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Autore: Uptrand    08/01/2018    18 recensioni
La guerra contro i grigi è terminata vittoriosamente. Andiamo a vedere come sono cambiati gli equilibri di potere e come trascorrono le loro giornate gli uomini e donne della Noveria Corps.
Queste storie hanno lo scopo di far conoscere meglio i vari personaggi.
In altre raccolte "Dopoguerra 2" e "Dopoguerra 3" parlerò dei personaggi delle altre fazioni.
Sono presenti descrizioni prese dal codex del gioco.
Genere: Azione, Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La spada, in mano alla ragazza, volteggiava nell'aria con la massima grazia possibile. Erano mosse di base, eseguite un'infinità di volte e destinate a ripetersi altrettante volte .
Stoccata, parata, affondo, raddoppio, finta e molte altre si susseguivano a una velocità impressionate, un risultato dall'esperienza di anni di esercizi.
Lei non si sarebbe mai accontentata di niente di meno della perfezione. Aveva le doti di una professionista a soli 17 anni, avrebbe potuto partecipare a qualsiasi grande evento sportivo di scherma ma non lo aveva mai fatto.
Non le interessavano, si allenava per un suo obiettivo personale da raggiungere che non aveva bisogno di condividere.
Un ultimo guizzo della spada e con un movimento fluido la rinfoderò. Fece respiri profondi e lenti, mentre sentiva il battito del cuore che lentamente diminuiva tornando alla sua frequenza normale.
Afferrò un asciugamano li vicino, passandoselo sul collo e poi in testa, tra i corti capelli biondi, asciugandosi dal sudore.
La porta della palestra si aprì « Alexya! La colazione, la stanno servendo. » La chiamò una ragazza dall'aspetto minuto, filiforme, aveva capelli marroni col medesimo taglio corto.
« Arrivo, Taiga! » Rispose la bionda.
Le differenze fra loro non potevano essere più accentuate. Alexya era una bella ragazza con un fisico scultoreo, occhi di un azzurro incredibile e capelli di un biondo più luminoso dell'oro.
Taiga aveva la sua stessa età, però non superava i 148 cm, il suo seno non era prosperoso come quello dell'amica. Per prenderla in giro, più volte si era sentita dire che la sua misura era una retromarcia.
Non che questo l'avesse scoraggiata in qualche modo, la ragazza aveva un carattere forte e non le mancava il coraggio. Si accomodarono in sala mensa, come sempre attiravano diverse occhiate degli altri cadetti della scuola militare Alfonse Larke.
Era situata nel Costa Rica, nella sua capitale San José, la nazione vantava una vasta e lussureggiante giungla tropicale spesso usata per esercitazione dagli allievi. Questa ricopriva il più del 30% del suo territorio nazionale ed era considerata patrimonio nazionale e dell'umanità. Sebbene lo stato non avesse un esercito dal 1983, aveva lo stesso aderito all'Alleanza e i suoi cittadini potevano arruolarsi in essa.
Per un maggior contato con la popolazione, quest'ultima, negli ultimi anni aveva anche costruito una serie di scuole, licei e accademie militari sovranazionali a cui far iscrivere i giovani che volessero avere giusto un accenno di disciplina militare.
La Alfonse Larke, rientrava appunto in questo vasto piano che aveva nell'accademia per ufficiali superiori Hackett la sua punta di diamante. La scuola era dedicata a un ufficiale dell'Alleanza che nella guerra contro i Razziatori aveva contribuito a salvare innumerevoli vite, guidando la fuga della popolazione nella foresta.
Alexya Weaver, in cerca di uno scopo nella vita, aveva deciso di frequentarla una volta saputo che era stata frequentata anche da Olivia Williams Shepard. Una delle poche persone verso cui nutrisse un'ammirazione anche solo vicina a quella che aveva per Dasha Weaver, sua madre adottiva, e Isabella.
Una volta libera di pensare, con la mente non più influenzata dal programmata di indottrinamento phantom, era rimasta affascinata dall'infinità di opinione contrastanti che esistevano nell'universo.
Due verità opposte potevano coesistere ed essere vere allo stesso tempo.
Le decisioni che lei aveva preso erano sempre state fatte con assoluta certezza, l'incertezza non l'aveva mai toccata. Però si rendeva conto che la sua poteva essere una visione limitata, non sbagliata solo ristretta.
Per questo aveva optato per una scuola militare. Un militare doveva avere un'etica e un codice di comportamento sia in pace che in tempi di guerra, ma la verità era che in azione si combatteva per non morire dimenticandosi di ogni moralità.
L'istinto di sopravvivenza diventava dominante, per non morire si facevano cose che non si sarebbero mai fatte. Così nascevano gli eroi per una fazione, feroci assassini per i nemici.
Due figure opposte che convivevano in un individuo. Un dualismo che la affascinava. Anche per motivi privati, per lei sua madre era un esempio da seguire ma in passato era stata una criminale e per difendere gli interessi della multiplanetaria Noveria Corps, da lei fondata e gestita, aveva infranto leggi senza nessuna remora. Un'eroina per lei, una criminale arricchita per chi conosceva il suo passato. Chi aveva ragione?
Aveva deciso che doveva fare autentiche esperienze di vita, per trovare una risposta a questo quesito etico. Sapendo che qualunque risposta avesse trovato sarebbe stata solo per se stessa. Le verità assolute non esistevano.
Tra le due ragazze lei era stata la prima a frequentare l'istituto, attirando per varie ragione l'attenzione di tutti. Non solo per la sua bellezza mozzafiato e figlia adottiva della ricchissima e potentissima Dasha Weaver.
Ancora tutti avevano ben in mente l'intervista che lei e le sue sorelle, Diana e Trish, avevano tenuto di loro iniziativa al termine della guerra contro i grigi. Era stata una sua idea iniziale.
Una fuga di notizie, mai del tutto chiarita, avevano svelato all'opinione pubblica che loro erano cloni di quella che il pubblico conosceva come Isabella Noveria. Rivelando che erano un nuovo tipo di biotici, dotati dell'isotopo 19 dell'eezo.
Mentre tutti cercavano di per nascondere la verità, loro tre, all'insaputa di tutti, organizzarono un'intervista.
Dei loro omicidi dissero solo che li avevano commessi quando erano sotto il controllo dell’asari estremista che le aveva create. Da li in poi avevano smesso, dopo essere state liberate da Dasha, Isabella e da altre persone che definivano i loro amici.
Spiegarono che erano state indottrinate da neonate, non avevano mai avuto o esercitato il libero arbitrio, il programma phantom le obbligava a ubbidire qualsiasi ordine della loro creatrice.
Un'ammissione parziale: dopo che erano state liberate una parte dell’indottrinamento era stato rimosso, come Isabella avevano difficoltà a comunicare o a creare legami, essendo in una situazione simile a lei che da anni aveva un programma phantom solo parziale installato in testa.
Ma seguendo la donna avevano continuando ad uccidere in diverse occasione, in particolare in combattimenti biotici all'ultimo sangue. Senza nessun movente, se non il mero divertimento.
La verità era che a loro uccidere piaceva, lo facevano senza alcun rimorso e l'unica differenza era che adesso i loro istinti gusti non erano più influenzati dall'indottrinamento.
Sebbene ancora attivo, era presente solo a livello subconscio non più in grado di esercitare lo stesso controllo di prima.
Inizialmente a scuola andò tutto bene, Alexya si dimostrava un'alunna modello, seria e diligente ma poi cominciarono i primi problemi con gli altri alunni.
La scuola possedeva corsi di nuoto, sollevamento pesi, atletica leggera, di lotta e squadre ufficiali per ognuno di essi che rappresentavano l'istituto in competizioni sportive.
Lei non si limitò ad arrivare prima ovunque, ma fu la migliore in tutte superando ogni record scolastico. Tuttavia essi non la entusiasmavano, anzi, era infastidita dalle richieste che le facevano di unirsi a ciascuna di quelle squadre.
La svogliatezza e il senso di superiorità che mostrava verso queste attività, ben presto la resero antipatica agli l studenti ma il punto di rottura fu quando affermò che collaborare con dei dilettanti non le interessava. Anche se rispettava le regole, il suo comportamento non mostrava il minimo rispetto per l'avversario.
Snobbò tutti nel peggior modo possibile.
La sfidarono più volte in ognuna di quelle discipline, ma il risultato era sempre il medesimo: la sua vittoria. Venne ripresa anche dai maestri per questo, inutilmente. I loro tentativi di farle capire che doveva cambiare atteggiamento furono ignorati.
Non solo, lei fu tanto sfrontata da sfidare apertamente e spudoratamente gli insegnanti che la sgridarono. Incitati dagli altri studenti, finirono tutti per accettare trascinati da quell'entusiasmo.
Vinse, mostrando verso tutti un atteggiamento stizzito. Il fatto più eclatante fu contro l'insegnate di nuoto, vinse con ampio vantaggio ed uscì dalla piscina senza attendere la sua avversaria, prima che la gara terminasse con l'arrivo della sua sfidante.
Lei se ne andò mentre tutti la guardavano ammutoliti, umiliati e pesantemente offesi.
Compresa l'insegnate, arrivata a fondo della corsia di nuoto solo per scoprire che la sua allieva/sfidante se n'era andata senza una parola o un gesto di cortesia che spesso si usavano tra avversari.
Col tempo l'insoddisfazione della ragazza cominciò a farsi più marcata il mese successivo, cominciando a riversarsi anche verso i professori.
Chi ci aveva a che fare non riusciva a evitare una sensazione di essere trattato come inferiore.
Quando le spiegarono che avrebbe dovuto mostrare del rispetto verso gli altri, disse la verità su come la pensava « Mi rifiuto di mostrare del rispetto verso chi lo non merita, avere sorrisi di circostanza o cose simili. Questo problema è solo vostro, perché io non ho intenzione di cambiare. »
Venne mandata via senza che le fosse assegnato nessun castigo. La sicurezza della ragazza era disarmante, non era nemmeno arroganza che almeno sarebbe stata più facile da gestire, i professori non sapevano come affrontarla.
Al terzo mese tutti la evitavano, ma il suo comportamento rimaneva inalterato. Presto, quel senso di continua inferiorità divenne troppo per continuare a sopportarlo.
Alcuni alunni, in parte membri anziani di gruppi sportivi, la attirarono in una trappola per spaventarla. Erano giunti a quella situazione esasperati dal suo atteggiamento, lei da sola umiliava e derideva qualsiasi loro sforzo e progresso per cui si erano impegnati per anni. L'avrebbero costretta ad andarsene.
La porta si aprì e Alexya uscì dall'aula in cui era stata attirata, per una trappola che aveva intuito da subito. Era illesa e lo erano anche le persone all'interno della stanza, ma tutte erano sotto shock.
Lei non gli aveva toccati con un dito, aveva solo mostrato che “volto” aveva un'assassina professionista. Il solo senso di pericolo li aveva sopraffatti.
Uscendo, in tono deluso, borbottò « È solo uno stupido trucco.» Per niente soddisfatta dell'ennesima sfida senza senso.
Il clima nella scuola divenne difficile, Alexya da una parte e chi rimaneva dall'altra. Ormai la situazione era bloccata, la ragazza non aveva nessuna intenzione di fare un passo indietro sulle sue decisioni.
Lei aveva deciso di provare quella strada per dare una svolta alla sua vita, trovare uno scopo e raggiungere un obiettivo.
Partecipando alla recente guerra aveva scoperto le proprie lacune, una guerra era diversa da un omicidio e lei non era preparata ad essa. Per esserlo serviva altro.
Decise di apprende i valori essenziali del lavoro di squadra: la cooperazione, la competizione, la capacità di agire con e per i compagni, la comprensione delle esigenze altrui. Con le sorelle si muoveva alla perfezione.
Ma il problema, era che chiunque altro le era talmente inferiore da rendere impossibile lavorare in gruppo. Da parte sua, far squadra con quelli che reputava dilettanti la riteneva un'idea inutile.
Voleva indagare e consolidare le proprie virtù e ragioni, che a detta di molti rendono le persone più forti dentro: il rispetto, la lealtà, la fiducia e il rigore etico.
Aveva letto molto su ognuno di questi aspetti e si era interrogata su cosa rappresentassero per lei.
Il rispetto era per lei il coraggio di affrontare la conseguenza di qualsiasi propria azione, senza la minima paura. Prima si decideva, poi si agiva e nel mezzo nessun ripensamento o dubbio.
Il pentimento nasceva dalla debolezza di carattere.
Non poteva esserci rispetto per chi tentennava nel dubbio o paura.
Se si decide di compiere un'azione bisogna essere fiera di essa e sostenere il proprio operato fino alla fine, anche se questo si ritorceva contro di te. Questo era il suo credo.
Sulla lealtà, lei era leale unicamente a se stessa. Non era egoismo e voleva davvero bene alle sue sorelle, a Isabella e a sua madre. Per difenderle e aiutarle avrebbe fatto di tutto, ma se per seguire le sue decisioni si fosse dovuta scontrare con loro lo avrebbe fatto.
Le sue sorelle si sarebbero comportate allo stesso modo, il contrario sarebbe stato un insulto. Per non parlare di Isabella: se lei non avesse avuto il coraggio di affrontare, fino in fondo, la conseguenza delle sue azioni la donna sarebbe stata delusa da lei.
Sulla fiducia, si fidava delle proprie capacità. Non era una fiducia cieca, sapeva cosa poteva e non poteva fare e riconosceva i propri limiti. Proprio per questo sapeva dove agire per migliorarsi, sebbene servisse tempo per vedere risultati ma era paziente. Il suo modello di confronto era Isabella, il più potente biotico esistente ma sopratutto, almeno per lei, la miglior schermitrice possibile.
Il suo obiettivo era batterla.
I suoi poteri si sarebbero rafforzati, tanto più la sua sicurezza nel suo scopo sarebbe stata forte e priva di dubbi e esitazioni. Questo era stato un altro prezioso insegnamento di Isabella alle ragazze.
Sul rigore etico, quel concetto infantile la faceva sorridere. Credere in esso era come credere in una favola. Era un'idea astratta piuttosto carina, molto dicevano di comportarsi secondo un'etica ma non era vero. Le persone seguivano i propri interessi personali, difendendosi dietro ad opportuni concetti. I primi a farlo erano proprio i politici, quelli che avrebbero dovuto guidare i popoli. Quanti ne aveva visti strisciare davanti a sua madre. Riuscivano a disgustarla.
Non era forse meglio sua madre, Dasha Weaver, che con ferocia e intelligenza si era imposta tra i poteri forti della galassia? Aveva commesso dei crimini, vero, e allora? Alzasse la mano, chi per occupare la propria posizione di potere non l'aveva mai fatto.
Alla fine quegli atti avevano anche avuto effetti positivi, quanti posti di lavoro aveva creato la Noveria Corps? La compagnia non si era forse schierata in prima linea, a sostegno di tutta la galassia nella guerra contro i grigi?
Osavano farsi delle opinioni su di lei forti dei loro principi etici, positive o negative non importava, quando non erano neanche degni di essere calpestati dalle sue scarpe. Aveva scoperto questo frequentando dei social network, ma aveva smesso subito dalla superficialità che aveva incontrato. Lei era dell'idea che andassero chiusi o limitati, c'era troppa stupidità raggruppata tutta assieme.
Criticavano l'operato di sua madre dall'alto di astratti concetti etici, erano forse ciechi a non riconoscere che concetti come l'onesta servivano solo a nascondere l'egoismo che muoveva gli individui ad agire?
Aveva ragione sua madre quando, per la prima volta, le aveva detto “il popolo è bue. “ Mai aveva sentito frase più veritiera.
Quando le sorelle Weaver avevano ammesso, nell'intervista pubblica, di essere dei cloni di Isabella erano scoppiate le voci e le dicerie più assurde. Qualcuno aveva asserito che loro tre fossero state create dalle due donne come giocattoli sessuali, quando la relazione che le univa era divenuta pubblica e il relativo matrimonio.
Era questa la democrazia? Permettere agli stupidi di parlare? Vedere masse di persone rumoreggiare su argomenti che neanche capivano? Se la risposta era “si”, allora lei sarebbe stata dalla parte dei regimi totalitari.

In sala mensa si sedettero a un tavolo a parte, nessuno osava avvicinarsi ad Alexya. Solo Taiga, che era anche sua compagna di stanza, le stava vicino senza problemi.
« Vorrei che gli altri non ci stessero alla larga. » Borbottò Taiga.
« Non ho nulla in contrario. » Dichiarò tranquillamente l'amica.
« Essere più amichevole? »
« Non cerco la simpatia di nessuno, mi limito ad essere onestamente me stessa. »
Taiga non sapeva come rispondere, Alexya in parte aveva ragione, ma al tempo stesso era problematica.
Chiunque le stesse vicino era messo in ombra, lei faceva sentire chiunque fuori posto e inutile.
Quando arrivò Taiga, per Alexya fu una bellissima sorpresa. La ragazza capì che qualcosa che non andava, appena pochi minuti dopo averla incontrato. Le occhiatacce che le arrivavano erano un indizio abbastanza sospetto.
Si fece raccontare ogni cosa.
« In pratica hai umiliato chiunque frequenti questa scuola, insegnanti inclusi, e non sanno cosa fare con te. » Esordì Taiga, al termine del riassunto delle vicende.
Lei sospirò « È stato talmente facile da essere noioso. Nessuno di loro ha un pizzico di spirito combattivo. » Nonostante la sua insoddisfazione sorrise nel dire quella frase, Taiga immaginò che invece un minimo di piacere l'avesse provato nel farlo. Lo stesso che provava un gatto con un topo, certi aspetti sadici erano intrinsechi nelle sorelle Weaver. Mettere paura era tra questi e in fondo ancora accettabile.
« Infatti non hanno necessità di averlo, sono ragazzi e ragazze che frequentano una scuola che da a loro un assaggio di vita militare.» - si avvicinò ad Alexya mettendole le mani sulle spalle - « Il problema è che tu sei troppo al di sopra della media. Sei tu che sei eccezionale e fuori posto. »
Taiga ebbe il piacere di vederla mettere il broncio, non credeva che lei non ci avesse pensato ma forse aveva sperato nell'appoggio incondizionato dell'amica « Cosa dovrei fare? »
« Affrontami, seriamente in uno qualsiasi di questi sport. »
« A cosa dovrebbe servire? »
« È una scommessa, se ti colpisco anche solo una volta tu perdi e dovrei chiedere scusa. In più, se vedono che anche tu puoi perdere, forse non si sentiranno più così umiliati. »
« Sono nel giusto, non ho motivo di scusarmi. »
« Proprio per questo tuo modo di fare non ti ho detto solo di chiedere scusa, ma so che non verresti mai meno alle regole di un combattimento. »
Alexya mise il broncio « Se proprio vuoi ti farò vincere, visto che ci tieni. »
« Grazie, ma no. Non voglio avere vantaggi. So che voi sorelle Weaver rispettate solo i caratteri forti, diciamo che vorrei guadagnarmi quel rispetto e non quello dovuto al fatto che siamo amiche. Affrontami con lo stesso impegno con cui ti misuri con le tue sorelle. »
« Ti farai male. Rinuncia. »
« No. » Il modo in cui le rispose fece provare un brivido di piace ad Alexya. Rispettarla? Quello lo faceva già, ma non glielo disse per paura di rovinare il suo spirito combattivo.
Scelsero lotta libera. Due mesi c'erano valuti a Taiga per mettere a segno un solo colpo, però tanto bastava. In un attimo di distrazione di Alexya, sicura di aver immobilizzato Taiga, lei le aveva dato una testata spaccandole il labbro superiore.
Alexya Weaver chiese scusa a ogni singola persona, ma la situazione non si sbloccò. Poteva anche aver chiesto scusa ma lo fece nel modo sbagliato. Guardando quelle persone che aveva sconfitto dall'alto in basso, perfino in quella situazione riusciva a far sentire gli altri inferiori.
Quello che preoccupava Taiga era che l'amica, anche se cercava di nasconderlo, dava segni d'insofferenza.
Un pomeriggio, mentre tornava in camera, sentì dire da qualcuno una frase che la bloccò sul posto « Quel maledetto phantom! »
Sorpresa, si sporse da dietro un angolo per dare un'occhiata. Due insegnanti stavano parlando tra loro, uno dei due disse « Perché dobbiamo insegnare a Cerberus? Non è nemmeno un vero essere umano, sta mettendo in ombra tutti i nostri studenti e qualsiasi risultato raggiunto da questo istituto. I suoi risultati, li deve solo a qualsiasi manipolazione genetica le abbiano fatto. Lei non ha nessun merito. Da qui entrano ragazzi per uscire uomini, coloro che decideranno di continuare con il servizio militare saranno i futuri ufficiali dell'Alleanza dei Sistemi. Ma lei da sola, sta scoraggiando molti di loro. »
Senza far rumore, Taiga corse via. Quando aprì la porta della stanza, trovò Alexya seduta alla propria scrivania intenta a studiare. Il locale era molto semplice e comprendeva: due letti, due scrivanie, due armadi e un bagno.
Sul mobile di Alexya, in bella vista e ordinatamente disposti facevano bella vista una serie di datapad contenenti numerosi trattati filosofici, religiosi, politici e militari.
Allarmata da quello che aveva sentito, Taiga le riferì tutto. Lei non ebbe la minima reazione.
« Dunque? » Chiese, vista la totale mancanza di una reazione.
« Cosa? » Rispose incerta.
« Abbiamo scoperto che gli insegnanti pensano cose orribili su di te. Cosa pensiamo di fare? »
« Non vedo perché dovrei fare qualcosa. So qual è la loro opinione da tempo. Io sono quella che sono, non ho certo intenzione di cambiare o fingere di essere qualcos'altro. Non posso nemmeno imporre agli altri di accettami, il massimo a cui posso aspirare è un comportamento civile da ambo le parti mentre si cerca di ignorarsi a vicenda il più possibile. Non sono venuta qui per fare amicizie, quindi farne o meno mi lascia indifferente. Però sono contenta che tu sia venuta qui, adesso che ho un'amica mi sembra davvero di fare vita quella vita da studente che esiste nell'immaginazione. »
Taiga aveva ascoltato solo la prima fase del discorso « Come sarebbe che sapevi cosa pensavano di te? » Sbottò lei. Era indignata lei per l'amica, al suo posto lei non sarebbe riuscita a rimanere calma.
Indicando se stessa, Alexya disse « Ti ricordi cosa so fare? Linguaggio del corpo. Se una persona ci piace o meno, le posture e i gesti che assumiamo presentano differenze. Sapevo di non piacere, anche se ovviamente non conoscevo i loro pensieri. »
« Ok, però tu non hai mai fatto parte di Cerberus! Voglio dire, nessuna di noi nemmeno esisteva a quel tempo. È un'accusa assurda! »
« Concordo, ma i phantom sono stati ideati da Cerberus. Erano i loro migliori soldati, esperti in infiltrazione, spionaggio e assassinio. È normale, che mi colleghino a quella che è stata la più pericoloso organizzazione pro umani dell'ultimo secolo. I phantom hanno eliminato diverso personale dell'Alleanza durante la guerra. Non mi stupirei se qualcuno avesse il “dente avvelenato” anche per quello. » - la ragazza sospirò, dando per un attimo l'impressione di essere delusa - « Quando ancora avevo il programma phantom a incasinarmi la testa, ero veramente orgogliosa di esserlo. Scoprire che per tutti i phantom sono criminali, è stato un boccone abbastanza amaro da digerire. Non che questo mi abbia fermata. Fino all'ultimo, sarò fiera di essere un phantom. »
Taiga aveva ascoltato tutto quello con attenzione, non poté fare a meno di notare qualcosa che le era già saltato all'occhio in passato. Liberata dal programma phantom, Alexya si era dimostrata sempre incredibilmente matura.
Lei pensava che dietro a quello, al fatto che leggeva noiosissimi trattati etici ci fosse un vecchio indicente che la coinvolgeva. Quando Alexya, non volendo, aveva quasi ucciso Kelly Chambers.
Era stato un incidente, la psicologa le si era avvicinata da dietro in un momento in cui la ragazza era fortemente agitata. Senza che lei lo volesse, il programma phantom aveva agito ed eseguendo un attacco all'indietro aveva trafitto Kelly con la propria spada.
Riteneva fosse per quello che la sua amica era interessata al concetto di “giusto”, secondo quali principi era bene decidere di agire.
Era sicura che se glielo avesse chiesto lei avrebbe risposto senza problemi, ma temendo di essere lo stesso troppo impicciona non aveva mai fatto quella domanda.
Ma c'era anche dell'altro in Alexya, un dettaglio che stava emergendo solo di recente. Nel suo camminare, nella postura c'era qualcosa in più. Qualcosa che mancava ad Isabella e alla sorelle, nonostante ognuna avesse una forte personalità a modo proprio.
“Un re guarda sempre dall'alto in basso” si diceva, con Alexya si aveva sempre questa sensazione. Non era superbia, spocchiosa o altro, semplicemente intorno a lei c'era una sorta di aurea che spingeva a tenere la testa bassa. Come dei servitori.
In qualche modo si avvertiva di non essere alla sua altezza.
Forse aiutata dal fatto che aveva conosciuto la ragazza quando era stata appena liberata, anche se solo parzialmente, dal controllo mentale si era sempre confrontata con lei in un rapporto paritario.
Ancora ricordava bene il suo viso di stupore quando, per la prima volta, assaggiò un budino. A quel tempo Alexya e sorelle avevano sui dodici anni, l'età esatta non era mai stata possibile determinarla ma per praticità sui documenti era riportata quella cifra.
Alexya si chinò verso di lei attirando la sua attenzione e disse « Oggi, mi sono allenata a mantenere i miei poteri biotici allo stadio rosso. »
Taiga scattò vero la porta, per guadagnare l'uscita ma riuscì appena ad aprirla che questa venne richiusa con forza da Alexya.
La mora indietreggiò leggermente, mentre la bionda si avvicinò a lei e in tono sensuale « Dai fallo! » L'altra fece “no” con la testa.
« Lo sai che mi piace, solo se sei tu a farlo. »
« Le tue pastiglie? »
« Tu sei meglio di qualsiasi pastiglia. »

Distesa sul letto ad Alexya sfuggivano continui gridolini di piacere, soffocati dal cuscino contro cui premeva con forza la faccia.
Il viso era arrossato e il respiro corto.
Taiga, seduta sul proprio letto e leggermente seccata dalla situazione, teneva gli occhi chiusi per l'imbarazzo che sentiva anche solo a udire l'amica che gemeva. Attorno a lei un alone bluastro appena accentuato.
Era una biotica del misero livello 1, il più basso possibile. La sua compagna di stanza era invece un livello 5, il più alto possibile. Almeno lo era stato prima di Isabella, lei era stata catalogata come un 6. Attualmente primo e unico biotico di questo nuovo livello, ancora ufficialmente non riconosciuto ma che permetteva in qualche modo di catalogarla.
Uno dei tanti vantaggi di possedere l'eezo 19, era un enorme quantità di energia rispetto al normale ma quello era solo l'aspetto più trascurabile della vicenda.
Questo isotopo dell'eezo normale, risentiva enormemente della condizione mentale del suo portatore. Una mente sicura di se permetteva di accedere a quello che era definito “ lo stadio rosso”.
L'alone bluastro che circondava il biotico virava al rosso, permettendo prestazioni ancora più elevate. Isabella, pur nella sua pazzia, aveva sviluppato tale livello.
Forse bisognava essere pazzi, per vivere senza alcun tipo di esitazione.
Alexya, affrontando una spia del nemico durante la guerra, aveva forzato tale sviluppo quando il suo corpo non era ancora pronto. Questo le causava, quando tornava alla normalità, diversi squilibri ormonali che lei teneva sotto controllo ingurgitando pastiglie di eezo 19.
Letali per un qualsiasi essere umano, non lo erano per lei che poteva permettersele senza problemi. La produzione di eezo 19 era costosissima, in più quello contenuto nelle pastiglie era incredibilmente puro. Ma se il tuo cognome è Weaver, i soldi sono l'ultimo dei tuoi problemi soprattutto quando la ditta di tua madre è l'unica legalmente autorizzata a compiere studi sull'eezo 19 e sulla sua produzione.
L'uso del 19 come fonte di energia al posto dell'eezo normale era ancora lontana. Per una dose di 19 servivano venti dosi di quello normale da lavorare. A queste condizioni la sua produzione non era conveniente, solo le necessità di guerra avevano spinto a crearlo in massa ma adesso che essa era terminata la sua produzione era quasi azzerata.
Non per questo il 19 era stato dimenticato, chi fosse riuscito a ottenere la tecnologia necessaria si sarebbe messo in vantaggio sugli avversari. Per questo il suo studio era strettamente esaminato dal Consiglio della Cittadella. Impedirlo non sarebbe stato credibile, tanto valeva controllarlo.
Se si riusciva a ottenere eezo 19, in teoria sarebbe stato possibile creare biotici col 19, sempre se le radiazioni dell'isotopo non uccidevano il portatore, questo vantaggio avrebbe potuto rompere gli equilibri di potere e portare a una guerra.
Per questo Isabella e i suoi cloni erano tanto unici, il loro corpo sopportava il 19 avendo un fattore di riparazione del DNA più forte del normale di almeno cento volte. Questo non spiegava tutto, ma almeno era un inizio. Lei sapeva tutto questo, da confidenze che proprio le sorelle Weaver le avevano fatto. Poche informazioni ma ambite da tutti i governi, su cui però loro non ci vedevano niente di straordinario.
« T-A-I-G-A...» Lei si sentì chiamare, ma non osò aprire gli occhi. Non sapeva mai come affrontare quel momento. Gli sbalzi ormonali di cui soffriva Alexya, fortunatamente tutti i medici dicevano che sarebbero passati crescendo, di fatto la mandavano in calore. Praticamente l'uso del “rosso” le faceva venir voglia di far sesso. Per questo era importante che la ragazza prendesse le pastiglie.
A volte, in alternativa ad esse, la ragazza aveva voglia di fare quello che definiva “ divorare dell'eezo”. Lei non sapeva bene in cosa consistesse, centravano qualcosa le lunghezze d'onda emesse da ogni biotico, sempre diverse fra loro, e la proprietà del 19 di convertire qualsiasi energia legata all'eezo in propria.
Per questo Taiga si era seduta sul letto ad ammettere energia a casaccio, questa era percepita dai nuclei di eezo di Alexya dando una sensazione di piacere alla ragazza.
A volte si chiedeva se lei non avesse una specie di funzione da vibratore biotico per l'amica, quell'idea non le piaceva per niente.
Per questo aveva sperato di riuscire a scappare dalla stanza. Non che poi Alexya sarebbe andata con un altro biotico, le sorelle Weaver erano molto schizzinose quando “ divoravano eezo”. Questo doveva essere della miglior qualità possibile.
La sua speranza era che riuscendo a fuggire, l'amica si sarebbe decisa a prendere quelle dannate pastiglie.
Certo, era praticamente un complimento che Alexya volesse solo il suo eezo. Più volte le aveva detto quanto fosse di qualità, anche se lei avrebbe preferito una minor qualità e una maggior quantità. Avrebbe voluto essere almeno un biotico nella media e non un infimo livello 1. Anche la purezza dell'eezo aveva la sua importanza, nella quantità di energia biotica che si riusciva a gestire ma lei era nata con veramente pochissimo eezo in corpo.
La cosa era ancora più frustante perché sua madre era un biotico di livello 5. Non riusciva a capire come avesse potuto prendere così poco eezo da lei.
« T-A-I-G-A...» Si sentì nuovamente chiamare, questa volta aprì gli occhi. Alexya la fissava, tenendo metà del volto nascosto premendolo sul cuscino. Ma intuiva lo stesso il sorriso ammiccante, il suo sguardo era dolce.
Lei si sentì accaldata, se tramite il linguaggio del corpo Alexya poteva capire i pensieri non detti sapeva anche usarlo per mandare messaggi.
Quelli che Taiga stava captando la stavano facendo arrossire. L'amica mosse una mano, portandola all'altezza del viso e con l'indice le fece il segno di avvicinarsi.
Fu troppo per lei, si alzò di scatto dicendo « Sono sudata! Faccio una doccia! »
« Vuoi che... »
« No! » Rispose lei senza darle modo di finire la frase e chiudendosi in bagno.
Trovava la situazione assurda, oltre a questo, da quando l'aveva sconfitta, riuscendo a colpirla quella singola volta, lei si divertiva ad abbracciarla anche nei momenti più sconvenienti. Ad esempio quando dovevano usare le docce comuni dell'istituto come dopo le ore di nuoto e vi erano altre persone presenti. Quella dannata sicurezza, che tutte loro possedevano, sembravano renderla immune a qualsiasi forma d'imbarazzo.
Aveva sempre saputo, a partire da Isabella, che possedevano tutte un forte istinto predatorio e ora che certi istinti erano risvegliati questo si rifletteva anche in quell'aspetto. Solo che non aveva mai pensato di poter esserne lei il bersaglio.
Isabella e Dasha erano due donne, erano sposate, avevano una relazione omosessuale. Niente di strano che Alexya potesse essere più incline verso un quel genere di relazione.
Il problema era che lei non ci aveva mai pensato seriamente, quali erano i suoi gusti? Cos'era Alexya per lei? Ogni volta che lei ammiccava sentiva di avere il batticuore. Ma era un trucco dalla conoscenza di lei di utilizzare il linguaggio del corpo o era reale?
« Tutta colpa dello stramaledettissimo effetto ponte! » Esclamò scocciata, se almeno Alexya non fosse stata una super figa sotto qualsiasi punto di vista, forse sarebbe stato più facile capire qualcosa su quello che provava.
Per quanto non la sopportassero, in istituto praticamente tutti sognavano di farsela. La sua era solo attrazione sessuale, senza nessun sentimento o c'era dell'altro? Alexya era solo interessata al semplice atto carnale o voleva altro?
Più confusa che mai, con la testa che quasi le girava tra tutti quei pensieri entrò nella doccia.

Alexya era divertita, per come l'amica si era defilata infilandosi sotto la doccia. Guardò verso la propria scrivania e vide improvvisamente un oggetto insolito: un libro di carta. Ormai tutto si faceva sui datapad. Ricordò subito dove l'aveva preso e il perché, dimenticandosi poi di restituirlo. Si alzò, l'aveva ottenuto in prestito dall'unico posto nella scuola militare in cui le era proibito ufficialmente andare: la chiesa.
L'avrebbe riportato subito, non aveva niente di particolare da fare. Aveva letto quel libro per documentarsi sulla religione umana, ormai era giunta a una conclusione.
Quindi non le era più utile.
Si avviò all'entrata della cappella militare, in mano teneva la bibbia.
Per qualche ragione che non aveva capito, la versione che si trovava nelle chiese continuava a essere stampata su carta invece che essere comodamente disponibile in olo-versione.
Questa esisteva e si poteva trovare senza problemi in commercio, ma per essere sicura di documentarsi in modo corretto ne aveva presa una in prestito chiedendola dal reverendo militare Isai Godel. Un uomo di colore, aveva sui sessant'anni e molte rughe in viso. Molte di più, di quello che ci si sarebbe potuti aspettare a quell'età.
Lei aveva scoperto che non poteva partecipare alla messa, non avendo ricevuto i sacramenti. In più, data la sua natura di clone la chiesa rifiutava di vedere in lei un essere umano non essendo opera di Dio.
La risposta non la turbò minimamente, in un certo senso apprezzava il netto rifiuto che le era stato dato. Il reverendo le avevo detto tutto questo in maniera diretta, senza tentamenti o nascondersi dietro a frasi di rito.
Allora chiese di avere una copia della bibbia che usava durante le cerimonie, lui la guardò un attimo sorpreso ma infine annuì e gliela diede.
« Buongiorno reverendo. » Disse lei, incontrandolo per caso sulla soglia mentre stava uscendo.
« Buongiorno cadetta. » Rispose lui, altrettanto gentile mettendosi davanti a lei e bloccandone il passo. Il modo più educato che conosceva per fermarla e assicurarsi che non varcasse la sacra soglia.
« Le riporto questo. » Disse lei porgendo il libro.
« È stata una lettura piacevole? »
« Interessante, mi ha aiutato a prendere una decisone. »
« Davvero, cosa ha deciso? Se posso chiedere? »
Alexya alzò lo sguardo e fissò il crocefisso che si intrevedeva in fondo alla navata, dove lei non sarebbe ai potuta andare.
« Non mi serve un dio. Le divinità è qualcosa di cui sono i deboli ad aver bisogno. Io basto a me stessa, se poi così non fosse ho i miei amici e la mia famiglia. »
Lui ebbe bisogno di un istante per riprendersi « Non pecchi di presunzione! La superbia è il peccato capitale che può trascinare ogni cosa con se! »
La ragazza lo fissò. Isai non seppe descrivere la sensazione che provò davanti a quegli occhi di un azzurro celestiale, ma non poteva reggerne ulteriormente la visione. Quasi vergognandosi, abbassò lo sguardo.
« Ricordi reverendo, che per la sua chiesa io non godo della benevolenza di questo dio. La sua preoccupazione che io possa peccare è semplicemente fuori luogo. Io e Dio siamo come due persone che si sono incontrate e che non si sono piaciute, adesso ognuna proseguirà per la propria strada indifferente all'altro. Non è superbia, semplicemente non necessito di un dio. Mi stia bene. »
Lei uscì, lasciando il prete spiazzato e confuso. Troppi concetti delle infinite varietà di religione che costellavano la galassia non le piacevano.

Quella notte Taiga non riusciva a dormire, le faceva rabbia il comportamento passivo dell'amica. Da un lato era anche rassicurante, chissà cosa sarebbe potuto succedere se Alexya avesse perso il controllo? Rimaneva però dell'idea che bisognava fare qualcosa.
Quella mattina si alzò molto presto, dovendo tener presente i diversi fusi orari, uscì dalla stanza e andò a fare delle chiamate.
La prima chiamata fu per Trish Weaver, le fece un riassunto della situazione.
« Alexya prende le cose sempre troppo seriamente, era quella che si allenava di più e che di meno chiedeva consiglio e aiuto. È sempre stata troppo orgogliosa di essere un phantom, il suo orgoglio è quello che non riesce a mettere da parte. »
La seconda fu per Diana Weaver.
« Stupida sorella! Un calcio in culo, quella è la soluzione! Le ho sempre detto che dovrebbe cercare di divertirsi di più, come faccio io. Al diavolo gli allenamenti, gioventù vuol dire sregolatezza. Potrà allenarsi quando sarà vecchia, la cosa migliore che puoi fare e farla incazzare di brutto. Dopo si sentirà meglio. »
Decise di non seguire il consiglio di Diana, che poteva tener testa ad Alexya senza problemi. Se l'amica “s'incazzava di brutto” poteva uccidere tutti in quella scuola.
La terza e ultima chiamata fu per sua madre Jack
« Che situazione schifosa, purtroppo esistono anche insegnati così e c'è poco da fare. Su Alexya ti posso dire che l'ultima cosa di qui ha bisogno sono altri allenamenti. Quello che mi preoccupa è l'insofferenza che sta mostrando. Queste ragazze si sono riprese a dodici anni, non hanno avuto un'infanzia. Adesso che sono totalmente in loro, hanno bisogno di una vita quanto più normale. Alexya Weaver non ha bisogno di altro allenamento, ma di essere una ragazza. Prova a farla interessare a qualcosa di totalmente differente. Che non centri niente con i suoi poteri, ma la faccia a stare a contatto con le persone. Deve imparare a non imporsi sempre.»
Taiga annui, aveva avuto dei consigli ma nessuna soluzione. Pensierosa si diresse per prepararsi per prendere parte alle lezioni della mattina, la prima prevedeva due ore di ginnastica.
Tre ragazzi le bloccarono il passo, uno era grasso, l'altro smilzo e l'ultimo le ricordava un topo. Tre bulli troppo stupidi per capire quando era il caso di finirla.
Erano tra quelli che avevano teso la trappola ad Alexya e che lei aveva fatto pisciare sotto. La storia si era risaputa, ancora tutti ridevano di loro alle spalle per evitare problemi.
Era evidente che cercavano guai, li conosceva di vista ma ignorava i loro nomi, per niente intimorita disse « Fatemi indovinare, volete rifarvi su di me per vendicarvi di Alexya. » Borbottò quasi annoiata.
Lo smilzo fece un passo avanti, le mani chiuse a pugno. Taiga assunse un'espressione spaventata e gridò « Non farlo! »
I tre parvero sorpresi, ma non era a loro che si rivolgeva. Fu l'equivalente biotico di uno schiaffo dato da dietro. Il colpo prese lo smilzo sul lato destro della faccia, mandandolo addosso al grassone e facendoli cadere malamente a terra, il tizio con la faccia da topo cadde sulle ginocchia e li rimase, troppo impaurito per reagire.
« Tutto bene? » Chiese Alexya all'amica.
« Stupida, non ti rendi conto delle conseguenze! » Le urlò contro lei, arrabbiata per quello che aveva fatto.
Alexya Weaver fu sospesa per due settimane, poteva rimanere e utilizzare i dormitori ma nessun altro luogo della scuola.
Non le dispiacque troppo, ma la sua soddisfazione si incrinò quando di seppe conto che sarebbe rimasta sola dovendo Taiga continuare a seguire le lezioni.
Durante i primi tre giorni non successe niente, dal quarto Alexya fu vista gironzolare attorno ai luoghi dove l'amica aveva lezione. All'inizio della seconda settimana, l'aspettava sempre all'uscita.
Cominciarono a circolare voci, dicevano che sembravano proprio una coppia.
Scoprì da subito di non poterci fare niente, anche se era una voce senza nessun fondamento.
Verso la fine della seconda settimana, quando le lezioni della giornata finirono, Alexya stava aspettando Taiga quando la vide avvicinarsi accompagnata da un paio di ragazze
« Ti presento Nanci Aldred... » disse indicando una mora con i capelli a caschetto, aveva un viso piuttosto carino e un paio di labbra carnose « e Janelle Peel, ti volevano ringraziare. » La seconda era una rossa, con tanto di lentiggini in viso. Un'autentica pel di carota.
« Già, grazie per aver dato una lezione a quei tre. Tormentavano tutti, nessuno è mai riuscito a far niente. » Dichiarò Nanci.
« Adesso per un po' staremo tutti meglio, peccato che torneranno quando la loro punizione avrà termine. » Asserì Janelle.
Boriosi, spacconi, gradassi, bulli, altezzosi, presuntuosi... quanto li odiava. Per lei quei tre erano questo. Deboli quanto quelli che infastidivano, erano ancora peggio perché incapaci di riconoscere la loro debolezza. Non c'era niente di male a tormentare gli altri, a condizione di essere veramente migliore di loro. Quello era diritto e privilegio del forte.
Però verso i deboli che si atteggiavano come tali, provava un'antipatia a pelle.
« Mi disgustate quanto loro. » Si sentirono dire Nanci e Janelle. Lei era intervenuta per Taiga, non di certo per ricevere i ringraziamenti da due nullità.
Docilità, fragilità, inanità, accidia, irresolutezza, inconcludenza, vacuità, indolenza, insicurezza, cedevolezza, inconsistenza e viltà erano qualcosa che non poteva perdonare.
La debolezza era per lei il peccato capitale della sua personale scala di valore. Essere più deboli di un altro era normale, ma il comportarsi da debole era inaccettabile.
Taiga si mise in mezzo, frettolosamente allontanò le due ragazze e scusandosi in maniera improvvisata. Quandosi furono allontanate fece una sfuriata ad Alexya, per il suo comportmento lasciandola sola quando ebbe terminato.
Vedere l'amica arrabbiata fece ripensare al Alexya alle parole del cappellano militare. Forse lei si era macchiata del peccato di superbia secondo, ma la sua forza era reale e con essa il suo diritto di esserlo.
Non vi era peccato, se vi era la forza per sostenerlo. Tuttavia sentì una crepa nelle sue convinzioni, valeva la pena di litigare con un'amica per esse?
Ore dopo Taiga stava cercando di pensare mentre sbolliva la rabbia, si presentava l'occasione di fare una bella figura, di iniziare forse un'amicizia e Alexya rovinava tutto in quel modo.
L'inflessibilità di lei era esasperante.
Seria, determinata e il solo altro biotico a saper usare il livello rosso a parte Isabella.
Era sicuramente forte, ma la severità con cui trattava le altre persone e in particolare quelle che che considerava “deboli” la preoccupava.
« Buongiorno cadetta! » La salutò Isai Godel facendola sobbalzare. Era talmente persa nei suoi pensieri che neanche si era accorta della sua presenza.
Lui era seduto in mezzo al cortile, vicino alla chiesa e stava scrivendo qualcosa.
« Cosa sta facendo? » Chiese lei.
« Scrivo una poesia. Il mio hobby. »
Taiga ci pensò un secondo e decise di provarci. Sapeva che Alexya provava un minimo di rispetto per lui, nonostante il prete non potesse essere dalla parte della ragazza.
« Reverendo Godel, potrei chiederle dei consigli per la cadetta Weaver? »
« Certamente. » Rispose Isai cordialmente, mostrando un sorriso benevolo. Tanta disponibilità fece dubitare la ragazza che preferì specificare « Parlo di Alexya Weaver. »
Lui si fece serio e spiegò « L'ho capito, se lei ha dei dubbi per le mie idee sulla cadetta queste riguardano il mio ruolo e la sua natura. Come persona non ho niente contro di lei, sono disposto ad aiutare se non devo andare contro a quello che credo o gli insegnamenti della chiesa. »
« Io...ci sarebbe questo problema. »
Isai ascoltò tutto con la massima attenzione, in silenzio e alla fine si prese qualche secondo per riflettere « In pratica, la cadetta tratta il mondo con estrema durezza e questo le rende difficile aprirsi con altri o che lo facciano con lei. Sempre che non sia qualcuno che lei rispetti.»
« Esatto. »
« L'ho sempre trovata estremamente seria, nonostante i suoi modi educati. Sorride, ma non con gli occhi. Lei la conosce meglio di me, è sempre così? »
« Assolutamente no, con la sua famiglia è veramente felice. Basta vederla in quei momenti per capirlo. »
« Con la sua famiglia e... con lei. Da quello che mi ha detto, lei deve godere de suo rispetto e non pare qualcosa di facile. »
Taiga si limitò a un segno d'assenso, leggermente imbarazzata da quelle parole.
Isai tornò a riflettere, massaggiandosi il mento come se questo lo aiutasse a pensare « Credo che la cadetta Weaver dovrebbe scoprire cos'è questa “debolezza” che lei non sopporta. Come la forza, anche di debolezza ne esistono tanti tipi e non tutti negativi. » - e aggiunse - « Io gestisco una mensa per poveri, siamo sempre a corto di personale. Forse, stare a contatto con quelle persone potrebbe aiutarla. »
« Ne è davvero convinto? »
« È un tentativo, nel peggiore dei casi avrò guadagnato un paio di mani in più. Pensa che la sua amica accetterà? »
« Di questo non si preoccupi. »
Alla prima occasione utile, quando si senti pronta a far pace Taiga espose la sua idea.
« Non mi interessa. » Rispose seccamente Alexya.
« Fai questo e ti permetterò di “divorare” il mio eezo tutte le volte che vuoi. » Dichiarò Taiga che ebbe il piacere di stupirla.
Alexya sbarrò gli occhi per la sorpresa, arrossì leggermente mentre si asciugava un angolo della bocca da una goccia di saliva. « Va bene. »

Ogni giorno, la mensa dei poveri del reverendo Godel metteva a disposizione novantatré posti distribuiti tra diversi tavolini. I volontari si muovevano in mezzo ad essi, portando pasti caldi e scambiando qualche parola. Tra gli avventori era possibile trovare di tutto: drogati, ubriachi, semplici poveri, persone che semplicemente erano state sfortunate.
Sguardi offuscati dal dolore, spalle piegate da forte delusione che trasmettevano forti emozioni a chi li aiutava.
Alexya si sentiva confusa, per una volta non avrebbe voluto saper interpretate il linguaggio del corpo in modo istantaneo. Quello che le parole non dicevano, lei lo capiva ugualmente.
Non erano deboli o almeno non del tipo che conosceva, alcuni avevano lottato con tutte le loro forze per uscire da quella situazione e ancora lo facevano, ma semplicemente avevano fallito e continuavano a fallire.
Altri, semplicemente non erano più in grado di farlo. Alcuni erano stati sconfitti da una malattia, che li aveva gettati in quella condizione. Questo le fece comprendere perché la Noveria Corps garantiva una copertura sanitaria totale.
Alcuni erano stati vittime di pregiudizi, qualcosa che non dipendeva da loro. La cosa più sensata sarebbe stata abbandonare la Terra e cercare fortuna nello spazio, ma alcuni non volevano farlo e altri non potevano farlo non avendo i crediti necessari.
In un modo o nell'altro erano bloccati in una realtà che li teneva ai margini, i più nascosti possibili.
Erano individui che non servivano a nessuno, questa era la cosa peggiore di tutte.
Si trovò a formulare un pensiero mai fatto prima: cose sarebbe stato di lei e sorelle, se Isabella non avesse deciso di prenderle con se?
Si vide in una situazione simile ma cento volte peggiore, con un programma phantom da cui ancora prendeva ordini e magari trattata come un oggetto.
Perché lei non era una persona autentica ma un clone. Sarebbe stata bloccata in una realtà da cui non sarebbe mai potuta emergere. La sua forza sarebbe stata inutile, questa non l'avrebbe resa “debole”?
Improvvisamente si accorse di una cosa, era stato un gesto di gentilezza da parte di Isabella a salvarla, a darle l'occasione di cambiare e diventare quello che era.
Non credeva di essere in torto, ma...poteva essere meno severa con il prossimo a priori.
Prese un vassoio con quattro pasti per un tavolo, si avvicinò ai suoi occupanti e mentre li serviva provò a scambiarci qualche parola.
Taiga non sapeva niente di lettura del corpo, ma aveva la netta sensazione che fosse cambiato qualcosa nell'amica.
Alexya fu anche incredibilmente utile in un'altra situazione, abbastanza frequente in quei posti. Le liti fra poveri, a volte per cose ridicole per altri, erano abbastanza frequenti e per i volontari erano sempre un problema non da poco.
Lei gli faceva smettere all'istante, in quelle occasioni si imponeva solo con la sua presenza. Non servivano parole, li fissava e sotto quello sguardo si zittivano forse un po' impauriti.
Il giorno dopo, mentre Alexya e Taiga erano in sala mensa per l'ora di pranzo la prima disse all'altra « Potremmo, sederci con loro? » e indicò un tavolo dove erano sedute Nanci e Janelle.
« Certo! » Rispose l'amica, veramente sorpresa. Stava pensando a come iniziare, come scusarsi ma Alexya sapeva già cosa fare.
« Mi sono comportata male nei vostri confronti, chiedo scusa e ammetto di aver sbagliato. Detto questo vorrei avere una seconda occasione. »
Le due ragazze annuirono, leggermente intimorite. Taiga si sedette con loro, aveva trovato la scena divertente. Perfino quando si scusava Alexya metteva soggezione.
Decise di approfittare della situazione
« Tra qualche mese si saranno le prove di gruppo, avete già deciso qualcosa? »
Continuarono ad aiutare alla mensa del reverendo Godel tre giorni alla settimana.
In un occasione Alexya si presentò con la spada al fianco, spiegò che l'allenamento era finito tardi e non aveva avuto il tempo per riporla in camera.
Quella sera le capitò di osservare a un tavolo un vecchio dall'aspetto veramente abbattuto.
La pelle talmente rugosa da sembrare carta vetro, occhi rossi e una tristezza che sembrava infinita, qualcosa che lei “lesse”. Troppo profonda, perfino in mezzo a quelle persone che avevano perso tutto.
A una certa distanza lei e il vecchio si voltarono l'uno verso l'altra, quasi si fossero chiamati, entrambi non avrebbero potuto essere più sorpresi.
Alexya, a livello mentale, aveva ricevuto un messaggio dal suo programma phantom:
- Unità alleata rilevata: Dragoon -
Al vecchio era arrivato un testo molto simile
- Unità alleata rilevata: Phantom -
Lui sembrò sul punto di scappare, anche se tremava così tanto che le gambe lo reggevano appena.
« Si calmi, la prego. » Disse lei sporgendosi verso l'uomo « Per favore, non se ne vada. Torno subito. » Dichiarò Alexya allontanandosi, tornendo praticamente all'istante dopo aver avvisato che aveva avuto un impegno improvviso.
« Chi sei? Non puoi essere un Cerberus... » Mormorò basito l'uomo.
« Niente Cerberus, direi quello che molti conoscevano come Neo-Cerberus. »
L'uomo parve infuriarsi un attimo, ma sembrava che anche solo per arrabbiarsi non ne avesse le forze « Quello non era Cerberus...niente lo era.» Borbottò estremamente deluso.
« Vorrei chiederle qualcosa, di quel periodo. »
« Lascia stare ragazza, non voglio ricordare. Tu sei uno di quelli, un clone di quella modella di cui spesso si vedono i cartelloni. »
« Si, sono uno di loro. » Dichiarò Alexya e mise sul tavolo un chip di credito. Gli omnitool erano troppo costosi per i poveri e oggetto di furti, i chip erano la “valuta” più diffusa tra di loro. « Questo chip contiene cinquecento crediti, mi conceda solo un'ora e sono suoi. Altrettanti per ogni ora in più. Ha capito chi sono, sa che i soldi sono l'ultimo dei miei problemi.»
L'uomo si inumidì le labbra con la punta della lingua, temeva una fregatura ma la tentazione era molto forte. Alexya gli mise il chip in mano, quando lo sentì nel suo pugno annuì.
« Cosa speri di ottenere? »
« Non lo so, ma sono un phantom. Mi piace esserlo e non potrei mai smettere, ma i phantom sono stati creati da Cerberus. Cercando sui libri trovo solo crimini di guerra, era davvero questa la natura dei phantom, dragoon, guardiani, nemesi, centurioni, ingegneri e delle truppe d'assalto? Siamo nati per questo? »
« No...» Mormorò il vecchio, le prime lacrime gli rigarono il volto. Alexya aspettò paziente che terminasse, perché quello era un pianto sincero.
Qualche istante dopo parve riprendersi e rivolgendosi a lei « Ho bisogno di questi soldi, ormai questa storia non interessa più nessuno. Il tempo ha ucciso quasi tutti, di quelli sopravvissuti alla guerra. »
La fissò dritto negli occhi « Cerberus ha tradito tutti compreso se stesso, sapevamo che quello che facevamo era illegale ma eravamo davvero convinti che fosse per il bene della razza umana. La volevamo forte e indipendente, capaci di ergersi da sola contro tutte le minacce aliene. Dovevamo essere la lama nascosta dell'umanità. L'Alleanza la spada scintillante da mostrare contro il nemico, noi il pugnale tenuto nella manica e usato per colpire di soppiatto. Quando arrivarono i Razziatori noi eravamo pronti, volevamo schierarci insieme all'Alleanza, respingere assieme questa minaccia. Ma quel maledetto “uomo misterioso”... lui aveva altri piani, voleva controllare i Razziatori ma prima di questo aveva bisogno di un esercito fedele. Molti avevano accettato di farsi indottrinare, dicevano che avrebbe aumentato le capacità dei singoli soldati. Era vero, le mie prestazioni aumentarono. Io fui tra quelli, noi eravamo la prima generazione di soldati indottrinati e il risultato non piacque del tutto. Osavamo criticare le azioni di Cerberus. A me e ad altri non piaceva l'idea di combattere contro l'Alleanza, il vero nemico erano i Razziatori. Un giorno i miei compagni si rivoltarono contro di me, fu il giorno in cui Razziatori giunsero sulla Terra, il nostro capo aveva deciso di accelerare i tempi epurando Cerberus da ogni possibile ostacolo interno. Io mi salvai, altri no. Terminata la guerra, alcuni sopravvissuti di Cerberus tentarono di riorganizzarsi in Neo- Cerberus, altri come me volevano solo sparire. I governi della Terra ci aiutarono in questo, processi a insignificanti soldati non interessavano. Ci permisero di fuggire, ma rimanemmo tagliati fuori da tutto. Niente pensione o qualche tipo di assistenza per chi ha fatto parte di Cerberus. Ho fatto di tutto per vivere, ma alla fine il tempo ha avuto la meglio. Sono troppo vecchio per qualsiasi cosa, se non fosse per la carità di questi posti sarei già morto di fame. Vuoi sapere perché sono stati creati i phantom? Per aiutare l'umanità, era questa l'intenzione originaria dietro la loro creazione. Dietro a quella di tutto noi, invece l'abbiamo solo tradita.»
« Per favore, mi racconti altro. » Alexya era divorata dalla curiosità, dopo tre ore il vecchio a cui non aveva chiesto il nome, lui non l'aveva detto, se ne andò con millecinquecento crediti.
Si sentiva strana, quei racconti di storia vissuti in prima persona l'avevano colpita.
« Ehi, phantom... » Lei si voltò, l'uomo si era fermato « Gira una voce per le strade, probabilmente falsa come tante altre, qualcuno sta dando la caccia a chiunque abbia un programma d'indottrinamento di Cerberus. Fai attenzione. »
Alexya annuì e questa volta lui se ne andò.
« Tutto bene? » Chiese Taiga avvicinandola, l'aveva vista parlare intensamente e non aveva osato intromettersi. Per una volta le sembrò turbata.
« Si. » Disse lei mettendosi in piedi.
*****
Cinque individui come tanti, banali criminali da strada con il volto segnato da cicatrici, dall'abuso di alcool e droga erano riuniti in circolo intorno alla loro vittima.
Uno di loro teneva in mano un palmare, sul cui schermo appariva la scritta “Dragoon”. Sorrise, fece un cenno d'assenso e gli altri si chinarono per afferrare e trascinare un anziano senza tetto.
« Questo vecchio inutile ci farà guadagnare bene, i dragoon sono rari e questo significa qualche premio extra. » Spiegò un biondino platino.
« Magnifico! » Disse un altro balordo.
Il palmare emise un segnale, il suo utilizzatore ne fu veramente sorpreso. Cominciò a muoverlo, orientandolo nella direzione in cui il segnale era più forte.
Era euforico, non credeva di aver avuto un simile colpo di fortuna. In lontananza, vide due ragazze salutare, sulla soglia di una porta, quello che sembrava un prete.
Mise via il palmare, sul cui schermo era apparsa la scritta “Phantom”.
Il loro programma d'indottrinamento valeva una fortuna. Non si sarebbe mai aspettato di trovarne uno che faceva il prete.
Non prestò attenzione alle due ragazze che si allontanarono nella direzione opposta a dove si trovava lui, erano troppo giovani per aver aver avuto a che fare con Cerberus.
« Che botta di culo! Sarà incredibilmente facile. » E rise di gusto.
*****
« Vai avanti senza di me, ti raggiungo dopo. Devo tornare un attimo indietro, voglio dire una cosa al reverendo. » Dichiarò Taiga, senza aspettare una risposta dall'amica corse via. Aveva deciso che avrebbe parlato a Isai del divieto imposto ad Alexya di partecipare ai riti religiosi che si tenevano, in alcune date, a scuola. Quella era l'ultima barriera da abbattere, per la sua amica.
Alexya rimase immobile a fissarla mentre spariva nell'oscurità della sera. Non aveva problemi a stare sola, ma non le piaceva. Indecisa non sapeva se raggiungerla o tornare all'accademia, temeva che seguendola l'amica l'avrebbe accusata di essere un'impicciona.
Mossa quasi inconsapevolmente dalla ragazza, la spada al suo fianco cominciò a tintinnare impaziente.
Lei odiava quando non giungeva a una decisione immediata.
*****
Isai venne buttato a terra. Qualcuno aveva bussato alla porta della mensa dei poveri, pensando a qualche ritardatario affamato aveva aperto.
Il biondino puntò contro di lui il palmare che non diede nessun segnale « Eh, beh...che gli prende a quest'affare? » Si domandò perplesso.
In quell'istante la porta si aprì. Taiga e i cinque balordi che attorniavano Isai al suolo si guardarono per un istante sorpresi.
« Prendetela! » Ordinò a squarcia gola il biondino. Lei reagì prontamente, tirando un pugno a quello che le si avvicinò per prima.
Il rumore del colpo fu secco e preciso, l'uomo venne buttato sul pavimento. Ma qualcuno riuscì ad afferrarla da dietro e senza troppo sforzo, la sollevò in aria per bloccarla.
La testa di lei scattò all'indietro rompendo il naso del suo aggressore che perse la presa. Nuovamente libera si girò verso di lui tirandogli un calcio nelle palle, mettendolo fuori gioco. Voltandosi subito dopo per fronteggiare il resto degli aggressori, era pronta a continuare e sapeva giocar sporco.
« Fermati o il prete muore. » Si sentì dire da un biondino, puntava una pistola alla nuca di Isai.
« Tu chi cazzo saresti? » Urlò il malvivente. La ragazza si fermò
« Qualcuno con un cazzo più grande del tuo e sono una ragazza, impotente sfigato! » Gli urlò contro lei minacciosa, per niente intimidita.
« Puttanella! » Gridò arrabbiato lui, dirigendosi verso di lei e lasciando il prete ai propri uomini. Colpì Taiga in faccia con un pugno diretto.
La ragazza non cadde puntellandosi con i piedi, perdeva sangue dal naso. « Che pugno di merda, io il naso te l'avrei rotto. Impotente sfigato rammollito di merda. »
Il criminale sembrava sul punto di perdere la pazienza, ma la sua espressione arrabbiata improvvisamente sparì. Tirò fuori il palmare che non diede nessun segnale.
« Quindi era la tua amica, la bionda, il phantom. »
« Che cazzo volete da lei? Non sapete di chi state parlando. Teste di cazzo. »
Spazientito da quelle parole, il biondino l'afferrò con forza gettandola a terra. Quattro dei criminali la immobilizzarono afferrandola per gambe e braccia, mentre solo uno rimase a bloccare Isai.
Il biondino si mise a cavalcioni su di lei, bloccandola sotto il suo peso. Sorrideva in un modo che a lei non piaceva.
Da una tasca interna della propria giacca rosa, tirò fuori una siringa con un liquido viola al suo interno. « Questa è la droga “Lingua della verità”, ti sballa a punto che non riesci più a mentire. » Lui allungò una mano palpandole il seno e scatenando da parte di Taiga una serie di insulti a cui non fece caso.
« Mi piacciono le tipe piatte. Credo che approfitterò di te, mentre sarai troppo sballata dalla droga. » Detto questo avvicinò la siringa al collo della ragazza.
Taiga brillò di un blu elettrico, il biondino esclamò « Eh? Sei biotica... »
« Alexya! » Gridò con foga la ragazza, i presenti si guardarono attorno allarmati. Non c'era nessuno.
Lei era spaventata anche se cercava di non darlo a vedere, si era aggrappata ad una possibilità ridicola. Se ne rendeva conto, Isabella appariva sempre quando Dasha anche solo mormorava il suo nome.
Alexya ormai doveva essere distante, nei dormitori dell'accademia.
Una sfolgorante, abbagliante e improvvisa luce rossa si originò sopra di loro, in alto, accecando i presenti.
"Dio ha detto: Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato.”
Quelle parole, anche se solo pensate, imparate dal libro dei Salmi vennero spontanea a padre Isai davanti a quella che credette fosse una visione celeste.
Era una figura umana, stupenda a vedersi, dotata di ali, armata di un spada fiammeggiante e attorno ad essa si espandeva il potere divino.
Questa era piombata sui criminali, la sua spada li abbatté il pochi secondi impartendo quella che credette la punizione divina. Quando la luce si attenuò, poté realmente vedere: Alexya Weaver era in piedi davanti a lui, teneva Taiga al sicuro stringendola accanto a se con un braccio attorno alla vita.
In mano la spada con cui quella sera si era presentata, non era fiammeggiante ma la sua lama era di un colore rosso carnino. Gli sembrava un'arma terribile solo a vedersi.
Quelle che aveva scambiato per ali, erano in realtà dodici cristalli disposti in orizzontale e sei per lato alle spalle della ragazza. Erano sospesi in aria e seguivano i movimenti della ragazza.
La bellezza, la perfezione dei lineamenti e la maestosità della sua persona brillarono in tutta la loro potenza, attorniata da maestose ondate di potere biotico.
I suoi capelli biondi, brillavano mossi da quel potere biotico sembrando la più lucente delle corone.
Lo sguardo era vivo, lucente e penetrante. Li teneva leggermente socchiusi, fissando minacciosa i criminali. Li aveva solo colpiti violentemente, ma limitandosi a questo per timore di ferire anche Taiga.
Non era concentrata su nessuno, ma sembrava che al suo sguardo nulla potesse sfuggire.
Aveva un sorriso crudele e seducente, l'espressione in viso era di piacere.
Stava sfogando il suo potere, dopo molto tempo. Non poteva evitare di sentirsi bene.
Tutti la osservarono ammutoliti.
Mosse appena il piede destro, schiacciando una siringa li accanto. Sentì provenire da essa la traccia energetica tipica delle droghe biotiche. Mischiare il magnifico eezo di Taiga con quella robaccia?Ringhiò furiosa, emise un verso bestiale.
I criminali parvero riprendersi e scapparono via.
Con la loro fuga Taiga sentì la presa dell'amica venir meno, la sua spada tornò normale e i cristalli alle sue spalle sparirono.
Alexya trasse alcune sospiri profondi, era stanca per tutta quella energia biotica usata. Lo sforzo fisico non era stato indifferente, avendo manifestando i suoi poteri al massimo.
Fece un passo avanti. Taiga l'afferrò con forza per una mano « Alexya Weaver non uccide a caso, non è preda dei suoi istinti. »
Lei guardò l'uscita davanti a se « Ti ho messo paura? »
« Da quando si ha paura degli amici? Adesso fai ciò che vuoi, nessuno potrebbe trattenerti. » Disse lei, intuiva cosa l'altra volesse fare.
Lei si diresse verso la porta, appena oltre la soglia, dove la luce non arrivava a rischiarare il buio della sera Alexya sparì.
Taiga si guardò la mano con cui l'aveva afferrata, tremava. Non aveva paura di lei, aveva detto il vero, ma non poteva evitare che il suo corpo tremasse percependo la pericolosità che si irradiava da lei come da una qualunque delle tre sorelle Weaver.
« Sarà meglio chiamare la polizia. » Disse Isai affiancandola, ancora confuso per tutto quello che era successo non aveva osato farsi avanti. « Avrei molte domande sulla cadetta Weaver, ma credo che farò bene a tenerle per me. »
« Scelta saggia. »
« Vorrei però sapere cosa farà adesso la sua amica? »
« È a caccia, riporterà quei criminali anche se non so in che condizioni. »
« Perché non l'ha fermata? » Chiese preoccupato il prete da quell'ammissione.
« Nessuno ferma una Weaver quando caccia. »
« Cadetta, è tutta rossa in viso. » Disse lui, a quelle parole Taiga provò un senso di vergogna che non seppe spiegarsi e il prete aggiunse, quasi parlasse a se stesso « È bello essere giovani e innamorati, quanti ricordi. »
« Non è vero! È solo che Alexya è sempre una super-figa, non sono innamorata, è solo il maledetto effetto ponte! »
Il prete si limitò ad allontanarsi dicendo « Chiamo la polizia. »
*****
Uno a uno gli altri erano spariti, afferrati da qualcosa, il biondino correva per le strade buie e deserte in preda al panico. Era rimasto da solo, qualcosa dal buio li stava seguendo.
Non lo vedeva, ma sapeva che era appena dietro di lui a volte così vicino da sentirne il fiato sul collo. Una luce. Era una banchina dei bus illuminata.
Alla luce sarebbe stato al sicuro, questo era il suo pensiero. Un'idea primordiale che lo stato di terrore in cui si trovava non gli permetteva di valutare.
Si appoggiò tremante e senza fiato sulla panca illuminata, quando alzò la testa, una mano gli afferrò con forza inumana la faccia. Fece appena in tempo a guardare tra gli spazi delle dita, per vedere un viso da ragazza ma con l'espressione più spaventosa che avesse mai visto.
Era quella di una bestia feroce, dopo tutto si fece buio.
*****
La polizia non tardò ad arrivare, trovando i cinque criminali feriti ma vivi e svenuti.
Il giorno dopo la notizia si diffuse su qualunque canale informativo, Alexya Weaver era descritta come un'eroina. La notizia di per se non era sensazionale, ma era il coinvolgimento di uno dei cloni Weaver a renderla tale e ghiotta alla curiosità delle persone.
Volubile come sempre, l'opinione pubblica su di lei e sorelle cominciò a cambiare in meglio.
La sua non mutò minimamente, qualcosa di così incostante non meritava considerazione.
Quest'impresa, il suo nuovo modo di fare più amichevole e sapere che prestava aiuto volontario alla mensa dei poveri del reverendo Godel, sembrarono cancellare il timore che gli altri studenti avevano di lei.
Attirava sempre l'attenzione su di se, ma non più per paura ma bensì per quell'ammirazione, rispetto e invidia che si prova per persone dotate.
« Che te ne pare del sopranome che ti hanno dato? Imperatrice! Suona anche bene, imperatrice Alexya Weaver! » Disse Taiga prendendola in giro.
Qualcuno aveva lascito una breve poesia amatoriale su di lei, nella pagina extranet della scuola:

 
Acclamate, acclamate, acclamate.
Prostratevi a terra e acclamate. Volgete lo sguardo al cielo e acclamate.
Chinate il capo al suo passaggio e acclamate.
L'imperatrice Alexya Weaver passa in mezzo a voi.
Acclamate, acclamate, acclamate
fulgida nella propria gloria
avanza a passo sicuro
con ali lucenti raggiunge il campo di battaglia
affronta il nemico con spada infuocata
lo mette in fuga, le person son salve.
L'imperatrice vi ha salvato
Acclamate Alexya Weaver, acclamate

« Mi spiegheresti come, ieri, hai fatto ad "apparire" proprio quando ti ho chiamata? » Domandò Taiga curiosa.
« Non avevo voglia di ritornare da sola, così mi sono decisa a seguirti. Non ero tanto distante dalla mensa quando ho sentito il tuo eezo. Li ho sentito che eri in pericolo, il mio nome proprio non l'ho sentito. Va bene che ho il miglior udito umano possibile, ma ci sono dei limiti. Il resto è stato solo una sequenza di salti biotici e spostamenti di fase allo stadio rosso, facili ma stancanti. »
- Facili per te! – Fu il pensiero dell'altra che chiese « Come hai fatto a capire che ero in pericolo dall'eezo? »
« La lunghezza d'onda di un biotico varia di poco, a seconda delle situazione. Possiamo dire che i sentimenti la influenzano. »
« Te lo inventi adesso! Non ci credo! »
Alexya le porse un datapad, il titolo del testo sul display era: I sentimenti e l'eezo.
« Ma questa non è una di quelle teorie da quattro soldi, che seguono la moda del momento. »
« Si, quasi tutto quello che c'è scritto è immondizia, ma alcuni concetti secondo me sono esatti anche se sviluppati mali. Sto elaborando una mia teoria, forse un giorno potrei anche presentarla ufficialmente. Ammetto che formulare e magari insegnare una nuova teoria sull'uso dei poteri biotici è piuttosto interessante.»
« Ti piacerebbe insegnare? Insegnare ad usare poteri biotici, intendo. »
Alexya ci rifletté qualche secondo « Non mi dispiacerebbe insegnare quella materia, ma per farlo dovrei arruolarmi nell'Alleanza, cosa che di per se non mi crea problemi, e forse cercare di risultare meno spaventosa a chi mi sta intono. »
Approfittando del fatto che era stata lei a menzionare l'argomento, Taiga le chiese « Contenta che non abbiano più paura di te? »
« Non mi dispiace, ma non mi importa neanche troppo. Devo migliorare come phantom... » sospirò infelice « Credo che mi vorranno altri cinque anni, per poter affrontare Isabella alla pari. Sempre se lei non migliora ulteriormente. »
« Ci riuscirai, ti aiuterò io. Non ti farò certo “divorare” il mio eezo per i prossimi cinque anni, per vederti fallire. » Affermò Taiga.
Alexya non disse niente, si limitò a un sorriso luminoso e sincero. Lei si sentì a disagio.
« Sapevo di aver scelto bene, quando ho deciso di darle il tuo nome. » Dichiarò l'amica.
Lei la guardò senza capire « Di che parli? »
« La mia spada. » Disse lei indicandola, era appesa a dei sostegni al muro « Le ho dato il tuo nome: Taiga. »
« Perché? » Chiese sbalordita.
« Ti rispetto, sei mia amica e affidabile. Non è abbastanza? »
Lei si sentì arrossire, per qualsiasi delle sorelle Weaver quella spada era preziosa quanto la loro vita.
Averle dato il suo nome era un riconoscimento non da poco, ma...poteva indicare anche altro?
« Sai... » borbottò Alexya « Con quello che è successo ieri, non mi hai ancora fatto “divorare” il tuo eezo e in più...sono anche andato in “rosso”, ho preso le mie pastiglie ma certe voglie rimangono. » Disse ammiccante lei.
« Va bene...» Dichiarò Taiga facendosi coraggio, alzandosi e mettendosi difronte a lei « Finiamola con questa storia, non si può andare avanti così! »
Alexya non aveva capito cosa intendesse ma prima che potesse dire qualcosa, lei le prese il viso tra le mani e la baciò.
La ragazza era totalmente spiazzata, immobile.
« Forza Alexya, credo che tu sappia far di meglio. Così mi sembra di baciare una statua, partecipa un po'. »
« Ma... » Il bacio di Taiga e la sua lingua che le entrava in bocca la zittirono. Dopo una decina di secondi lei si staccò, battendo un paio di pacche sulle spalle di Alexya « Si, senza dubbio effetto ponte. Mi dispiace, sei una cara amica, sicuramente attraente ma non mi sento il batticuore. Non mi va neanche che diveniamo trombo-amiche, mi parrebbe di svilire il nostro rapporto. Però, potrai sempre “divorare” il mio eezo tutte le volte che vuoi e fare affidamento su di me. » Osservandola poi meglio chiese « Ti senti bene? »
Alexya non si era minimamente mossa, pareva essersi congelata « Io...»
« Era questo che volevi? »
« Io...ecco...era per provocati, non pensavo che...avresti osato, era un gioco... »
« Ah! » Si osservarono in silenzio, rendendosi conto che per uno scherzo frainteso e mal riuscito si erano baciate.
Taiga si infilò veloce sotto le coperte, Alexya si mise china sulla scrivania nascondendo la faccia tra le braccia.
Non si rivolsero la parola fino al mattino dopo, entrambe erano troppo imbarazzante ma non riuscivano a non pensare alla sensazione di quel bacio.
Una parte di loro, era curiosa di ripetere.
*****
Quello che non venne reso pubblico, fu che i criminali confusero il prete con lei. Non sapendo inoltre chi avrebbero affrontato.
I programmi di indottrinamento erano vietati ovunque, ma questo non impediva che fosse possibile trovarne al mercato nero.
Era merce costosa, ma poco richiesta perché solo specialisti sapevano adoperarla. Inoltre si rischiava sempre di attirare l'attenzione di qualche s.p.e.t.t.r.o del Consiglio, a commerciare con essi.
Quelli sviluppati dopo la guerra non reggevano però il confronto con quelli di Cerberus, nonostante i decenni passati, che rimanevano il meglio che si poteva trovare.
I programmi più recenti, economici e di qualità inferiore erano denominati “Idea Fissa”. Una volta nella mente della persona, questa sviluppata un idea fissa o un ossessione per un data funzione a seconda dei parametri del programma.
Avrebbe dato tutto se stessa, praticamente ignorando qualsiasi cosa le accodasse intorno. Ma il limite è che non avrebbe potuto fare altro, mai più. Uno schiavo perfetto, che traeva una completa felicità da svolgere quel compito a cui si sarebbe dedicato fino alla morte.
Tale limite però non riguardava i programmi Cerberus, in cui il soggetto colpito era condizionato ad ubbidire ma senza sviluppare un ossessione e avrebbe potuto svolgere qualsiasi ordine le venisse impartito secondo le proprie possibilità.
Per questo erano molto ricercati, ma non rimanendo molti degli indottrinati di Cerberus in vita da cui ottenerli erano rari.
Questo costringeva ad usare apparecchiature in grado di tracciare il segnale di questi programmi, come il palmare usato dal biondino.
Tuttavia essi erano molto più sofisticati del normale e si si stavano diffondendo in certi ambienti illegali.
Una volta ottenuto il programma Cerberus, la fase successiva era cercare di duplicarlo in modo da avere più coppie di esso da vendere.
Da breve tempo un cartello della droga operante in centroamericana aveva cominciato una tratta di persone, questi rapivano gli ex indottrinati di Cerberus per ottenere dalle loro menti i programmi causando enormi danni neuronali o la morte del soggetto.
Questa era un'informazione che sapevano in pochi, i criminali e i poliziotti che indagavano su di loro.
Ma aver avvicinato Alexya Weaver faceva entrare in gioco personalità di ben altro livello.
Lei non poteva tollerare che sua figlia fosse stata presa di mira.
La “signora di Noveria” era furiosa.
*****
Nella fitta giungla costaricana era facile nascondere cose enormi, anche un palazzo.
Un esempio di questo era la vasta villa che sorgeva in mezzo al nulla, solo una stradina sterrata conduceva fino ad essa.
Ma la costruzione in stile coloniale era più simile a una fortezza, uomini armati ne sorvegliano il perimetro e un paio di navette era parcheggiate e garantivano una rapida fuga.
Attorno ad essa vi erano intere piantaggini coltivate a droga, a occuparsi di esse delle persone ridotte a schiave da programmi Idea Fissa.
La donna era asiatica, il suo braccio sinistro una protesi com'era evidente dal fatto che fosse di metallo. Indossava scarponi militari, pantaloni di una mimetica e una semplice maglietta nera.
L'espressione in volto non lasciava dubbi sul suo umore, era arrabbiata.
Si fermò davanti a un elegante porta intarsiata, sorvegliata ai lati da due sentinella armate.
« Devo parlare con Don Garro. » Dichiarò, un attimo di attesa in cui le guardie consultarono qualcuno e venne fatta accedere allo studio privato di Jose Garro, un importante trafficante di droghe e molto altro.
« Mi aspettavo una sua visita. » Ammise l'uomo, aveva un fisico molto asciutto e un paio di baffetti. Solo guardandolo si capiva che pietà e carità non erano tra le sue virtù. Era seduto comodamente su una poltrona, nonostante ve ne fosse un'altra libera non fece segno alla sua ospite di accomodarsi.
« Sa cos'hanno fatto i suoi uomini? »
« Lo sa il mondo, ma non ha importanza. Sono elementi privi di valore che non sanno niente, polizia o altri non mi troveranno. Neanche la Noveria Corps, sono sicuro che è qui perché teme questo. »
« I miei capi hanno deciso di recidere l'accordo che avevano con lei. »
Don Garro la guardò duramente « I suoi capi si sono fatti prendere dal panico, adesso hanno paura... ma in questa giungla io sono il re! Quindi lei mi ubbidirà e dirà i suoi capi che è tutto sotto controllo, solo ieri vi abbiano inviato un programma di indottrinamento dragoon, questo prova che il nostro affare non corre rischi e loro dovranno continuare a pagarmi...se vuole uscire viva da qui. »
Il colpo fu secco e deciso, il collo del narcotrafficante venne spezzato con un sol colpo di karate dato con l'arto di metallo.
Don Jose Garro morì senza un suono, mentre la sua assassina si dirigeva verso l'uscita ancor prima che il suo corpo toccasse il pavimento. Sicura del suo operato, non aveva bisogno di voltarsi a controllare.
Idioti, non si rendono conto di chi hanno provocato.” Pensò seccata al pensiero del tutto il lavoro in più che le sarebbe toccato per cancellare qualsiasi cosa potesse condurre a lei.
Un'ora dopo la località venne invasa dai soldati in grigio roccia di Divisione N. Non trovarono nessuno, solo cadaveri. Tutti erano stati uccisi a mani nude, nonostante sembrasse esserci stata una violenta sparatoria.
Makarov frugò il cadavere di Don Garro, in una delle tasche trovò un biglietto da visita.
*****
Su Noveria, nel suo ufficio dentro Caninea, Dasha aveva finito di leggere il rapporto di Cristina balestrieri, il direttore degli affari della Noveria Corps sulla Terra.
Nella villa era stato trovato un gran numero di cadaveri, tutti morti inseguito a un'aggressione a mani nude nonostante i segni di un sparatoria piuttosto violenta.
Nella tasche del boss era stato rinvenuto un biglietto con la scritta Amalgama groups.
« Amalgama groups. » Mormorò Dasha, qualcosa in quel nome le suonava familiare. Si mise al lavoro sul suo computer, digitò il termine e diede il comando “Trova”.
Quindi si mise ad aspettare, non era neanche sicura di ricordare bene e il suo terminale era pieno di contratti. Questo voleva dire decine di pagine per ognuno.
Però le sembrava di aver letto quel nome di recente, se aveva ragione il documento non doveva essere troppo vecchio né la ricerca particolarmente lunga.
Un paio di minuti dopo, un avviso acquisto segnalò che era stato trovato qualcosa. Adesso ricordava, era un e-mail ricevuta da Olivia.
Niente di strano che Cristina non avesse trovato niente tra i documenti ufficiali.
La sua “vicina di casa” chiedeva: Hai mai sentito nominare qualcosa chiamata Amalgama Groups?
Lei si era limitata a rispondere: Mai sentito.
Meditò sulla questione solo un paio di secondi, quando le venne segnalato un secondo risultato. Anche questo non rientrava tra i documenti ufficiali, in più era ancora segnalato come “non letto” sebbene vecchio di qualche mese.
Era un breve messaggio cifrato di Tenus. Il suo significato era che qualcuno, dai dati era un operaio di basso livello, aveva cercato di tradire la Noveria Corps quando era entrato in possesso di informazioni confidenziali.
Quindi avevano aveva cercato di fare la cosa giusta, consegnando quelle prove alla legge.
L'assassino drell si era occupato del suo “licenziamento”. Tra le varie cose che aveva raccolto, per non lasciare indietro nessun collegamento alla Noveria Corps, vi era la lista di contatti che il morto aveva nel suo omnitool. Nella sua rubrica era memorizzata la voce “Amalgama Groups” con relativo numero.
La faccenda risultava però di scarsa importanza, in una visione più ampia.
Quelle informazioni avrebbero causato al massimo una brutta figura con relativa multa, era molto più preoccupante che qualcuno tentasse di tradire la Noveria Corps. Per questo lei aveva autorizzato il suo “licenziamento”, limitandosi a un cenno d'assenso quando seppe che la situazione era risolta. Evitando di perdere tempo a leggere un rapporto inutile o almeno lo riteneva così a quel tempo.
Compose il numero riportato ma risultò inattivo.
Meditabonda si dondolò per alcuni minuti sulla sedia: pareva che la Noveria Corps e questa Amalgama Groups si fossero già incrociate anche se a sua insaputa, Olivia non perdeva tempo in questioni inutili e se lei stava indagando forse sarebbe stato utile fare altrettanto.
Premette un pulsante sulla scrivania « Signora? » Disse una voce, era quella della segretaria di turno appena al di fuori dell'ufficio.
« Contatti l'ammiraglio Olivia Shepard, mi fissi un colloquio. »
« Come desidera, signora. » La comunicazione si chiuse.
Effettuò una seconda chiamata, questa rivolta alla sezione informatica della compagnia che oltre a quei compiti abituali svolgeva anche una funzione di spionaggio e controspionaggio, essendo i segreti industriali sempre ambiti.
Un oloschermo le mostrò l'immagine di Sunt, il suo volus hacker e responsabile della parte informatica della Noveria Corps.
« Lancia una ricerca per questi termini “Amalgama groups”, priorità alta. »
Lui annuì e rispose « Agli ordini.» Quindi chiuse la comunicazione, accorgendosi che non serviva altro.
Dasha ritornò al suo lavoro ordinario, in attesa degli sviluppi dei suoi ordini.
   
 
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