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Sapevo che si sarebbe incazzato non poco e che probabilmente sarebbe uscito dalla mia stanza sbattendosi la porta alle spalle, ma io avevo sul serio paura degli insetti e non avevo sicuramente intenzione di toglierlo con le mie mani.
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Henry era alto un metro e ottantacinque ed arrivava al punto in cui era il ragno senza usare nessuna sedia o scala. Io, invece, con la mia statura a malapena arrivavo al lavandino del bagno.
Prese l'insetto con un fazzoletto e lo buttò nel cestino sotto la mia scrivania.
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Dopo la separazione dei miei genitori io e lui avevamo legato tantissimo, passavamo molto tempo insieme. Mi portava al parco, andavamo insieme in quella gelateria a Times Square che tanto mi piaceva, addirittura molte volte mi portava con lui agli appuntamenti con le ragazze per paura di lasciarmi sola a sentire i nostri genitori urlare e piangere.
Ormai lui era il mio migliore amico, oltre che un fratello maggiore.
Guardai l'orologio sul comodino. Segnava le sette e quarto.
Potrei dormire ancora, pensai. Mi rigirai nel letto, cercai la parte più fresca del cuscino, pensai a quanto fosse insignificante la vita di chi non sa dormire fino all'ora di pranzo, ma non riuscivo ad addormentarmi. I minuti passavano, ed io rimanevo a fissare il vuoto alla ricerca di un nome da dare a questa sensazione. Era un misto tra ansia e angoscia, malinconia e solitudine. Non capivo che cosa mi stesse succedendo, ma una cosa mi era chiara: rimanere nel letto non mi avrebbe di certo aiutata.
Mi alzai, mi stropicciai gli occhi e presi il telefono, per poi uscire dalla stanza e lasciarmi quella strana sensazione di paura alle spalle.
Mi diressi verso la cucina facendo attenzione a non svegliare nessuno. In casa c'era silenzio. Henry si era sicuramente riaddormentato, grazie anche all'aiuto della mia migliore amica e sua fidanzata Caelie, che la sera prima era rimasta a dormire da noi a causa dell'orario di rientro dal locale in cui erano andati a ballare. Anche mamma dormiva, così non mi rimase nulla da fare che andare in cucina e preparare la colazione per tutti. Avevo tempo e nessuna voglia di rimanere a non fare niente per tutta la mattina in attesa che qualcuno si svegliasse.
Andai in cucina e come prima cosa guardai fuori dalla finestra.
Abitavamo appena fuori Times Square, sopra una caffetteria aperta ventiquattro ore su ventiquattro. La vista dei palazzi, la gente che correva per strada alla ricerca di qualcosa da fare nonostante la temperatura invernale, i taxi che davano la possibilità a tutti di potersi spostare, i mezzi pubblici che non cessavano mai di girare. La consapevolezza di abitare in una delle più grandi metropoli mi trasmetteva un relativo senso di tranquillità, non tanto perché fosse grande, quanto perché mi sentivo meno sola con la certezza che in questa città non si è mai davvero soli. La sensazione di completezza che mi dava vivere a New York non era paragonabile a nient'altro. C'ero io e c'erano tutti gli altri.
Accesi la macchina del caffè ed attesi che si scaldasse.
Un buon caffè caldo era ciò che mi serviva per iniziare al meglio la giornata.
Mentre aspettavo, mi misi avanti con la preparazione di pancake alla nutella che avrei servito appena tutti si sarebbero svegliati. Apparecchiai la tavola e appoggiai un piccolo regalo nel posto in cui si sarebbe dovuto sedere Henry, perché quella domenica era il giorno del terzo anniversario di fidanzamento con Caelie e da brava sorella avevo deciso di non farmi mancare nulla.
I pancake erano pronti, caffè anche; ne presi uno, ed iniziai a fare colazione.
Sono venuti davvero buoni per essere la seconda volta che li faccio, pensai. Mentre sorseggiavo la mia tazza di caffè, sentii mia mamma parlare.
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Mamma si avvicinò a me, mi diede un bacio sulla fronte mentre cercava di attaccare la chiamata sul cellulare.
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Eravamo sedute al tavolo insieme ed era una cosa che succedeva raramente. Lei era sempre molto impegnata con il lavoro e non era quasi mai a casa per colazione. Usciva molto presto la mattina; a malapena qualche volta riusciva ad accompagnarmi a scuola. Quello era il compito di Henry da quando aveva preso la patente.
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Poco dopo l'arrivo di Henry, anche Caelie comparve in cucina con l'aria di chi è felice e si è svegliato bene. Beata lei, pensai.
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<> chiese Henry in tono dolce e quasi offeso guardandola con gli occhi a cerbiatto.
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Io e mamma ci lanciammo un'occhiata d'intesa ed io mi alzai per prendere i pancake che avevo preparato. <
Servii i pancake in tavola e finirono quasi subito, dato che Henry sembrava una donna con il ciclo ed io ero una donna con il ciclo. Ci abbuffammo, ed in poco tempo fummo tutti pieni.
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Caelie si alzò in piedi e andò in braccio a mio fratello, curiosa di sapere cosa contenesse quella piccola scatola verde. Si sedette sulle sue gambe mentre lui le fece una carezza sul viso.
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Lei sorrise e mi scambiò uno sguardo innocente: <
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Nel frattempo mia mamma aveva trovato il biglietto per quella stessa sera. Ci annunciò che sarebbe partita poco dopo e si diresse in camera a preparare la valigia.
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Io rimasi lì, da sola, con un senso d'angoscia ancora molto forte e la voglia matta di vivere una storia d'amore come quella della mia migliore amica. A pensarci bene, non mi ero mai innamorata di nessuno, giusto qualche cotta ma nulla di più. Non ero mai andata a fondo, non mi ero mai completamente concessa. Non c'era un motivo, solo non ne avevo mai sentito il bisogno.
Quando Henry si fidanzò con Caelie, provai una gelosia irrefrenabile. Temevo che la mia migliore amica mi rubasse il fratello, e che mio fratello mi rubasse la migliore amica. Con il tempo, però, accettai la loro relazione.
Pensare a quanta negatività provavo per quella coppia all'inizio della loro avventura amorosa, mi fece ridere di me stessa; ero cresciuta ed onestamente non mi capacitavo di come avessi potuto davvero pensare certe stupidate.
***
Stavo ripulendo la cucina e mettendo in ordine le cose che avevo usato per preparare la colazione quando sentii mia mamma avvicinarsi a me.
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<> dissi, imitandola.
Si accorse che la stavo prendendo in giro, quindi tagliò corto.
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Avevo finito di sistemare la cucina, così decisi di dirigermi in camera da letto a continuare il libro che stavo leggendo. Dato che Henry e Caelie sarebbero partiti entro un'ora, decisi che sarei rimasta chiusa in camera per i prossimi tre giorni. Non avevo voglia di uscire, dato che la mia unica amica stava per andare via e non avendo altri amici avrei sicuramente preferito restare sola in casa mia che girare sola a New York.
Passando davanti alla porta della camera di Henry vidi Caelie seduta sul letto che guardava il fidanzato preparare la valigia. Bussai alla porta semi-aperta ed entrai.
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Henry finì di preparare la valigia ed invitò Caelie ad alzarsi dal letto.
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Mi assicurai che la porta fosse chiusa e mi affacciai alla finestra.
In mezzo a tutta quella gente era difficile seguirli con lo sguardo, ma appena salirono in macchina abbandonai la finestra e mi diressi in camera, inconsapevole della vita che mi attendeva oltre quella porta.