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Autore: FrancescaPotter    15/01/2018    2 recensioni
Long sugli ipotetici figli delle coppie principali di Shadowhunters (Clace, Jemma e Sizzy), ambientata circa vent'anni dopo gli avvenimenti di TDA e TWP. TWP non è ancora uscito al momento della pubblicazione, e nemmeno l'ultimo libro di TDA; questa storia contiene spoiler da tutti i libri della Clare fino a Lord of Shadows, Cronache dell'Accademia comprese.
Dal quarto capitolo:
"Will abbassò il braccio e distolse lo sguardo, ma lei gli prese delicatamente il polso. «Lo sai che puoi parlarmi di qualsiasi cosa, vero?» gli chiese, morsicandosi inconsapevolmente il labbro inferiore. Era una cosa che faceva spesso e che faceva uscire Will di testa. «So che è George il tuo parabatai» continuò abbassando la voce, nonostante non ce ne fosse bisogno perché George era concentrato sul suo cibo e Cath stava leggendo qualcosa sul cellulare. «Ma puoi sempre contare su di me. Mi puoi dire tutto. Lo sai, vero?»
Will sospirò. «Lo so, posso dirti tutto».
Tranne che sono innamorato di te."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Emma Carstairs, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Julian Blackthorn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo ventidue
 
«Stai sanguinando» sbottò Rose non appena atterrarono nella camera di Will, bagnati fradici e infreddoliti.
Will si guardò il braccio e alzò le spalle. «È solo un graffio».
Rose emise un verso di frustrazione. «Sei uguale a tuo padre! Fammi il favore di disegnarti un iratze».
Will indietreggiò, come se Rose lo avesse insultato, e fece come lei gli aveva detto. Si portò la punta dello stilo sul polso e si scarabocchiò velocemente, ma con precisione, una runa di guarigione.
Il cuore di Rose continuava a batterle forte nel petto. Si allacciò le braccia attorno al busto per riscaldarsi e iniziò a tremare violentemente, sia per il freddo che per lo spavento: non voleva vivere di nuovo quello che era successo con Cath.
Si sedette sulla sedia della scrivania di Will, continuando ad evitare ostinatamente lo sguardo di lui.
«Okay, sei arrabbiata». Will aveva appoggiato lo stilo sul comodino e la stava guardando, i capelli più scuri a causa della pioggia e gli occhi colmi di preoccupazione. La ferita stava già iniziando a guarire.
«Certo che sono arrabbiata» sibilò Rose. «E tu sei un idiota. È stato talmente irresponsabile uscire in quel modo che è un miracolo se siamo ancora tutti interi».
Will alzò gli occhi al cielo. «Sembri mia mamma».
«Be’, magari tua madre ha ragione! Magari ha ragione quando dice che sei un irresponsabile, magari dovresti davvero stare più attento». Rose prese a tremare più forte per la rabbia. Com’era possibile che non capisse? «Cosa pensi che accadrebbe a George se tu morissi? Cosa pensi che accadrebbe a me
Will ammutolì e fece un passo verso di lei. «Mi dispiace. Non volevo farti preoccupare…»
«Voglio solo che tu ti renda conto che non sei invincibile» si affrettò ad aggiungere Rose. «Non voglio mettere freno alla tua indole, non voglio che tu smetta di essere coraggioso e impavido, perché è ciò che sei e io ti amo per questo. Ma non sei indistruttibile, Will, e io non voglio che tu ti faccia male, o che tu…» Rose lasciò la frase in sospeso, incapace di continuare, incapace di esprimere quel pensiero ad alta voce.
Non voglio che tu muoia, era stata sul punto di dire, ma non ci era riuscita.
Will rimase in silenzio per qualche istante, poi parve riprendersi. «Hai freddo» disse. «Dovresti fare una doccia calda».
Rose si alzò in piedi e iniziò a camminare avanti e indietro, intrecciando delle ciocche di capelli tra di loro. «Sto bene. Piuttosto, dovremmo pensare a come i Riders…»
Will la raggiunse con due falcate e le prese le mani tra le sue, allontanandogliele dai capelli per poi posarci sopra un leggero bacio. «Le tue mani sono congelate e hai le labbra viola».
Will aveva ragione: stava morendo di freddo. In condizioni normali, Rose avrebbe fatto una battuta, chiedendogli di andare a fare la doccia con lei solo per metterlo in imbarazzo, ma in quel momento non le andava neppure di scherzare. Voleva stare un po’ da sola a riflettere su quanto successo.
Annuì a Will e si diresse nel suo bagno senza aggiungere una parola, sentendo gli occhi di lui seguirla fino a quando non si chiuse la porta alle spalle.
 
---
 
Will si era seduto alla sua scrivania e stava cercando di terminare il ritratto di Rose per non pensare a suo padre, ai Riders, al terrore negli occhi di Rose, allo sguardo colmo di angoscia che gli aveva rivolto solo qualche minuto prima. Will si rendeva conto di essere stato incauto e di averla fatta preoccupare, ma non lo aveva fatto apposta; aveva visto suo padre ferito e si era sentito impotente, bisognoso di rendersi utile, di fare qualcosa.
Si era tolto i vestiti sporchi e li aveva gettati in un angolo della sua camera. Prima di lasciare il bagno a Rose si era lavato via il sangue dalle mani, e ora sentiva l’acqua della doccia scorrere; per un istante la immaginò sotto al getto dell’acqua, ma scacciò in fretta quel pensiero dalla sua mente, rendendosi conto che Rose avrebbe avuto bisogno di vestiti puliti da indossare una volta uscita dalla doccia. Will chiuse il blocco da disegno e andò nella camera di sua sorella Elizabeth. La trovò sdraiata sul letto con le cuffie nelle orecchie e il cellulare in mano, i capelli biondi sparsi sul cuscino.
La sua camera aveva le pareti color giallo chiaro e le tende rosa pallido che, a parer di Will, formavano un connubio terribile, ma a Lizzie piacevano.
«Liz» disse Will, chiudendosi la porta alle spalle. «Come sta papà?»
Sua sorella si tolse una cuffia da un orecchio e si mise a sedere sul letto. «Cosa?»
«Papà» ripeté Will, cercando di mantenere un tono di voce calmo. «Come sta papà?»
«Oh». Lizzie incurvò un po’ le spalle e iniziò a giocherellare con il filo delle cuffie. «Zio Magnus ha detto che si riprenderà. Sta dormendo ora, dormirà almeno fino a domani mattina. Mamma e zio Alec sono rimasti con lui».
Will le si sedette accanto e le mise una mano sul ginocchio. «Bene. Va tutto bene, visto?»
Elizabeth non sembrava molto convinta, ma si limitò ad annuire rigidamente.
«Dov’è Rose?» chiese ad un tratto. «È tornata a casa? E perché tu hai i capelli bagnati?»
«No, non è tornata a casa, si sta facendo una doccia». rispose Will. «E io ho i capelli bagnati perché... anche io ho appena fatto la doccia» si inventò. «A proposito, hai un pigiama da prestarle?»
Elizabeth lo guardò con malizia. Somigliava spaventosamente a Celine. «Wo oh» lo prese in giro, tirandogli un pizzicotto sul fianco che lo fece sobbalzare. «E perché mai vuoi un pigiama per Rose? Non dormite nu…»
«Ferma». Will chiuse gli occhi e alzò una mano per bloccarla. «Qualsiasi cosa tu stia per dire, non voglio sentirla».
Lizzie non sembrò scoraggiata e proseguì. «Perché, non avete già fatto sesso?»
A Will si accapponò la pelle nel sentire sua sorella, la sua dolce, piccola, sorella, dire sesso.
«Non dire mai più quella parola davanti a me» rabbrividì Will.
«Quale?» chiese Elizabeth. «Sesso?»
Will fece una smorfia.
Elizabeth gettò le braccia al cielo e sbuffò. «E perché no?»
«Perché sei piccola» decise Will, consapevole che in realtà Elizabeth non era più una bambina da un pezzo.
Elizabeth si indignò. «Ho praticamente sedici anni!»
«Appunto» disse piatto Will. Poi si alzò e si diresse impettito alla cassettiera di sua sorella, dandole le spalle così che non vedesse l’espressione sul suo viso.
Ovviamente ci aveva pensato. A dirla tutta, ci aveva pensato troppo e più di quanto avrebbe voluto. Aveva cercato più volte di parlarne con Rose ma non ne aveva mai trovato il coraggio. Inizialmente temeva che lei si aspettasse che lui facesse la prima mossa, poi però aveva deciso che non le avrebbe messo alcun tipo di pressione e che avrebbe aspettato che fosse lei ad aprire il discorso.
«Guarda nel secondo cassetto» gli disse Elizabeth con tono annoiato. «Dovresti darle una tua maglietta per dormire, non il pigiama di tua sorella».
Will fece come lei gli aveva detto e iniziò a rovistare nel cassetto. Sua sorella era abbastanza ordinata, al contrario di Celine, e teneva tutti i suoi pigiami impilati sul lato sinistro. Will li osservò e ne scelse uno blu con uno squaletto sorridente sulla casacca.
«Questo è simpatico» disse, voltandosi verso Elizabeth per farglielo vedere.
Lei fece una smorfia schifata. «Non fraintendermi, amo i miei pigiami, ma non vorrei mai che il mio ragazzo mi vedesse con uno di quei cosi addosso».
Will aggrottò le sopracciglia, non capendo. Conosceva Rose da quando era nata, l’aveva vista piangere, senza trucco, con i capelli sfatti e la fronte sudata durante gli allenamenti, che cosa c’era di male nel vederla in pigiama?
«Stiamo parlando di Rose».
Lizzie scrollò le spalle. «Come ti pare. Fossi in Rose ti avrei già mollato».
«Questa era cattiva» la ammonì Will, inclinando il capo di lato.
«È vero». Lizzie gli rivolse uno sguardo dispiaciuto. «Lo sai che non lo penso sul serio. Sono sicura che a Rose non importa. Però, ecco…» si alzò e iniziò a rovistare lei stessa tra i suoi cassetti, con molta meno cura di quanta ne avesse usata Will prima. «Forse è meglio questa?»
Gli porse una camicia da notte blu scuro. Will la sollevò davanti a sé per osservarla; immaginò Rose indossare quel pezzo di stoffa striminzito e sentì il sangue confluirgli alle guance. Era fatta di un materiale morbido e leggero che Will indentificò come un misto seta, e aveva una profonda scollatura bordata di pizzo bianco sul davanti. Le spalline erano sottili e un fiocco altrettanto esile la stringeva sotto al seno, facendola ricadere morbida fin poco sopra al ginocchio.
Will deglutì e si schiarì la voce. «Io credo che Rose preferisca il pigiama con lo squalo». 
Elizabeth sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
Will ripiegò la camicia da notte con cura e la restituì a sua sorella, che la rimise al suo posto.
«Aspetta» disse ad un tratto Will. «Come mai hai una cosa del genere? Non dirmi che ci dormi sul serio».
«Secondo te?» Elizabeth ghignò e Will inorridì.
«Lui chi è?» le chiese sconvolto. Non poteva credere che avesse un ragazzo e che non gliel’avesse detto. «Voglio solo sapere chi è».
«Peter» disse Lizzie. «E prima che tu possa iniziare l’interrogatorio, no, non stiamo insieme. Credo di piacergli, ma non so… comunque non l’ho comprata per lui, l’ho comprata perché mi piaceva».
Will però si era fermato a Peter e non la stava più ascoltando.
«Peter come?» La maggior parte degli Shadowhunters viveva a Idirs, solo poche famiglie decidevano di vivere nel mondo dei mondani, quindi Will doveva per forza conoscerlo.
«Non dovresti tornare dalla tua Rose?» cercò di evitare la domanda Elizabeth. Gli diede una pacca sul braccio e gli girò attorno per andare a sedersi sul letto. «Sarà ormai uscita dalla doccia…» Prese il cellulare e si infilò una cuffia con sguardo allusivo. «L’hai lasciata nella tua camera tutta sola e infreddolita».
Will le puntò un dito contro. «Non finisce qui. Non puoi prendermi in giro così senza vuotare il sacco!»
Lei però lo ignorò e si infilò anche l’altra cuffia, facendo partire la musica al massimo. «Non ti sento, passa una buona serata e divertiti!»

---
 
Will tornò nella sua camera pensieroso. Stava cercando di capire chi fosse il misterioso ragazzo con cui si sentiva sua sorella. Trovava strano che lei non gli avesse accennato nulla, perché lui e Lizzie si dicevano tutto. Certo, Will non le aveva mai confidato i suoi sentimenti per Rose, ma non ne aveva avuto bisogno. Lizzie in qualche modo lo aveva sempre saputo, proprio come Celine.
Invece Will non aveva idea di chi fosse questo Peter, e stava ancora passando in rassegna tutti gli Shadowhunters adolescenti che conosceva quando ritornò nella propria camera assieme al pigiama con lo squalo.
«Rose, ma tu conosci per caso…» Will si bloccò, senza terminare la domanda. Gli salì il cuore in gola e deglutì. Rose si stava asciugando i capelli e stava indossando una sua maglietta grigia che le arrivava a metà coscia, lasciandole scoperte le gambe. Will si richiuse velocemente la porta alle spalle. «Uhm…»
Rose si voltò e spense il phon. Fece per dire qualcosa, poi però notò la sua espressione e abbassò il capo, arrossendo sulle guance. «I miei vestiti erano bagnati» spiegò, leggermente in imbarazzo. «Spero che non sia un problema se ho preso questa… giuro che non ho ficcanasato in giro».
Will sbatté le palpebre un paio di volte prima di riuscire a trovare le parole. «No, no, nessun problema». Si schiarì la voce e appoggiò il pigiama sul letto. «Ero andato da Elizabeth a prenderti qualcosa da mettere, ma va bene così, non ti preoccupare».
Rose appoggiò il phon sul tavolo e indicò con il capo il disegno che Will aveva terminato poco prima. «È meraviglioso». Toccò il foglio con la punta delle dita, come se fosse un antico dipinto dal valore inestimabile. «Sembro molto più bella di quanto sia in realtà».
Will la raggiunse e le sfiorò la guancia con il naso. «Forse hai ragione, ma così è esattamente come ti vedo io». 
Rose non disse niente e gli appoggiò una mano sul petto. Aveva ancora i capelli bagnati, che le avevano lasciato delle chiazze sulla maglietta. Will cercò di non farci troppo caso.
«Mi dispiace per prima» disse. «Hai ragione. Dovrei stare più attento».
«Grazie». Rose alzò il capo e gli sorrise piano. Poi gli diede un leggero bacio sulle labbra. «Ho chiamato Taki e ho ordinato da mangiare. È pronto tra venti minuti».
«Sempre efficiente» le rispose lui con una risata.
Will andò a fare una doccia mentre Rose finiva di asciugare i capelli. Poi aprì un portale e andò a ritirare il cibo che aveva ordinato Rose: un piatto di ravioli vegetariani per lui e del pollo teryaki per lei.
Normalmente, non avrebbe mangiato nella sua camera, ma quella sera era troppo stanco per pensarci, quindi acconsentì a mangiare sul letto. Si sedettero vicini con la schiena appoggiata alla testiera e le spalle che si toccavano.
«Tu conosci qualche Peter?» chiese ad un tratto Will, mentre cercava di infilzare l’ultimo raviolo con le bacchette. Non era mai stato bravo.
«Mmm» Rose, che sapeva maneggiarle con una disinvoltura tale che sembrava le usasse tutti i giorni, ci pensò un attimo. «Peter Larskeeper».
Will arricciò il naso. «Ma ha cinquant’anni».
«E allora?» chiese Rose. «Mi hai chiesto se conoscessi un Peter, non hai specificato l’età».
Will le fece una smorfia e Rose gli tirò una leggera spallata. «Come mai?»
«Si tratta di Elizabeth» spiegò Will, appoggiando la scatola di ravioli, ormai vuota, sul comodino. «Credo che stia uscendo con un ragazzo di nome Peter».
Rose raddrizzò la schiena e sorrise. «Wo!» esclamò. «Wo! Sarà sicuramente di New York, io non conosco tutti a New York. Però io non conosco molta gente di mio… Dovresti chiedere a George o a Cath».
Will meditò per qualche secondo, muovendo il capo in segno di assenso. Poi afferrò il cellulare con fare risoluto. «Hai ragione. Adesso chiamo George».
«Will, non intendevo adesso
Ma Will aveva già composto il numero e si era già portato il telefono all’orecchio. Fece segno a Rose di stare in silenzio e rimase in attesa. Il suo parabatai rispose dopo pochi squilli.
«Will? È successo qualcosa?»
«No, va tutto bene» lo rassicurò lui. «Conosci qualcuno di nome Peter?»
George rimase in silenzio per qualche istante, non aspettandosi una domanda così a bruciapelo. «Peter? Peter Larskeeper?»
Rose, che riusciva a sentire nonostante non ci fosse il vivavoce, gli rivolse un’occhiataccia eloquente: visto?
Will alzò gli occhi al cielo. «No, deve essere un ragazzo giovane».
«Non lo so» disse George. «Cath, conosci un ragazzo di nome Peter?»
Will sentì la ragazza rispondere di no.
«Mi dispiace Will» disse George. «Come mai?»
Will sbuffò. «È Lizzie. Si sente con un ragazzo di nome Peter e non me ne ha mai parlato! Perciò i casi sono due: o è molto più grande di lei, o è uno stronzo».
«Elizabeth?» Geroge parve sorpreso. «Non mi pare il tipo che si innamora di uno stronzo».
«Ma perché non dirmelo allora?» sospirò Will.
«La vera domanda è: perché non lo ha detto a me!» esclamò Cath dall’altra parte del telefono. Lei e Lizzie erano molto amiche, e il fatto che sua sorella non si fosse confidata neppure con Cath non faceva che deprimerlo ancora di più.
«Will, mia madre dice che è pronto da mangiare, ti devo lasciare…» George sembrava piuttosto spaventato. «Se non moriamo avvelenati, tienici aggiornati. Mi raccomando».
Will salutò George e chiuse la telefonata. Rose nel frattempo aveva finito anche lei di mangiare e si era alzata a buttare le scatole di Taki nel cestino. Quando tornò al suo fianco gli mise una mano sulla spalla.
«Non ti preoccupare, Will» gli disse. «Magari pensa che non sia molto bello e che possiate prenderla in giro. Ma a lei piace comunque. È una cosa carina».
«Ma a me non importa» sussurrò Will. «Dovrebbe saperlo».
«È tua sorella» continuò Rose. «Non so se io parlerei con mio fratello della mia vita sentimentale».
Rose aveva ragione e Will lo sapeva: la cosa importante era che Lizzie fosse felice; gliene avrebbe parlato quando sarebbe stata pronta, Will si ripromise di non farle pressioni.
«Pensi che siano stati i Riders ad attaccare i miei genitori?» chiese ad un tratto Will, la voce ridotta a un sussurro, come se avesse paura a pronunciare le parole, e forse ne aveva. Quel pensiero lo aveva tormentato da quando erano rientrati all’Istituto. Se così fosse stato, se davvero fosse stata colpa dei Riders di Mannan, non se lo sarebbe mai perdonato.
«Non lo so» rispose piano Rose prendendogli la mano. «Ciò che so è che li sconfiggeremo presto. Siamo in superiorità numerica, noi Shadowhunters. Ora tutti sanno come affrontarli grazie a te, grazie alla tua runa». Gli sorrise e il cuore di Will sprofondò. Gli si era inginocchiata di fianco sul letto e lo stava guardando con i suoi grandi occhi del colore del mare. Era bellissima e lui la amava così tanto…
«Vuoi…» Will si schiarì la voce, poi alzò gli occhi su di lei e cercò di non abbassare lo sguardo. «Vuoi che ti apra un portale per tornare a casa?» chiese tutto d’un fiato, pregando tutti gli angeli del paradiso e tutti i demoni dell’inferno che gli dicesse di no.
Ti prego, resta. Ti prego.
Sentiva il disperato bisogno di stringerla a sé, di passarle una mano tra i capelli e di baciarla fino a perdere il fiato. Voleva sentire il suo profumo e sfiorare la sua pelle là dove era più delicata e priva di cicatrici, voleva sussurrarle che la amava fino a quando non si fosse addormentata.
Rose trattenne il fiato, poi scosse la testa e si morse il labbro, un riflesso involontario. «No» disse.
«Grazie a dio». Will le prese il viso tra le mani e la baciò con urgenza, scollegando il cervello e cercando, per una volta in vita sua, di non pensare troppo. Rose ricambiò il bacio, facendolo sdraiare sotto di sé e passandogli una mano tra i capelli. A Will neppure importava che glieli spettinasse; per quando gli riguardava, in quel momento, Rose poteva fare di lui ciò che desiderava. Le passò le mani sui fianchi, poi su fino alla vita. Quando le lasciò riposare sulla sua schiena, poco sotto le scapole, si ricordò che Rose non portava il reggiseno e il suo cuore prese a battere più velocemente; improvvisamente gli mancò l’aria.
«Rose» sussurrò, allontanando le labbra da quelle di lei per prendere fiato e tempo per calmarsi. «Sei sicura?»
Rose spalancò leggermente gli occhi, le pupille dilatate che li facevano sembrare più cupi del normale. «Sì» disse lentamente, posandogli un bacio sul collo, dove si sente il battito del cuore e parlando contro alla sua pelle. «Assolutamente sì, William».
«Ma… Logan?» chiese velocemente Will.
Rose alzò il capo e lo guardò con le labbra leggermente socchiuse per qualche istante, come se stesse decidendo come rispondere. «Logan? Vuoi parlare di Logan…adesso?»
Per settimane Will era stato tormentato dal pensiero che Rose avrebbe avuto difficoltà a fidarsi completamente di lui a causa di quanto le era capitato con Logan; aveva cercato di parlargliene, di rassicurarla che non l’avrebbe mai costretta a fare qualcosa che non desiderava e che non l’avrebbe mai fatta sentire come se la sua volontà valesse così poco, ma non aveva mai trovato le parole giuste. E ovviamente doveva trovarle proprio in quel momento senza neppure essersi preparato un discorso.
Bel tempismo.
«No» disse Will. «È solo che non voglio che tu ti senta obbligata a farlo, non sono come Logan. Mi importa di ciò che vuoi, è la cosa più importante per me».
Rose si bloccò e Will temette di aver detto qualcosa di sbagliato. La sentì trattenere il respiro e irrigidirsi sopra di lui.
«Will». La stanza era illuminata solo dalla lampada a stregaluce che Will teneva sulla scrivania, il rumore della pioggia era l’unico suono che accompagnava quello dei loro respiri. «Will, non sei come Logan, non ho mai pensato che tu fossi come Logan. E sono innamorata di te. Sono sempre stata innamorata solo di te, anche quando non me ne rendevo conto». Gli poggiò una mano sul viso e lo baciò di nuovo. Le sue labbra tremavano leggermente.
«Quindi va tutto bene?» sussurrò Will.
Rose annuì e Will si convinse. Le passò un braccio attorno alla vita e invertì le loro posizioni così che lei fosse sdraiata sotto di lui. Rose ridacchiò piano e lo baciò di nuovo, con più urgenza, come se potesse respirare soltanto attraverso di lui. Gli poggiò le mani sull’addome e poi gli carezzò la schiena, inviando scosse di piacere a ogni sua terminazione nervosa. Will si allontanò leggermente così che lei gli potesse sfilare la maglietta, poi ritornò sulle sue labbra, come ferro attratto da un magnete.
Sapeva che stava sussurrando il suo nome, che la amava, ma non era più padrone del proprio cervello e delle proprie parole, troppo assorbito dalla vicinanza di Rose, dal suo profumo, dal modo in cui lei si inarcava contro il suo corpo, che la desiderava da quando aveva scoperto che cosa fosse il desiderio. Le mani di Rose sulla sua pelle nuda gli stavano facendo perdere cognizione della realtà; se qualcuno gli avesse chiesto il suo nome, non era sicuro che sarebbe stato in grado di rispondere correttamente.
Quando Rose si tolse la maglietta, Will si fermò per un istante ad osservarla, stentando a credere che stesse succedendo davvero. Quella era Rose. La sua Rose. E Will non poteva credere che la sua Rose lo stesse toccando e che lo desiderasse in quel modo.
Le baciò il petto, tracciandole una scia di baci sulla pancia, fino all’ombelico. Rose rabbrividì sotto al suo respiro e Will fu certo di morire. Anzi, era già morto e quella era la sua ricompensa per essersi comportato bene in vita.
Poi tornò sulla bocca di lei e si liberarono degli ultimi vestiti che stavano ancora indossando; Rose si aggrappò a lui per le spalle e poi gli passò le mani sulla schiena, attirandolo a sé così che non ci fosse più alcuna distanza tra di loro. Le braccia di Will cedettero e la strinse a contro al proprio corpo; le baciò il viso e di nuovo le labbra, lasciandosi sommergere da quel mare di sentimenti che stava minacciando di farlo annegare. Si guardarono per un secondo e poi i loro corpi si unirono.
«Stai bene?» sussurrò Will contro la guancia di lei, le parole mezze strozzate. Non riusciva a pensare e si sorprese di essere stato in grado di formulare la domanda.
«Sì» rispose Rose con gli occhi socchiusi.
Rose allacciò le gambe attorno alla sua vita e intrecciò le dita tra ai suoi capelli, e Will non si fermò; si abbandonò contro al suo corpo e si perse completamente in lei, seppellendo il viso nell’incavo del suo collo.
Non voleva che finisse, voleva rimanere sospeso in quel momento con Rose per il resto della sua vita, perché in quel momento tutto ciò che aveva sempre desiderato era diventato realtà. Cercò di fissare ogni istante nella memoria, di mantenere il controllo e di rimanere consapevole di quello che stava succedendo, ma non ci riuscì. Era tutto troppo intenso, e quando crollò su di lei sentì il proprio cuore fermarsi per un istante, per poi riprendere a battere così forte che temette potesse aprirgli il petto in due.
Fece per spostarsi di lato per non gravare su Rose con il suo peso, ma lei lo tenne fermo dov’era e lo abbracciò, baciandogli la guancia. Non voleva lasciarlo andare, non ancora, e nemmeno lui voleva lasciar andare lei.
Will rise piano e si sollevò leggermente sui gomiti per guardarla in faccia. Rose gli mise una mano sul cuore e gli sorrise. «Will, devi respirare».
«Sto respirando». Will sbatté le palpebre un paio di volte per sincerarsi che fosse tutto reale e che non si trattasse di un sogno.
Rose gli accarezzò i capelli, facendolo rabbrividire. Will si spostò di lato e si sdraiò sulla schiena, mentre Rose gli si rannicchiò vicino, poggiando il capo nell’incavo del suo collo. Rimasero abbracciati sotto alle coperte per parecchio tempo, Will che le accarezzava la schiena e Rose che gli tracciava con un dito il contorno della cicatrice a forma di stella che aveva sulla spalla.
«Buonanotte, Will» disse Rose a un certo punto, gli occhi che le si stavano pian piano chiudendo.
«Buonanotte, Rosie».

NOTE DELL'AUTRICE
Non so come ho fatto a pubblicare, ma ce l'ho fatta! In piena sessione! La verità è che avevo più di metà capitolo pronto, ahah. Quindi ho solo dovuto collegare dei pezzi... per questo, spero davvero che abbia senso e che non risulti troppo affrettato. Ma soprattutto, spero che vi piaccia! Rose e Will fanno l'amore insieme ed è un momento molto importante per entrambi.
E poi... chi sarà questo Peter? Ahah
Nulla, spero davvero che vi piaccia! Non so quando aggiornerò di nuovo, spero presto!
Buona serata

Francesca 
  
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