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Autore: Bethan__    22/01/2018    3 recensioni
“E’ una cosa talmente più grande di noi…”, mormorò, disgustata dal suo tono di voce instabile.
Si sentiva una codarda.
Sirius le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, lasciando indugiare la mano sulla sua guancia, sfiorandola appena per qualche secondo.
“Certo che lo è. Ma c’è poco da fare, e io so di voler partecipare. Dare un contributo.”
“Ma tu sarai in grado di farlo. Guarda me, credi che riuscirei a ostacolare questa follia?”.
Il ragazzo accennò un sorriso.
“Io sarò in grado di farlo? Ho paura quanto te, Bronwen. E non sono intelligente neanche la metà di quanto lo sia tu.”
Lei sbuffò.
“Sta’ zitto, se volessi saresti tra i migliori della classe.”
“Ma guarda, l’ombra di un complimento. Sono sconvolto.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Fieri sentio

XVI.

 

Si resero conto di essere cresciuti davvero quando un giorno di primavera Frank e Alice tornarono a Hogwarts per rivedere compagni e professori, ma soprattutto per annunciare che presto si sarebbero sposati.
Se ne resero conto anche quando Silente iniziò a contattare privatamente diversi studenti per informarli dell’esistenza dell’Ordine della Fenice, in modo che potessero decidere se prendere parte o meno alla resistenza contro Voldemort e i suoi sostenitori.
Tutti i Malandrini accettarono senza esitazioni, così come Bronwen, Lily, Marlene, Dorcas, Benjy e Charlie.
L’ultimo anno si distinse sicuramente dagli altri per le lezioni serie e, spesso, pericolose.
Gli studenti impararono nuovi incantesimi per attaccare e difendersi, a preparare pozioni e antidoti efficaci, a distinguere le piante utili da quelle fatali, a utilizzare l’incanto Patronus per difendersi da Dissennatori e occasionali Lethifold.
Remus era l’unico ad avere un Patronus non corporeo, per ovvi motivi, e nessuno si rivelò essere particolarmente sorpreso dal fatto che quello di Bronwen fosse un gigantesco cane nero.
Quando l’aveva visto per la prima volta, in aula, Sirius era scoppiato in una risata gioiosa e l’aveva baciata davanti a tutti, senza che nessuno ne capisse il motivo.
Al di fuori di Hogwarts, invece, la realtà si rivelò in tutta la sua macabra crudezza.
I Mangiamorte si lasciavano dietro scie di omicidi, torture e sparizioni, era impossibile capire chi fossero gli infiltrati al Ministero e le voci che molti fossero costretti ad agire sotto l’effetto della maledizione Imperius iniziavano a scoraggiare sempre più maghi e streghe.
L’Ordine, con base ufficiale in una vecchia villa protetta dall’Incanto Fidelius, era costantemente al lavoro per proteggere il mondo magico quanto quello Babbano.
In realtà, ogni volta che c’era da fare una riunione, si cercava di cambiare casa: era una strategia ideata dall’Auror Alastor Moody, il quale riteneva troppo imprudente il riunirsi sempre nello stesso posto.
Era uno dei leader principali della ribellione insieme a Silente e a suo fratello Aberforth, ma non era l’unico membro del Ministero a far parte dell’Ordine: c’erano anche Elphias Doge e Frank con l’ormai moglie Alice, entrambi divenuti Auror eccezionali.
Le missioni venivano distribuite tra i vari membri e comprendevano l’anticipazione delle mosse del nemico, la protezione dei Babbani, l’utilizzo tempestivo di Incantesimi di Memoria di massa, la raccolta di informazioni, violenti duelli, la prevenzione di attacchi futuri e, nelle occasioni peggiori, la pulizia dei luoghi in cui giungevano troppo tardi.
Se c’erano corpi la prassi consisteva nel garantire alle vittime una sepoltura dignitosa, altrimenti si cercava semplicemente di scoprire cosa fosse successo e perché.
E poi ovviamente c’erano le cure da riservare ai feriti, amici o sconosciuti che fossero.
I membri dell’Ordine comunicavano attraverso i rispettivi Patronus, un’idea che ebbe Silente per proteggere i messaggi scambiati.
Le persone iniziarono a temere anche solo di pronunciare il nome di Voldemort, che divenne noto come Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, o Tu-Sai-Chi.
Quell’appellativo non veniva usato praticamente da nessuno dei componenti della ribellione, solo Peter Minus, Dedalus Lux e Sturgis Podmore non pronunciavano il suo nome.
Anche la McGranitt e Rubeus Hagrid erano esitanti, il più delle volte camuffavano il loro timore utilizzando l’appellativo di Signore Oscuro, ma nessuno poteva fargliene una colpa.
Vennero a sapere che per assicurarsi che il suo esercito rimanesse numeroso,  Voldemort si assicurava che i Mangiamorte conoscessero pochissimi dei loro compagni.
Bartemius Crouch e il Ministro Minchum continuavano a lavorare senza sosta per sbatterli ad Azkaban, ma la situazione era drammatica.
Severus Piton faceva ufficialmente parte della schiera dei Mangiamorte più fedeli insieme a Regulus Black, Evan Rosier, Avery, Mulciber, Wilkes, Bellatrix Lestrange e suo marito Rodolphus.
Voldemort tentò di recrutare sia Lily che James, dichiarandosi disposto a soprassedere sul loro status di Mezzosangue e Traditore, ma entrambi rifiutarono e lo affrontarono personalmente, riuscendo miracolosamente ad avere la meglio.
Moody reagì a quella storia con rabbia inaudita, urlò che erano stati dei maledetti incoscienti per una buona mezz’ora e Silente dovette calmarlo con ingenti quantità di whisky incendiario.
Tutti i membri dell’Ordine furono visibilmente sconvolti da quel racconto, la paranoia e la paura di una possibile vendetta aleggiò tra loro per ben due settimane prima che le cose tornassero lentamente alla normalità.
Bronwen si era trasferita nella casa che Sirius era riuscito a comprare con i soldi che gli aveva lasciato suo zio.
Entrambi si tenevano in contatto con i genitori di lei grazie a Silente, stessa cosa faceva Charlie, che viveva con Edgar Bones e Benjy Fenwick in un appartamento appena fuori città.
A volte litigavano, principalmente per tutte le cose che Bronwen lasciava in giro o per le stupidaggini che Sirius e James decidevano di mettere in atto, come la sera in cui erano usciti con quella maledetta motocicletta e non solo erano stati visti da Babbani, ma erano anche stati inseguiti da ben tre Mangiamorte.
Il più delle volte, però, quando non erano impegnati in missioni pericolose e potenzialmente mortali, cercavano di passare più tempo normale possibile insieme.
Guardavano film, ascoltavano musica, cucinavano con la radio accesa, una sola volta avevano rischiato più del solito e avevano passato mezza giornata in spiaggia, su insistenza di Sirius, che poi si era beccato un’altra delle sfuriate di Alastor.
Avevano trovato un fragile equilibrio che rischiava di disintegrarsi ogni giorno: la guerra aveva cambiato la vita di tutti, la paura era un’ombra che gravava sulle loro spalle ogni minuto di ogni momento.
Sirius non riusciva quasi mai a dormire la notte, entrambi tenevano le bacchette sotto il cuscino e Bronwen si svegliava poco prima dell’alba in modo da restare vigile e permettergli di riposare un po’.
Andavano spesso a trovare i Potter insieme a Lily e James, erano a pranzo da loro praticamente ogni domenica ed erano sempre visite serene e piacevoli.

Quel pomeriggio, però, furono i loro amici a sorprenderli con una visita del tutto inaspettata: di solito avvisavano prima di passare.
Sirius era di umore indecifrabile, se ne stava seduto in poltrona con uno sguardo accusatorio fisso sull’amico che, al contrario, sembrava felice come una pasqua.
Lily era più nervosa, lo si intuiva da come continuasse a sbattere ritmicamente il piede sul tappeto.
Bronwen mise giù la sua tazza di tè, sempre più irritata da quel silenzio indefinito: da quando erano arrivati non avevano pronunciato che frasi di circostanza.
“Avete intenzione di dirci che sta succedendo?”, sbottò dopo diversi minuti, al limite della pazienza.
Lily si scostò una ciocca di capelli dalla spalla e rivolse uno sguardo irritato a James, come a invitarlo a parlare per primo.
Lui si strinse nelle spalle con un gran sorriso.
“E’ arrabbiata con me”, dichiarò.
Sembrava tutt’altro che preoccupato.
E ha ragione”, puntualizzò Sirius, incenerendolo con lo sguardo.
“Che ha fatto adesso?”, chiese Bronwen all’amica, già rassegnata.
Lily inspirò profondamente.
“Mi ha chiesto di sposarlo”, pronunciò le parole così velocemente che Bronwen non riuscì a capire subito cosa avesse detto.
Quando fu certa di aver elaborato correttamente quella frase, la ragazza sbattè le palpebre un paio di volte.
“Di sposarlo?”, domandò più divertita che sorpresa.
“Già.”
“Sì ma non è arrabbiata per questo”, sottolineò James.
“Per cosa allora? Glielo hai chiesto regalandole un manico di scopa invece che un anello?”, sorrise Bronwen.
Lui le fece l’occhiolino.
“Devo amettere che il tuo umorismo sta migliorando. No, Bron, è arrabbiata perché ha detto di sì.”
Ha detto di sì?”, la ragazza si aprì in un gran sorriso, riuscendo a stento a trattenere l’impulso di saltare in piedi e mettersi a battere le mani.
“Devo essere impazzita”, mormorò Lily in tono lugubre.
“E’ lui a essere un maledetto squilibrato”, commentò Sirius.
“Oh, piantala di essere così negativo!”, rispose James alzando gli occhi al cielo.
“Ma è una cosa straordinaria! Visto che non sappiamo se ci faranno fuori entro il mese prossimo, perché aspettare?”.
Precisamente Bronwen, grazie di essere molto più acuta e perspicace del tuo ragazzo!”.
Lily lo incenerì con lo sguardo.
“Sta’ zitto, James. Sto valutando di trasfigurarti in una lattina.”
“Qual è il problema?”, chiese Bronwen, rivolgendosi a Sirius.
Lui fece una smorfia.
“Il problema è che siamo in guerra. Non è il momento adatto per pensare a cose del genere!”.
“Ha solo paura che ora ti aspetti che anche lui te lo chieda.”
James!”, ruggì il ragazzo, arrossendo per la rabbia e l’imbarazzo.
Lei sorrise e liquidò la faccenda con una battuta, pur decisa a tormentarlo per un po’ appena se ne fossero andati.
Mentre erano in cucina a preparare un vassoio con le fette del dolce che avevano portato in occasione della lieta notizia, Lily le chiese timidamente se la ritenesse una sciocca per aver accettato di fare una cosa tanto seria e avventata.
Bronwen scosse la testa, seria.
“Ti ama davvero tanto, Lily. E anche tu lo ami. Storci pure il naso ma sappiamo entrambe che da quando si è calmato, James Potter è diventato il sogno di qualunque ragazza esistente sul pianeta.”
Lei sorrise, gli occhi verdi improvvisamente più brillanti.
“Non posso negarlo. E’ solo che… non avrei mai pensato che proprio io…”.
“Avresti ceduto alla folle valanga di avvenimenti impulsivi che comporta l’amore? Beh, era scritto in partenza. Stiamo pur sempre parlando di un Malandrino.”
“Credi che saremo felici?”.
Bronwen non riuscì a non abbracciarla.
La strinse forte nella speranza di rassicurarla, di farle capire che si meritava di tenersi stretta quella felicità che avrebbe potuto alleviare almeno un po’ l’angoscia con cui si erano abituati a convivere.
“Sarete felici, Lily. Questa guerra finirà, noi andremo finalmente avanti, tu avrai tanti bambini che inizieranno a chiamarmi zia e Sirius sarà terrorizzato all’idea di essere invecchiato troppo presto.”
Riuscì a farla ridere.
Prima che potesse portare il vassoio in soggiorno, Lily la fermò mettendole una mano sulla spalla.
“Sai, Sirius ha già accettato di fargli da testimone. Non è che… insomma, ti farebbe piacere?”. 

Rimasero a cena, su insistenza di Bronwen.
Avevano bisogno di quei momenti, di stare insieme e ridere come se fosse la cosa più normale del mondo.
Ne avevano bisogno per non impazzire.
Sirius, come sempre, era sfinito.
Quando se n’erano andati si era subito messo a letto e lei, prima di raggiungerlo, si era fermata a osservare per un po’ le foto appese in soggiorno, il suo ultimo regalo di Natale.
Alcune le avevano scattate con la fotocamera di suo padre, a casa sua, nella sua camera e in cortile.
Lui le chiamava “fotografie fisse da Babbani”, facendola ridere ogni volta.
Le altre, molte di più, erano magiche e li ritraevano a Hogwarts insieme ai loro amici, a Londra, dai Potter.
Una delle sue preferite era stata scattata in sala comune, una sera invernale in cui si erano tutti riuniti vicino al fuoco come sempre: l’aveva fatta Liam.
Ce n’era una in cui Charlie la abbracciava in riva al lago, un’altra con Remus e Cornelia che sorridevano in corridoio tenendosi per mano.
Quando gliele aveva date, Sirius si era detto dispiaciuto di non essere riuscito a recuperarne una con Veronica: aveva scritto a Cornelia per farsela mandare ma lei gli aveva risposto in ritardo e dicendogli che non aveva idea di dove fossero le sue foto.
Tutte quelle che Bronwen aveva custodito gelosamente in un cassetto della sua scrivania erano ovviamente andate distrutte.
Ripensò a quando lui, Remus, Lily e Charlie si erano offerti di accompagnarla a vedere cosa fosse rimasto della casa in cui era nata e cresciuta.
Aveva preferito andare da sola e James aveva insitito per prestarle il suo mantello dell’invisibilità, per garantirle protezione.
L’abitazione era ancora in piedi, ma a stento.
Al posto di porte e finestre c’erano enormi varchi provocati da incantesimi esplosi con violenza, i muri erano completamente scrostati, le stanze praticamente carbonizzate.
Non riuscì a recuperare niente, né un quadro di sua madre né uno dei libri di suo padre.
Dopo essersi seduta sull’uscio e aver pianto, sconvolta, era tornata da Sirius e aveva restituito il mantello a James senza dire una parola, poi era andata a dormire senza cenare.
Sfiorò con le dita una foto di lei sdraiata a leggere sul suo letto e sospirò.
Quel regalo l’aveva commossa, Sirius era stato così felice di darglielo che si era vergognata molto dei suoi stupidi biscotti.
Li avevano finiti insieme, sul letto di James che odiava le briciole più di qualunque altra cosa.
Quando lo raggiunse in camera da letto non si stupì di trovarlo sveglio: la aspettava sempre.
Si infilò sotto le coperte ma rimase seduta, la schiena poggiata alla testiera del letto, guardandolo con un sorriso furbo.
“Cosa?”, le chiese il ragazzo, ricambiando per riflesso.
“Pensavo che mi piacerebbe saper dipingere”, rispose lei.
Non disse che avrebbe pagato oro per essere capace di disegnare lui, di ritrarre ogni sua singola espressione, i suoi tratti delicati e di una bellezza fuori dal comune.
Una bellezza così peculiare da fargli collezionare ogni volta, nel tragitto supermercato-casa, almeno cinque sguardi di donne adulte.
“E’ meno difficile di quello che sembra.”
“Anch’io parlerei così se fossi brava in tutto.”
Sirius sbuffò una risata e le mise un braccio attorno alle spalle perché si appoggiasse a lui.
“Non sono bravo in tutto. E va bene, forse so dipingere, suonare il pianoforte, sono bello e carismatico, ma…”, Bronwen gli pizzicò una gamba per zittirlo, ridendo.
“Non siamo tutti cresciuti in una famiglia aristocratica, sai?”.
“E meno male”, ridacchiò lui dandole un bacio sulla fronte.
Rimasero in silenzio per un po’, poi Bronwen sollevò la testa per guardarlo.
“Ho ripensato a quello che ci hanno detto James e Lily.”
Mascherò a stento un sorriso quando lo sentì irrigidirsi.
“E?”, le domandò.
“E sono molto felice per loro. Lily mi ha chiesto di farle da testimone.”
“Lo so. James dice che gli ha domandato se ti avrebbe fatto piacere più o meno cinquanta volte.”
La ragazza sorrise, felice.
“Non vedo l’ora.”
Sirius sospirò, massaggiandosi la fronte con aria sfiancata.
Chissà quanto ci aveva rimuginato su.
“Ascolta, non è che non ci abbia pensato…”, iniziò ma lei gli coprì prontamente la bocca con una mano.
“Ho detto che sono molto felice per loro ma non vuol dire che vorrei la stessa cosa. Come non la vuoi tu.”
Sirius le scostò la mano, le sopracciglia aggrottate.
“Non vorresti sposarmi?”, chiese, indignato.
“Sei matto? Chi ce la fa a sopportarti per il resto della vita?”.
“Forse dovrei chiedere a Marlene.”
La ragazza alzò gli occhi al cielo, ignorando quel sorriso impertinente che non era cambiato di una virgola.
“Cercavo solo di dire che hai ragione tu. Non è il momento per pensarci.”
“Sì ma non vuol dire che prima o poi non possa esserlo.”
Bronwen sorrise.
“Sirius Black che vuole sistemarsi? Credevo fosse più probabile che James giocasse alla Coppa del Mondo.”
Lui ricambiò il sorriso.
“Che posso dire? Mi hai rovinato.”

  
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