fiero del re di Macedonia, il condottiero che non perdona; ha venti anni quando lo sposa, simboleggiando un ponte di collegamento tra la cultura greca e quella persiana. Fin da subito non sembra uno splendente inizio, e con il tempo sarà sempre peggio: il suo destino è subire, assistere allo scorrere degli eventi senza alcun controllo sulla propria vita, e proseguire lungo lo sventurato cammino ombreggiato da violenza, prigionia e morte.
Una fanciulla appena adolescente, forgiata da guerre e complotti, dalla gelosia, dal rapporto turbolento e passionale col marito. Una vita drammatica e incredibile costantemente illuminata da una luce violenta, al fianco della figura più straordinaria che l'umanità abbia mai conosciuto.
Rossane, la moglie di Alessandro il Grande. Il fiore di Persia.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Memorie Antiche'
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۱۸ . Heezh-dah

 
 
Eumene di Cardia prese il posto del re per gli affari burocratici, in quel periodo, mentre il resto dei Diadochi si riunivano per le restanti questioni.
Filippo, Rossane, Efestione e Brahmin non lasciavano mai la tenda del re, nemmeno per dormire.
I soldati erano stati tenuti all’oscuro di tutto: si vociferava che Alessandro fosse morto, e come confermare questa tesi vedevano i generali radunarsi sempre nella sua tenda, qualcuno vide persino Eumene usare il sigillo reale sulle missive. Credendolo morto, per vendicarlo rasero al suolo le cittadelle e trucidarono tutti i Malli, non importava se uomini, donne, bambini o disabili. Non ebbero pietà di nessuno.
Bagoa ed Almas assistevano in silenzio alla muta disperazione di Rossane. Non mangiava, non dormiva, restava a guardare Alessandro con occhi persi. Come se stesse ricordando tutti i momenti trascorsi con lui, sia belli che brutti, e come se si stesse aggrappando alla speranza di vedergli aprire gli occhi da un momento all’altro.
Efestione restava vicino a lei, uniti più che mai dal medesimo affetto per la medesima persona. Nemmeno lui staccava gli occhi dal volto pallido del re. Aveva molte più cose da ricordare e a cui aggrapparsi: l’infanzia a Pella, a Mieza, le battaglie, le promesse, i sogni condivisi.
Anche Bagoa si perdeva in ricordi. Da quando Nabarzane l’aveva donato al conquistatore macedone, ai primi timidi contatti sempre più infiammati con il passare delle notti.
E Almas, che non era mai stata toccata da quel re, ricordava quando si inchinò la prima volta di fronte lui. Era stato gentile con lei, le aveva fatto molte domande sulla sua arte e la sua antica religione. Ricordava quella notte: non l’aveva toccata, avevano parlato ininterrottamente.
Dopo quasi un mese di tensione, di quel limbo di incertezza tra la vita e la morte, il miracolo accadde. Alessandro aprì gli occhi, faticosamente.
Bagoa scosse Filippo, che si era assopito in un angolo, e subito scattò in piedi accorrendo al capezzale del sovrano. «Mio re, come stai?»
«Come uno che si è preso un palmo di lama tra le costole» grugnì, la voce impastata e roca.
Rossane gli fece una carezza sul volto, con un sorriso sollevato e sereno sul viso segnato dalla stanchezza. Alessandro alzò gli occhi su di lei, un’ombra di sorriso gli increspò le labbra, e posò una mano sulla sua. «Sei salva»
Lei gli accarezzò le labbra con la punta delle dita come a volerlo zittire dolcemente. «Sssh, non sforzarti»
Filippo si voltò verso Almas: «Preparagli del brodo di carne, deve rimettersi in forze al più presto» e lei obbedì.
Efestione si avvicinò al capezzale, strinse la mano dell’amico con un sorriso commosso. «Lo sapevo che nessuna lama potrà mai farti fuori, sei un leone»
Alessandro sorrise sollevato nel vedere che stava bene anche lui. «Gli altri?»
«Tutti bene. Dovrai stare più attento, hai sfidato la fortuna troppo a lungo»
«Thanatos dovrà aspettare ancora un po’».
Filippo mollò uno scappellotto sulla nuca di Efestione, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di quest’ultimo. «Non farlo affaticare, disgraziato».
Almas tornò con una ciotola di brodo di carne fumante, e vi inzuppò un panno da far succhiare al re, in modo che potesse nutrirsi senza affaticarsi.
 
 
Per un altro lungo mese Alessandro restò in quel limbo tra la vita e la morte, ogni sforzo per farlo tornare in forze sembrava vano ed effimero. Filippo, nonostante i momenti di sconforto, non demorse mai: continuava senza sosta a medicarlo, drenare la ferita, e nei momenti di lucidità del re impediva a chiunque di farlo sforzare più del dovuto. Tutti i suoi compagni facevano visita regolarmente al sovrano, solo Efestione, Rossane, Brahmin e Filippo restavano costantemente al capezzale.
Rossane sembrava rincuorata, tanto che a volte trovava il coraggio di allontanarsi e prendere un po’ d’aria fresca o cambiarsi d’abito. Anche Efestione, ma rimaneva più restìo ad allontanarsi dal capezzale.
Alessandro riprendeva le forze lentamente. Si faceva leggere i versi dell’Iliade da Efestione, si faceva suonare qualche melodia da Bagoa o da Almas, gli attori del suo seguito improvvisavano scenette per lui, chiedeva a Rossane di ballare per lui.
Il tempo ce trascorreva sveglio cominciava a stabilizzarsi, senza crollare addormentato continuamente.
Presto domandò a Leonnato, Efestione e Perdicca, di far schierare i soldati al tramonto e di preparare un cavallo. I compagni lo aiutarono a montare in sella, non senza prendere precauzioni: decisero di legare il sovrano, in modo da non rischiare di farlo cadere dalla sella. Filippo espresse il suo disappunto, ma li lasciò fare. Comprendeva le azioni del re, ora che si sentiva meglio poteva mostrarsi al suo esercito dissipando ogni chiacchiera.
Al tramonto i soldati vennero schierati e si udì il suono basso e cupo del tamburo che venne utilizzato alla battaglia di Cheronea, molti anni prima. Alessandro chiuse gli occhi per un momento, godendosi quel suono e i ricordi che portava con sé, dopodiché – dritto sulla sella del cavallo – mollò un colpetto con i talloni sui fianchi dell’animale. Il ronzino uscì dalla tenda reale, avanzando tra le fila dell’esercito. I soldati trattennero il respiro, esibendo la solita rigidità militare.
Passò in mezzo ad ogni reparto, e al suo passaggio i generali facevano un passo avanti per porgergli saluto. Alessandro non voleva fare discorsi né chiarire la situazione: i suoi soldati lo credevano figlio di un dio e in quanto tale non poteva di certo restare ferito. Perciò si limitò a sfilare tra le fila con la schiena dritta e il mento sollevato, per far vedere a tutti che era vivo e stava bene, era a cavallo e non sarebbe caduto.
 
Da quel momento la sua salute parve migliorare di giorno in giorno.
Presto riuscì a stare di nuovo in piedi e non assopirsi continuamente, mangiava con moderazione, nel pomeriggio cavalcava oppure si allenava con i generali nella lotta e nel combattimento.
Un giorno lo aveva chiesto a Rossane. Lei aveva guardato la scimitarra che Alessandro le porgeva, aveva aggrottato le sopracciglia e scosso la testa. Forse per il troppo sangue che aveva visto, le battaglie sanguinose a cui aveva assistito. Toccare una spada le provocava quasi un dolore fisico, quasi l’elsa bruciasse.
Alessandro l’aveva guardata interrogativo, ma non aveva insistito. Rossane sembrava quasi essersi spenta, in quel periodo dopo la battaglia a Multan, e aveva notato che si occupava prettamente di passatempi da donne. Leggeva l’Epopea di Gilgamesh come sempre, e altre pergamene, pregava, si esercitava con il greco, danzava con le ancelle.
Alessandro non riusciva più a scorgere nei suoi occhi la scintilla agguerrita che la contraddistingueva, ma nemmeno l’affetto. Spenta.
Rossane aveva deciso di cercare di fare la brava moglie, senza tentare di raggiungere un rapporto paritario che aveva sempre cercato di ottenere. Questo al sovrano faceva piacere, da buon re e macedone, eppure al contempo gli dispiaceva perché l’amava anche per quella sua vena infiammata. Per Alessandro era destabilizzante: aveva desiderato che fosse più mansueta, poi aveva imparato ad amare quel suo lato focoso, e ora lei si era “addomesticata”. Abituato com’era ad una Rossane testarda e impunita, ora che aveva la sua versione docile non sapeva come comportarsi. O meglio, forse lo sapeva, d’altronde Barsine, Pancaspe e le altre concubine erano tranquille; ma la sua regina… non era mai stata così, e non era una concubina o un’amante qualsiasi.

 
* * *
 
 
Erano ripartiti a gennaio, dopo tre mesi fermi.
Nel punto di confluenza tra l’Indo e l’Acesine venne fondata Alessandria di Opiene, e il viaggio proseguì a bordo delle navi. L’ambiente si faceva sempre più desertico man mano che procedevano verso sud poiché il flusso del monsone si faceva sempre più labile fino a divenire nullo.
Ad est dell’Indo si estendeva il deserto di Thar, e a sud la regine del Sindh. C’erano molte popolazioni lungo il fiume: i raja Sambo e Musicano si sottomisero al re macedone, ma presto furono spinti dai Bramani a tradirlo e ribellarsi a lui, scatenando la terribile reazione di Alessandro.
Uccise Musicano, caduto nelle sue mani, e ne assoggettò il popolo; in seguito espugnò le città del suo aiutante, il raja Ossicano, le distrusse e saccheggiò; infine raggiunse il raja Sambo, devastando il suo regno e riducendo in schiavitù i suoi abitanti. I superstiti Bramani lo pregarono di avere pietà e Alessandro si fece consegnare solo i principali responsabili, perdonando gli altri. Sambo, intanto, era scappato con trenta elefanti al di là dell’Indo.
La rapidità di reazione del conquistatore macedone e la sua spietatezza, indussero il raja di Patala ad arrendersi senza resistenza.
Patala si trovava sul delta dell’Indo, in una posizione strategica, e vi arrivavano mercanti e navi da ogni dove. Si raccontava di un’isola nel mare al di là dell’India, chiamata dai greci Taprobane e dai persiani Serendib, da cui venivano beni di ogni genere e fattura.
I mercati di Patala erano colorati, ricchi e vari quasi quanto quelli persiani.
Il governatore della città venne riconfermato con il suo ruolo e il suo unico dovere era provvedere al mantenimento dell’esercito occupante. Tuttavia delegò un segretario e scappò dalla città con una parte della popolazione.
Dopo aver fatto rifornimento ed aver permesso ai soldati di riprendere le forze, ripartirono lungo il corso dell’Indo. Non disponendo di piloti locali, l’ammiraglio Nearco dovette procedere alla cieca e imboccò il ramo destro del delta del fiume. Nonostante l’assistenza a terra con un reparto di fanteria leggera al comando di Leonnato, le difficoltà cominciarono subito. La prima fu una tempesta che distrusse alcune navi e ne fece arenare altre.
Alla fine riuscirono a giungere alla foce.

La navigazione procedette anche durante la notte, Nearco era ben lieto di fare il suo lavoro ora che ne aveva l’opportunità. Quella sera c’era la luna nuova, che i persiani interpretarono come cattivo segno.
Non avevano tutti i torti: vennero sorpresi dalla bassa marea e, con la secca, le navi si incastrarono al fondale melmoso e si rigirarono.
Rossane, udendo le grida terrorizzate e percependo il pericoloso movimento della nave ammiraglia, uscì dalla cabina per raggiungere il ponte. Almas era immobile lì fuori, il naso verso il cielo scuro, la luna tetra che non illuminava nulla mostrava il suo volto più oscuro. La regina si avvicinò all’amica, lei parlò: «Un terribile segno di dio».
Alessandro fece capolino agitato, e venne subito raggiunto da Nearco.
«Cosa sta succedendo?»
L’ammiraglio lanciò un’occhiata alle navi superstiti. «Marea oceanica, siamo vicini alla foce. La secca sta creando non pochi problemi»
«Come risolviamo, allora?»
«Dobbiamo necessariamente attendere l’alta marea e sperare che gli dèi siano dalla nostra».
Alessandro si massaggiò la base del naso e si voltò incrociando i grandi occhi di Rossane, mentre Nearco diede ordine di non lasciare le imbarcazioni per nessun motivo.
Il re si avvicinò a sua moglie, le fece una carezza sul braccio. Lei era turbata da quella situazione, ma non era la sola: in quella notte di luna nuova aumentava l’oscurità portando con sé panico e confusione. Moltissimi marinai erano terrorizzati dal fenomeno e conoscevano le dicerie in merito, pertanto cercano di fuggire per mettersi in salvo.
E mentre Rossane si abbracciava ad Alessandro cercando conforto, le grida disperate di chi cercava di fuggire ma veniva inghiottito dal fango risuonarono nell’aria, rendendola satura di terrore. La regina rabbrividì e lui la strinse ancora un po’. Non aveva paura se c’era lui.
Almas pregava senza proferir parola, muovendo solo le labbra, sul bordo del pontile. Rossane non sapeva quali divinità stesse pregando: se il persiano Ahura Mazda, o il fenicio Baal. Forse entrambi, pregna com’era di spiritualità.
Per tutta la notte risuonarono quelle grida di angoscia e terrore, nessuno dormì e tutti restarono sui pontili delle navi, come in silente attesa.
Con l’arrivo dell’alba, la marea s’innalzò e anche in quell’occasione non fu piacevole poiché la barra di marea distrusse parecchi navigli.
Il giorno seguente furono costretti a fermarsi nell’isola deltizia di Ciluta per riparare il riparabile.
Il re compì solenni sacrifici agli dèi e innalzò un altare per Teti e l’Oceano, infine proclamò di aver raggiunto il termine della spedizione in India. Restava da affrontare solo il viaggio di ritorno.








Allora, è stato un parto.
Ho avuto un blocco terribile per questa storia, il capitolo 17 era stato scritto per metà ma non riuscivo più a continuarlo. 
Poi la voglia un po' è tornata e ne ho approfittato. Abbozzai i capitoli su carta, ma puntualmente dimenticavo di trascriverli sul pc. Quando finalmente li trascrissi, dovetti comunque aggiustare, aggiungere qualche elemento, etc. 
Comunque alla fine ce l'ho fatta, ed ecco qui i capitoli. Uno dietro all'altro hahaha!
Come notate sono qualitativamente parlando un po' inferiori a quelli che ho postato finora, devo riprendere il ritmo e immedesimarmi di nuovo nel contesto.

Ad ogni modo, questo capitolo è molto generico e introduce la scissione dell'esercito che avverrà nel prossimo capitolo. Una parte è già stata affidata a Cratero, per attraversare l'Arachosia, ora si dividerà tra Nearco e Alessandro. 
Spero di non farvi aspettare secoli anche per il dicianovesimo capitolo hahah che tristezza i blocchi dello scrittore.

Voglio condividere con voi un piccolo grande traguardo: su WATTPAD sto partecipando ad un concorso - il mio primo, tra l'altro - con Rossane e un'altra storia (ambientata nel Terzo Reich). Entrambe sono passate alla prima scrematura e ora siamo alla fase delle votazioni. Se qualcuno di voi ha Wattpad, se credete che Rossane meriti, e se qualcuno vuole supportarmi e votare a favore, fatemelo sapere con un mp! Chiaramente non voglio costringere nessuno, né elemosinare niente a qualcuno, semplicemente volevo farvelo sapere.

Con questo vi auguro il buon Natale e buon Capodanno, e tante gioie per voi ♥
Alla prossima! ♥
   
 
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