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Autore: Vanya Imyarek    05/01/2018    5 recensioni
Italia, 2016 d.C: in una piccola cittadina di provincia, la sedicenne Corinna Saltieri scompare senza lasciare alcuna traccia di sé. Nello stesso giorno, si ritrova uno strano campo energetico nella città, che causa guasti e disguidi di lieve entità prima di sparire del tutto.
Tahuantinsuyu, 1594 f.A: dopo millenni di accordo e devozione, gli dei negano all'umanità la capacità di usare la loro magia, rifiutando di far sentire di nuovo la propria voce ai loro fedeli e sacerdoti. L'Impero deve riorganizzarsi da capo, imparando a usare il proprio ingegno sulla natura invece di richiedere la facoltà di esserne assecondati. Gli unici a saperne davvero il motivo sono la giovanissima coppia imperiale, un sacerdote straniero, e un albero.
Tahuantinsuyu, 1896 f.A: una giovane nobildonna, dopo aver infranto un'importante tabù in un'impeto di rabbia, scopre casualmente un manoscritto di cui tutti ignoravano l'esistenza, e si troverà alla ricerca di una storia un tempo fatta dimenticare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Tahuantinsuyu'
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                    CAPITOLO 16

DOVE,  SORPRENDENTEMENTE,  CI  SI  INFORMA  PRIMA  DI  AGIRE

 

 

 

 

                                                                  Dal Manoscritto di Corinna

 

 

A seguito di giornate in cui, come ho già detto, non avevo fatto altro che scacciare i sensi di colpa con tentativi di spostare il biasimo su chiunque non fosse me, e desiderare di poter finalmente entrare in contatto con quegli altri due, ecco il bel sollievo che mi arrivava dal tanto atteso confronto.

 Avevo una voglia disperata di urlare, prendere a pugni qualcosa, prendere a calci qualcosa, trovare una maledetta valvola di sfogo. Non solo non avevamo risolto niente, non solo le mie possibilità di diventare Sacerdotessa di Pachtu non erano neppure state discusse, ma era anche saltato fuori uno stramaledetto essere soprannaturale che controllava il fuoco e causava scontri civili e ci aveva appena coinvolti nel primo passo per uno, e io ero accusata di esserlo! Dopo che avevo salvato le chiappe a Simay portandogli quella lettera, dopo che avevo accettato il compito di Qillalla di tenere d’occhio il palazzo imperiale, ne ricavavo accuse del genere?!

 E adesso non ero più ‘senza la possibilità di migliorare la mia situazione sociale e alla fine tornare a casa’, ero proprio ‘bloccata in una situazione in cui potevano concretamente saltare le teste, alle prese con uno psicopatico dai poteri magici e senza protezioni o alleati’.

 Che poi, questa cosa dell’Incendiario: davvero esisteva qualcuno in grado di manipolare il fuoco a proprio piacimento? Nel mio mondo, qualcosa del genere sarebbe stato concepibile solo nei romanzi fantastici o nelle leggende. Quella che aveva raccontato Simay sembrava, appunto, una storia inventata a bella posta per togliere il biasimo di case distrutte e vittime da normalissimi incendiari, o da costruzioni poco sicure. Se fosse stata limitata a un posto solo.

 Invece, Pacha sosteneva che fosse un mito diffuso, una serie di avvenimenti ben specifici che si ripetevano secondo uno schema preciso. E questo, dovevo tenerlo ben presente, era anche il mondo dove avevo visto pesci volanti e scoiattoli infiammabili, e dove avevo visto una persona far materializzare dei tunnel nel terreno solo pregando. Il mondo in cui ero stata letteralmente trasportata da una divinità. Che ne esistessero, e fossero in tante, era dimostrato anche dalla magia che avevo visto praticare a Simay. Qui a Tahuantinsuyu, una dea condannata ai domiciliari all’interno di un corpo umano non era affatto da escludere.

 Benissimo! Comprovato che mi sarei trovata davanti a un pirocinetico in carne ed ossa. Evviva la mia fortuna. Ora avevo due possibilità diverse per morire: giustiziata o arsa viva.

 Non volevo essere in quella situazione, dannazione! Volevo tornare nel mio mondo, essere a casa, con la mia famiglia e la relativa sicurezza che lo Stato o le forze della natura non volessero attivamente farmi del male!

 Non sarebbe servito a niente. Piagnucolare non mi avrebbe materializzata in camera mia. Mi trovavo in una posizione scomoda molto concreta, e dovevo darmi da fare per non incorrere in una ben misera fine. Che iniziassi, allora!

 Dunque, la prima cosa da fare era riguadagnarmi l’appoggio di Simay e Qillalla. Li avrei volentieri presi a sberle, ma purtroppo il novizio era la migliore possibilità che avessi per un’udienza con una sacerdotessa di Energia. E poi sì, certo, c’era tutta la faccenda del salvargli la vita. Ero furiosa, ma non ero arrivata al punto di non darmi alcun pensiero di quel che voleva fargli Llyra.

 Loro avevano detto che avrebbero indagato su di me, e non avrebbero trovato assolutamente nulla, perché mi ero letteralmente materializzata su una delle loro montagne senza avere il minimo passato in quel mondo. Chissà come avrebbero preso questa rivelazione. Comunque, avere loro impegnati a cacciarsi in un vicolo cieco significava che io ero l’unica a poter effettivamente indagare, visto che mi trovavo stabilmente a palazzo. Alla faccia di quel che aveva detto Energia, se fossi venuta a capo di quella faccenda sarei stata davvero straordinaria, altro che storie.

 Dovevo esaminare dunque i principali sospettati: la cosa più simile a un’amica che avessi avuto da molto tempo, e il tipo che mi piaceva e che sembrava a sua volta interessato a me.

 No, gli indizi che puntavano a Sayre erano quasi ridicoli: aver riportato un pettegolezzo. Era Alasu quella che aveva più prove a suo carico.

 Mi aveva raccontato lei delle malefatte di Llyra, anzi, il suo chiamarmi a supporto, quando avrebbe potuto dare disposizioni a qualsiasi altra schiava sul posto, pareva ben strano. Certo, le parole di Nuala implicavano che lei fosse benissimo a conoscenza degli ordini di Llyra … ma di nuovo, a quelle concubine bastava non essere completamente stupide per accorgersi di essere avvelenate, e forse avevano semplicemente biasimato la mandante più probabile.

 Perfino quel piccolo incidente con del fuoco il giorno in cui avevo conosciuto Alasu ora mi appariva sospetto. Per caso ero entrata proprio mentre lei si preparava a minacciare o arrostire qualche nobile che aveva fatto lo spocchioso con la persona sbagliata? Per la miseria, tutto poteva essere reinterpretato per indicarla come colpevole.

 E non volevo, non volevo! Alasu era stata la prima persona che non mi aveva mostrato condiscendenza da quando ero arrivata su quel mondo, la prima persona che mi aveva mostrato rispetto e ammirazione, la persona che sembrava disposta ad avere un legame di amicizia con me, che mi aveva confidato il suo segreto, la sua sofferenza per quello che Llyra la costringeva a fare … e se tutto quello fosse stato parte integrante dell’inganno? Ogni singola azione calcolata ed attentamente eseguita al singolo scopo di rendermi complice dell’esilio di Pacha?

 No, non poteva essere così … non volevo che fosse così. La mia felicità al parlare con Alasu, il mio senso di conforto nell’essere riuscita a trovare qualcuno che mi accettasse e a cui piacesse, anche in quella situazione assurda, anche in quel mondo folle … era strano.

 Volevo che lei fosse stata sincera. Volevo che i miei tentativi di aiutarla avessero significato davvero qualcosa, volevo che il sollievo e la gratitudine che mi aveva dimostrato fossero genuini come la simpatia che io avevo provato per lei. Non ero nemmeno sicura se volessi questo per lei o per me stessa, era la prima volta che mi trovavo a confrontare emozioni simili.

 E poi, diamine, non sapevo come procedere nei suoi riguardi. Piombarle nella farmacia e accusarla apertamente? Mi avrebbe fatta accusare di essere pazza, a prescindere che fosse colpevole e innocente. Dovevo agire in modo più sottile. Parlare con lei, analizzare ogni sua singola parola, trovare incongruenze nelle sue storie, segnali di menzogne … avrei avuto bisogno di una scusa per avvicinarla: le avrei detto che non sapevo molto delle erbe locali, di cosa era curativo e cosa velenoso, e non avevo nessuna voglia di confondere le due cose. Se era davvero l’Incendiario, avrebbe concluso che volessi evitare un errore come quello con Pacha, ma non aveva in mano nulla per pensare che io sospettassi della sua identità. Santa pace, queste cose si prospettavano degne di un gran mal di testa.

 Comunque, eccomi con il mio piano d’azione bell’e pronto. Era stato elaborato nel corso di un pomeriggio di servizio intenso per le dame: si fermarono a chiacchierare anche più a lungo del solito, mentre Llyra era alle prese con qualcuno che aveva già una parente come Somma Sacerdotessa di Tumbe e adesso voleva anche un suo parente sacerdote di Achesay alla massima posizione. Le nobili dovevano star parlando proprio delle imminenti elezioni, le parenti dei candidati a fare il tifo e bisticciare tra loro, quelle senza legami familiari ad appoggiare le posizioni delle varie amiche o a esaminare concretamente i pregi e i difetti dei vari sacerdoti.

 Io non ci avevo neppure badato, tutta intenta nelle mie riflessioni, facendomi riprendere più volte da Dylla per reagire sempre dopo qualche istante; ma ero troppo sovrappensiero anche per risponderle a tono o ribellarmi, dunque evitai punizioni fisiche, restando con un cuoco che mi diede curiosamente pochi avanzi per colazione il mattino dopo. Se qualcuna delle dame stesse notò il mio strano comportamento, io ero troppo sovrappensiero per accorgermene.

 Al primo istante di libertà che riuscii a strappare – finendo la mia parte di pulizie prima di tutte le altre – mi fiondai alla bottega del farmacista. Piombai lì di corsa e feci sobbalzare sia Alasu che suo padre, che stavano esaminando alcune foglie essiccate.

 “Corinna! E’ successo di nuovo …?” fu la ragazza la prima a reagire.

 “No, no, non c’è nessun problema” mi affrettai a tranquillizzarla. “Nessuno ha bisogno di medicine”

 “E allora perché sei qui?” chiese giustamente Yzda.

 “Volevo chiedere ad Alasu, ecco …” la presenza del padre mi rendeva difficile trovare le parole giuste. Avevo paura che trovasse la mia richiesta strana, o inappropriata per una semplice schiava, uno spreco del tempo della sua figlia e apprendista. Se ci fosse stata lei da sola, di sicuro sarei stata molto più convincente.

 “Se poteva insegnarmi qualcosa sulle erbe mediche” finii per borbottare. “Io non sono di queste parti, ci sono piante che non ho mai sentito nominare, non so cosa facciano, e vorrei evitare di ammazzarmi per sbaglio, o confondermi i nomi e portare le medicine sbagliate a chi me le chiede”

 L’espressione confusa di Yzda svanì solo a queste ultime parole: lo sapevo che quella della servetta scrupolosa sarebbe stata la carta vincente, specie dopo quel che era successo con Pacha.

 Alasu sembrava molto più felice, ma aveva ancora un ombra di dubbio. “Ma tu non hai giornate molto piene?”

 “Mi chiedevo, forse posso venire qui a un’ora come qualche giorno fa, quando non ci sono ancora clienti per voi e il nostro lavoro non è ancora iniziato”

 “E’ perfetto!” rispose Alasu. Suo padre fece per dire qualcosa, ma lei si limitò a sorridere e ad annuire appena, e lui tacque.

 Uhm, non era un controllo un po’ strano da una figlia sul proprio genitore? Se Alasu era l’Incendiario, Yzda cosa ne sapeva? Che legame avevano? Lui ne aveva paura, o le era ugualmente affezionato e avrebbe cercato di proteggerla, sviandomi le indagini? Oppure ero io che stavo decisamente diventando paranoica?

 “Allora ti aspetto per domani”

 “Grazie, sei fantastica! Adesso scusa, ma ho proprio rubato questi istanti, è meglio se torno fuori …”

Detto fatto. Bene, avevo la mia base per cominciare le investigazioni. Stavo concretamente facendo qualcosa. Malgrado la prospettiva che l’amicizia di Alasu fosse stata tutta una bugia mi fosse piacevole come uno scalpello sui denti, non potei fare a meno di ritrovarmi a sorridere, almeno un po’. Stavo facendo passi avanti per ottenere risultati. Nessuno diceva che non sarei venuta a capo di quella faccenda. Avrei trovato l’Incendiario (non Alasu, non Alasu …) e mi sarei discolpata, e avrei finalmente avuto accesso a quel dannato sacerdozio. Me ne sarei tornata a casa, e avrei archiviato il tempo passato a Tahuantinsuyu come un incubo che potevo lasciarmi alle spalle.

 Quella fu la mia serata: che sentimenti diversi, quando giunse quella mattinata con Alasu!

 Lei mi accolse con un gran sorriso e l’assenza di suo padre: era stato allontanato perché lei potesse avere via libera nel manipolarmi ancora? Le risposi con qualche generica piacevolezza. Ne avrebbe dedotto il mio nervosismo?

Lei mi fece avvicinare alla zona del tavolo da lavoro: sopra di esso, erano appesi al soffitto diversi mazzi di erbe perché seccassero. Mi indicò lunghi aghi di colori gialli, arancioni, rossi e bruni: rarissime foglie di Duheviq.

 “Sono alberi mutaforma. Possono assumere l’aspetto di qualsiasi essere vivente della taglia giusta: è una strategia che usano per cacciare. Si fanno passare dagli animali per membri della loro specie, e poi li attaccano, assorbendo i loro fluidi vitali per sostenersi”

 “No, scusa, fammi capire: avete alberi mutaforma succhiasangue?”

 “Ponendola così, li fai suonare come dei veri mostri, ma in realtà, sono creature consacrate ad Achesay e a lei profondamente leali. Infatti, solo ai suoi sacerdoti è permesso avvicinarli e, previo consenso, prelevarne le foglie. Contengono un sacco di nutrienti e sono un ricostituente eccezionale, ma cerchiamo di usarle solo in casi estremi, visto che sono così rare e difficili da procurare”

 “Uh …” che schifo. “Non stento a crederlo. Per caso possono assumere anche la forma di esseri umani?”

 “Qualunque essere vivente, sì”

 “E cosa ne sappiamo che uno di loro non è là fuori pronto ad attaccarci appena gli viene fame?”

 “Oh, non lo farebbero mai! Vivono molto isolati dalle comunità umane, proprio perché la Grande Madre vuole proteggere da questo rischio i suoi figli prediletti!”

 Era un accenno di sarcasmo quello che sentivo nella sua voce?

“Evviva la Grande Madre” borbottai in risposta. Chissà se Simay aveva mai visto uno di quegli alberi vampiri?

 “E questi invece” Alasu indicò un mazzetto di erbe blu scuro. “Sono kiquicos. Parassiti dei Duheviq, hanno anche loro qualche grado di senzienza, visto che si ingraziano gli alberi portando loro prede”

 “Come ‘portando loro prede’?!”

“Si muovono sotto i piedi o le zampe della vittima, e la disorientano in modo da portarla al Duheviq. E’ il motivo per cui i mutaforma permettono loro di crescere nei loro dintorni”

 Lo disse con lo stesso tono che io avrei potuto usare per descrivere i comportamenti del gatto che avevo da bambina. Sul serio questi vivevano con tutta questa tranquillità in un mondo dove gli alberi e perfino l’erba volevano farli fuori?!

 “Per questo, ricordati che allo stato naturale non è così scura, questo è solo un effetto dell’essicazione. Se vedi una qualsiasi erba blu, semplicemente, evitala, a meno che tu non la stia cercando di proposito”

 “E a che cosa serve?”

 “Ha molti utilizzi. Placa la fame, allevia la fatica, e in battaglia dà maggior coraggio ai soldati”

 Praticamente una droga. “Quindi almeno si fa valere. Altro?”

 “Questo è il famoso ‘sangue della Terra’” indicò delle erbe rosso cupo. “Sai, quella che il Sommo Sacerdote di Achesay ha confuso, con tutte le brutte conseguenze del caso”

 Com’era il suo tono a parlare di quella specifica erba? Nervoso? Vagamente eccitato? Un po’ tremante, quello sicuro, ma per quale ragione? Avrei dovuto pressarla?

 “Se preso entro certe dosi, ha un effetto benefico sulla gravidanza, ma anche per qualsiasi caso di cattiva circolazione sanguigna – è per questo che ne abbiamo sempre un po’ da parte” aveva abbassato gli occhi – senso di colpa? Oppure era tutto parte della recita? Dannazione, poteva essere qualunque cosa!

 “E se eccedi le dosi?” inquisii. Ecco, prendere finalmente un’azione decisa per valutare la sua reazione – lei mi lanciò un’occhiata talmente angosciata che mi lasciò senza parola, e ne approfittò per passare all’erba successiva.

 “Questa è la guyla” disse in fretta – per cosa stava quel cambio repentino di argomento? “Fa passare i dolori alla testa. In eccesso, provoca soltanto una forte sonnolenza”

 La guyla somigliava a un asparago, non ci prestai neanche troppa attenzione, come facevo a tornare sull’argomento di prima? Ma l’occhiata che mi aveva lanciato … e se fosse stata davvero solo una ragazza costretta a usare le sue capacità con le erbe a fini schifosi? Non avrebbe peggiorato il suo trauma e il senso di colpa? E se invece fosse stata tutta una tattica per accaparrarsi la mia compassione? Qual era la risposta giusta, dannazione, qual era?

 “E infine questa è la tably” indicò quello che sembrava un piumino secco azzurrognolo. “Bisogna riempirne un sacchetto da mettere sotto il cuscino per la notte, in caso di incubi persistenti” okay, questa era solo cara vecchia superstizione. “Queste sono tutte e piante che vanno fatte essiccare prima di utilizzarle, altre vanno usate fresche o mescolate con altre in poltiglia”

 “Come quella cosa che avevi dato ad Aylla” ricordai. Forse aveva qualche significato che l’avesse tirata in ballo proprio ora?

 “Esattamente, è un rimedio contro la nausea. Te lo spiegherò nei prossimi giorni, intanto domani penso di parlarti dei minerali, saranno tra le cose più comuni che vedrai in giro …”

 “Minerali? Cioè … usate i sassi a scopo medico?”

 “Dalle tue parti non ne hanno?” Alasu sembrava genuinamente esterrefatta. “Che strano … comunque sì, abbiamo minerali che se tenuti a lungo a contatto con la persona, o nell’ambiente in cui vive, possono avere influssi benigni o maligni”

 Somigliava a una cosa di cui avevo sentito parlare nel mio mondo, ma piuttosto come una specie di pseudoscienza dall’effettivo valore discutibile. Valeva anche per le pietre di Tahuantinsuyu, o qui c’era davvero un fondamento scientifico a queste storie?

 “Va bene” era il congedo, a quanto mi era parso di capire. In effetti, Dylla avrebbe iniziato a cercarmi entro breve. E cosa avevo ottenuto da quell’incontro? Niente … potevo sperare di raccattare qualcosa con le ultime parole?

 “Grazie per l’aiuto. E’ stato molto illuminante”

 “Figurati! Sono felice di poterti essere utile! A domani!” rispose lei con un gran sorriso. Perché quelle parole? Mi aveva detto altre balle, e sperava che agissi di conseguenza in chissà quale piano? O era solo una giovane farmacista lusingata dal poter trasmettere la propria conoscenza a qualcuno di interessato? Non ci stavo capendo più niente!

 Bene, quella maledetta lezione mi aveva almeno illuminata a una cosa: non ero affatto familiare a quel tipo di incontri, e non avevo la più pallida idea di come comportarmi.

 Certo, non era la prima volta che confrontavo qualcuno dalla doppia faccia: Sofia e le sue amiche, di cui ho parlato all’inizio di questa vicenda, avevano un approccio sorprendentemente diretto. Tra le ragazze in Italia – così come a Tahuantinsuyu, e così come nel resto dell’universo, io credo – non era ‘appropriato’ mostrarsi apertamente aggressive: la strategia di gran lunga preferita per confrontare una persona sgradita era rivolgerle sorrisi, carinerie e cortesie, e poi dirne il peggio possibile fuori dalla portata di orecchio del soggetto. Naturalmente questo si sarebbe reso conto della doppiezza, per suo intuito o perché i confidenti dell’antagonista non erano così affidabili, ma se avesse provato a confrontare la nemica, sarebbe passata automaticamente dalla parte del torto: lei non era mai stata altro che gentile nei suoi confronti! Era una buona componente di come mi ero guadagnata la mia reputazione di ragazza aggressiva e ribelle.

 Ma questi erano imbrogli e manipolazioni comuni, da quattro soldi, che chiunque fosse abbastanza vigliacco da non voler fare brutta figura affrontando direttamente chi gli aveva fatto un torto avrebbe potuto mettere in atto. Quello che era successo a noi era di tutt’altro livello: qualcuno era riuscito a dirigere le nostre azioni nella direzione da lei/lui desiderata, per ottenere risultati cui noi non avevamo neppure pensato, e tutto senza che noi ce ne rendessimo conto. Cosa potevo aspettarmi da una persona così?

 Come minimo, avrebbe previsto la mia indagine, e avrebbe detto tutte le parole giuste per sviare i miei sospetti su qualcun altro, senza che io ne avessi il minimo sentore, naturalmente. La mia strategia di essere quella ‘cazzuta’ e confrontare direttamente tutti a suon di urla e insulti non mi sarebbe stata di alcun aiuto. Non avrei saputo che fare, come difendermi. E se i dubbi che mi fossero venuti sul mio eventuale interlocutore fossero programmati come parte integrante del piano per sfuggirmi? E se le conclusioni cui sarei giunta fossero state accuratamente calcolate?

 Questo Incendiario che stavo tentando di scoprire mi appariva sempre di più come un’entità soprannaturale, onnisciente e onnipotente, capace di controllare tutto. E aggiungendovi il fatto che a quanto mi era stato riferito da Simay era qualcuno che non si poneva problemi nell’uccidere, e aveva il controllo assoluto dell’elemento del fuoco … posso dire senza troppo imbarazzo che più ci pensavo, più me ne nasceva un sacro terrore.

 E questa persona poteva essere Alasu, quella che io avevo sempre visto come una ragazza timida e un po’ impacciata, poi stritolata dal senso di colpa per essere costretta a qualcosa più grande di lei: una persona innocua, che faceva tenerezza e compassione. Non mi ero particolarmente sorpresa che lei mi ammirasse, anche se ne ero lusingata. Ma era stata tutta una finzione? Lei come mi vedeva davvero? Come una persona che apprezzava e ammirava e che dimostrava interesse e affetto verso di lei? O come una pedina che faceva comodo tenere attorno, nel caso servisse di nuovo? O ancora, come una pedina che aveva capito di essere stata usata, e di cui bisognava sviare i sospetti? E se fosse stata una delle ultime due possibilità, come avrei potuto accorgermi e difendermi dalle sue bugie e manipolazioni?

 Quel giorno mi sforzai onestamente di concentrarmi nei miei doveri di servigi alle dame e pulizie in giro per il palazzo: avevo un disperato bisogno di qualcosa per distrarmi da quei pensieri, prima di impazzire.

 Il mattino mi svegliai perfino più di controvoglia del solito. Davvero non volevo tornare alla bottega di Alasu; non per quei motivi. Presa da questo rimuginare che durava da tutto un giorno, con lo sguardo fisso sulla bottega del farmacista, non badavo nemmeno a dove stavo mettendo i piedi, e dunque fu a sorpresa che misi un piede su qualcosa di caldo e morbido, che strillò e si mosse, facendo cadere e strillare me di rimando. Un animale? No, una persona!

 Sdraiato lì per terra, a guardarmi con gli occhi sgranati, c’era un ragazzetto di circa tredici anni. La primissima cosa che mi colpì, nel guardarlo, fu che aveva i capelli tagliati cortissimi, contrariamente a tutte le usanze di quei luoghi; poi che era davvero magro – non scheletrico, ma di sicuro non sembrava un ragazzino ben accudito – e incredibilmente sporco. E non solo perché era stato sdraiato sul terreno: certe incrostazioni di sporcizia sulla sua pelle sembravano essere lì da diverso tempo. Il suo odore pungente di sudore e corpo non lavato non faceva che confermare quest’impressione.

 Saltai all’indietro non appena ebbi realizzato tutte queste cose.

 “Come se tu fossi molto meglio di me” commentò lui.

 “Io mi lavo” ribattei, fulminandolo con lo sguardo e facendo una gran scena di sventolarmi sotto il naso. “E tu cosa …”

 “Perché te lo lasciano fare, i nobili non vogliono schiavi sporchi” fu la sua risposta. “Ed è il motivo per cui sono qui. Magari, se riesco a passare da moccioso di strada a moccioso del Cortile delle Arti, vorranno che anch’io sia pulito, per non disturbarli col mio odore mentre sfilo loro i gioielli!”

 Quindi io stavo parlando con … e certo. In quelle condizioni, non sembrava qualcuno abituato ad avere un posto fisso dove dormire ed essere accudito: perché me l’ero presa con lui per il suo odore? Lui non poteva certo farci nulla.

 A mia discolpa, non avevo mai davvero parlato con un ragazzino di strada: nel mio paese quel problema era stato quasi interamente debellato grazie a servizi sociali che, bisognava ammetterlo, erano abbastanza attivi da non lasciare i bambini sulle strade. Al massimo potevo pensare ai bambini zingari, appartenenti a gruppi di nomadi, che talvolta vedevo mendicare o suonare strumenti per strada, ma anche loro sembravano tenuti meglio di questo ragazzetto che mi trovavo ora davanti. Quindi non avevo davvero la minima idea di come comportarmi in quella situazione. Dovevo immediatamente passare ad essere carina e gentile, far sfoggio della mia compassione per le condizioni miserevoli in cui viveva?

 “Ah, la conosco quella faccia” dichiarò lui con aria saputa, strappandomi a quell’imbarazzo. “Stai compatendo la mia vita triste, così giovane, senza una casa e senza genitori che mi insegnino un lavoro onesto. E indovina un po’?” sfoderò un sorriso a trentadue denti. “A me tutto questo va benone!”

 “Cosa?” ehm, da dove gli era venuta l’ispirazione per questo discorso? Espressione o no, io non gli avevo ancora detto nulla!

 “Della vostra rispettabilità, non me ne può fregar di meno!” proclamò orgogliosamente. “Non ho una casa? Vado dove voglio! Non ho genitori? Non ho nessuno che mi comandi a bacchetta e mi colpevolizzi per esistere! Non ho una posizione sociale? Non ho obblighi verso nessuno” Sogghignò. “E nessuno ha autorità di costringermi a far nulla, se non con la buona vecchia maniera di un fracco di botte”

 Era una mia impressione, o aveva lanciato un’occhiata obliqua verso la bottega del farmacista, su queste parole? Un altro elemento che non riuscivo a collocare, esattamente come tutto il resto della sua dichiarazione di indipendenza.

 Non mi era mai capitato che qualcuno si lanciasse in un discorso così, senza la minima provocazione! O forse non era esatto: dovevo aver fatto una qualche espressione di pietà, stupore, o tenerezza, qualcosa a cui il ragazzino doveva essere abituato. Sospettai che facesse quel tipo di discorso praticamente a chiunque.

“Molto interessante” replicai in tono quasi annoiato. “Non ho pensato nessuna di queste cose”

 “Ah, allora sei una di quelli profondamente schifati dalla mia esistenza” concluse lui, prima di mettersi a saltellare davanti a me. “Ebbene, eccomi qui! Ti traumatizzo tanto, vero?”

Seriamente, cosa stava passando per la testa a questo ragazzino?

 “Come se fossi tanto migliore di me” chiosò. “Sono sicuro che se tutti i tuoi segreti venissero spiattellati in giro, la gente ti guarderebbe con lo stesso schifo che tu tiri a me”

 “Che?”

 Il mio primo pensiero corse al mio arrivo in quel mondo. Come faceva quel ragazzino a sapere – no, non aveva senso! Aveva senso, invece, che tutti mi avrebbero additata come traditrice se avessero scoperto la mia collaborazione con Simay! Ma come faceva questo qui a saperlo? Ci aveva spiati durante qualche conversazione? Era l’unico a saperlo? Cosa avrebbe fatto di queste informazioni?

 “E non rispondermi con la tirata ‘io sono una persona perbene’. Tutti hanno dei segreti” dichiarò il ragazzino con aria saputa. Ah, meno male! Era un discorso generale.

 Allargò le braccia. “Pensi che queste siano le botteghe di brava gente? Siamo circondati da segreti sporchi! La sarta?” indicò la bottega della donna in questione, Conira. “Cornifica regolarmente il marito, con uomini molto più giovani di lei. Il fabbro? No, questo non è un segreto, le lamentele di quella povera moglie trascurata le sentono tutti”

 Aspetta, se chiacchierava così tanto sugli affari di tutti, poteva forse confermare …? Indicò la bottega del farmacista.

 “Il buon vecchio farmacista e la sua dolce figliola! Pronti a curare tutti, meno chi scopa l’Imperatore senza chiamarsi Llyra. E quel giovane e talentuoso orafo?”

 “Ehi, che hai detto del farmacista?” lo interruppi (chissà quale sarebbe stata la denuncia a Sayre?).

 Il ragazzino sghignazzò. “Non lo sai? Non ci arrivi neanche da sola? Sei proprio stupida!”

 “Sputa quelle informazioni, moccioso”

 Devo essere sembrata stranamente minacciosa, perché il mio bizzarro informatore cambiò subito registro, mostrandosi esitante e nervoso.

“Ehi, datti una calmata, non sei nella posizione di fare minacce” balbettò.

 “Non hai detto qualcosa a proposito dell’avere segreti? Fidati, per quanto ne sai, potrei sapere molte cose su come far parlare la gente”

 Sospetto di aver visto, nel mio mondo, troppi spettacoli in cui quel genere di minaccia funzionava. Naturalmente, non avrei avuto idea di cosa fare se il ragazzino mi avesse riso in faccia e giustamente concluso che stavo mentendo senza ritegno. Per mia fortuna, le mie parole ebbero effetto: il ragazzino mi fissò per qualche istante, come valutando quanto potessi essere effettivamente essere pericolosa, dopodiché parve concludere che sì, lo ero.

 “Le fanno abortire quando rimangono incinte” bofonchiò. “E’ che l’Imperatrice non vuole rivali per suo figlio, capisci, no? Non sorprende nessuno”

 “Vuoi dire che lo sanno altre persone?”

 Tutti lo sanno, qui in giro. Le concubine dopo un po’ ci sono arrivate da sole, e da lì non hanno fatto che spiegarlo a quelle che arrivavano dopo di loro. Le amiche di Llyra l’avranno sentito dire dalle loro famiglie nobili, la maggior parte delle concubine proviene da famiglie di quel calibro e quelle si conoscono tutte tra loro. E ogni tanto qualcuna si fa sentire dagli schiavi mentre ne parla, e quelli spettegolano con altri schiavi, artigiani e gente di strada. Io stesso, un paio di volte, ho sentito una schiava riferire al farmacista i nomi delle donne cui far avere la pozione”

 “Ma non dovrebbe essere una cosa proibita? Sangue del sole e tutte quelle storie?”

 Il ragazzino si strinse nelle spalle. “E chi è che ha le palle di andare ad accusare Llyra?”

 Grugnii in approvazione: ottimo ragionamento. Bene, per provare che la storia che mi aveva raccontato Alasu era vera, avrei solo dovuto dire a Simay e Qillalla di chiedere in giro. Ma come avevano detto loro, quello non mi assolveva automaticamente dalle accuse: avrei potuto manipolarli anche sfruttando fatti reali.

 “Grazie tante delle informazioni”

 “Mi lascerai andare?” il ragazzino non riuscì a celare la nota ironica, facendomi sospettare che tutta la sua paura precedente fosse stata una finta e avrebbe spifferato tutto in ogni caso.

 “Solo se rubi qualcosa anche alla ragazza di nome Uyella”

 Lui ghignò. “Furto su commissione! Lo farò. E adesso mi piange il cuore ad abbandonare la tua affascinante conversazione, ma devo guadagnarmi un buon posto intanto che non mi vede nessuno. Ciao ciao!”

 Trotterellò via, in direzione delle porte. Era stato decisamente l’incontro più bizzarro e sconcertante che avessi mai fatto in vita mia. Questo ragazzino era partito su una strana tangente sul perbenismo mio e di tutti quelli che abitavano nel nostro raggio visivo senza che io avessi fatto nulla per provocarlo. Certo, era la prima volta che parlavo con una persona di quelle condizioni: magari la gente di strada in genere si comportava tipicamente così?

 Be’, pace. Intanto avevo la possibilità di provare che la storia degli aborti era vera anche se non avrebbe dimostrato la mia innocenza a loro perché erano due stronzi precisini. Però questo significava che Alasu aveva detto a me la verità. Sì, sì, era stata ventilata la possibilità che fosse lei stessa ad avvelenare quelle donne e poi il biasimo ricadesse sull’Imperatrice per ragionamento logico, ma andiamo, quel ragionamento non stava in piedi. A quanto avevo capito dai discorsi di quelle donne, questa storia andava avanti da anni, da ben prima che Simay arrivasse ad Alcanta. Se io fossi stata Llyra, probabilmente avrei iniziato a dare quelle disposizioni non appena fossi salita al trono, quindi probabilmente ancor prima che Alasu iniziasse ad assistere suo padre in quella professione. A questo punto, avremmo dovuto imputare Yzda di essere l’Incendiario? Di nuovo, non avrebbe avuto senso, perché se quella lettera era davvero stata manomessa dall’Incendiario, avrebbe dovuto scoprire dell’identità di Simay da poco più tempo di me. Dunque?

 I farmacisti non erano le persone che stavamo cercando noi!

 Mi ritrovai a star ferma a sorridere stupidamente per qualche istante, quando lo realizzai. Nessuno dei miei timori del giorno prima era fondato! Alasu non aveva mai finto niente. La stima e la gentilezza che mi aveva mostrato non avevano nulla a che fare con il volermi usare.

A pensarci bene, anche sospettarla era stato stupido in primo luogo, esattamente per le ragioni che avevo appena pensato. La questione delle tempistiche? Era stato il commento di Nuala stessa a implicare che non fosse la prima volta che una concubina abortiva!

 Fu con un gran sorriso che entrai nella bottega – ora le indagini su di lei non erano più necessarie, ma mi ero messa d’accordo, e poi potevo almeno togliermi il gusto di parlare con una persona che non mi considerasse un mostro.

 “Ciao!” di nuovo, lei sembrava proprio contenta di vedermi. “Hai avuto problemi, per la nostra chiacchierata di ieri?”

 “Finchè teniamo le lezioni rapide, Dylla non avrebbe niente di cui lamentarsi anche volendolo” sogghignai.

 Lei mi sorrise. “Ti avevo detto ieri che avremmo parlato dei minerali, giusto? Bene, ti mostro di nuovo i più comuni”

 Mi fece cenno di seguirla verso un armadietto. Aperto, metteva in effetti in bella mostra una bella serie di sassi e quarzi di vari colori. “Innanzitutto, questo è un ‘ago di luce’”

 Fedele al nome, l’oggetto che Alasu stava indicando sembrava un cristallo lungo e affilato, di colore giallo vivido.

 “Non è propriamente un cristallo, anche se è sacro ad Achesay. Crediamo sia una sorta di incrocio tra animale e minerale …”

 “Eh?!” stavo per commentare sull’implausibilità scientifica di una cosa del genere, poi mi ricordai che ormai vedevo passare tutti i giorni per le strade scoiattoli dalla coda che andava a fuoco.

 “Neppure noi abbiamo grandi conoscenze sulla sua esatta natura, quella è conoscenza per i sacerdoti. Ora, vedi quel forellino che ha sulla sommità?” Mi avvicinai e osservai bene quel coso. Sì, guardando bene, si notava che non terminava con una vera e propria punta, ma piuttosto con un forellino, anche se talmente piccolo che non ce ne si accorgeva. “Gli aghi di luce lo usano per aderire alla pelle della vittima e succhiare loro il sangue, di cui si alimentano”

 Storsi la bocca e mi allontanai dall’ago di luce. “Ma è molto pericoloso o …”

 “Solo se ti attaccano in gran numero. Possono succhiare solo una certa quantità di sangue, ma è comunque qualcosa che si nota. Per di più, sono molto difficili da staccare di dosso a forza: o succhiano finché sono sazi, o trovi loro una preda più appetibile, oppure usi certi strumenti speciali”

 Indicò un paio di gigantesche tenaglie appese al muro. Quella specie di arma letale per un ago così piccolo? Dovevano davvero essere tenaci.

“Però hanno anche un loro uso medico. Li usiamo quando qualcuno è malato per sangue cattivo o eccesso di bile: succhiano buona parte e la persona, con un po’ di tempo a disposizione, si rimette molto velocemente”

 Sapevo che nel mio mondo, nei tempi antichi, i medici facevano cose simili con animali chiamati ‘sanguisughe’: e se anche una ragazza ignorante e poco studiosa come me lo sapeva, era perché questa pratica era regolarmente portata a esempio di quanto fossero dannose e retrograde le conoscenze mediche di quell’epoca in confronto a quelle attuali. Avrei dovuto dirlo ad Alasu? Fui molto tentata, ma mi resi conto che probabilmente l’avrei solo confusa, e ottenuto domande a cui non avrei saputo rispondere perché, per l’appunto, avrei parlato per conoscenze comuni invece che effettivi studi in materia.

“D’accordo. Così non darò troppo di matto se mai dovrete attaccarmi uno di quei cosi” fu tutto quello che mi sentii di dire in proposito. Lei sorrise. Si avvolse la mano in uno scampolo di tessuto e prese una gemma rosa, stando ben attenta a non farla entrare in contatto con la sua pelle.

 “Questa non era quella pietra al centro di quel gioiello strano che aveva Aylla?” notai. Come notato prima, era molto più grezza, ma il colore era lo stesso.

 Alasu soffocò una risata. “No, direi proprio di no. Sayre di sicuro non farebbe molti affari con questa. Doveva essere una tablyk, ci assomiglia molto ed è usatissima in gioielleria”

 “Uh. E questa?”

 “E’ una kislyk. Emana energie molto dannose per l’organismo, se tenuta a contatto con esso per lunghi periodi di tempo. Non è velenosa, ma può causare crisi di rigurgito, diarrea, emorragia, febbre e …”

 “Come, scusa?”

 “Da dove provieni tu non ci sono pietre così dannose?”

 Non era quello il punto. Il punto era che … doveva essere una coincidenza, vero? Era assurdo. Era stata Alasu a causare … ma Nuala aveva notato che la situazione di Aylla non era normale, anche per gli aborti che regolarmente avvenivano lì dentro. Alasu aveva chiesto se avesse mangiato qualcosa di strano. A quanto aveva detto Simay, gli risultava che il sangue della Terra provocasse emorragie con rischio di aborto, non diarrea, vomito o quant’altro. No, non aveva senso.

 “Corinna, mi segui?” chiese Alasu.

 Sussultai. “Sì … scusami, ma adesso ho paura di dover andare. Dylla inizierà a berciare tra poco”

 Alasu guardò fuori al cielo (era a malapena schiarito) ma non denunciò l’evidente bugia, limitandosi ad abbassare la testa. “Scusami, non voglio farti punire. Non aver problemi a correre fuori quando vuoi”

 “Ti dispiace se ripasso domani?”

 “No …”

 “Ottimo, allora ci si vede!”

 Mi fiondai fuori e, senza neanche preoccuparmi di controllare che Alasu non mi stesse seguendo con lo sguardo, mi rifugiai nei giardini. Avevo bisogno di qualche istante in cui non fare null’altro che pensare, senza urla di superiori o ordini da eseguire.

 Allora, era stata accennata la possibilità che fosse Sayre l’Incendiario, per la semplice ragione che era stato lui a rivelarmi dell’inimicizia tra Pacha e Llyra. In pratica, aveva anche meno possibilità rispetto ad Alasu, visto che a quanto pareva stava riportando un sentito dire, ma adesso c’era un altro indizio a suo carico. Pensandoci, il malessere di Aylla aveva molti più punti in comune con quelli causati da quelle maledette pietre rosa che dall’erba che aveva detto Simay.

 Ma non aveva senso! Certo, si sarebbe potuto dire che Sayre aveva causato il malore a quella donna solo per mettermi sul sentiero della vendetta e farmici trascinare tutti gli altri, ma come faceva a sapere il momento preciso in cui proprio io sarei passata da quelle parti? C’era una ressa infernale per portare i vassoi dei dolci! Non aveva uno straccio di senso. No. No.

 Non poteva essere lui – aveva ben due indizi a suo carico – non mi sarei nemmeno dovuta scomodare a indagare, a dirlo agli altri due … oh, cazzo, pensai. Non volevo che fosse lui. Alasu era quel che di più simile avevo a un’amica in quei luoghi, e ho già ampiamente descritto come mi fossi sentita al tentare di indagare su di lei; ma qui stavo pensando al ragazzo che mi piaceva.

 Riguardandomi indietro, posso riconoscere che quello non era neanche lontanamente amore, neppure del genere tempestoso e rapido a svanire che si attribuisce ai giovani: era semplicemente un’infatuazione, poco più che semplice attrazione fisica. Ma all’epoca non lo sapevo.

 Avevo già avuto interessi sentimentali per qualcuno, circa due anni prima degli eventi che sto narrando; ma era stato poco più che un gioco, un voler sentirmi innamorata perché tutte le mie coetanee attorno a me sembravano innamorate di qualcuno, e quel ragazzo aveva semplicemente un aspetto gradevole. A confronto, quello che provavo per Sayre era una passione devastante.

 E così mi comportavo di conseguenza: non riuscivo a passare in rassegna nella mia mente tutte le volte che avevamo chiacchierato, i sorrisi che mi aveva rivolto, i suoi tentativi di sapere qualcosa di più su di me anche se essenzialmente continuavo a ringhiargli in risposta … era tutto parte di un piano per conquistarsi la mia fiducia e farmi mettere in moto una catena di eventi che portasse all’eliminazione di una persona a lui sgradita?

 No, io volevo che quel legame … di qualunque natura fosse … significasse qualcosa, accidenti. Non volevo essere un mezzo per un fine!

 No, calma, ora stavo correndo troppo. C’erano un sacco di altre persone che, seguendo quei tenui fili logici, potevano essere l’Incendiario. Perché non la concubina che mi aveva ordinato di andare a prendere Alasu? Era stata lei a coinvolgermi direttamente nella faccenda, acchiappandomi nel bel mezzo del corridoio. E aveva scelto proprio me, non un'altra schiava: non era un chiaro segno di volermi far vedere la bastardaggine di cui era capace Llyra? O magari una delle schiave, che aveva manipolato le offerte delle altre per far sì che fossi io ad andare a prendere quei dolci! Tutto questo era ridicolo, ma dannazione, anche pensare che Sayre fosse dietro a tutto solo per quei due indizi …

 Un momento. Qui avevamo tutta una serie di persone che avevano collegamenti molto deboli con gli eventi che ci avevano spinti a muoverci … tante persone, ma che insieme formavano un ingranaggio ben preciso … poteva essere? C’era davvero una sorta di ‘mente maestra’ che manovrava tutti questi? Non ero solo io che non volevo pensare di essere stata usata dalle pochissime persone a cui avevo potuto concedere un po’ di fiducia?

 Solo un modo per accertarmene: esaminare bene i vari elementi.

 Alasu era ormai da anni costretta da Llyra a far abortire le donne dell’harem. Era una conoscenza comune, perfino un ladruncolo di strada lo sapeva, e aveva sottolineato che una simile conoscenza era diffusa in giro da nobili pettegoli. Tanto che poteva essere non coinvolta del tutto … aveva chiesto che io la seguissi, ma era vero che lei e suo padre non avevano schiavi.

 Poi c’era Sayre: aveva indagato su come ritenessi giusta una logica di vendetta, mi aveva spifferato della situazione tra Llyra e Pacha per convincermi che sì, chiedere aiuto al Sommo Sacerdote sarebbe stata una grande idea, e aveva creato il gioiello con la pietra malefica al centro. Ma aveva anche lui approfittato della conoscenza comune di cui sopra, e non era stato nemmeno nei paraggi quando io ero stata tirata in mezzo ai soccorsi di Aylla.

 Poi ancora c’era Nuala, di famiglia nobile ma non per questo dalla vita serena, che tra tutte le schiave possibili aveva fermato proprio me, ordinandomi di chiamare Alasu – che poi mi aveva chiesto di assistere, altro punto che la implicava.

 Sì, ci avevo visto giusto: presi separatamente, gli indizi a carico di queste persone erano troppo inconsistenti, ma se messi insieme, tutto quadrava in modo molto più efficace. L’Incendiario aveva dei complici. Probabilmente si trattava di un – o una – nobile: chi altri sarebbe potuto essere nella posizione di minacciare degli artigiani? Il sistema di attribuzione delle leggi poteva anche essere diverso, ma da che mondo era mondo, in un tribunale la parola di un ricco valeva più di quella di un povero.

 E a quanto avevo capito, l’esistenza dell’Incendiario era un segreto noto a pochi: se anche gli artigiani avessero denunciato, avrebbero riso loro in faccia.

Sì, lo sapevo che l’Incendiario poteva nascere nel corpo di chiunque e in qualsiasi ceto sociale, ma qui la possibilità di salire di rango c’era, con quel test dei quattordici anni. L’incarnazione di Sulema, se fosse stata figlia di un artigiano o schiavo, probabilmente ce l’avrebbe messa tutta per superarlo, e non sarebbe stato difficile, se aveva i ricordi di così tante vite. Tutto questo escludeva dalla lista dei sospettati sia Alasu (se ancora ce ne fosse bisogno) che Sayre.

Nuala? Nata in una nobile famiglia, con una certa attitudine al comando, amante dell’Imperatore in persona e quindi con una possibile influenza su di lui … certo, la sua posizione era molto limitata da Llyra e dalle sue dame da compagnia, ma questo avrebbe potuto renderla meno sospettabile. Tra le persone coinvolte, era quella che sarei stata più inclinata a sospettare.

Bene, avevo finalmente fatto una deduzione decente. Adesso, non mi restava che informare e convincere quei due idioti che sospettavano di me.

 

“Quindi adesso ci stai tirando in ballo tutta una congiura” commentò Qillalla, braccia conserte e sopracciglio alzato. Simay era seduto pressoché appallottolato su se stesso, con un dito poggiato alle labbra.

“E’ la cosa più ovvia. Hai bisogno che te lo ripeta? Questi indizi hanno senso solo se combinati insieme”

 “Tranne quelli contro di te”

 “Ah sì? E che cosa siete riusciti a scoprire del mio misterioso passato, sentiamo”

 “Abbiamo rintracciato gli schiavisti che ti hanno catturato. Ora sono in … viaggio d’affari, ma appena saranno tornati, provvederemo a interrogarli”

 “Ah, e il fatto che io sia stata catturata da quei tre invece che da chiunque altro è un indizio?”

 “Non sto dicendo que …”

 “Ha senso” mormorò Simay. Qillalla si bloccò a guardarlo.

 “Come?”

 “Che l’Incendiario sia spalleggiato da più persone. Un po’ di fuoco da solo non scatena una guerra civile, ha bisogno di pedine e alleati che approfittino del caos scatenato dai suoi omicidi, o magari gli creino degli alibi per renderlo irrintracciabile. Siamo stati stupidi a cercare sue tracce senza pensare a questo”

 “Uh, hai ragione”

 Il discorso di Simay non aveva fatto altro che farmi sorridere; l’espressione di Qillalla nel proferire quelle due parole fu la frutta sul dolce.

 “Bene. E ora, vi pare che una schiava appena catturata e venduta possa avere tutto questo potere su tutte queste persone?”

 “Sì. A quanto ne so, quella di prendere fuoco è una paura che trascende gli strati sociali”

 Ma di nuovo, che accidenti aveva Qillalla contro di me?

 “E quindi mi credi così intelligente da scoprire l’identità di Simay, decidere quali persone potrebbero calmare la situazione e studiare il piano per eliminarle, individuare le persone giuste da costringere ad aiutarmi, e mettere in azione il piano, il tutto nelle poche settimane che sono qui? Sono lusingata”

“Hai appena usato l’argomentazione più convincente a tua difesa che abbia mai sentito finora”

“E’ vero” concordò Simay. Lo fulminai con lo sguardo, lui mi guardò confuso e dopo un istante sgranò gli occhi. “Non lo intendevo in quel senso! Cioè … anche con una specie di genio, ci vorrebbe tempo per imparare come funziona la società di Tahuantinsuyu, scoprire i suoi punti deboli, conoscere le persone importanti e trovare il modo giusto di sbarazzarsene … è molto più facile che questa persona non solo abbia una buona posizione sociale, ma sia nativa di Alcanta”

 “Assolta, allora” borbottò Qillalla guardandomi.

“I tuoi festeggiamenti mi commuovono”

 “Scusa se abbiamo sospettato di te” il sorriso di Simay pareva proprio sincero. “Ma non potevamo assumerci rischi in questo. Vuoi ancora aiutarci …?”

 “Voglio mollare un pugno in faccia a tutti e due” dichiarai. “Però sì. Tu stai ancora rischiando la pelle. E se a reputazione di questo Incendiario è meritata, adesso la rischiano anche un sacco di persone. Non mi va di stare con le mani in mano mentre succede questo”

 “Hai sentimenti incredibilmente nobili per una schiava!”

 “Alla faccia della condiscendenza” brontolai. “Allora, abbiamo appurato che il problema si è moltiplicato per ogni persona compresa in quella bastardata. Avete già pensato a cosa fare o devo pensare io anche a quello?”

 “Non sia mai che ti imponiamo eccessive fatiche” interloquì Qillalla. “Simay, hai qualche idea?”

 “Penso che dovremmo confrontare uno tra Alasu o Sayre” borbottò nervosamente l’interessato. “Se Corinna ha ragione, e l’Incendiario è un nobile che li costringe a lavorare per lui, non gli saranno affatto affezionati. Forse non sapevano chi avrebbe potuto aiutarli, ma io sono un novizio sacerdote. Sono al servizio di una dea, e non una esiliata in un corpo umano. Potrò riferire tutto alle alte sfere dei Templi, e …”

 “E rivelare la questione della tua nascita” intervenne Qillalla. “Oltre che rendere pubblica la questione degli aborti. La tua famiglia ti vedrà come l’occasione di tornare al potere e farà di tutto per metterti in trono, le famiglie delle concubine nobili potrebbero scatenare una vera e propria rivolta che l’Imperatore non sarà qui per sedare …”

 “E l’Incendiario avrebbe lo stesso quello che vuole” finì Simay in un sussurro.

“Merda” commentai. “Non possiamo garantire loro proprio niente per convincerli a parlare”

 Simay si prese la testa tra le mani. “Non lo so. Potremmo fare appello al loro senso do giustizia, promettere che collaboreremo con loro … che pagheremo l’Incendiario con la sua stessa moneta e creeremo un piano per levargli tutta l’autorità che ha …”

 “E a quel punto comincerebbe a dar fuoco alle cose, suppongo” replicai. “A quel punto che si fa? Lo ammazziamo?”

 “Non ho mai combattuto contro nessuno …” mormorò Simay.

 “Figurati noi” ribatté Qillalla. “Nessuno di noi sa usare armi, tu hai appena iniziato il tuo servizio ad Achesay e il potere che ti è stato concesso, per quanto impressionante mi sembri, non credo supererà un certo limite. E non abbiamo idea di che poteri sul fuoco abbia questo maledetto, o come li usi”

“Siamo in un fottuto vicolo cieco” contribuii alla fiera della positività.

 “Ma ci deve essere qualcosa che possiamo fare!” Simay quasi ringhiò. “Se almeno sapessimo chi sia questa persona, avremmo qualcosa su cui appoggiarci …”

 “E’ proprio per ottenere quello che dobbiamo essere convincenti con gli artigiani” replicai. “O pensi di mentire loro spudoratamente?”

 Ci fu un attimo di silenzio. Il mio pensiero immediato fu che la risposta sarebbe stata ‘sì’. Feci a malapena in tempo a processare questa conclusione e sorprendermi, che arrivò la risposta vera.

 “No, Saremo assolutamente onesti su quello che possiamo e non possiamo fare. Gli ricorderemo i loro doveri verso la giustizia sia umana sia divina, e voglio sperare che basti per portarli sulla retta via”

 Contro la minaccia di avere la vita socialmente rovinata o fisicamente annullata? Molto probabilmente, quasi sicuramente avremmo fallito. Mi sarebbe piaciuto dargli dello scemo e venirmene fuori con un’idea migliore, solo che non ne avevo nessuna.

 Qillalla sospirò. “Si può sempre provare”

 “Non possiamo fare altro. Non interrogherei Alasu: stando a come l’ha descritta Corinna, sembra una ragazza molto in colpa per quello che fa e che potrebbe crollare sotto un interrogatorio diretto, ma ha già confessato di lavorare per Llyra, ciò è quasi di sicuro anche la verità e non ci sono prove concrete per accusarla di lavorare anche per qualcun altro. Non avremmo nulla su cui farle pressione”

 Meglio così, quella povera ragazza si era già tormentata abbastanza per tutta quella vicenda. Il bello di quella giornata era stato proprio pensare di poterla lasciare in pace!

 “Quindi ci appelleremo all’orafo?”

 Ecco, quella era la parte non bella di quella giornata. Di solito sarei stata più che contenta di parlare con Sayre, ma dopo aver scoperto quelle cose sul suo conto? Certo, era stato costretto a far del male a quella donna, non potevo prendermela con lui per quello più di quanto potessi prendermela con Alasu, ma … insomma, fino a quel momento avevo parlato con lui, in barba alle posizioni sociali, da pari a pari.

 Ritrovarmi a interrogarlo su qualcosa che lui era obbligato a fare … era sbagliato, ecco. Mi sembrava di star ficcando il naso. Cosa avrebbe pensato di me, durante quell’interrogatorio? Avrei dato oro per non trovarmi mai in quella situazione, ma ormai avevo assicurato a quei due il mio appoggio, che, per inciso, si rivelò imprescindibile: Qillalla ebbe la brillante idea di effettuare quell’interrogatorio di notte, piombando nella casa di Sayre senza alcun preavviso, e io avrei dovuto segnalare loro quando tutti sarebbero stati addormentati e la via sarebbe stata libera.

 Era molto chiaro perché volesse procedere in quel modo – non avere nessuno che entrasse a commissionare un braccialetto a un momento cruciale, nessuno a chiedersi perché tre persone di classi sociali così diverse si recassero insieme dall’orafo – e credo di aver già chiarito che per me non era un problema l’idea di fare irruzione in casa di qualcuno di notte; solo, progettare una simile effrazione rendeva l’idea di quello che stavamo per fare molto più reale e inevitabile.

 Senza più nulla da discutere, l’interrogatorio fu stabilito per la notte successiva, e io potei tornarmene a dormire, maledicendo il mondo e cercando di aggrapparmi al pensiero che almeno io non ero più sospettata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

e con l’aiuto di un provvidenziale(?) ragazzino di strada, Corinna ha scartato Alasu dalla lista dei sospetti, estendendola a molte più persone. Avrà ragione? Avrà torto? Lo si scoprirà nel prossimo capitolo; intanto, spero che questo sia stato apprezzato! Grazie di nuovo ai lettori, a quelli che hanno inserito la storia tra preferite/seguite/ricordate, e ai recensori!

  
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