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Autore: Emmastory    29/12/2017    4 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VII-mod
 
 
Capitolo XLIV
 
Non più sotto a un segno
 
Sempre più nervosa, restavo ferma e in silenzio, aspettando la risposta di Lady Fatima. Sapevo bene che in qualità di Leader possedeva nel regno una potenza quasi pari a quella di un monarca, e in una situazione come la mia, il suo parere contava molto per me, risultando quasi vitale. Silenziosa quanto e più di me, non diceva nulla, e senza neanche guardarmi, teneva gli occhi chiusi. Rachel era con lei, ma imitandola, non apriva bocca. Anche se per un solo attimo, mi parve sorda alle mie parole, ma non appena le sue iridi color speranza si mostrarono di nuovo, sospirai di sollievo. Non accadeva da tempo, e dovevo averlo dimenticato, ma respirare profondamente e tenere gli occhi chiusi era il suo modo di pensare. Fermandomi a pensare, realizzai di farlo e averlo fatto anch'io migliaia o forse milioni di volte, ma se fatta da lei, una cosa del genere aveva tutt'altro significato. Con il tempo, il nostro rapporto era sbocciato in amicizia, e anche in un certo affetto, ma se mi sforzavo abbastanza, riuscivo ancora a ricordare il giorno in cui la incontrai per la prima volta, quando, con il cuore stretto in una morsa di gelo e ghiaccio, mi giudicò sciocca, debole e troppo insignificante per continuare a vivere. Per pura fortuna, Stefan riuscì a farle cambiare idea, e ancora oggi lo ringrazio per questo. Così, finii per perdermi nei miei stessi pensieri, ma il suono della sua voce mi distrasse. "D'accordo, Rain. Affiderò il tuo caso ai miei uomini migliori." Disse soltanto, facendo nascere nel mio cuore di madre una nuova speranza. A quelle parole, sospirai di sollievo, e guardandola, notai che mi invitava ad avvicinarmi. Muovendo qualche indeciso passo verso di lei, mi lasciai stringere in un delicato abbraccio, non dimenticando di esprimere il mio parere. "Non andranno da soli, io e Stefan li seguiremo." Dichiarai, decisa e sicura di poter contare sull'aiuto del mio amato cavaliere, che, di nuovo vicino a me, mi posò una mano sulla spalla. "Ha ragione, andremo anche noi." Disse poi, dandomi manforte e riuscendo a farmi sorridere. Non muovendo foglia a riguardo, la Leader si limitò ad annuire, e voltandosi fino a darci le spalle, tornò a prendere posto sul suo trono. "Partirete stanotte." Due semplici parole che ascoltai in silenzio, e delle quali mi fidai ciecamente. In qualità di Leader, Lady Fatima conosceva il regno di Aveiron meglio di ognuno degli abitanti, nonchè le abitudini di quei vili vermi. Stando a quanto ricordavo, non si facevano problemi ad attaccare anche di giorno, ma pur sapendolo, scelsi di fidarmi della donna che per anni, in mille modi diversi, non aveva fatto altro che aiutarmi. Così, il tempo continuò a passare, e ritirandomi nella mia stanza per riflettere e prepararmi alla partenza, riuscii finalmente a capire perchè Rachel l'amasse così tanto. Erano una coppia da anni, ma solo ora comprendevo la verità. Proprio come io facevo con Stefan, lei tendeva a idolatrarla come se fosse stata una dea. Forse esagerava, certo, ma più ci pensavo, più la capivo. L'amava, l'amava davvero, e nonostante una relazione come la loro fosse incredibilmente proibita dalla legge, a loro non importava. Rachel mi conosceva, e sapeva bene che al contrario di molta gente appoggiassi il loro legame, e che seppur in silenzio, speravo che entrambe avessero il coraggio di alzarsi in piedi e urlare al mondo la loro verità. Ad ogni modo, la notte scese lenta tingendo di nero l'intero regno, e nascondendo la mia daga nella tasca della veste com'ero abituata a fare, presi la mano di Stefan, poi un bel respiro,e una volta fatto, salii sulla carrozza di Lady Fatima. Avventurarci a piedi sarebbe stato rischioso, ragion per cui ci avrebbe accompagnato lei, e mentre gli zoccoli del suo stallone nero colpivano il terreno con ritmo concitato, io mi guardavo intorno, vedendo solo le luci accese nelle case vicine, ma nessuno in strada oltre a noi. Ero tesa e  nervosa, ma anche fiduciosa. In fin dei conti, Stefan era con me, e qualcosa, un sesto senso o una voce nella mia testa continuava a dirmi che Aaron stava bene, e così anche Ava. Preoccupata per entrambi, non smettevo di guardarmi intorno, e improvvisamente, la vidi. Nel buio più totale, la bianca e intermittente luce di una torcia. "Signora, fermi il cavallo!" Ordinai, sicura di quello che avevo visto. Difatti, già una volta Ava si era presentata a me nel buio utilizzando una torcia, e pur non potendo vederla in viso, ero ormai certa che fosse lei. Ascoltandomi, la Leader fermò il suo cavallo, e poco dopo, le due figure che vedevo si avvicinarono. Sorprendentemente, una delle due sembrava zoppicare, e l'altra la sosteneva. In silenzio, aguzzai la vista, poi capii di aver ragione. "Aaron? Ava?" chiamai, speranzosa. "Mamma!" Sentii rispondere, finalmente felice. "Ragazzi, grazie al cielo! Ava, cosa facevi qui fuori?" Dissi a quel punto, azzardando quella domanda. "Mi dispiace, Rain. Non avrei voluto, ma ci siamo perse di vista, e non sapevo cosa fare, così..." Biascicò la ragazza in risposta, abbassando lo sguardo in segno di vergogna. "Ha cercato di fare del suo meglio, e per fortuna l'ho trovata. Si è ferita, ma possiamo aiutarla." Finì mio figlio per lei, stringendole la mano ed imitando il padre nel proteggerla. "Certamente, ragazzo. Vi basterà venire con noi." Rispose Lady Fatima, rimanendo calma e sorridendo leggermente. Annuendo, Aaron salì in carrozza, poi fece accomodare la sua ragazza. Solo allora, notai le ferite sul suo braccio, coperte da una benda di fortuna. Durante il viaggio di ritorno al castello, non feci altro che chiedermi cosa le fosse successo, ma guardando quella ragazza senza dirle nulla, non potei negare di essere felice di rivederla e orgogliosa di mio figlio. Fuggendo senza spiegazioni aveva disobbedito, certo, ma l'aveva fatto in buona fede, e i risultati erano evidenti. Tornati al castello, ci addormentammo tutti come sassi, ma poco prima di dormire, sentii qualcuno bussare alla mia porta. Ancora sveglia, andai ad aprire, scoprendo che Ava sembrava aver bisogno d'aiuto. Appariva spaventata e tremante, e uscendo dalla stanza per non far preoccupare anche Stefan, la guidai fino al grande salone del castello. Per quanto ne sapevo, durante la notte quello era un posto sicuro, così, sedendomi con lei, la incoraggiai a parlare. "Che succede?" Chiesi, preoccupata. Non sapendo cosa dire, la ragazza rimase in silenzio, ma poi decise di vuotare il sacco, e raccontarmi una verità alla quale stentai a credere. Senza proferire parola, tolse la fasciatura che aveva sul braccio, poi me lo mostrò. "Vedi queste ferite, Rain? Non sono accidentali. Sono stata io." Questo fu il suo discorso, che con la sua fine, mi lasciò interdetta. "Sono stata io." Tre lemmi che messi insieme formavano la frase che mi colpì di più. "Cosa? Tu? Ma Ava, perchè? Perchè l'hai fatto?" Non potei evitare di chiederle, indagando con la preoccupazione che ogni madre era abituata a provare per i propri figli. Io non ero sua madre, ma essendo da tempo fidanzata con Aaron, era lentamente entrata a far parte della famiglia. "Guarda meglio, proprio qui." Rispose semplicemente, usando le dita dell'altra mano per indicare il punto della pelle in cui quei mostri avevano inciso il loro marchio. A quella vista, quasi sbiancai, diventando pallida come un cencio. Colpita, non seppi cosa dire, ma poi mi trovai costretta ad azzardare un'ovvia domanda. Continuando a guardare quei segni e il sangue rappreso intorno ai tagli che si era procurata da sola, soppressi la mia dannata emofobia, e finalmente, parlai. "Aaron lo sa, vero?" Indagai, incerta e dubbiosa. "Falso, Rain. Lui non sa niente, e tu non glielo dirai, ora aiutami con le bende." Replicò lei, quasi irritata dalle mie parole. Scivolando nel silenzio, mi limitai ad annuire, e dandole una mano, mi mostrai cauta. Farle male era il mio ultimo desiderio, e non appena le sue ferite furono di nuovo bendate, l'abbracciai, sollevata e orgogliosa, anche di lei. Grazie al cielo era sana e salva, e nonostante le sue ferite mi preoccupassero non poco, almeno ora sapevo che era determinata a stare dalla nostra parte per sempre, e nel tentativo di dimostrarlo, aveva scelto di liberarsi da sola delle metaforiche catene che la legavano alla sua vita precedente, così da non trovarsi più sotto a un malefico segno. 
   
 
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