Ringrazio
anche solo chi legge.
Cap.3
Gwendy
Vegeta
era immobilizzato
a terra, l’enorme massa della creatura che gli strisciava di
sopra lo
schiacciava al suolo. Lo sentiva viscido, il suo fiato caldo sul collo,
strinse
gli occhi. La chiostra di denti insanguinati della creatura si
avvicinarono, affondandogli
lentamente nella pelle. Il sangue caldo del principe dei saiyan colava
mischiandosi alla bava della creatura.
Vegeta
si svegliò di scatto, lanciando un urlo lancinante.
Bulma
mugolò, aprì gli occhi e sbadigliando
guardò l’ora che la radiosveglia
segnava.
“Sono
le tre” gemette. Si sedette e si passò le mani sul
viso, sbadigliando
ancora.
Vegeta
stringeva spasmodicamente le coperte, il viso madido di sudore.
“Te
l’avevo detto di non vederti quel film sui vermi
giganti” esalò la
donna.
<
Come avrei potuto dire a Vetrunks che avevo troppa paura di vedermi un
film che non impressiona nemmeno lui? È solo uno sciapo film
da ridere umano,
travestito da horror.
L’unica
volta che mi sono trovato davanti dei veri vermi giganti ho tenuto
un comportamento vergognoso, anche se erano solo due mocciosi
maleducati con un
padre che cercava disperatamente di educarli. Sarò onesto,
mi ricordava me
stesso quando andavo dietro a quelle pesti di Trunks e Goten piccolo.
Eppure,
nonostante mi rivedessi in quella creatura, stavo morendo di paura
> pensò Vegeta. Il suo viso era bluastro,
deglutì rumorosamente.
<
Io, il grande principe dei saiyan, mi ero nascosto dietro Kakaroth e
da lì dissi: “Avvicinati ancora, sporco vermaccio,
e ti faccio fuori”. Con cosa, poi, che i miei attacchi
energetici non lo
scalfivano? > si domandò.
Bulma
si raddrizzò il pezzo di sopra del pigiama rosa e gli
accarezzò la
guancia.
“Amore,
ma stai male davvero? L’incubo ti ha spaventato
così tanto?”
chiese, addolcendo il tono.
“Umphf” borbottò
Vegeta.
Bulma
gli sprimacciò il cuscino.
“Dai,
torniamo a dormire” lo rincuorò, abbracciandolo.
*******
Marron
si deterse la fronte con una pezzuola, il
cappellino candido da infermiera era appoggiato lateralmente sul suo
capo,
sopra i voluminosi codini biondi. Guardò
l’orologio al suo polso e schioccò la
lingua sul palato.
“Ancora
qui sei?” le domandò una voce femminile.
Marron
si voltò e annuì.
“Già.
Manca ancora un po’ alla fine del mio turno”
gemette.
L’altra
infermiera negò con il capo, appoggiando le
mani sui fianchi.
“Forse
avresti dovuto rimanere in maternità ancora un
po’” borbottò.
“Il
caporeparto mi ha detto che mi licenziava se ci
provavo” gemette Marron.
“Secondo
me ti conviene. Tuo marito è l’allievo di Mr.
Satan, lo sanno tutti che è pieno di soldi ora che salva la
Terra” disse la sua
collega.
Marron
corrugò la fronte, vedendo una bambina dei
corti capelli biondi seduta davanti alla porta di un reparto,
appoggiata contro
la finestra.
“Dove
sono i genitori di quella bambina?” chiese.
“Sono
dentro. Quella piccola gira qui da sola da
quando sua madre è stata ricoverata. Il padre non lascia mai
la moglie” spiegò
l’infermiera.
Marron
corrugò la fronte.
“Perché
è stata ricoverata?” chiese.
“Ha
già rischiato due volte l’aborto. Aspetta due
gemelli, ma la situazione è complicata” rispose la
collega.
Marron
annuì e si avvicinò alla bambina, si sedette al
suo fianco e rabbrividì guardando gli occhi color ghiaccio
della piccola e la
sua espressione seria. La bambina teneva le labbra strette ed era
rigida.
<
Assomiglia così tanto a mia madre > pensò.
La
piccola batté un paio di volte le palpebre,
guardando all’esterno.
“Ciao.
Come ti chiami?” le domandò Marron.
“Gwendy”
rispose la piccola.
Marron
cercò di accarezzarle la testa, ma la bambina
si ritrasse.
“Papà
ha detto che presto avrò dei fratellini. Io li
aspetto” disse con tono compunto.
“Ti
va se ti compro delle merendine? Avrai fame”
chiese Marron.
La
bambina si voltò verso di lei e piegò di lato il
capo.
“Va
bene. Però poi torniamo qui, se mamma e papà
scoprono che mi sono allontana si preoccupano” disse gelida.
<
Sì, sembra proprio mia madre 18 in miniatura >
rifletté Marron.