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DECISIONI
-prima
parte-
Chino
su un
grosso libro, Keros si era appena dedicato alla lettura. Dopo aver
aiutato vari
angeli negli archivi, riordinando documenti e volumi, quel giorno aveva
deciso
che voleva terminare quello scritto. In mezzo agli alati, impegnati a
compilare
e scrivere, non si faceva molto notare.
“Come
mai
una lettura simile?” si sentì chiedere.
Alzò
lo
sguardo e vide che a parlargli era stato un Serafino, lo
capì dalla veste e dal
numero delle ali. Immediatamente si mise in piedi e si
inchinò, in segno di
rispetto.
“Tu
sei
l’ultimo arrivato, vero?” domandò ancora
il Serafino.
“Sissignore”.
“Ho
saputo
che formuli domande inopportune agli angeli che vigilano sugli
uomini…”.
“Domande
inopportune, signore?”. Keros era perplesso. “Se ho
arrecato fastidio o danno,
chiedo perdono. Non comprendo…”.
“Hai
chiesto loro come mai non intervenissero dinnanzi a comportamenti
malvagi degli
umani. E, da quel che mi è stato riferito, hai poi difeso i
demoni dicendo che
non era loro la colpa”.
“Signore,
io…”.
“Il
Signore
è uno soltanto. Io sono Vehuia. Chiamami
così”.
“Va… va
bene. Ad ogni modo… Ricordo quell'episodio. Non era presente
alcun demone e gli
angeli hanno risposto che gli umani sono malvagi per colpa dei
demoni”.
“Loro
sanno
quello che dicono. È il loro mestiere. E tu, al contrario,
un mestiere qui
ancora non lo hai”.
“Non
mi è
stato affidato. Vero…”.
“E
questo
ti ha portato a leggere volumi riguardanti la Caduta?”.
“Mi
incuriosiva. Non pensavo fosse proibito…”.
“Non
lo è”.
“Oh… Bene…”.
“Ma
non
è… Usuale”.
“Ho
tante
domande nella testa. Non voglio disturbare e quindi cerco le risposte
nei
libri”.
“Rivolgimi
pure tutte le domande. Fuori di qui, se lo ritieni un luogo poco
opportuno a
quel che vuoi sapere”.
“Ho
promesso ad Uriel di aiutarlo a sistemare alcuni volumi
e…”.
“Allora
andiamo. Potrai chiedere mentre svolgi il tuo compito”.
In
realtà
Keros non aveva alcuna voglia di parlare con quel Serafino dallo
sguardo
severo. Ma capì di non avere scelta. Camminando fra gli
scaffali, spostando e
cercando libri, tentò di restare in silenzio il
più a lungo possibile. Capendo
che tanto Vehuia non se ne sarebbe andato, seguendolo per
l’intera sala, il
mezzosangue prese coraggio ed aprì bocca.
“Voi
eravate
presente prima della guerra del Cielo…”
iniziò, ed il Serafino annuì
“…ebbene
io… Non capisco il perché. Cosa ha provocato
simili eventi”.
“La
gelosia. L’invidia. Il Nemico voleva essere come Dio ed ha
trascinato con sé i
suoi compagni corrotti, governati dall'odio, dalla lussuria e dal
peccato”.
“Sophia
però mi ha parlato d’amore. Ed anche voi tutti mi
parlate d’amore. Un Dio
misericordioso e buono, come può scagliare una folgore
contro suo figlio? E
come può punire per sempre chi ha sbagliato? Non dovrebbe
essere il Dio del
perdono?”.
“Certi
atti
non possono essere perdonati. Inoltre richiederebbero pentimento. Ed il
caduto
non proverà mai pentimento. La superbia lo guida. La
rabbia”.
“Ma
è stato
Dio a crearlo. Non aveva previsto che avrebbe
poi…”.
“Era
il
prediletto. Il primo creato. Helel ben Shahar, il portatore di luce,
era
praticamente pari a Dio. Ma ad esso era inferiore perché ha
lasciato corrompere
il suo animo da pensieri impuri, che lo hanno reso debole ed
oscuro”.
“Pensieri
impuri? Come l'amore che provava per Sophia?”.
“Amore?
La
sua era solo gelosia. Gelosia perché gli umani avevano
qualcosa che lui non
poteva avere e quindi, come un bimbo capriccioso, ha agito di
conseguenza. E
Sophia, immacolata nell'animo e nel corpo, non ha saputo distinguere un
vero
sentimento da una bugia. Per fortuna Dio l'ha protetta, tenendola con
sé in
Paradiso”.
“Però
Sophia è la sapienza. Dovrebbe sapere tutto. Anche se una
persona mente…”.
“Tu
non sai
di cosa è capace il Nemico. E per fortuna la tua vita ha
seguito una tale virtù
da concederti le ali ed il Cielo, senza avere nulla a che fare con le
anime
dannate”.
“E
queste
anime dannate, se non ci fosse l’Inferno, dove andrebbero?
Quel che è successo,
doveva accadere. O mi sbaglio? Dio sapeva e…”.
“Se
non ci
fosse stata la caduta, non ci sarebbero anime dannate.
Perché l’uomo sarebbe
ancora nel paradiso terrestre a bearsi dei doni divini”.
“Non
so… Io
credo che molti umani siano malvagi”.
“E
la
malvagità è colpa del Caduto”.
“Lucifero
non ha creato gli umani. È stato Dio!”.
“Non
nominare quel nome! Non farlo mai!”.
“Perché?
È
un nome come un altro! Hai paura che venga a prenderti?!”.
Immediatamente,
dopo quella frase, Keros tacque. Si rese conto all’istante di
aver esagerato.
Vehuia, sforzandosi di mantenere il controllo, non ribatté.
“Ora
ho io
una domanda per te" mormorò il Serafino, notando lo sguardo
impietrito del
giovane “Tu… Tu chi sei realmente?
Perché sei qui? Non mi sembri un santo e
nemmeno un beato. Dunque perché hai le ali?
Perché sei fra gli angeli?”.
“Io… Io
non
lo so…”.
Scese
di
nuovo il silenzio.
“Ora… Scusate,
ho da fare” riuscì a farfugliare il mezzosangue, e
si allontanò in fretta,
mentre Vehuia lo seguiva con lo sguardo.
Keros
sapeva che non era consono correre. Ma provava un gran desiderio di
farlo ed
attraversò la scalinata che conduceva alla biblioteca quasi
inciampando nei
sandali. Notò i volti di chi lo incrociava, con
un’espressione mista fra il
perplesso e lo spaventato. Raggiunse i suoi alloggi e lì vi
rimase, per
riordinare le idee. Pensò a che giorno fosse e
realizzò che ormai mancava poco
alla luna piena. Immerso in pensieri confusi, si sentì
stranamente sollevato
nel sentire la voce di Mihael. L’Arcangelo, che aveva
raggiunto il figlio
appena messo a corrente degli accadimenti della biblioteca, si
stupì nel
trovare Keros decisamente avvilito. Non era abituato a simili
espressioni in
Paradiso.
“Sei
venuto
a rimproverarmi?” ipotizzò il mezzosangue
“So di aver detto cose non adeguate.
Ma…”.
“Sono
solo
venuto a vedere come stai" si affrettò a dire Mihael.
“Come
sto?
Bella domanda… non saprei. Immagino che in Paradiso siano
tutti felici e
contenti. Perciò…”.
“Io
non
sono felice e contento…”.
“Oh… In
questo caso… ecco… Diciamo che mi sento a disagio.
Qui sono tutti così perfetti.
Calmi, controllati e composti. Tutti con il loro compito, non si
annoiano mai,
sempre con il sorriso. Ma non si ride, perché non
è consono. E si ringrazia un
Dio che non parla mai, che non si vede mai. Mi sento… fuori
posto. Voi angeli
siete così…”.
“Impiccioni
e cagacazzi”.
“Come…?”.
Non
aspettandosi quelle parole da parte di Mihael, Keros rimase ad
osservarlo
mentre questi si sistemava su una sedia, con un sospiro.
“Mi
hai
sentito. Noi angeli siamo dei cagacazzi. A volte in senso buono, a
volte no. La
verità è che molti di noi sono ancora
traumatizzati dalla caduta e temono
sempre che possa accadere di nuovo. Oppure temono di essere puniti.
Quindi
tutto quello che è anche solo leggermente fuori dallo schema
ordinario viene
visto con diffidenza. Non è colpa tua. Tu sei giovane, sei
curioso. Ed è
naturale che voglia sentire entrambe le parti in questa storia. Forse
è giunto
il momento di svelare la verità”.
“Intendi
raccontare a tutti che io e te siamo…? Non so. Non penso sia
una buona idea”.
“Perché?
Sapendo chi sei, capiranno perché ti comporti in un
determinato modo”.
“Sì
ma non
so se è il momento giusto. Ne verresti danneggiato. Insomma… Guarda
che razza di figlio che ti
ritrovi! Che penserebbero tutti coloro che ti rispettano e ti
stimano?”.
“Che
dovrebbero pensare? Sei curioso, intelligente, capace e con voglia di
aiutare”.
“Ed
uno che
fa anche molte cose poco angeliche che non sto ad elencare. Non
so… non penso
sia il momento”.
“Va
bene.
Quando quel momento arriverà, non mi tirerò
indietro. Dio ha voluto la tua
nascita, Dio saprà cosa è giusto per
te”.
Keros
sorrise, rincuorato da quelle parole. Sapere che aveva qualcuno che lo
sosteneva anche in Cielo lo faceva sentire molto meglio.
Illuminato
dalla luna piena, Keros aspettava. Le sue ali d’argento
riflettevano piccole
luci, come il cielo notturno. Nascosto fra le fronde degli alberi, non
molto
distante da dove poco tempo prima aveva spiccato il primo volo,
guardava le
stelle con un mezzo sorriso. La notte sulla Terra era magica,
l’aveva sempre
affascinato. Abituato a vedere nel buio, attendeva…
Un
fruscio.
“Stai
invecchiando” rise il mezzodemone “Non sei
più silenzioso come un tempo”.
“Non
ho più
quei cinque o sei millenni…” si sentì
rispondere, con una risata.
Il
mezzodemone rispose a quella risata e spalancò le braccia,
correndo ad abbracciare
chi stava spuntando fra gli alberi.
“Che
entusiasmo!” ghignò Lucifero, lasciandosi
abbracciare “Carenze d’affetto in
Paradiso?”.
“Non
sai
quanto!” rise Keros “Hai seguito la mia lettera!
Sei vestito elegante…”.
“Sì.
Ho
inoltre mandato molti demoni in quella città che mi hai
scritto. Ora mi vuoi
spiegare che succede? Mi vuoi portare a vedere
l’opera?”.
Il
diavolo
rise ancora e Keros mostrò la lingua. Aveva fatto recapitare
una lettera al re
dei demoni, consegnandola ad uno dei guardiani degli inferi. Ovviamente
non
mostrandosi come angelo.
“Ho
creato
un diversivo” spiegò il giovane “Gli
angeli correranno tutti dai demoni che hai
mandato fra gli umani, lasciandoci in pace. Ho una sorpresa per te. Una
grande
sorpresa!”.
“Per
questo
mi hai fatto conciare in questo modo?”.
“Stai
benissimo. Molto elegante”.
“Anche
tu
con la tunica da angioletto non stai male…”.
“Sorvoliamo…”.
“Ma
ora
spiegami tutto”.
Keros
sorrise ancora. Lucifero aveva legato i capelli, in una strana
acconciatura a
cui chiaramente aveva lavorato Lilith. L’abito nero, in
velluto, era ricamato
finemente in argento e brillava leggermente alla luce della luna. Il re
teneva
celata la sua vera identità, trovando più consono
girare per il mondo umano
senza corna, coda o altro di particolare.
“C'è
una
persona che non vede l’ora di incontrarti”
rivelò Keros, trattenendo a stento
l’entusiasmo.
“Una
persona che non vede l’ora di incontrare me? Sei
sicuro?” ghignò il demone.
“Tu
hai
fatto molto per me ed ora voglio ripagarti così. Ora
tu…”.
“Lucifero!”
chiamò una voce di donna, poco distante “Sei
davvero tu? Vieni qui da me!”.
Il
re
l’aveva subito riconosciuta e, spalancando gli occhi, si era
istintamente
nascosto dietro un albero.
“Che
ti
prende?” storse il naso Keros.
“Sophia?”
mormorò il demone “Lei
è…?”.
“Sì!
E non
vede l’ora di rivederti! Non è una cosa
bellissima? Dai, non fare il timido…”.
“Come
hai
potuto portarla qui?”.
“Te
l'ho
già spiegato. Gli angeli sono distratti, impegnati in quella
città dove hai
mandato tanti demoni. Ed io ho potuto portarla qui perché
Dio le concede di
lasciare il Cielo se accompagnata da un angelo. Capisci?
Però non penso abbiate
moltissimo tempo… Perciò spicciati
e…”.
“Ma… Lei
non
mi ha mai visto come sono ora”.
“E
allora?”.
“La
fai
facile tu, principino dal faccino coccoloso! Io ero il più
bello fra gli angeli
e lei mi ricorda così! Non so se…”.
“Mi
hai
sempre insegnato che nessuno può giudicare cosa sia normale,
bello o strano.
Pensi che lei, dopo tutto questo tempo, stia a perdersi dietro a simili
cose?”.
“Invidio
il
tuo punto di vista, piccolo. Così
favolistico…”.
“Muoviti!”.
Keros
prese
Lucifero per un braccio e tentò invano di farlo muovere. Il
re non si spostò di
un solo centimetro, prendendosi facilmente gioco del mezzodemone.
“Senti…”
alzò le braccia Keros “…io ho fatto il
possibile. Ora spetta a te. Lei è là, ti
aspetta. Decidi tu. Puoi andare ad incontrarla oppure startene qui a
nasconderti”.
“Se
lei mi
vedesse e fuggisse via…”.
“Non
accadrà. Credimi”.
“Ma
lei è
rimasta sempre la stessa. Ne sono certo. Perfetta e
bellissima…”.
“Ripeto:
tua scelta. Vi lascio. Vado a sorvegliare i dintorni, in caso venisse
qualcuno
di indesiderato…”.
Lucifero
vide il mezzosangue allontanarsi fra gli alberi. Lo udì dire
qualcosa a Sophia,
seguita da una risata angelica. Poi tornò il silenzio. Prese
un respiro.
“Andiamo!”
si disse “Sei il re dell’Inferno, mica un moccioso!
Che stai facendo?!”.
Per
niente
rassicurato, si voltò. Da dietro l’albero,
riusciva a scorgere una figura. Era
bella come la ricordava, forse anche di più. Alzando lo
sguardo, percepiva la
presenza di Keros. Come era bello l’entusiasmo dei
giovani…