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Autore: Ode To Joy    28/12/2017    4 recensioni
ABBANDONATA
[Lotor x Lance]
Post-S3
”I tuoi occhi sono blu…”
Lance avvertì una nota sorpresa nella sua voce. Sorrise.
“Adesso, però, devi dirmi di che colore sono i tuoi.”

Dopo una battaglia finita male, Lance si ritrova solo ed incapace di vedere a causa di un danno irreversibile subito agli occhi.
"Mi permetterai di vedere il tuo viso, prima che tutto questo finisca?"
Viene salvato e fatto prigioniero da un giovane generale Galra senza nome che ha tutte le intenzioni di sfruttare il Paladino a suo vantaggio.
"Hai già visto molto più di quello che avresti dovuto, Paladino Blu."
Ma ogni strategia ha i suoi punti deboli.
[Questa storia partecipa al contest “Humans +” a cura di Fanwriter.it!]
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, McClain Lance
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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XIII
Sognatore




Lotor lo guardava con la coda dell’occhio ma Lance fissò la parete dell’ascensore per tutto il tempo. “Lascia parlare me,” disse il Principe. “Fingiti impaurito e tremante. Deludi le loro aspettative e non ti rivolgeranno la paura.”

Sono impaurito e tremante,” disse Lance freddamente. “Non devo fingere nulla.”

Lotor osservò il suo profilo con interesse. “Io vedo ira, non paura. Liberati immediatamente quell’espressione arrogante dal viso.”

Lance si voltò a guardarlo. “Scusami tanto ma non riesco a controllare le emozioni come se avessero un interruttore!” Sbottò.

Il Principe gli afferrò il braccio con poca gentilezza. “Non urlare,” ordinò, quasi sibilò. “Non attaccarmi in loro presenza. Non fare nulla che possa renderti una minaccia ai loro occhi.”

“Minaccia?” Domandò Lance sarcastico. “Sono da solo a bordo della Nave Madre dell’Impero Galra ed il mio unico alleato è l’erede al trono! Mi dovrei impegnare parecchio per rappresentare una minaccia!”

Il Principe affondò le unghie nel suo braccio e Lance strinse le labbra per non mostrare che gli stava facendo male.

“Sottovaluti il tuo ruolo in questa guerra, Lance,” disse Lotor. “Sei il pilota del Red Lion e guarderai in faccia il primo Paladino Nero. Sai chi era il tuo predecessore?”

“Sì, Alfor.”

Lotor annuì. “Allora sei in grado d’immaginare le aspettative che crei,” disse e lo lasciò andare.

Lance storse la bocca in una smorfia sarcastica. “Tu erede di Zarkon. Io erede di Alfor. Siamo una coppia vincente, Lotor!”

Il Principe alzò gli occhi al cielo e non replicò. “Ricordati di restare in silenzio,” disse.

Le porte dell’ascensore si aprirono su di un corridoio uguale a tutti quelli che Lance aveva visto da quando aveva ripreso conoscenza sulla Nave Madre. Sospirò: i Galra erano così noiosi. Lotor gli fece strada e Lance lo seguì senza fare domande. L’assenza di guardie lo confondeva ma, dopotutto, c’era voluto Voltron per mettere al tappeto Zarkon e nemmeno in modo permanente. Un mostro del genere non aveva bisogno di essere protetto, solo annientato. Portò gli occhi blu sulla schiena di Lotor. sui lunghi capelli che la ricoprivano. A Lance sarebbe tanto piaciuto sapere cosa gli passava davvero per la testa.

In fondo al corridoio, vi era un portone enorme, uno di quelli che Lance si sarebbe aspettato di trovare in un palazzo reale. Era inquietante.

Per osservarlo, Lance non si accorse che il Principe si era fermato e gli andò contro. Fece immediatamente un passo indietro.

Lotor gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla ma non disse nulla.

Il portone si aprì da solo. Lance strinse i pugni e trattenne il respiro: stava per presentarsi al cospetto di Zarkon e non era certo di essere pronto per una simile prova.

Era troppo tardi per tornare indietro.

Non appena il trono comparve davanti ai suoi occhi, Lotor smise di porre attenzione a Lance. Non aveva bisogno di avvicinarsi per vedere che suo padre era tornato ad occupare il suo posto e che quella maledetta strega era al suo fianco, come sempre.

Camminò con la certezza che il Paladino avrebbe seguito ogni suo passo. Se Lance era davvero spaventato come aveva detto, sperò che lo mostrasse e che agli occhi di suo padre apparisse debole, indifeso ed inutile.

Ad una considerevole distanza dal trono, Lotor appoggiò un ginocchio a terra. “Mio signore,” disse con l’espressione più umile che riuscì a simulare. “Porto al vostro cospetto il Paldino del Red Lion come prova della mia lealtà verso di voi e l’Impero. Qualunque mio atto sconsiderato contro i vostri Comandanti non è stato altro che la conseguenza di un enorme malinteso. Vi porgo le mie scu-”

“E il Paladino non è consapevole di essere al cospetto dell’Imperatore e di dovergli rispetto?” Lo interruppe Haggar.

Lotor sollevò lo sguardo da terra. La nuova armatura di suo padre gli impediva di guardarlo davvero in faccia, anche se sapeva che non avrebbe trovato nessuna reale espressione sul suo viso. Lo stesso valeva per la strega ma i suoi occhi dorati erano chiaramente puntati verso qualcosa alle sue spalle.

Lotor si voltò: Lance era rimasto in piedi e lo fissava come se gli fossero spuntate di colpo due teste. Strinse le labbra e ricacciò un’imprecazione in gola.

“Perdonatelo,” disse sollevandosi in piedi lentamente. “È un povero idiota.”

Lance ebbe l’arroganza di rivolgergli un’occhiata indignata ma quando gli afferrò la spalla e lo costrinse sulle ginocchia, fu abbastanza intelligente da non opporsi. “È terrorizzato dalla vostra presenza, padre.”

“Fai silenzio,” ordinò Zarkon.

Lance rabbrividì: la voce dell’Imperatore assomigliava più a quella di una macchina che di una persona. Non sapeva se fosse stato sempre così o se fosse una conseguenza dell’ultima battaglia contro Voltron, ma era terribile d’ascoltare.

“Che il Paladino parli per sè,” aggiunse Zarkon.

Lance raggelò. Sollevò lo sguardo e cercò gli occhi di Lotor ma il Principe guardava fisso di fronte a sè, la mascella serrata.

“Non guardare lui.” Ordinò quella voce robotica.

Il Paladino riportò la sua attenzione sul trono.

“Sei il pilota del Red Lion?” Domandò.

“Sì.” Lance rispose senza pensare e sperò che la sua voce fosse abbastanza alta per non perdersi nella vastità di quella sala del trono.

“Sei suo prigioniero?” Fu la seconda domanda.

Lance guardò Lotor con la coda dell’occhio. “Sì.”

“L’Imperatore pretende una spiegazione,” intervenne la donna incappucciata. Il Paladino l’aveva già vista quando Lotor l’aveva strappato dai sogni indotti dalla Quintessenza.

“Ho…” Lance ingoiò a vuoto. “Ho perso il controllo del mio leone durante uno scontro contro Lotor ed i suoi Generali. Mi sono schiantato su di un pianeta nelle vicinanze e lui mi ha trovato.”

“I tuoi compagni ti hanno abbandonato?” Domandò Zarkon.

Lance si umettò le labbra: non doveva passare come un traditore ma nemmeno come un Paladino leale. “Non lo so…” Disse. “Non ne sono sicuro.”

“Non avevi fiducia nel fatto che ti sarebbero venuti a salvare?” C’era una nota di sarcasmo nella voce robotica di Zarkon. “Non credevi che, in quanto Paladino di Voltron, i tuoi compagni non ti avrebbero mai abbandonato?”

Lance serrò i denti sul labbro inferiore. “Sono con Lotor da tanto tempo,” disse. “Nessuno è mai venuto a cercarmi.” Sentì la voce venire meno sull’ultima parola. Quella non era una bugia e gli fece male rendersene conto.

“Sei leale a lui, ora?” Fu la donna a domandarlo.

Il Paladino si voltò verso il Principe e questi ricambiò lo sguardo. “Mi avete già posto una domanda simile,” rispose Lance. “Me l’avete posta in una circostanza in cui non avrei mai potuto mentirvi.”

Se avesse potuto, Lotor gli avrebbe rivolto un sorriso soddisfatto.

“C’è arroganza in questo giovane,” commentò Haggar. “E confusione,” aggiunse. “Il tuo animo è confuso, Paladino Rosso. La confusione è pericolosa nella tua posizione.”

Lance inspirò profondamente dal naso. “Sono leale a chi mi tiene al sicuro,” disse. “Questa non è la mia guerra. Non è la guerra dei miei compagni. È la guerra di Voltron e a noi Terrestri non appartiene.” Era solo un ruolo. Era il ruolo che Lotor gli aveva dato per salvarli entrambi ma Lance si odiò per quelle parole. Si detestò per il dubbio che sentì nascere nel suo cuore.

“Che cosa pensi di lui?” Domandò la donna. Si riferiva di nuovo a Lotor.

Lance aprì e chiuse la bocca un paio di volte: poteva aver simulato un malanno per due settimane per saltare le lezioni ma mentire in quel modo non era nella sua natura. Non era bravo a fingere come Lotor. “Mi avete iniettato della Quintessenza e mi avete interrogato,” rispose. “Sapete già tutto.” Fu troppo arrogante.

“Farlo parlare ulteriormente è completamente inutile,” intervenne Lotor facendo un passo in avanti. “Ho tentato di strappargli delle informazioni. Non sa niente. Non è un componente vitale della ribellione. È solo un ragazzino che non sa per cosa sta combattendo.”

Lance lo fissò con gli occhi sgranati: Lotor non poteva dire una cosa del genere, non in presenza di suo padre.

“Avete di nuovo il Red Lion,” continuò Lotor. “Se non vi sono più di alcuna utilità, non mi resta che tornare in esi-.”

“Smettila di recitare, Lotor.” Zarkon si alzò dal trono.

Il Principe fece un mezzo passo indietro. Lance si sollevò in piedi e lo superò di un paio di passi. “Red non mi appartiene più,” disse con voce ferma. “Mi avete rapito, mi avete interrogato attraverso la Quintessenza ed il Red Lion non ha fatto nulla per correre in mio soccorso.”
Zarkon non disse niente. Fu Haggar a farsi avanti. “Come osi rivolgerti all’Imperatore guardandolo negli occhi?”

Lance sentì il respiro venire meno ma solo per un istante: restare in silenzio non avrebbe giocato a suo favore ed il piano di Lotor si era rivelato un buco nell’acqua. “Voi sapete cosa vuol dire essere il pilota di Red,” aggiunse rivolgendosi a Zarkon. “Sapete che cosa accade quando un Paladino Rosso degno di tale nome è in pericolo. Il giorno in cui Lotor mi ha aperto gli occhi, ho smesso di essere una parte di Voltron. Avete Red ma non avete il Paladino Rosso. Io non sono… Non sono più un Paladino.”

Lance era certo di essersi conficcato le unghie nei palmi da quanto forte stava stringendo i pugni. Non gliene importò. Sentiva gli occhi indaco di Lotor fissi sulla sua nuca e quelli viola e lucenti di Zarkon lo trafiggevano senza pietà. La donna non disse nulla.

Quando l’Imperatore tornò a sedersi sul suo trono, Lance riuscì a respirare di nuovo.

“Non avete il permesso di lasciare la Nave Madre,” disse quella voce robotica. “Fate qualsiasi cosa che possa essere interpretato come un atto contro l’Impero e sarete entrambi condannati a morte. No, il mio presuntuoso figlio non mi è di alcuna utilità, non lo è mai stato.”

Lance cercò Lotor con la coda dell’occhio ma era dietro di lui e non riuscì a vedere la sua reazione a quelle parole.

“Deciderò cosa fare di te e del Terrestre a tempo debito, Lotor,” aggiunse Zarkon. “Andatevene.”

Lance sentì che Lotor lo afferrava per un braccio e lo tirava indietro. Fu felice di voltarsi e non dover più rispondere agli sguardi di quegli occhi folgoranti.

Non appena i due giovani se ne furono andati, Haggar si rivolse al suo signore: “non credete che sia più prudente allontanare immediatamente il Principe Lotor, mio signore? Non c’è mai stata sincerità nella sua lealtà verso di voi e lo sapete.”

“Lotor non m’interessa,” replicò l’Imperatore. “Tuttavia, quel Terrestre non è così inutile come ha voluto farci credere.”

Haggar era d’accordo. “I vostri ordini, mio signore?”

“Osserviamoli.” Ordinò. “Se stanno complottando qualcosa, si tradiranno da soli.”




Non appena la porta della camera si richiuse, Lotor premette il palmo destro contro il display che vi era accanto. “Attivare protocollo di sicurezza per individuare dispositivi estranei.”

Lance lo guardò aggrottando la fronte. “Che cosa stai facendo?” Si sentiva terribilmente stanco e gli girava la testa.

Lotor aspettò che il display mostrasse i risultati della scansione. Nessuno dispositivo estraneo rilevato. Sospirò e si voltò. “Come ti è venuto in mente di scavalcarmi in quel modo?” Sibilò.

A Lance parve un cane rabbioso sul punto di mordere ma non se ne preoccupò. “Pensi davvero che il loro protocollo di sicurezza segnalerebbe una loro cimice?”

“Non è il loro protocollo di sicurezza,” disse Lotor. “È il mio. È installato in alcuni ambienti della Nave Madre ma si attiva solo in mia presenza,” spiegò e sollevò la mano destra per essere più chiaro. “O a quella di chiunque decida d’includere nel sistema.”

Lance lo fissò. “Principe, pilota, stratega, combattente, vagamente ribelle e di fronte a papino diventi un completo idiota!”

“Non ti permettere…” Il Principe si avvicinò ed afferrò il Paladino per il bavero della casacca. “Ti avevo ordinato di rimanere in silenzio!”

“Se non te ne fossi accorto, ti hanno tolto la parola!” Replicò Lance con forza afferrandogli il polso. “Non si fidano di te e non li biasimo! Non riesco nemmeno a calcolare il tuo livello di falsità!”

Lotor lo costrinse con le spalle contro la vetrata del salotto con poca gentilezza. Lance incassò il colpo alla schiena stringendo gli occhi manon si lamentò.

“E quel colpo di testa?” Domandò Lotor. “Ti avevo detto di sembrare uno stupido ragazzino spaventato! Ti sei alzato al cospetto di Zarkon e hai parlato come se fossi un mio pari!”

“Ti sei ascoltato mentre parlavi?” Ribattè Lance. “Hai detto a tuo padre che sono il pilota del Red Lion e poi hai aggiunto che non sono a conoscenza d’informazioni importanti perchè non mi considerano un membro importante per la Coalizione. Impara i termini, Lotor: Coalizione... Ed è anche bella grossa!”

“Mi hanno tolto la parola perchè sapevano che tu ci avresti traditi in qualche modo!”

“Io?” Lance lo guardò con rabbia. “Non puoi dire ad un Paladino Nero che il pilota del Red Lion è considerato meno di zero! È come sostenere che le stelle non sono la prima fonte di luce nell’universo! Alfor era il Paladino Rosso, Lotor! Alfor è stato il braccio destro di tuo padre per non so quanto tempo! Sei un idiota, se pensi che non sappia riconoscere un pilota degno di Red!”

Lotor lo lasciò andare e gli puntò contro un indice minaccioso. “Non ricominciare con questi discorsi sul legame tra il Paladino ed il suo leone,” lo avvertì.

Lance sgranò gli occhi. “Hai sentito Red nella tua testa... Sai che è vero!”

Il Principe scosse la testa e si voltò. “Non voglio starti a sentire!”

“Mi ha creduto!” Sbottò Lance afferrandogli un polso e costringendolo a guardarlo. “Quando ho parlato del mio legame con Red, tuo padre mi ha creduto,” ripeté con con voce più calma. “Per te non può avere senso, ma quello che ho detto l’aveva per lui… Ai suoi occhi sono un Paladino indegno e che non vuole avere nulla a che fare con questa guerra. Era quello che volevi. No, non nella forma in cui lo avevi previsto ma, sì, prego per averti salvato il culo!” Esclamò. “Perchè, nel caso non te ne fossi reso conto, ti ho salvato il culo!

Lance lo lasciò andare e si voltò. Il mal di testa era ancora lì ed anche quel fastidioso senso di nausea. Fece aderire i palmi e la fronte alla vetrata, chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. “Mi sento uno schifo…” Confessò con voce rotta. “Non ho mentito, capisci? Red non è mia ed io non sono suo. Il suo legame è con Keith, io sono solo un sostituto provvisorio. Nemmeno la mia Blue ha mai fatto per me quello che Red faceva per Keith. Black non è riuscita a staccarsi completamente da tuo padre per diecimila anni, ha sentito Shiro a sistemi e sistemi di distanza… Ed io sono qui con te da non so quanto tempo e mai un segnale dai miei compagni!” Piangeva. “Volevi che fossi un ragazzino smarrito e spaventato? Lo sono, Lotor. Lo sono.” Si era sentito la settima ruota del carro per tanto tempo e, a dispetto di quello che aveva detto, vedere Allura prendersi la sua Blue non aveva migliorato le cose in alcun modo. Dopo il ritorno di Shiro, tutte le sue insicurezze lo avevano schiacciato come mai gli era capitato in vita sua.

Lotor voleva che facesse credere a Zarkon di odiare Voltron e tutta la storia in cui erano stati coinvolti, ma la verità era che Lance si sentiva morire al pensiero di non essere più un Paladino. Era egoismo il suo. Era il suo bisogno di affermarsi in qualcosa. Per questo Black non l’aveva ritenuto degno.

Lance non era degno. Era solo finito nel posto giusto al momento giusto.

E Lotor… Sì, c’era anche Lotor…

Gli occhi blu si aprirono. “Perchè non mi hai baciato?” La prima volta, lo aveva chiesto alla persona sbagliata. Non provava alcuna vergogna a ripeterlo di fronte al Principe.

Si voltò lentamente ma non si allontanò dalla vetrata. Lotor era al centro del salotto e lo guardava con espressione indecifrabile.

“Perchè non mi hai baciato?” Domandò Lance guardandolo dritto negli occhi. “Perchè hai deciso di cercare la compagnia di un altro? Avevi capito che non mi sarei opposto, che lo volevo quanto te…”

“Io non volevo niente, Lance.” Disse Lotor.

“Non mentirmi, codardo!” Urlò il Paladino. Possibile che non valesse abbastanza nemmeno per essere usato in quel modo?

“Perchè dovrei mentire su una cosa del genere?” Lotor alzò la voce.

“Perchè l’ho sentito,” disse Lance. “Ti ho sentito.” Singhiozzò. “Hai cercato la compagnia di qualcun altro perchè con me sarebbe stato qualcosa di vero? Di sincero?”

Lotor sollevò l’angolo destro della bocca in un ghigno beffardo. “Vero? Sincero? Quale ruolo pensi di avere in questa storia, Paladino Blu?” Domandò. “Sei stato uno strumento fin dall’inizio e lo sei ancora.” Si avvicinò. “Per attirare i tuoi compagni in una trappola, per comprendere la follia di mio padre o per convincerlo a lasciarmi in pace... Non ha importanza! Sei ancora vivo perchè mi servi a qualcosa, ma se mio padre decidesse che il prezzo della mia libertà è la tua, non esiterei un singolo istante a lasciarti qui.”

Erano l’uno davanti all’altro, a dividerli vi erano solo pochi centimetri.

Lance piangeva e tremava. Lotor lo guardava impassibile.

Il rumore vibrante di una blaster carica spinse il Principe ad abbassare lo sguardo. La mano del Paladino era sorprendentemente ferma mentre gli puntava l’arma contro.

“Il bayard,” ringhiò Lotor a bassa voce. Se ne era scordato.

“Togliti di mezzo,” sibilò Lance. Piangeva ancora ma la sua voce non tremava più.

Lotor lo guardò dritto negli occhi. “Che cosa pensi di fare, Lance?”

“Non osare pronunciare il mio nome,” lo avvertì il Paladino. “Mi hai salvato la vita, non posso negarlo. Togliti di mezzo, non ho voglia di spararti.”

Lotor non si mosse. “Quale sarebbe il tuo piano?”

“Lasciarti indietro, tanto per cominciare,” rispose Lance velenoso. “Posso sentire Red. Posso arrivare a lei.”

Il Principe sospirò annoiato. “Se ci provi, morirai.”

“Forse… O forse no.” Lance premette la blaster contro l’addome dell’altro. “Fatti da parte.”

Lotor fece un passo indietro ed il Paladino uno in avanti. “Se esci da quella porta senza di me, non hai speranze.”

“T’importa?” Domandò Lance. “Posso salvarmi da solo, fatti da parte.”

Lotor rilassò le spalle, cercò l’elsa della spada sotto il mantello e la strinse tra le dita. Il Paladino era troppo occupato a guardarlo dritto negli occhi per accorgersene. C’era un mare in tempesta nelle iridi blu di Lance e Lotor sperò che suo padre non avesse visto la stessa cosa.

Lance abbassò la blaster, lo superò. Lotor aspettò che fosse a portata e lo colpì alla nuca con l’elsa della spada. Il bayard tornò alla sua forma originale e scivolò sul pavimento, lontano dalla mano del Paladino.

Lotor abbassò lo sguardo: Lance era a terra ma era ancora cosciente. Lasciò cadere la spada a terra e s’inginocchiò.

Lance provò a sollevarsi sul gomito sinistro, fece scivolare la mano destra in avanti per evocare di nuovo il bayard tra le sue dita. La testa gli pulsava.

“Fermati,” disse Lotor afferrandogli il polso gentilmente. “Fermati, Lance.”

“Lasciami andare,” sibilò il Paladino velenoso e chiuse gli occhi per combattere un capogiro. Peggiorò.

“Sei arrabbiato, Lance,” continuò Lotor. “Non stai ragionando lucidamente.”

“Lasciami andare,” Lance singhiozzò, appoggiò la fronte contro il pavimento freddo e rinunciò a recuperare il bayard. Il Principe gli concesse il tempo di cui aveva bisogno e parlò solo quando i singhiozzi cessarono: “ti sei calmato?”

Lance non rispose.

“Riesci ad alzarti?”

Lentamente, il Paladino si rimise in piedi.




Lotor sparì in bagno per meno di un minuto e quando tornò con un impacco di ghiaccio, Lance non fece domande. Il Principe passò le dita tra i capelli ricciuti alla ricerca di tracce di sangue. Trovò solo un bernoccolo.

Lance imprecò tra i denti e si allontanò. “Non mi toccare,” sibilò.

Lotor lasciò cadere l’impacco di ghiaccio sul letto, accanto a lui e si spostò di fronte alla vetrata. Nessuno dei due aveva una gran voglia di guardare in faccia l’altro.

“Come funziona con il bayard?” Domandò il Principe col tono incolore di chi pone una domanda sul tempo.

Lance premette l’impacco di ghiaccio dove faceva male. “Non lo so,” ammise. “Compare quando ne ho bisogno e prende la forma che mi va più a genio. Non ti so dare una spiegazione migliore. Penso che abbia a che fare col legame che ho con Red.”

“Ti ho tenuto prigioniero per diverso tempo,” notò Lotor. “Non l’hai mai usato contro di me o i miei Generali.”

“Non ci vedevo, Lotor,” disse Lance. “Anche se avessi sparato ad uno di voi, che cosa avrei potuto fare?”

“Quando la mia nave è stata assediata, il Red Lion ti ha guidato.”

“Era a pochi passi da me.”

“Hai detto di sentirlo anche ora.”

“Sento che Red è qui e so che mi aiuterebbe ad arrivare da lei, se le rispondessi.”

Lotor lo guardò da sopra la spalla. “Hai detto di non avere un legame così forte con quel leone.”

Lance sorrise amaramente. “Un legame forte è ben diverso da questo. Non dico che Red sia indifferente nei miei confronti o non si lascerebbe pilotare da me. Penso solo che lo faccia per Keith.”

“Questo Keith è il tuo Paladino Nero?” Domandò Lotor. “Lo è diventato dopo la battaglia contro mio padre?”

Lance fissò un punto qualunque del pavimento. “Dopo quella battaglia, sono successe troppe cose. All’inizio, ho pensato che sarebbe stata una cosa temporanea… Io e Keith, però, non eravamo male come braccio destro e leader. Certo, non abbiamo il legame che lui ha con Shiro, ma avevamo delle buone basi su cui lavorare.” Sorrise. “C’è qualcosa di speciale…”

“Di cosa stai parlando?” Domandò Lotor.

“Il legame tra il Paladino Nero e quello Rosso,” spiegò Lance. “Non lo so. Forse mi faccio influenzare da quello che vedo quando guardo Keith e Shiro insieme, ma…” Scrollò le spalle. “Penso sia un legame speciale, ecco tutto. Tu sai niente di come erano i rapporti tra Alfor e tuo padre?” Lo chiese senza pensarci troppo.

Lotor rispose allo stesso modo. “No.”

Per la prima volta dall’inizio di quella conversazione, Lance lo guardò negli occhi. “Sai che è grazie ad Alfor che i tuoi genitori si sono incontrati?”

Lotor si voltò. “Alfor ha mandato mia madre su Daibazaal.”

Lance scosse la testa. “No, no… Intendo che è stato proprio Alfor a presentarli l’uno all’altra. In altre parole, se non fosse stato per Alfor, tu non saresti mai nato.” Ridacchiò e si aspettò di vedere qualche emozione comparire sul viso del Principe. Non accadde e Lance tornò serio.

“Nella sala del trono, stavi parlando di tornare in esilio,” cambiò discorso. “È per questo che sei rimasto fuori dai giochi per tanto tempo. Eri in esilio.”

Lotor incrociò le braccia contro il petto. “Lo hai sentito,” disse. “Non gli sono di alcuna utilità. Non sono degno di niente per mio padre.”

Lance allontanò l’impacco di ghiaccio dalla  testa. “Vorresti esserlo?”

“No,” Lotor scosse la testa. “Non più. Non voglio essere o fare niente che porti gli altri a paragonarmi a lui.”

Lance scosse la testa. “Accadrà sempre, Lotor. Sei suo figlio, il suo erede. Diverrai qualcosa di totalmente diverso da lui e ci sarà sempre qualcuno pronto a sottolinearlo.”

“Parli come uno che è abituato ad essere paragonato ad altri,” commentò il Principe.

Lance ridacchiò. “Sono un quarto figlio. Il più piccolo. Mia sorella ed uno dei miei fratelli sono divenuti genitori ancor prima che io avessi il tempo di fare o divenire alcunchè. Sono stato paragonato a qualcun altro per tutta la vita.”

“Positivamente?”

Il sorriso di Lance si spense un poco. “No, non sempre. Io sono sempre stato il sognatore... Quelli come me fanno tenerezza e, se sono fortunati, conquistano la simpatia degli altri facilmente ma, alla fine, tutti aspettano che tu cresca, che ti decida a stare con i piedi per terra.” Si fece silenzioso e gli occhi blu tornarono a fissare il pavimento.

Lotor studiò il suo profilo per un lungo minuto di silenzio. Era intenso, Lance… Molto intenso.

“Io sono quello ambizioso, invece,” disse e gli occhi blu del Paladino tornarono sui suoi. “Non scendo a compromessi. Faccio finta di adattarmi per sopravvivere ma, in realtà, non mi fermo fino a che non ottengo quel che voglio e nella forma in cui lo voglio. Sì, fingo di fronte a mio padre per strategia ma ha tutte le ragioni per non fidarsi di me. Eravamo in guerra molto prima che fossimo nemici. Ad un Imperatore immortale non serve un erede, solo un pupazzetto più fedele degli altri, magari più dipendente. Una piccola copia di se stesso ma facilmente manovrabile.”

Lance scosse la testa. “No, non era una vita che potevi accettare. Non tu.”

“Un ragazzino cerca l’approvazione di suo padre per natura.”

“Sì, è vero.”

“Quando ho capito che essere indegno era la mia prima vittoria e non una sconfitta, ho capito che potevo essere libero.”

“E non si può essere liberi in un Impero di schiavi con un solo signore.”

Lotor sollevò l’angolo destro della bocca. “Vedo che cominci a capire, Lance.”

“Quando ti ha esiliato, non ti sei sentito ferito?” Domandò il Paladino.

Il Principe scosse la testa. “All’inizio, mi sono sentito sconfitto. Solo dopo ho capito di essere fuori dalla gabbia, di poter respirare davvero.”

Lance si umettò le labbra. “Che cosa hai fatto?” Domandò diretto.

Lotor esitò un istante, prima di rispondere. “L’ho esasperato… Mi ha trascinato nell’arena e mi ha massacrato con le sue mani. Mi ha umiliato di fronte al suo Impero.”

Gli occhi di Lance si fecero grandi, pieni di orrore. “Quanti anni avevi?” Domandò, poi scosse la testa. “Intendo…”

“Ero un adolescente,” rispose Lotor. “Più giovane di te… E cancellati quell’espressione dal viso, non mi serve la tua pietà.”

Lance storse il naso. “Non sto provando pietà!” Esclamò. “Non ne hai davvero bisogno…” Sospirò e provò a sorridere. “Una cosa in comune ce l’abbiamo: siamo particolarmente bravi a non farci ignorare.”

L’ombra di un sorriso comparve sul viso di Lotor.









 
   
 
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