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Autore: The Custodian ofthe Doors    09/01/2018    5 recensioni
È una sottile forma di lussuria la tua Leo, che ti spinge a desiderare l'amore di tutti, chi ti te lo ha negato e te lo nega tutt'ora.
La superbia muove le tue labbra come mosse quelle di tua madre, ma quanti danni può fare una parola Annabeth? Te lo sei mai chiesta?
L'invidia permea i tuoi occhi quando si posano sulle loro armature, fieri di avere un posto nel loro mondo, un mondo che non sarà mai tuo. Perché non sei come loro Hazel?
Hai imparato che anche da eroi manca qualcosa, che esistono tanti tipi di avarizia e tu ne incarni fin troppi Frank.
Vorresti tutto ma non sai gestirlo, vorresti troppo, sarebbe molto più corretto dire questo. L'ingordigia veste abiti sontuosi, tutti scintillanti ed ugualmente attraenti, non trovi Piper?
Cos'altro vogliono? Li hai salvati tante di quelle volte..che si muovano da soli adesso. L'accidia si presenta in molti modi Percy, ma non è detto che tu la voglia combattere.
E non ti sorprende che non ti sia dato arrabbiarti, che non è da te. Neanche tu sai cosa sia da te.
Ma sai invece queste sentimento cos'è? Si chiama ira Jason, la conosci?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I sette della Profezia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'COUNTDOWN'
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Questa storia fa parte della raccoltaCOUNTDOWN ed è la n° 7.

[Attenzione: in questa OS i sette della profezia non sono visti sotto una buona luce, ma si cerca invece di mostrare quanto di più basso, infimo, subdolo e debole ci sia in loro. Lettore avvisato mezzo salvato, non ci rimanete male.]








 

T H E  S E V E N  S I N S  O F  H E R O E S.

 

Lust.
E' una sottile forma di lussuria la tua Leo. Ti fa pizzicare le narici quando il suo profumo ti arriva lento ma letale, ti acceca quando si volta verso di te e ti guarda con quei suoi occhi o quando i suoi capelli vengono spostati nell'aria, sollevati pigramente da sbuffi innocui o mulinati come fruste dalle tempeste più impetuose. Perché Leo? Te lo sei mai chiesto? Perché tutte le ragazze che incroci devono essere così maledettamente belle? Perché sono tutte fuori dalla tua portata?
Qualcuno, un tipo a caso, un certo Freud, ti direbbe che tutta la tua brama, la smania irrefrenabile che hai di aggiudicarti una dama, di legare a te una qualunque di quelle bellissime ragazze è dovuta a tua madre, alla sua presenza -alla sua assenza- nella tua vita, la sua tragica e fin troppo precoce dipartita. Sei stato privato dell'affetto di una donna, della figura femminile che per tanto tempo ha rappresentato il tuo tutto, la tua casa e ora ne vuoi una nuova e tutta tua.
In pratica ti manca la mamma Leo, ci crederesti mai?
Puttanate.
Sono solo una grandissima sequela di puttanate.
Non ti manca tua madre, o meglio, certo che ti manca. Ti senti schifosamente in colpa per quello che hai fatto, anche se non è stata colpa tua, anche se non lo hai fatto apposta. Cazzo, hai ucciso tua madre. Gea l'avrà anche chiusa dentro a quell'officina, ma è stato il tuo fuoco a bruciarla viva e tu lo sai.
Ma quel fuoco, quello che mangiò tua madre, la tua famiglia, non ha niente a che vedere con quello che ti divora l'anima, che ti corrode lo stomaco e ti fa contrarre i muscoli con uno spasmo violento. Non è neanche lontanamente paragonabile al brivido liquido che ti cola nelle vene e pompa eccitazione in ogni terminazione nervosa.
La verità è che ti piacciono tutte, che sono tutte bellissime e tutte ancor più desiderabili.
Hanno capelli neri orlati di brina, vesti di neve e diademi di ghiaccio. Sono principesse intoccabili, fredde, potenti e tremende come la tormenta. Bellissime, davvero bellissime. Ma non fanno per te.
Gira la ruota e cambiano i gusti. Ora è una piccola e fiera guerriera dai capelli di cannella e la pelle come le terre bagnate e brillanti delle rive fertili dei fiumi amazzonici. I suoi occhi sono la cosa più preziosa del mondo e ha un profumo antico che in un qualche modo sa di famigliarità e di estraneità. Ma di nuovo non fa per te.
Sono silenti e delicate, condannate al loro triste fato dagli Dei invidiosi, della loro voce, della loro bellezza, del loro amore. Condannate a non venir mai viste anche se tu invece le hai osservate così tanto da essertele impresse nella mente come uno scatto fotografico. Ma non fa ancora per te.
E' proprio questo il problema Leo, nessuna fa per te, nessuna ha mai tutto quello di cui hai bisogno.
La gente è stupida, crede che la lussuria sia carica erotica e tensione fisica, sia stimolo sessuale ed animalesco, ma non è così e tu lo sai bene.
La lussuria è desiderio inespresso, è il calore placido della cova di un sentimento che non comprendi, che non sai se diverrà romantica filosofia o sfrenato sesso, se sarà per sempre o per una notte e via.
Tu desideri tutti, desideri l'attenzione, l'affetto, l'amore anche. Vuoi che qualcuno ti desideri Leo, è questa la verità: tu vuoi essere desiderato come per un'intera vita hai desiderato altri. Essere il più bello, il più forte, il più intelligente, il più bravo, per una volta, solo una volta.
Essere desiderato.
Ma è anche rifiuto del desiderio stesso, credi che non sia una buona cosa, che non te lo meriti.
Così le guardi tutte da lontano, provi ad avvicinarti facendo lo sbruffone, il cretino, mettendoti in ridicolo anche. Lo fai perché non hai le palle, perché sei sicuro che loro ti rifiuteranno e che nessuno te ne farà una colpa. Perché se una di loro ti ricambiasse, se ti desiderasse come tu desideri loro, poi ti dovresti impegnare, ti dovresti mettere in gioco. E quanto fa paura mettersi in gioco Leo? Quanto è difficile impegnarsi ad essere perfetto, ad essere felice per tutta la vita?
Non lo sai se ci riesci, non sai se è proprio la tua parte questa.
Quindi vai sul sicuro.
E si, è davvero una sottile forma di lussuria la tua, un desiderio frammisto ad un masochismo che scarica le colpe di eventuali fallimenti su altri e non su te. Che ti porta a desiderare l'amore di tutti, di chi te lo ha negato e te lo nega tutt'ora.
Sognare è più facile, ti rintanerai nel tuo mondo onirico e sognerai. Loro saranno tutte lì ad aspettarti, felici di stare con te e di seguire quel copione. Avrai ciò che desideri, ma non nella realtà.
Amare davvero è troppo rischioso, fa troppa paura. Meglio desiderare banalmente ciò che di più recondito e proibito ospita la nostra mente. Meglio non mettersi in gioco.
Sai perfettamente cosa si prova a bruciarsi.



 

Pride.
Che c'è Annabeth? Cosa succede? Non capisco, potresti spiegarmi, tu che sai tutto.
Quante volte hai sentito frasi come queste uscire dalle labbra dei tuoi amici? Quante volte hai risposto ai loro dubbi, ai loro quesiti, tu che hai sempre la risposta pronta, la risposta giusta.
Sorridi indulgente al semidio davanti a te, è ancora un ragazzino, avrà si e no quattordici anni e non sa il mito di Amore e Psiche, che cosa divertente, quasi tenera.
Tu alla sua età eri già capo cabina, erano due anni che andavi in giro con Percy a salvare il mondo e tutte quelle cose, tutti i racconti e le storie che formano la vostra storia, il vostro mondo, tu le sapevi a memoria e le dicevi a quello stupido del tuo ragazzo.
Sorridi ancora ma adesso per un motivo diverso, il ricordo della faccia perplessa di Percy quando gli spiegavi come funzionavano le cose i primi periodi, ah! Quanto tempo è passato!
Ti schiarisci la voce e cominci a raccontare il mito con la tranquillità navigata di chi sa cosa sta dicendo e sa che è corretto, che nessuno potrà dire che è sbagliato, che manca un particolare.
Tu queste cose le conosci da una vita, da piccola, molto più piccola di quel ragazzino che ti guarda tra lo sconcertato e lo stupito: sconcertato dalla crudeltà degli Dei, stupito dalla fortuna sfacciata di Psiche, che fosse stata un po' più brutta col cavolo che l'avrebbero aiutata a superare le prove di Afrodite, ma questo non diciamoglielo, eh?
Sussulta quando arrivi ai momenti più salienti e ti ritrovi a pensare che se solo delle parole lo spaventano chissà cosa farebbe sul campo. A quattordici anni tu eri pronta a tutto, alle stupide prove di Afrodite e anche ad altro, avevi la forza, la saggezza, la determinazione, la conoscenza e le capacità per superare questo ed altro. Usavi la testa Annabeth, lo hai sempre fatto, sin da bambina, sin da quando ad otto anni sei scappata di casa dopo che tuo padre non ti aveva creduto per l'ennesima volta. Quanta rabbia avevi provato e quanta ne provi ancora a pensaci: tu non mentivi e non lo fai ora, non dici le bugie, non ha senso, non ti servono sotterfugi per vincere una discussione, una guerra, ti basti te.
Quante cose hai affrontato nella tua vita, a confronto quella di Psiche è banale e davvero ridicola. Ridicola come potrebbero esserlo molti miti greci, tutti accomunati dalla stessa cosa: la stupidità del protagonista. Si arrendono, si mettono nei guai, si girano appena arrivati sulla soglia dell'Ade.
Quanta stupidità. A te non sarebbe mai successo.
Poi quel ragazzino ti dice che non è giusto, Psiche non ha colpa, è stata data in sposa ad Eros solo perché i suoi genitori si vantavano della sua bellezza, ha disobbedito a suo marito solo per colpa delle sue sorelle e Afrodite era solo invidiosa della sua bellezza. Ti dice che non è giusto, te lo ripete di nuovo, poi dice che lo stesso vale per il povero satiro Marzia, tu annuisci comprensiva. Poi ti dice che lo stesso vale per Aracne, che Atena era solo gelosa della sua bravura e lo guardi con disprezzo.
Cosa ne sa quello stupido moccioso?
Diglielo Annabeth, digli che non sa niente, che non può sapere perché è solo un ragazzino che è sempre stato al sicuro al Campo e non ha affrontato il mondo. Digli che non sa nulla, nulla.
Diglielo, perché tu invece lo sai, tu sai tutto.
Batti i piedi a terra con indignazione quando lui insiste e ti dice che voi figli della saggezza sareste potuti tutti essere salvi dai ragni se solo vostra madre non si fosse impuntata che lei doveva essere la migliore.
Stupido, stupido bambino, come si permette?
Dagli una spiegazione, digli dove ha sbagliato Aracne, dove non ha sbagliato tua madre. Digli quanto è ottuso e stupido a non capirlo, difendi le tue idee come solo tu sai fare. Come è giusto che sia.
Tu, tu, tu. Sempre tu Annabeth, tu contro il mondo e l'ignoranza.
Non avresti dovuto concedere una briciola di tempo a quel deficiente, non se lo meritava, soprattutto non da te, hai ben altro da fare che colmare le sue inaudite lacune.
Non starlo a sentire e voltagli le spalle con la superiorità che ti è propria, non sprecarti per ascoltare le sue idee, le sue parole assolutamente sbagliate. Tu hai ragione, non lui.
Glielo dici, senza neanche voltarti, senza neanche guardarlo. Continui a camminare decisa per la tua strada come hai sempre fatto, lo sguardo avanti ed il volto alto, fiero nella tua forza e nella tua posizione -quella giusta-. Distruggilo con qualcosa che fa più male di una ferita, fagli sentire la tua superiorità, fagli capire quanto è grande il vostro divario, quanto sei meglio di lui. Fallo sprofondare nella mortificazione. Tu ne hai il potere, tu sai farlo.
Tu sai fare tutto Annabeth perché sei la migliore.
Le superbia muove le tue labbra come mosse quelle di tua madre.
Non vedi il lampo di dolore e l'umiliazione che cala sul suo viso, sei compiaciuta delle risatine e dei suoni di scherno che senti aleggiare attorno a quello stupido ragazzino che ha messo in discussione le tue parole.
Ma quanti danni può fare una parola, Annabeth? Te lo sei mai chiesta?




Envy.
Un baluginio giallo, colorato d'oro come i tuoi occhi. Lo vedi dalle retrovie della tua coorte, ti devi mettere sulle punte e cercare di farlo nel modo più discreto possibile, perché non sta bene che un soldato rompa le righe o si metta saltellare sul posto come un bambino davanti ad una parata per vedere i grandi eroi passare. Non sta bene e metterebbe in ridicolo sia la coorte che te. E certo non ne avete bisogno, nessuna delle due. Tu soprattutto.
Essere etichettata come la piccola di turno, come la ragazzina che non sa stare al suo posto… no, no, ti basta ed avanza già essere arrivata in un mondo avanti anni dal tuo, figurarsi se vuoi che tutti ti fissino.
Non sta bene. No, non sta bene per niente attirare l'attenzione su se stessi. Eppure…
Eppure continui a guardare quei luccichii attraverso gli spiragli lasciati tra le spalle ben piazzate dei tuoi compagni, continui ad alzarti sulle punte, a molleggiare per arrivare più su, solo un po' più su ed ammirarli. Ammirare i Centurioni e gli ufficiali a cavallo.
Come sono belli, come sono eleganti, quanta potenza e forza, quanta stima, quanto onore. Tutto ciò che tu non hai.
Ti mordi il labbro e senti l'elmo scivolarti sulla fronte imperlata di sudore. Neanche quello stupido coso ti sta bene, sei troppo piccola per un copricapo del genere, palesemente da cavalleria. Come lo è la tua spata, un po' più lunga e struscerebbe a terra quando cammini.
La verità è che vorresti tanto essere al loro posto ma non ci arriverai mai, non sarai mai come loro. Te lo sussurra una vocina troppo simile alla tua all'orecchio: come vuoi arrivare a montare un cavallo se a mala pena ti ricordi che la divisione razziale non esiste più in America?
Un brivido ti scivola sotto pelle nel vederli lì, tutti fieri e forti, tutti soldati capaci e potenti. Lo senti condensarsi, quel brivido, s'addensa nella tua gola e cola viscido e mellifluo fino alla bocca dello stomaco. Si infila a forza nei polmoni riempendoli di liquido e soffocandoti.
Se solo potessi vederlo, Hazel, ti sorprenderesti nello scoprire che questo peso opprimente è verde come gli smeraldi, come il muschio bagnato e le bisce di fiume.
Non ti preoccupare però, non è nulla di grave, non sei la sola ad averlo.
Neanche in questo sei speciale.
Qualcuno lo definì un mostro degli occhi verdi, da qui il colore, lo sapevi? No? Beh, loro si, loro lo sanno di sicuro, ne sei certa. Certa che oltre ad essere più forti di te siano anche più sapienti. Diamine.
Si chiama invidia, Hazel, è quella cosa che stai provando ora, vedendo gli stalloni di striscio, scorgendo solo le loro orecchie che si muovono recettive nell'aria, sorreggendo il loro cavaliere. Lo vorresti anche tu, un cavallo tutto tuo, per correre, per trottare e combattere, persino per fuggire. Ti è sempre piaciuto cavalcare, peccato che neanche in passato eri la migliore.
Se stringi ancora un po' il labbro tra i denti te lo taglierai e sarebbe così disdicevole vedere un soldato con la bocca sporca di sangue solo perché è basso e non riesce a vedere i cavallini che marciano a ritmo dei tamburi.
Bu-uu, povera Hazel, non li vedi, sei troppo bassa e gli altri sono così alti.
Neanche questo ti ha dato tua madre, neanche uno schifo di altezza decente. Se l'è tenuta tutta lei assieme alla bellezza e alle forme prorompenti di una donna del sud. Tu non hai uno straccio di curva, sei ancora una bambina e anche se sei più vecchia di tutti quei grandi guerrieri lì presenti rimani comunque intrappolata nel corpo di una ragazzina di tredici anni, piatta e dritta come un tronco. Neanche quello hai, neanche il fisico.
Scorgi un movimento più repentino, nel cielo il Pretore Ramirez ha preso il volo con il suo pegaso. Il suo bellissimo pegaso che tu vorresti tanto anche solo aver la possibilità di ammirare da vicino. Non troppo vicino, ti accontenteresti anche di tre- quattro metri, solo di potergli girare attorno e guardarlo in ogni suo minimo particolare. Sembra così bello da lontano, così fiero e muscoloso. Come lo è Reyna, fiera e forte come un' Amazzone. Tu non sei così.
Piccola, informe, debole ed arretrata Hazel. L'unica cosa che sai fare è non tenere la bocca chiusa quando serve e attirare a te tesori indesiderati.
Come vorresti avere solo un millesimo della capacità di Reyna di gestire gli altri, di farsi rispettare. Come vorresti avere un pegaso tutto tuo, anche uno stallone normale ti basterebbe, non sei così esigente. Come vorresti essere come i tuoi commilitoni, come tutti quei Romani che ci si sentono Romani, non come sei tu, che ti senti sbagliata in ogni cosa che fai.
Ti pizzicano gli occhi di lacrime, vorresti essere come loro. Vuoi essere come loro.
Perché quei ragazzi possono avere tutto, una famiglia, la loro epoca, la bravura, dei genitori divini normali e non visti male da tutto il mondo, un ruolo fondamentale nella loro coorte e la forza per affrontare le loro storie, storie molti più semplici della tua.
Perché devi essere così sfortunata?
Li osservi con uno strano sguardo vitreo, li vedi ma non li vedi davvero. Vedi te al posto loro, di ognuno di loro. Con una corazza scintillante a cavallo di quello stallone bianco. Con il drappo color porpora in sella del pegaso dorato. Vuoi essere come loro. Vuoi essere al posto loro. Vuoi essere loro.
Digrigni i denti e ribolli di verdi fumi, il sapore acido della bile che ti invade il palato e lo sguardo assetato di un animale che fissa il proprio capobranco desiderandone il posto ma consapevole che non potrà mai ottenerlo. Loro sono i veri soldati, i veri eroi, non tu, tu non lo sarai mai.
L'invidia permea i tuoi occhi quando si posano sulle loro armature, fieri di avere un posto nel loro mondo, un mondo che non sarà mai tuo.

Perché non puoi essere come loro Hazel?

 


Greed.
Hai imparato che anche da eroi qualcosa manca che tutto ciò che è tuo lo vogliono anche gli altri, che non puoi tenere tutto stretto a te come nella gloria della vittoria. Se ci pensi a mente fredda ti dici che effettivamente hai tutto, tutto ciò che si può desiderare: hai la fama, il rispetto, il potere, una ragazza che ti ama, degli amici che ti vogliono bene e persino dei nemici che ti temono.
Hai il tuo bel ruolo da Pretore al campo Giove, dove sei guardato con occhi ammirati, dove la gente si ferma per farti il giusto saluto. Il tuo drappo color porpora scintilla sulle tue spalle, fermato da un fermaglio d'oro, quello stesso oro imperiale per recuperare il quale hai intrapreso la tua prima missione.
Oh, no. Non lo hai fatto per questo. La tua prima vera missione era per recuperare l'aquila d'oro, si, credi che sia per quello. Non lo ricordi ma non ha importanza al momento. Hai fatto tante di quelle cose dopo, hai affrontato tanti nemici e combattuto tante guerre. Hai visto cadere eroi e mostri, sconosciuti e alleati ma tu sei rimasto, sei ancora in piedi e ora hai finalmente ricevuto ciò che ti spetta.
Rispetto e potere.
E ricchezza.
Hai sempre vissuto nell'agiatezza Frank. Nella tua bella casa, prima che andasse a fuoco, c'era arte, c'era storia, c'era lusso. Lo stesso lusso che ti era così comune, così scontato. Insomma, distruggevi servizi da tea in porcellana cinese perché eri frustrato e arrabbiato, perché tua madre era appena morta e nessuno poteva dirti il perché, nessuno te la poteva ridare. Probabilmente i tuoi amici avrebbero rotto banali piatti di coccio, non una teiera che costava più di casa loro.
Ci sei così tanto abituato Frank che te ne sei reso conto solo quando lo hai abbandonato, quel lusso. Quando sei stato all'addestramento con Lupa e quasi ti venivano i brividi a pensare a quei luoghi freddi e sporchi. Poi quando sei arrivato al Campo e hai dovuto condividere quelle catapecchie che si azzardano ancora a chiamare dormitori. Inizialmente non hai capito dove fosse la tua reticenza verso quegli ambienti, credevi fosse la paura, lo smarrimento, la lontananza da casa. Non ti sei accorto di quanto tutti quegli agi ti mancassero finché non sei tornato al Campo, dopo la guerra. Quando hai rivisto le terme, quando hai rivisto la Valle per i giochi, quando ti hanno mostrato la stanza, la tua stanza da pretore ancora ingombra delle cose di Jason. Ti vergogni un poco ad ammetterlo ma ti ha infastidito trovare i suoi oggetti lì, così pochi, così frugali, così palesemente tutti provenienti dal campo. Dei dell'Olimpo, ma c'era qualcosa che non fosse stato fatto a Nuova Roma? C'è qualcosa di suo, di personale. Ti dispiace per lui, davvero, perché vuol dire che non ha mai capito cosa fosse casa, ma da com'è arredata la stanza capisci anche non né sarebbe mai stato in grado: non avrebbe mai capito che privilegio aveva, non avrebbe mai capito come comportarsi con un lusso simile.
Tu lo sapevi allora e lo sai anche ora, vero Frank? Adesso che ti rigiri il tuo bell'arco in mano ma che non riesci più a vederlo con lo stesso amore di prima, mentre la daga d'oro vicino al letto dalle coperte di lino brilla come un miraggio. Ora è tutto perfetto, tutto sistemato. Quella camera trasuda serietà ed eleganza, un'opulenza sottile che solo le stanze dei generali possiedono, ingombra di mappe, di carte geografiche, di documenti importanti.
Importanti come il tuo status Frank.
Oh, quante cose preziose custodisci tra quelle quattro mura: i tuoi documenti, le pergamene, le armi, le dracme greche ed i sesterzi romani. La toga da senato, l'armatura scintillante degna di un figlio di Marte, pronta per essere sfoggiata assieme a quel drappo simbolo del tuo status. E cosa può esserci di meglio di una guerriera al fianco di un così nobile combattente? Già, la tua Hazel, la tua preziosa ragazza. Con quei suoi occhi d'oro, oro puro e fuso, come le monete, come le armi, come i gioielli. Tutti i gioielli che lei può richiamare. La sua preziosa ragazza. Non gli faceva fatica pensare che anche Leo l'aveva voluta al suo fianco, ma adesso come allora Frank sa che non sarebbero mai potuti star bene assieme, che Hazel è giusta per lui e non per il figlio di Efesto.
Sua, solo sua. E nessuno gliela poteva toccare.
Neanche l'ammirazione della ragazza per Percy andava bene. Frank aveva faticato per far si che fissasse lui con gli occhi ricolmi di stupore e non l'altro.
Lui, solo lui.
Perché Hazel era sua, come lo era il suo titolo da Pretore, come lo era il suo titolo di figlio di Marte, la benedizione di suo padre, il comando delle legioni. Suo, tutto suo. Aveva faticato così tanto per trovarlo, per ottenere il suo ruolo in quel mondo che non lo avrebbe mai più lasciato a nessuno.
Conti con attenzione le monete. Controlli che tutte le frecce siano nella faretra. Ogni spada allineata sulla rastrelliera. Le tue carte, i tuoi sigilli. Li conti tutti. Poi conti i tuoi amici, li vedi, li tieni sotto controllo, ci sono, vai avanti. Poi conti i tuoi sottoposti, sono tutti presenti? Manca qualcuno? Ed i tuoi impegni. I tuoi incarichi. Cerchi la tua stola. Cerchi la tua spilla da Centurione. Cerchi la tua preziosa, preziosissima, ragazza.
C'è tutto Frank?
A mente fredda ti vengono semplici certi ragionamenti, ma se scaldi un po' quella materia grigia e la fai lavorare con la stessa attenzione con cui muovi tutti quei muscoli, la soluzione a cui giungi non ti piace. A mente “scaldata” ti rendi conto di ciò che stai facendo, di ciò che hai fatto e che sei sicuro farai ancora. Brutta bestia questa, vero?
Hai capito che l'avarizia non si limita al denaro, che è una cosa più profonda che scade nel possesso. Hai imparato che l'avarizia ha tante, tantissime forme, e tu ne incarni fin troppe Frank, non trovi?
 




Gluttony.
Vorresti tutto. Te ne sei resa conto lentamente, come l'acqua sale lentamente le pareti di una casa, bagnandole dalle fondamenta.
Inizialmente non era così, lo sai perfettamente. All'inizio era tutto un attendere, un sognare. Tuo padre non poteva permettersi troppo e tuo nonno non poteva darvi niente se non un tetto sulla testa, una pasto in tavola e tante belle storie. Sei cresciuta così dopotutto, attendendo il ritorno di tuo padre, ascoltando le avventure di guerrieri dagli elmi di piume. Poi era arrivata la fama, la fortuna, i soldi. Ma anche allora la cosa non ti piaceva.
Si, era entusiasmante, tutti conoscevano il tuo papà, lo vedevi ovunque, era ovunque. Però poi non stava mai con te.
Ti aveva promesso che sarebbe stato per voi, solo per voi. Dopo tanto lavoro, ora che avevate tutti quei sogni e che stavate meglio economicamente, lui avrebbe avuto tanto tempo solo per te. Ma così non era stato purtroppo. La fama ha il suo prezzo e tu lo hai pagato nel modo più brutto: con l'assenza dell'unica persona che ti era rimasta a questo mondo.
E' per questo che hai cominciato a comportarti in quel modo vero? Avresti potuto fare qualunque cosa e c'hai anche provato, non te lo si può negare: sei andata bene a scuola, ti sei comportata come si deve, sei stata la migliore. Ha funzionato? No. Passiamo al piano B.
Sei andata male a scuola, hai fatto i capricci e battuti i piedi, hai fatto la ragazzina viziata che voleva il suo papà e hanno pure avuto il coraggio di dirti che non capivi niente, che non ti rendevi conto che quello che stava facendo era più importante.
Leggi tra le righe Piper, c'è scritto “più importante di te stupida mocciosa”.
Così ti sei resa invisibile, non ti piaceva più che la gente ti riconoscesse, che sapesse che eri tu, che eri sua figlia.
Ma concentrati su ciò che hai fatto alla fine, su ciò che ti ha portato a quella dannata scuola e poi al tuo destino: hai rubato una macchina. Perché?
Mettiamo in chiaro le cose, lo sappiamo tutti che hai usato la lingua ammaliatrice e che non hai rubato davvero una macchina, però avresti potuto fare qualunque cosa, davvero. Avresti potuto cominciare a fare la vita dissoluta e a far parlare di te, a fumare, a fare la modella, persino a seguire la carriera di tuo padre o chiuderti in una comune. Però hai preso una macchina.
Ti mancano i soldi per comprarla? No, certo che no. Però la volevi.
La volevi.
Il senso della frase sta tutto qui.
Che quella piccola ed innocente macchinuccia ti abbia portato al Campo e a salvare il mondo è solo un innocuo dettaglio
Ed ora che tutto è finito, che hai tutto, ti rendi conto di quanto lo hai desiderato, di quanto tutta la tua vita sia sempre stata protesa nell'ottenere qualcosa.
Stabilità famigliare, la felicità di tuo padre, il suo amore, la sua attenzione, il riconoscimento di essere una brava figlia, il tuo posto nel campo, il riconoscimento di tua madre diamine! Non dimentichiamocene! E il tuo ruolo nella guerra, nella profezia.
Vuoi tutto Piper: la vita perfetta con il padre perfetto, il rapporto perfetto con tua madre, la gestione perfetta della cabina, l'amore, la vita da eroe e quella da adolescente.
Oh, si, assolutamente si.
Quando Jason aveva perso i ricordi ne sei stata devastata. Che poi: lui i ricordi li aveva persi ma tu ne avevi di inventati di sana pianta. Non era tuo, non era più tuo eppure lo volevi così tanto. Alto, biondo, con quegli occhi blu elettrico. Quanto è azzeccato quel nome? Blu elettrico come gli occhi del tuo ragazzo. Ed il tuo ragazzo è il soldato perfetto. E' il figlio di Giove, il pretore, l'eroe perduto, l'eroe dei due campi, è l'unico ad essere stato riconosciuto tanto dagli dei Greci quanto da quelli Romani, l'unico davvero conteso, quello che è figlio del re degli Dei ma è l'eroe della regina. Il Pontifex. Un brivido ti scivola lungo la schiena.
Quanti ti invidiano per Jason? Quanti? Oh, davvero tanti, però è il tuo di ragazzo ed è con te che ha quel rapporto idilliaco, quella relazione perfetta, da perfetti adolescenti che bisticciano e fanno la pace con un bacio. E poi diciamocelo, ma quel fisico che si ritrova? La gente non può neanche immaginare come lo impieghi bene. E' un dio il tuo Jason e ne sei così orgogliosa.
Ma anche lui lo è di te, ovvio. Insomma, hai messo K.O. la precedente capocabina con un paio di parole, solo perché lei non sapeva combattere e tu invece si e non avevi paura di lei. Ridevi in quel momento e ridi ancora a pensarci. Hai preso il titolo migliore della cabina e anche l'affetto ed il rispetto dei tuoi fratelli. Hai cantato davanti ad eserciti di mostri e li hai calmati. Hai donato la tua forza vitale e quella dei due eroi più forti che avete perché sapevi che era la cosa giusta. Hai incantato demoni, re, dei e gigante. Dio Piper, hai fatto di tutto, hai davvero fatto tutto.
A conti fatti Piper, hai tutto, davvero tutto e te lo vuoi tenere per te. Perché non basta, non basta mai e ora tutti quei rapporti, tutte quelle posizioni, devono evolvere e crescere. Vuoi il diploma per essere anche una brava studentessa. Poi tu e Jason andrete a vivere a Nuova Roma, lui ti mostrerà la sua vecchia casa e magari ne comprerete una lì. Si, assolutamente.
Troverai un lavoro, ti sposerai perché è così che deve andare. Avrai dei figli tanto belli quanto potenti. Hai già scelto, bisogna solo decidere se sposarsi in primavera o in estate.
Però prima farai le tue belle esperienze no? Te lo meriti dopo tutto quello che hai fatto. Lo stanno facendo anche gli altri, ricoprono posti in alto, vivono la loro vita da adolescenti.
Non vuoi rinunciare a nulla, assolutamente a nulla. Avrai tutto quanto.
Forse però potresti far a meno di quei fianchetti che ti stanno uscendo? No, sei bella in ogni modo e non ti interessa di portare una 34. Il cibo è uno dei piaceri della vita dopotutto. Così come lo è prendere il sole. E lo studio? Oh, riuscirai ad incastrare il divertimento con il dovere. Ne sei sicura.
Hai visto l'appartamento che prenderanno Percy ed Annabeth? Tu ne vorrai sicuramente uno più grande. Grande come il fuoristrada che ti ha regalato tuo padre. Si. E bello come la collana d'oro imperiale che ti ha regalato Jason per il vostro anniversario. Si sta comportando davvero da ragazzo perfetto qual è, ne sei più che soddisfatta.
Fai un elenco nella tua mente, conti i punti, ne aggiungi altri, spunti dalla lista ciò che è troppo banale e sottolinei quello che devi assolutamente avere. Limi i dettagli, guardi cos' hanno gli altri e punti più su, più in alto. Al meglio. Alla perfezione. A tutto.
L'ingordigia veste abiti sontuosi, tutti scintillanti ed ugualmente attraenti. Indossa i gioielli più sfarzosi, pietre grandi quanto il tuo pugno e fini collana d'oro e d'argento. Le sue ciocche sono intrecciate con perle di mare e piume di fenice, rare quanto lo è la luce che irradiano, affascinante come può esserlo la musica di un piano d'avorio e magnetico come gli occhi dell'amante più esperto. E' lei che sussurra attraente e ti invita, ti invoglia, di promette cose che nessuno avrà mai se non te, cose così belle che non puoi che ammirarle, non puoi che desiderarle ed averle.
E' la portata più succulenta che la vita di può offrire Piper e tu non la rifiuterai di certo.



Sloth.
Cos'altro vogliono da te?
Li guardi quasi scocciato ma poi ti riprendi subito, Annabeth non vuole che fai quella faccia quando ti chiedono qualcosa. Sbuffi. Che palle, non puoi neanche palesare al mondo il tuo fastidio.
Ti hanno costretto a lasciare il letto, dove per altro hai poltrito per tutta la giornata Percy, te ne sei reso conto spero. Si, lo sai, lo sai, però oggi non era proprio giornata, non ti andava di fare niente.
Sospiri, questo te lo puoi concedere, e ti passi una mano sul volto assonnato mentre annuisci piano per dar ad intendere a quel ragazzino che stai seguente tutto il suo sproloquio inutile. Registri sono un paio di nomi, poi andrai a chiedere a loro. Forse. Non lo stai ascoltando davvero, non ti va, non ne hai voglia, hai passato tutta la settimana precedente a studiare diamine, che ti lasciassero un attimo di respiro.
Che poi, sempre se vogliamo mettere i puntini sulle i, ad onor del vero e tutte quelle stupide frasi fatte lì, non hai studiato per tutta la settimana, neanche per metà. Ma non è colpa tua, è chiaro, insomma, la tua dannata iperattività non ti da tregua quando ti siedi al tavolo e cominci a leggere, e vogliamo parlare della dislessia? Andassero tutti al diavolo e ci provassero loro a leggere per ore ed ore una stupida pagina con delle stupide indicazioni su uno stupido- che diamine stavi studiando ieri?
Ah, questa si che è una bella domanda, ti interessava così tanto che ti sei scordato pure cosa fosse. E questa è una gentile concessione del tuo disturbo dell'attenzione, grazie papà, voi scaricarmi altro addosso? No? Ci basta questo? Ci accontentiamo? Okay, sei tu il boss.
Sospiri ancora. Ma non ha smesso di parlare? Lui non è stanco?
Ecco, se in momenti come questi ti prendesse quell'adrenalina da semidio, quella cosa che non ti fa star seduto a studiare e che ti abbandona bellamente quando ne avresti più bisogno…
Cosa sta dicendo? Non lo sai, ti sei perso nel tuo discorso, cose molto importanti a proposito di… cose. Si, certo, ovvio.
Lasci che la mano scivoli tra i capelli e li scompigli più di quanto già non lo siano. Vorresti andartene in spiaggia, buttarti in acqua e rimanere lì a galleggiare per almeno tre-quattr'ore, il necessario affinché faccia buio e nessuno ti venga a disturbare se non per la cena.
Avresti dovuto farlo prima, la cabina 3 è troppo a portata, tu invece ti tuffi e ti chiudi in una bella bolla sul fondale marino, al massimo ti rompono le ninfe e qualche pesce. Magari ti dice bene e ti fai due chiacchiere con un granchio, l'ultima volta ti ha proposto una partita a dama. Magari accetti. Magari qualcosa di più allegro, la dama è così noiosa… un po' come quel ragazzino che ora lo guarda in attesa, adorante.
Certo, sei Percy Jackson cazzo, è ovvio che ti ammiri, che ti trovi forte, imponente e potente. Anche se probabilmente non ti ha mai visto in azione.
Oh, non sa cosa si è perso, ma non credo che ripeterai un spettacolino simile a quello dell'ultima volta per un bel po'.
Alla fine annuisci e gli dici un semplice “Okay bello” che fa sorridere sollevato il moccioso. Lo vedi schizzare via dal tuo patio dopo aver ripetuto un miliardo di volte quanto ti sia grato.
Quali nomi aveva detto? Gli Stoll forse? O McClain? Papà, ti prego, fa che sia Piper così non dovrà sopportare anche le chiacchiere inutile di Connor o Travis. No, Travis no, è più grande di te lui, sta già al college come dovresti esserci anche tu, per inciso.
Che palle Percy, ma perché devi fare tutta questa fatica? Studiare, fare gli esami, superarli, andare al college, perché? Tutto per andare a vivere a Nuova Roma, lontano dai mostri, e studiare per trovare un lavoro?
Che si fottano tutti! Sei Percy Jackson, puoi andare a vivere dove cazzo ti pare e la gente non deve azzardarsi a dirti nulla, hai già fatto troppo. Si, hai già fatto fin troppo, non vuoi fare altro, sei così stanco.
Sospiri ancora, ormai lo fai così spesso che anche questo ti sta stancando, rientri nella tua cabina grattandoti un fianco e sbadigliando. Dopo andrai a vedere che vuole Stoll, o che vuole Piper, ma ora non ti va, non ti va proprio giù.
I butti sul letto ed improvvisamente un flash ti illumina la mente: speri che non fosse nulla di troppo serio o imminente, che possa aspettare.
I sensi di colpa ti fanno quasi alzare ma poi la tua pigrizia ti blocca. Al diavolo, se era qualcosa di importante il ragazzino sarebbe stato terrorizzato o più semplicemente avrebbero mandato qualcuno in grado di spiegarsi e non di straparlare come aveva fatto quello.
Chiudi gli occhi con il cuore più leggero, in ogni caso, il Campo è pieno di semidei, troveranno qualcuno che sappia fare ciò che gli serve, ne sei certo, tu puoi anche farti i beneamati affari tuoi per una volta. Puoi anche ignorare il mondo che ti grida di aiutarlo, di scegliere per lui, di prendere decisioni come ti hanno costretto a fare per una vita intera.
La verità è che li hai salvati tante di quelle volte che hai perso il conto. Hai fatto il loro gioco, hai già dato, che adesso si muovano loro, tu te ne lavi le mani.
L'accidia si presenta in molti modi Percy, ma non è detto che tu la voglia combattere.

 


 

Wrath.
C'è qualcosa che non va, lo senti distintamente ma non riesci a metterlo a fuoco. E' un suono che romba sordo nel tuo torace di un ringhio basso e minaccioso, di un animale costretto al giogo per tutta la vita, che ha assaporato la libertà per poi essere rimesso in gabbia.
Ti porti una mano alla testa, la premi sulla fronte e poi sugli occhi, tenendoti stretto il capo da tempia a tempia in una morsa dura che dovrebbe farti male ma che tu sai essere necessaria per tenere tutto dentro.
Un respiro, devi solo fare un respiro e poi farne un altro, una altro e un altro, poi un altro ancora e proseguire così fino a che ce la fai, fino a che tutto si calma e riprendere i suoi colori.
Ti giri per non farti vedere, non possono assolutamente vederti così, non devi mostrarti debole, preoccupato, ferito o esprimente un qualunque sentimento che non sia la serietà, la convinzione e la sicurezza. La spietatezza ti è concessa solo in battaglia. Davanti agli sconfitti devi mostrare magnanimità ma anche pugno di ferro, lo stesso pungo con cui devi guidare le armate.
Con cui le guidavi, ora non ti è più permesso neanche questo, non è più il tuo ruolo, così è stato scelto.
Da chi? Chi ha scelto che non devi più occuparti delle battaglie? Chi ha deciso che non devi andare in missione se non per adempiere alla tua promessa di costruire un templio ad ogni divinità?
Il nervosismo cresce sempre più forte dentro di te, la bestia che ti grattava il torace ora ricomincia ad uggiolare, tiene le orecchie basse e prova a dare qualche colpo debole alle costole, sbarre di una prigione di sangue, carne e muscoli. Soffre come soffri tu, cerca con la sua voce di attirare l'attenzione di dire “ehi, sono qui, per favore, lasciatemi uscire, lasciatemi in pace” eppure nessuno la sente, nessuno se ne cura. Neanche tu dovresti farlo.
Devi solo abbassare la testa davanti agli Déi, devi solo dire di si ed eseguire. Il capo lo alzerai solo davanti ai tuoi compagni, solo allora ti è concesso.
O forse ti era concesso.
Osservi attentamente gli altri, gli sguardi che ti lanciano perché sei il Pontifex, perché eri il pretore, perché sei il figlio di Giove ma anche quello di Zeus.
Sei troppe cose Jason, davvero troppo, ma quante di queste le hai scelte tu?
La domanda è ironica ed ha un retrogusto acido e amaro al tempo stesso: Nessuna, non ne hai scelta neanche una.
Non sei stato tu a scegliere di nascere figlio di Giove. Non sei stato tu a decidere di abbandonare una famiglia che comunque non ti avrebbe amato. Non hai deciso di costringere tua sorella a scappare- Uh! Dimenticavo, Jason te la ricordi tua sorella? No? Non lo sai? Ne hai una, bella sorpresa vero? Pensa che avevi anche una madre, che non è morta di parto o per qualche motivo strano, era solo una comune mortale che voleva più di quanto non potesse avere e che per sdebitarsi nei confronti degli Déi ha deciso di cederti tranquillamente a loro.
Sapevi che non è stata lei ha scegliere il tuo nome? No, neanche questo? Beh, comprensibile, non sapevi neanche di avere una madre e che questa è morta solo anni dopo il tuo arrivo al Campo e che avresti potuto vivere in una vera famiglia almeno per un po'.
Se vogliamo essere precisi poi, non hai chiesto neanche di diventare l'eroe del Campo Giove, ti ci hanno costretto perché sei suo figlio. La tua unica scelta è stata quella di affiliarti alla quinta coorte.
Fermiamoci un minuto e facciamo il punto della situazione: sei il figlio di Giove e di una madre che ti ha venduto per paura; il fratello di una sorella che non sapevi di avere e che è fuggita per questo, per la tua assenza. Sei l'eroe di Nuova Roma, nonché Pretore e… no?
No, non sei più neanche questo, vero Jason?
Drizzi le spalle e cerchi di far scrocchiare l'osso del collo, la spina dorsale, il spalle e anche le braccia. Vorresti solo sentire tutte le tue ossa cozzare le une contro le alte e scastrarsi da quella morsa dolorosa che sta diventando la tensione.
Respira Jason, respira piano e concentrati. È tutta la vita che ti dicono di farlo, di concentrarti e di fare di meglio.
Puoi fare di meglio.
Ti dicono che puoi sempre fare di meglio, che questo “non è il meglio che sai fare”, ma cosa ne sanno loro? Come cazzo fanno a sapere quale sia il meglio di te se tu per primo lo ignori?
Ti sta facendo male il collo, è troppo rigido, ci scommetti che chiunque ti guardi da fuori non possa ignorare quella fascia muscolare tesa proprio tra le tue spalle e la testa.
Vorresti infischiartene, quanto lo vorresti, ma non puoi.
Non si fa così, non è da te.
Te che non sei più ciò che sei stato per sedici anni della tua vita, non lo sei più, no.
Non sapevi neanche come ti chiamavi tra un po', figurarsi chi eri, chi sei tuttora.
Sei un figlio di Zeus come non se ne vedevano più perché, tecnicamente, Mr fulmini e saette non avrebbe più dovuto figliare, e che sbaglia continuamente i termini. Ne usi di latini invece che di greci. Non avresti dovuto farlo, ti dicono gli altri.
E vaffanculo a tutti loro: il greco fa schifo, preferisci il latino mille volte!
Poi sei stato l'eroe perduto, quello che non ricordava nulla, che era coinvolto in una profezia per liberare Era, che tu conoscevi come Giunone ma di nuovo Jason, sei tu che sbagli, fidati degli altri, dei perfetti sconosciuti che ti hanno fatto volare giù da un carro alato in fiamme.
Ti dicono anche che sei uno dei “sette della profezia”, che devi compiere un'impresa spettacolare. Eppure quando ci riesci -a salvare Era-, quanto torni a casa -il Campo Mezzosangue- c'è ancora qualcosa che non va, che non combacia.
Ti hanno lanciato un cazzo di mattone in testa, alla tua vera casa, perché non avresti dovuto comportarti così. Loro lo sanno bene.
E poi arriva pure quel deficiente che si crede chissà chi, e davvero: ti dispiace che abbia avuto una vita di merda, che ad undici anni sia stato costretto a diventare un eroe, che abbia combattuto contro il Minotauro, che sua madre sia stata rapita, che ha sorretto il cielo, che tutti lo rincorrono e pretendono cose da lui, che ha ucciso Crono e camminato nel labirinto e tutte quelle cose lì, ma ti ha tolto una delle tue poche certezze della vita. Si è preso il tuo posto a Nuova Roma e ora non sei più neanche di quel Campo.
Non sarebbe stato un problema se tu avessi preso il suo di posto, ve lo sareste riscambiato, ma il punto è che lui, il suo posto, non lo ha mai lasciato.
E ora cosa sei? Ora chi sei Jason?
Non sei certo un greco, hai la mentalità e anche il comportamento di un romano, sei un soldato della legione, un centurione, un pretore- no, di nuovo, non sei neanche un pretore, lo scettro di Diocleziano non ti ha risposto.
Ma diamine Jason, che cosa sei?
Gli altri lo sanno, lo sanno per certo eppure tu no, non lo sai.
Ti senti confuso, la verità è che vorresti sbattere la testa contro un angolo e morire dissanguato così, con il cranio aperto in due. Avresti voluto friggere in aria assieme a Festus al posto di Leo, perché si, ora non hai più neanche un migliore amico. Che tra parentesi non hai scelto tu, lo ha scelto Era per te.
Vorresti urlare a tutti di lasciarti in pace, che non lo sai come si gestiscono le cose al Campo Mezzosangue perché non c'è un minimo di disciplina e che non sai più neanche come sia stare al Campo Giove perché non è più casa tua.
Non hai una casa, non hai una famiglia, non hai degli amici, non hai un passato se ci pensi e non hai possibilità di scelta.
Forse, se solo fossi un po' più libero di fare quello che vuoi, ti rintaneresti nella foresta e scoppieresti a piangere per la frustrazione. Prenderesti tutti quei dannati progetti e li butteresti nel fuoco, tra le fiamme che hanno consumato qualcuno che non sei riuscito a salvare.
“Non avresti potuto fare nulla”, te lo hanno detto con sicurezza, una sicurezza che tu non hai ma che loro pretendono che tu abbia.
Vorresti urlare che non ce la fai più, che non ce la puoi fare perché sei solo un adolescente, ma ti direbbero che non è vero, che puoi sopportare tutto questo perché sei un figlio di Giove, o di Zeus o comunque un principe dei cieli.
Quanto pesa la corona però, vero Jason?
E non ti sorprendere che non ti sia dato infuriarti, che non è da te o non se lo sarebbero mai aspettati. Te lo dice Piper mentre ti guarda shoccata per il pugno che hai appena dato al muro del capannone delle armi. Hai piegato la lamiera e nonostante tutto non hai sfogato neanche un millesimo di quella tempesta che ti si agita dentro.
Stai sconcertando tutti, cosa ti salta in mente? Ma che ti prende? Calmati Jason, li stai lasciando senza parole.
Ma cosa ne possono sapere loro? Che ne sanno di cosa sia da te? Tu sei sempre quello pacato e tranquillo, che affronta con sana competizione le sfide, pronto a mediare ogni disputa per farla finire in pace e accordo. Che ne sanno che tu, effettivamente, sia in grado di provare queste emozioni?
Neanche tu sai cosa sia o meno da te, non possono pretendere di saperlo loro, non possono.
Non vuoi sentirli parlare, non vuoi sentire i loro rimproveri, non ce la fai più. Se solo qualcuno si azzardasse ancora a dirti come ti dovresti comportare, come sei tu davvero, potresti carbonizzarlo con un solo sguardo. E che riesci a lanciare saette dagli occhi questo lo sanno ed è vero.
Ti allontani prima che sia troppo tardi, prima che la bestia che prima piangeva ormai allo stremo delle forze, che implorava pietà e pace, perda il controllo e decida che uscire e far a pezzi tutto sia più semplice, che eliminare il problema sia la soluzione migliore.
Il sangue ti sale alla testa e ti confonde sempre di più i pensieri. Non avverti i suoni, non avverti i movimenti, le persone, le parole, la lingua ti si fa pesante nella bocca e vorresti solo urlare se la tua gola non fosse così secca.
Non sai cosa fare, non sai dove andare, deve solo essere un luogo lontano da lì, da tutti loro e da tutto ciò che si aspettano tu faccia.
Spicchi il volo senza rendertene conto e in brave tempo sali così tanto di quota che ti si ghiaccia il sangue nelle vene. Il freddo schiarisce l'afa dei tuoi pensieri e ti lascia ragionare lucidamente, prendere in esame ciò che senti e comprenderlo.
La bestia si quieta e torna a girare in tondo nel tuo torace, cercando una posizione comoda per poter finalmente riposare, prima di dover tornare giù, sulla terra, a lottare con le unghie e con i denti per qualcosa che non capisci, che non sai e che anche gli altri ignorano.
Ma sai, invece, questo sentimento cos'è? Quello che anima la tua belva, che ti graffia il petto e ti stringe la gola? Quello che gonfia i tuoi muscoli e lì contrae, che ti fa stringere forte i pugni sino a conficcarti le unghie nel palmo? Quello che ti costringe ad allontanarti per non doverti poi pentire in seguito delle tue azioni? Che ti acceca di luce rossa color sangue e tinge il mondo di cupe sfumature e fumosi respiri aridi ed ardenti?
Si chiama ira Jason, la conosci?
 

Certo, nessuno se l'aspetta da te.

















 

Salve,
come è stato detto all'inizio del capitolo questa storia cerca di mettere in mostra tutti i lati negativi che possano esserci nei sette eroi della profezia. Ci si limita a sfiorare appena i loro buoni propositi e le azioni per soffermarsi ed anche accanirsi forse, su ciò che invece c'è di oscuro e marcio in loro. Come ce n'è in chiunque su questo mondo.
Ad ogni eroe il suo peccato, cercando di non essere troppo banali, anche se penso che ad Annabeth sia andato il più scontato, mea culpa.
Se quindi qui, i vostri eroi, vi sono sembrati assolutamente “non loro”, che siano stati ritratti male, ricordate che, in buona parte, è fatto intenzionalmente, ma in ogni caso ne si può discutere.

   
 
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