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Autore: Watashiwa    09/01/2018    6 recensioni
[https://it.wikipedia.org/wiki/Wonder_(film)]
August Pullman e Jack Will, due compagni di scuola alle prese con il primo anno di scuola media, con se stessi e i tormenti che non li rendono persone raccomandabili al mondo ma forse l'un per l'altro.
Tra obblighi, passi falsi e nuove consapevolezze, passerà un anno capace di creare qualcosa di prodigioso, nell'umanità delle loro scelte.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Per Jack Will fare quell'esperimento scientifico insieme al suo compagno di banco per fine primavera era esattamente la rinascita di un qualcosa che non poteva non lasciarsi sfuggire.
Fin dall'istante in cui aveva fatto sapere alla signora Petosa e alla combriccola di Julian che non era più intenzionato a fare diversamente secondo altri piani, era sicuro di poter fare qualcosa di utile perché desiderava far contento qualcuno, non per piacere agli adulti (specialmente a sua madre, orgogliosa di quel lato apparentemente condiscendente e dalla sua cospicua borsa di studio), non per avere la consapevolezza di essere nel gruppo dei popolari, nel quale non avrebbe mai avuto un ruolo definitivo, in fondo.
 All'inizio dell'anno scolastico aveva assecondato le direttive del preside Tushman, che aveva chiesto a Charlotte e Julian di far sentire August Pullman, il nuovo arrivato speciale, come se si sentisse a casa sua e non nello spazio come in Star Wars, considerando i suoi evidenti problemi fisici.
«La prima media è un periodo difficile per tutti, nuovi amici, nuove sfide, nuovi grattacapi all'orizzonte» aveva asserito l'omone grattandosi la barba brizzolata con fare un poco distratto.
«Il nuovo studente non è mai andato a scuola per i suoi evidenti problemi. Voi siete quelli più indicati per accompagnarlo».
Quando Jack lo vide per la prima volta, aveva ben chiara la sindrome della quale poteva soffrire.
Gli era capitato di sfogliare qualche rivista scientifica in passato e sebbene quelle materie non fossero esattamente la sua passione, gli era saltato all'occhio un viso anomalo, storto rispetto all'espressione normale dei visi ai quali era abituato; specialmente era la mandibola a sembrare piuttosto slogata rispetto alle altre parti del corpo, segni evidenti a parte.
In quel giorno autunnale così uguale agli altri che però coincidevano con la giornata d'ingresso per i nuovi alunni, August non parlava, non riusciva proprio ad accennare un minimo di conversazione.
Charlotte cercava di dissimulare l'imbarazzo parlando delle sue gesta nel campo della pubblicità, Julian facendo la guida precisina, ma anche Jack taceva, quasi sapendo che c'era qualcosa dietro quel modo così apparentemente subdolo.
Erano serviti i mesi successivi per far capire che quel silenzio rappresentava solo la curiosità verso un qualcosa nel quale gli altri credevano fosse a lui estranea, la timidezza nel non essersi mai approcciato a qualcosa di così nuovo, pieno di paure nel giudizio altrui.
La verità è che Jack invidiava il mondo di August, il suo acume non spiccante per tutti, i suoi gusti in fatto di serie TV e di giochi, il suo essere un passo avanti a tutti nelle risposte e nelle azioni che faceva e pensava, con moderazione e giudizio.
Auggie, questo il soprannome che un po' tutti gli affibbiavano, era la guida che avrebbe potuto avere al suo fianco, senza paura.

 
 
«Tushman mi ha chiesto di fargli da amico e ora mi segue dappertutto... ma se avessi la sua faccia, preferirei morire»
L'aveva detto in un soffio di vento nell'aula durante la giornata di Halloween, tra le risate generali di Julian e dei suoi amici alla stregua di insulsi lacchè, mentre un alunno travestito da Ghostface stava alla soglia, ascoltando quelle parole riecheggiare con furia e disgusto.
Jack non aveva poi incontrato Auggie durante tutta la giornata: lo aspettava nel suo costume sfavillante di Boba Fett come gli aveva sussurrato all'orecchio una settimana prima, ma alla fine non si era più fatto vedere in tutto l'istituto.
Novembre e il mese successivo avevano portato delle novità piuttosto spiacevoli nella sua quotidianità; oltre al freddo che si faceva vivo nelle mattine stranite di Manhattan, anche il gelo sembrava essersi impadronito dell'animo di Auggie, che lo rendeva distante con la resa di non continuare una conversazione, il silenzio che il biondino di casa Will non riusciva a spiegarsi.
Era un silenzio che faceva un rumore piuttosto distante e doloroso rispetto a quello della prima ora, della loro prima volta nel conoscersi, uno di quelli che potrebbe arrivare anche a creare incubi ad occhi aperti per il rimorso che genera ininterrottamente.
Vedeva il suo nuovo amico avere a che fare con Summer durante le ore della mensa, una bambina che non parlava tantissimo come altri suoi coetanei ma era un'attenta osservatrice che non sopportava le ingiustizie e le dicerie superficiali che le sue amiche e il gruppo di Julian sputavano su cose e persone che mai avrebbero realmente compreso.
A Summer non importava davvero perdere una delle staffe per seguire la giustizia e la gentilezza, come aveva dedotto da uno dei precetti socio-morali che il professore Browne si ostinava a ripetere ad ogni lezione ed era questo che la differenziava da ogni bambina, dal comportamento piuttosto ambiguo e dolente di Jack.
«Ciao, Summer» l'aveva approcciata un giorno prossimo alle vacanze di Natale, con la speranza di saperne di più sul potente silenzio di Auggie che gli faceva enormemente paura.
«Ciao, Jack. Sei venuto a chiedermi qualcosa a riguardo di Auggie, vero?» rispose educata lei, comprendendo già dai movimenti prudenti del ragazzino cosa voleva chiederle.
Sapeva che non era il massimo parlare con una sua compagna solamente di qualcun altro, però scosse la testa in segno di approvazione.
La bambina lo guardò con fare sufficiente per un attimo, per poi dirgli che stava mantenendo un segreto e che non intendeva tradire la promessa dolce che aveva stretto al suo animo.
«Se proprio ci tieni, posso solo dirti... "Ghostface". Ti saluto, ci vediamo!»
Di primo acchito Jack non capì affatto cosa si celasse dietro quell'antagonista, poi un flash accecante, quel 31 Ottobre così luminoso farsi oscuro tutto d'un colpo.
L'assassino con il coltellaccio e la bella faccia ridere del terrore della vittima era lui, lui e la sua proverbiale idiozia superficiale.
Tutto quel benestare che circolava sotto il ponte che era la loro amicizia si era forse estinto per sempre, per un errore che uno come lui non avrebbe mai dovuto fare, considerando il suo carattere, le sue priorità.
Jack era un idiota che forse aveva perso ciò che più di vero aveva al mondo, scegliendo la comodità sociale al benessere... chi mai avrebbe potuto invidiare uno come lui?

 
 
Natale era appena arrivato e con esso Jack sperava vivamente di trovare il conforto e lo spirito del quale si era sempre cibato negli anni più infantili della sua breve esistenza, trovando risposta alle domande che durante il giorno lo inchiodavano di rimorsi e varie paure.
Aveva sicuramente più tempo per se stesso, per avere a che fare con delle cose che aveva lasciato in disparte per via degli studi e di uscite con persone non così divertenti ed esaltanti in fin dei conti, giochi ai quali Jack rimaneva profondamente affezionato.
La cosa più bella di uno dei suoi preferiti, Minecraft, era che poteva costruire il mondo che più gli aggradava, servendosi di oggetti comuni e fantastici ed elevando il proprio avatar al potere più democratico e libero che gli altri potevano solo che apprezzare.
Nessuna invidia, nessun confronto, solo la creatività e l'inventiva a fare grandi piccole menti in crescita; nessun aspetto fisico che fosse un giudizio primo e irrevocabile, una berlina del quale vergognarsi e sentirsi colpevole per il resto della vita.
Buffo, pensò il ragazzino con fare malinconico.
Era esattamente un pensiero che sarebbe calzato a pennello per Auggie, per la situazione e per quello che stupidamente aveva aggiunto con cattiveria gratuita, con il solo obiettivo per sentirsi parte di un gruppo e opprimere un apparente debole.
Sospirò quasi rassegnato mentre portò il suo personaggio verso il veliero volante, troneggiante nella zona centrale della mappa nella quale stava giocando, più precisamente facendo esplorazione libera per far passare un po' il tempo.
Fu improvvisamente sull'albero maestro che Jack lo trovò e che sembrava quasi incerto sul come fare una mossa.
"Astroboy", l'avatar con il casco di astronauta perennemente presente, la perfetta rappresentazione del suo amico, del suo guscio protettivo contro le crudeltà di una vita sfortunata e tumultuosa a livello sociale, ma anche a riguardo di altri contesti.
Sinceramente non sapeva che fare, visto il disagio che cominciava a provare dalla punta dei capelli fino a quella dei piedi, ma il suo subconscio gli suggeriva di provare a vedere come fossero le cose, quasi per sondare un terreno e mostrarsi non totalmente indifferente alla presenza.
Jack tamburellò nervosamente le dita sulla tastiera, digitando un messaggio veloce.
«Anche tu in avanscoperta?»
Si sentì stupido una volta che schiacciò su "Invio": non era questo quello che avrebbe dovuto scrivergli come prima cosa, viste le circostanze, cosa gli era saltato in mente?
Dannato lui e il suo lato più circospetto.
Tuttavia, contro ogni pronostico, la risposta non tardò ad arrivare e stupì ancora una volta il più giovane di casa Will.
«È una delle poche cose che mi fanno sentire vivo».
Era una risposta diretta, scritta senza alcun senso di ripicca, di sembrare più piccolo o degno della commiserazione più penosa e che metteva in luce, probabilmente, il suo lato profondamente buono e disponibile.
Avrebbe potuto benissimo mandarlo al diavolo una volta per tutte o peggio, non rispondergli e punirlo con l'arma sottile dell'indifferenza... eppure non l'aveva fatto.
Jack sorrise mentre sentì brividi attraversare tutto il suo minuscolo corpo; fu una reazione spontanea che esprimeva il benessere che una persona come Auggie riusciva a trasmettergli anche con un semplice messaggio di una chat, in una situazione dove il suo cuore percepì una straordinaria conferma.
Il suo amico non aveva chiuso ancora la porta che apparteneva alla loro amicizia e questo era il regalo natalizio più gratificante che aveva ottenuto nonostante la sua cattiva condotta.
Fece passare un paio di minuti per riprendersi da quel coacervo improvviso di emozioni e digitò per avviare definitivamente la conversazione.
«Sai, Summer mi ha fatto capire perché tu ce l'hai con me. Volevo solo chiederti scusa per ciò che ho detto e fatto».
Era difficile poter esprimere la sua sincerità tramite un messaggio, un ammasso di codici e caratteri che giacevano in una finestrella informatica, ma era pur sempre un tentativo per poter provare a ricostruire nuovamente qualcosa che era crollato per un errore del quale si stava amaramente pentendo.
«Volevo chiederti due cose, prima di risponderti. Summer ti ha detto esattamente perché io ero arrabbiato con te?»
Jack non esitò un attimo a rispondergli in maniera definitiva, più sollevato che avesse trovato un punto d'incontro con il suo compagno.
«No, non si è assolutamente permessa. Mi ha solo detto GhostFace e da lì ho capito, purtroppo. Possiamo tornare ad essere amici?»
Passarono alcuni minuti prima che la risposta si illuminasse nello schermo del gioco, mentre i loro avatar stavano sempre più accorciando le distanze tra di loro.
D'improvviso quella parola così semplice composta da solo due lettere assumeva un significato di rinascita e di una bellezza che poteva avvertire e afferrare istantaneamente in tutta la stanza, rendendo luminoso quel giorno così uggioso e poco illuminato dai raggi solari.
Non poté che sorridere di cuore ed essere pervaso da un'amicizia che non avrebbe avuto che ricominciare con basi più forti, era semplicemente felice e sperava che Auggie stesse provando lo stesso.
«OK»
Quest'ultimo scrisse ancora, come segno di voler recuperare il tempo perduto a distaccarsi per la rabbia che provava.
 
«Non vedo l'ora di cominciare il progetto di scienze insieme a te! Ho un sacco di idee che mi sono venute e vorrei realizzare»
«Anche io. Ma volevi chiedermi un'altra cosa prima, se ho capito bene?»
«Sì, certo. È vero che preferiresti morire se un giorno, di colpo, avessi la mia faccia al posto della tua?»
«Rettifico: vorrei morire se mi ritrovassi quella di Julian».

 
Entrambi risero.
Le armi erano state sotterrate e lasciate agli avvoltoi, la tempesta lasciata alle spalle. Solo il sole ad illuminare la loro amicizia che non sarebbe più crollata per motivazioni superflue, giudizi superficiali; insieme erano LA squadra, man mano quella che sarebbe stata la più imbattibile sulla piazza, forse già prima del previsto.

 
Avevano passato la notte prima a sistemare quel progetto, in modo che, durante la fiera scientifica dell'istituto dell'indomani, avrebbero fatto faville, tentando di vincere l'ambitissimo primo premio.
August aveva lavorato tantissimo affinché il foro stenopeico funzionasse a dovere nella rappresentazione dell'immagine e Jack dentro la scatola per assicurarsi che lo specchio fosse pulito e ben collaudato con il resto del progetto.
Le prove in casa Pullman erano andate alla grande e avevano riscosso un apprezzamento assoluto ed entusiasta; alla fine anche Justin, il fidanzato della sorella di Auggie, era rimasto incantato dalla loro inventiva, sebbene inizialmente l'avesse apostrofato come possibile scenario da film horror per la sua oscurità.
Fu il padre di quest'ultimo, Nate Pullman, a portare i due bambini l'indomani a scuola, aiutandoli a spostare il gigantesco involucro di cartone all'interno della palestra, dove appunto si sarebbero presentati i bambini desiderosi del primo premio.
Il progetto "Camera obscura" quasi terrorizzò, di primo acchito, per la sua imponenza e il suo aspetto particolare e così diverso dal resto, ma una volta che entrambi aprirono bocca esternando il loro entusiasmo per il progetto, più persone si avvicinarono e fecero la fila, lasciando da parte gli altri lavori, come il banalissimo vulcano con reazione di Julian ed Henry.
La più grande conquista fu conquistare i ragazzini più dubbiosi o indifferenti non solo nei confronti della materia ma anche del suo amico, da sempre trattato come un outsider, un baricentro di un sistema che spinge gli altri corpi a cambiare direzione, principio della prima legge di Newton che lui conosceva fin da subito alla prima lezione con la Petosa.
Si creò una piccola calca che nel giro di un paio di minuti diventò una fila ordinata e i due piccoli scienziati decisero che sarebbe stato il caso di far entrare due persone per volta, in modo che si godessero le due parti dello show.
«Toglieremo il diaframma tra 3,2,1...» gridarono entrambi, liberando il foro e dando il via allo spettacolo.
Nate aveva posizionato la Camera Obscura in una zona che si affacciasse con il giardino della scuola, con i cedri in fiore mossi dal vento, con tutti i movimenti percettibili che la natura poteva offrire in quel periodo dell'anno.
Le immagini si sarebbero mostrate nitide e precise, come desiderava Auggie.
«WOW!!» fu ciò che dissero all'unisono i bambini che avevano avuto la fortuna di entrare per primi, uscendo infervorati dopo un po'.
Nessuno ebbe un'opinione diversa, tutti erano concordi sulla magnificenza dell'idea e non sembrava solo essere una sorta di apprezzamento di tipo popolare: quell'anno, il giudice non fu più sicuro della sua scelta, che coniugava fisica a ingegno per dei ragazzini undicenni.
Sorrise a Jack e Auggie con fare orgoglioso, posizionò la coccarda del primo posto dal lato opposto, chiamandoli.
Appena i due videro di essere i vincitori, esultarono spontaneamente e improvvisamente Auggie abbracciò il suo braccio destro, come se volesse comunicargli un'emozione tutta particolare e quasi inedita, pura.
Jack ricambiò sicuro, sorridendo apertamente.
Sapeva benissimo quanto fosse importante per Auggie il progetto, perché avesse avuto quell'idea in particolare.
La camera oscura era l'avvento del cinema, delle immagini in movimento che con la loro continuità formavano delle scene in grado di suscitare nient'altro che spettacoli eterogenei, storie incredibili con personaggi che potessero insegnare qualcosa nel profondo, come poi era diventata la saga di Star Wars per entrambi.
Sapeva che se fosse stato per Auggie, il progetto avrebbe avuto anche uno spettacolo del quale godere all'interno, magari con uno scenario di grosse navi spaziali che viaggiavano su un manto stellato infinito, tra nebulose corrive e raggi laser luminosi, i fuochi d'artificio di un'atmosfera invisibile alla Terra.
Ma la verità era che la "Camera Obscura" era la perfetta rappresentazione della breve vita del suo più caro amico: esternamente era bizzarra e così diversa per riuscire a suscitare subito qualcosa ma era al proprio interno che nasceva la magia di qualcosa di unico, di più rispetto all'ordinarietà che c'era intorno.
Era palese ai suoi occhi in quel preciso istante, come se avesse un potere prezioso nel suo animo, uno di quelli che poteva coltivare per migliorare tutto ciò che era il loro percorso di vita insieme.
La sua amicizia aveva salvato Auggie dal grigiore monotono di una vita passata ad essere un punto scomodo per gli altri, nonostante in un casco d'astronauta per il timore del giudizio e sebbene fosse andato oltre tralasciando alcuni passi falsi passati, era questo stato sufficiente per lui.
Jack non aveva più bisogno di invidiare nessuno con quella vena nostalgica e pessimista, né di essere guidato come una pecorella smarrita di un gregge scomposto e scostante, non necessitava di assecondare nessuno se poteva andare lontano con la sicurezza delle sue conoscenze e capacità, in ogni campo immaginabile.
Era cresciuto e con lui anche Auggie, quel prodigio che era nella sua totalità, dentro e fuori, ed era fiero poterlo pensare e provare con la sincerità più acuta del mondo, andando al di là di un maledetto disturbo fisico.
Per Jack Will fare quell'esperimento scientifico insieme al suo compagno di banco era esattamente la rinascita di un qualcosa che non poteva non lasciarsi sfuggire.
I pomeriggi passati a sfidare il suo alleato a colpi di spade laser per decretare l’antagonista più completo e degno del suo nome, le giornate passate a chiacchierare di qualunque argomento passasse loro per la mente, le esplorazioni a Minecraft, l'entusiasmo, tempi innocenti che si sarebbero trasformati in ricordi e qualcosa di portentoso.
Era come diceva Yoda ne "L'attacco dei cloni", cioè che "l'equilibrio sarebbe stato trovato trovando il centro della forza", trovare una ragione per poter capire cosa significhi vivere nella sua interezza.
La vita con Auggie, poteva gridarlo forte al mondo intero, era un fenomeno per il quale valeva la pena godersi l'imminente presente in ogni minuto, ogni cosa di poco conto, che si lasciavano, inesorabilmente e per sempre, alle spalle.

 
[2949 parole]

 





 


note a margine
Ho cominciato il primo del nuovo anno con la visione al cinema di questo film molto carino, “Wonder”, e ha saputo farmi sorridere e stringermi il cuore in una maniera assoluta che non ho potuto scriverci una one-shot a riguardo!
Ho deciso anche di assecondare un po’ lo stile del film (leggerò il libro e i suoi sequel a breve, tempo permettendo) concentrandomi sul rapporto Auggie/Jack e la visione completa di quest’ultimo, che è quello che mi ha colpito di più insieme a quello che il protagonista ha con i familiari, cioè rapporti di profonda diversità ma uniti da un affetto inconfondibile.
A pensarci bene, credo che lo stesso Jack sia il primo “estraneo” a rendersi conto di quanto sia wonder (= un portento) il protagonista, per ragioni che vanno al di là delle conoscenze scientifiche e dalla sua apparente diversità per una malformazione fisica che lo ha portato a soffrire tantissimo fin dalla più tenera età.
C’è anche Summer che mi ha conquistato come personaggio, peccato che le sia stato dato pochissimo spazio nonostante il potenziale intrigante.
Ho apprezzato l’evoluzione dei personaggi e del rapporto che hanno questi due ragazzi, per cui ho cercato di confezionare un tributo all’amicizia e alla forza interiore, cercando di mantenermi fedele a ciò che mi ha suscitato la pellicola in sé.
Spero che la one-shot possa piacervi e avervi evocato belle immagini e sensazioni.
Alla prossima e grazie per essere arrivati fino a qui, per aver aperto la mia storia, per tutto.

 
   
 
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