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Autore: Jackthesmoker7    22/01/2018    1 recensioni
Ho cercato di scrivere una storia il più simile possibile agli episodi della serie TV, che dia alla serie una conclusione (p.s. La quinta stagione non conta qui).
Vedrete uno Slado mai visto ed una Stella che potreste vedere solo nei vostri incubi.
E Robin...
Vedrete
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Robin, Slade, Starfire, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mhhh… Si sono allontanate troppo.”

Slado sedeva tranquillo sulla sua piattaforma magnetica sospesa ad una ventina di metri dal suolo. Teneva le gambe incrociate, quasi a voler meditare.

Aveva osservato il combattimento fra Stella e Corvina con grande interesse; aveva sempre voluto testarle per scoprire chi tra le due fosse la più forte. Ma era un tipo di combattimento difficile da seguire per un uomo normale, ma soprattutto difficile da far accadere. Anche se fossero ancora ai suoi ordini e le avesse ordinato di lottare fra di loro senza risparmiarsi, loro non avrebbero mai accettato.

“Se almeno la cupola non bloccasse anche i segnali radio avrei potuto hackerare uno dei satelliti di Google Earth e sarei stato in grado di seguirle dall’alto, ma ho fatto un lavoro fin troppo perfetto.”

Voltando appena la testa vide di sotto Beast Boy e Cyborgazzuffarsi in una lotta senza quartiere, ma era uno scontro molto meno interessante: “Però Beast Boy una volta mi ha sconfitto. Me lo ricordo, mi fece male. Magari sarebbe divertente scendere e riempirlo di botte, come lui fece con me.”

Slado rimase a fissarli a lungo. BB era incredibilmente veloce, e cambiava velocissimo forma per evitare di farsi colpire da Cyborg, che sparava raggi in continuazione, ma senza mai colpire l’ex-amico. Di contro però, il mutaforma non lo attaccava mai direttamente.

“Ah, è chiaro. Si è svegliato, e non vuole far del male al suo amico di sempre. Che spreco di energie.”

“Non fa niente” alzò le spalle con se stesso in segno di resa: “Comunque adesso ho altro di cui occuparmi.”

Si alzò in piedi con un unico movimento fluido delle gambe, e mise mano al dispositivo di movimento direzionale. Inserì i comandi pre-programmati per dirigersi verso il generatore di energia centrale che dava vita alla cupola.

La piattaforma fece un mezzo giro su se stessa e schizzò in avanti come un sasso che rimbalzava lanciato sulla superficie di un lago.

Nonostante gli imprevisti che erano sorti nel suo piano, Slado si sentiva incredibilmente tranquillo, calmo come un ruscello di montagna, che gorgogliava pigramente lungo i dolci versanti erbosi, diretto verso una tranquilla valle erbosa.

Il tipo di ruscello però che lungo il suo corso può accelerare all’improvviso, diventando senza preavviso pericoloso per lunghi tratti, con scogli taglienti come rasoi e tronchi sommersi appena poco sotto il livello dell’acqua.

Era quello il dono che il Thogal gli aveva lasciato. Giorni interi di completo isolamento da tutto il mondo lo avevano segnato nel profonda della sua anima contorta, ma in cambio gli avevano conferito la capacità di raggiungere una calma interiore ed una lucidità unica ed assoluta, una tenacia senza pari ed una presenza di spirito tale che anche nelle situazioni più pericolose non avrebbe vacillato in alcun modo.

Era diventato freddo come il ghiaccio ed affilato come una spada. Non che prima non lo fosse già, ma dopo il Thogal quelle caratteristiche si acuirono in maniera incredibile.

Ma questo controllo quasi assoluto di se era scomparso da quando si era ripreso l’anima dopo aver ucciso Trigon. Era come se un pezzetto di se stesso mancasse, come se il demone se lo fosse portato via con se in un luogo ormai più che inaccessibile, e la sensazione era talmente disagiante, talmente asfissiante e dolorosa, che da allora era impazzito nella ricerca di un modo per ritornare intero.

Aveva cercato una soluzione ai quattro angoli del mondo, aveva consultato i pochi monaci che non l’avevano cacciato per via del suo cuore nero, aveva parlato con guru e mistici esperti dell’anima.

Ed alla fine, aveva trovato qualcosa. Un trucco per riattaccare il frammento perduto.

Fra i resti di un’antica biblioteca appartenuta ad un antico culto di adoratori del demone Trigon, situata nelle vicinanze della Darvaza Turkmena, trovò un’antica pergamena antica di migliaia di anni, ma in uno stato di conservazione tale che sembrava essere stata scritta in giornata.

Sopra c’era scritto il rituale per estirpare l’anima da un corpo ed inserirla in un altro, e l’assoluto controllo della stessa da parte di chi officiava il rituale.

Era in quel modo che intendeva ricompletarsi, ma per funzionare non poteva usare una persona qualsiasi. Serviva un parente prossimo, maschio, che doveva acconsentire a lasciarsi prendere l’anima senza porre resistenza.

Per la precisione, era necessario sacrificare lo spirito di uno dei propri figlio.

Ma il figlio originario di Slado era morto tanto tempo fa, durante una schifosa guerra ai confini del mondo, a cui partecipava in quanto il sovrano locale aveva comprato i servigi. Sovrano che Slado aveva ucciso con le proprie mani.

Ma non fu in quel momento che il mercenario concepì il suo piano definitivo di vendetta e di conquista. Bensì quando, ritornando ad uno dei suoi vecchi nascondigli, ritrovò sepolte in profondità sotto le macerie i resti di alcuni macchinari molto speciali.

Le capsule di clonazione che aveva rubato al progetto Cadmus, ancora integre.

Quando aveva sentito la notizia che questo progetto segreto governativo stava creando un esercito in provetta aveva subito compreso le potenzialità dell’idea, ma preferì aspettare il momento propizio per agire.

Quando apprese da una fonte attendibile che il Cadmus stava per essere smantellato, lui fece la sua mossa e si intrufolò nella base eriuscì a rubare uno dei camion che trasportavano le capsule da clonazione. Nel rimorchio ce n’erano cinque, proprio quelle con cui erano stati creati i Justice Lords originali, la squadra governativa che avrebbe potuto fronteggiare e sconfiggere la Justice League.

L’unico problema era che dopo un breve lasso di tempo i cloni si sfaldavano in polvere, e gli scienziati del progetto non avevano fatto in tempo a sviluppare un metodo per riuscire ad allungare la loro vita.

Poi si ricordò che, tempo addietro, tanto tempo prima di conoscere i Titans e di diventare un criminale internazionale, era alle dipendenze come mercenario di un ecoterrorista l’arabo noto al mondo come Ra’s Al Ghul, che si manteneva in vita da secoli sfruttando un certo liquido con proprietà rigeneranti chiamato Lazzaro.

“Forse, se adatto le capsule per accogliere il Lazzaro posso allungare le vite dei cloni. Devo solo trovare abbastanza Lazzaro da riempire tutte quelle capsule.”

Ma se voleva davvero utilizzarlo, c’era un altro problema a cui avrebbe dovuto pensare: la pazzia momentanea che ne portava l’utilizzo.

Una volta aveva potuto osservare il trattamento da vicino: l’arabo si era immerso completamente nel liquido verdastro che sembrava un debole vecchio coperto di rughe, e quando ne uscì era un uomo nel pieno della vita, forte, sano, vivo. In quel momento però i dottori che assistevano insieme a lui al trattamento lo costrinsero a ripararsi dietro delle spesse porte di vetro antiproiettile. Lui non ne aveva capito il perché, fino a quando il terrorista non aprì gli occhi. Allora Ra’s al Ghul lanciò un urlo gutturale, e si scagliò con tutta la sua forza contro il vetro, sbavando e ringhiando come un animale.

Quando Slado chiese del perché si comportasse così, i medici gli riposero: << È desiderio della testa del demone che sia lui stesso a spiegartelo. Dovrai aspettare dietro al vetro per la mezz’ora necessaria affinché il padrone possa riottenere le proprie facoltà mentali e parlare con te. Noi non possiamo dirti niente, obbediamo ciecamente al padrone. >>

E così, seppur riluttante e seccato, Slado non poté fare altro che acconsentire ed aspettare che l’uomo che lo pagava tornasse in se.

Puntualmente mezz’ora dopo Ra’s smise di tremare ed a schiumare come un animale rabbioso, ed allora il vetro venne rimosso.

Cosicché i due potessero parlare liberamente, l’arabo ultracentenario ordinò ai medici di uscire dalla camera del Lazzaro. Quando i due rimasero da soli, Ra’s gli venne incontro. Era madido di sudore, esausto, e delle piccole bolle di schiuma gli bagnavano la barba.

<< Slado, in te vedo del grande potenziale. Un giorno, forse tu prenderai il posto del Detective come miglior candidato per guidare la Setta degli Assassini, come nuova Testa del Demone.

Hai ambizione, talento, ed hai provato il dolore della morte di un tuo caro, un carburante molto potente, che brucia forte e a lungo. Però manchi di dedizione. Ma è una cosa che si può aggiustare in fretta, se ti lasciassi insegnare. >>

Si girò, mostrandogli le spalle, e si avvicinò alla grande finestra che occupava tutta una parete della stanza. Dallo spesso vetro, brillante come un cristallo, si godeva la vista delle catene montuose su cui si affacciava il castello e base operativa della Lega. Sulle grandi montagne infuriava una grande tempesta di neve, che restringeva la visuale.

<< Ma in quanto mercenario, la tua vita la possiede chi offre il prezzo più alto, e questo è disonorevole. Comporta mancanza di fedeltà.

Potresti compiere grandi opere, e scrivere il tuo nome nella pietra della storia, quindi pensa attentamente a quello che risponderai quando ti porrò la mia domanda, poiché te la chiederò una volta sola: vuoi accettare la mia proposta, lasciare indietro tutto quello che sei in questo momento, tua moglie e tuo figlio, e prendere il mio posto, come Testa del Demone, capo della setta degli assassini? >>

Era una proposta parecchio allettante. Il controllo totale e assoluto su una setta di ninja assassini e di mezzo mondo, una vita che andava ben oltre l’agiatezza. Sarebbe stato da pazzi rifiutare.

<< Ascoltami vecchio, >> gli aveva risposto lui: << Io non sono l’uomo che cerchi. Non ho la benché minima intenzione di rinunciare al mio passato, né alla mia famiglia. Trovati qualche altro burattino da manovrare. Io qui ho finito. >> quindi girò i tacchi, deciso ad uscire noncurante della tempesta che furoreggiava al di fuori delle mura.

<< E dimmi, cosa intendi farci con quella mappa che tieni nascosta dentro la manica? >>

Slado si arrestò di colpo. Gocce di sudore freddo gli scesero lungo il collo.

Le particelle dell'aria si immobilizzarono per un istante che parve durare ore.

Poi Slado corse via. Immediatamente i ninja gli furono addosso, tentando di catturarlo per far avere al padrone il piacere di ucciderlo di persona. Ma il mercenario era molto più furbo.

Riuscì a scappare nella tormenta senza un graffio, e due settimane dopo si era già trasferito con la sua famiglia in un luogo più sicuro.

E sulla mappa che aveva rubato c'erano scritte le ubicazioni di tutti i pozzi di Lazzaro al mondo. Pensava di venderla al migliore offerente, l'immortalità e l'eterna giovinezza avranno un grande valore al mercato nero, ma preferì tenerla. Era troppo rischioso esporla ad occhi altrui. La nascose in uno dei suoi vecchi nascondigli segreti, pensando, anzi sperando, di non doverla tirare fuori mai più.

Da quando aveva rubato le capsule aveva studiato diversi sistemi, che più o meno avrebbero funzionato, ma utilizzare il Lazzaro era rimasto il piano con la maggiore percentuale di successo.

Cominciò quindi a viaggiare intorno al globo, diretto verso il pozzo in Medio Oriente, che era il più vicino ed il meno frequentato. Riuscì a saccheggiare una buona quantità di liquido prima che la Setta degli Assassini lo costringesse a fuggire, ma era appena sufficiente per riempire tre capsule.

Non si disperò, anzi approfittò della buona sorte che gli aveva arriso e si preparò ad adattarle in modo che il Lazzaro fluisse libero dentro ai tubi di quelle tre.

Slado guardò con orgoglio le tre camere di clonazione, che fremevano impazienti di essere utilizzate; aspettavano solamente di ricevere il materiale genetico per cominciare a costruirne il corpo.

“Ottimo, ma ora da cosa comincio? Potrei travestirmi da medico e rubare dei campioni di capelli e di sangue da alcuni dei membri della Justice League, oppure posso provarci con quel gruppetto di ragazzini che si è formato qui a Jump City.

Quant’è difficile scegliere.”

Ma alla fine, il suo sguardo cadde sulla foto della sua famiglia che portava sempre con se. i bordi erano stati consumati dal tempo, ma la foto riusciva a mostrare ancora una scena delle loro rare vacanze: erano su una spiaggia ai Caraibi, Slado era appena uscito dall’acqua e gocciolava acqua salata sui capelli di sua moglie, che era seduta su un telo da mare con in braccio Grant, che all’epoca aveva solo sei anni.

“Grant.”

Rimase a fissare quella foto per un momento lunghissimo, quindi capì che non aveva intenzione di compiere una scelta diversa. Grant dominava nei suoi pensieri. Doveva resuscitare suo figlio, il resto era superfluo.

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La parte successiva fu per Slado molto più difficile che rubare ad uno dei terroristi più pericolosi del pianeta: recuperare il DNA di Grant. E non perché non sapesse dove trovarlo.

Scavare due metri di terra sotto la gelida pioggia della notte fu la parte più semplice. Mentre calava la pala contro il morbido terreno che copriva la bara cercò di non pensare a quello che avrebbe visto quando avrebbe toccato il legno, affondando i colpifino al bastone ed estraendo quintali di terra. Sangue fresco gli gocciolava ancora dalle mani, a ricordo del guardiano morto che si era messo in mezzo ai piedi, e che lui aveva ucciso a sangue freddo aprendogli la gola a mani nude.

Finalmente la pala urtò il coperchio della bara con un sonoro “TOC!”. Slado spostò con le mani la terra umida che copriva il coperchio e rimase immobile ad ammirarla, nonostante i vermi e l’umidità l’avessero rovinata irrimediabilmente.

Erano trascorsi 15 anni da quando da lontano l’aveva vista calare buca. Da quel giorno non aveva più osato tornare, neanche per guardarla da lontano, forse per la vergogna che lo colmava, o forse perché qual giorno avevano seppellito il suo cuore.

“È il momento della verità” aveva pensato, ed afferrando la bara con entrambe le mani tirò.

Il legno si spezzò come carta velina, rivelando lo scheletro del morto di cui cercava di proteggere il riposo. Il vestito elegante con cui era stato seppellito era stato quasi del tutto mangiato dalle tarme, e le ossa sembravano così sottili che se le avesse sfiorate sarebbero mutate in polvere.

Il teschio gli sorrideva con i denti contratti in un ghigno immobile, e tutto ciò che gli rimaneva dei capelli erano delle piccole ciocche secche sparse qua e là sul capo. Le sue orbite vuote venivano attraversate da gocce di pioggia, e sembrava che volessero biasimarlo della sua morte.

Slado non riusciva più a muoversi. Il teschio lo fissava con intensità, e la mascella sembrava muoversi per sussurrargli qualcosa, ma quelle parole si perdevano nel vento e nel gocciolio delle pozzanghere.

Alla fine Slado riuscì a sbloccarsi dalla trance in cui era entrato, e con sovrumana attenzione allungò una mano per afferrare uno dei radi ciuffi di capelli sul teschio, facendo attenzione che non si disfacesse al vento, e lo infilò in una provetta da laboratorio, che chiuse con un tappo di plastica.

Sollevò la provetta davanti agli occhi.

“Presto figliolo, presto.”

Richiuse la bara e la seppellì con cura, poi ritornò al suo nascondiglio. Appena arrivato riempì le capsule con il Lazzaro ed inserì in ognuno degli sportelli un campione di capelli. Subito la macchina cominciò a processare i dati e ad analizzare il DNA. Sarebbe stata solo questione di tempo.

Passarono le settimane, ma alla fine nelle capsule si formarono tre corpi distinti. Tutto sembrava andare secondo i piani, i corpi crescevano, raggiungendo in quel momento l’aspetto che Grant aveva avuto intorno ai 16 anni, e Slado passava giorni interi a fissarle, nell’attesa che uscissero. Sarebbe mancato poco alla maturazione.

Ma alla fine lo trovarono.

Come un incubo che perseguitava infestando il sonno, la Justice League lo individuò. Probabilmente avevano rintracciato il segnale delle capsule rubate, o forse Superman era riuscito a distinguere il suo battito cardiaco. Non era importante, ma nel combattimento che seguì le teche si ruppero davanti agli occhi di Slado, ed i corpi vennero sepolti sotto ammassi di roccia.

Lui riuscì a scappare, ma non avrebbe mai dimenticato ciò che accadde quel giorno. Di come la League avesse ucciso suo figlio una seconda volta.

Ma alla fine si sarebbe vendicato. Il come o il quando non sarebbe importato. Aveva pazienza lui. Tanta pazienza.

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“La Justice League è qui, fuori dalla cupola, lo so. Quando avrò conquistato il mondo decorerò le guglie del mio palazzo con le loro teste, e farò in modo che tutti le vedano”

Slado era sceso a terra vicino al generatore, e da lì poteva vedere il fascio di energia che dal reattore centrale sparava in cielo l’energia che alimentava la cupola, una miscela di misticismo e tecnologia del futuro, “gentilmente regalata” da un tizio proveniente dal futuro chiamato Warp, che in quel momento si stava godendo delle meritate ferie alla fine del tempo.

Quel raggio era il suo più grande trionfo, la sua vittoria finale. Da quel momento il regno sotto la cupola si sarebbe espanso, fino ad inglobare tutta la terra, mentre i suoi più accaniti difensori sarebbero periti tra atroci sofferenze, ma non prima di guardare con i loro occhi cosa avrebbe fatto al mondo che tanto amavano.

<< Sì, è così che andrà. E poi, riotterrò la mia anima completa, ed infine con Grant al mio fianco, finalmente avrò ottenuto la mia vendetta. Distruggerò tutto, davanti ai loro occhi. Li costringerò a guardare come hanno fatto guardare a me la sua morte! >>

Ma, nei suoi vaneggiamenti, Slado aveva dimenticato qualcosa. Una persona. Una persona che aveva sottovalutato sin dal primo istante in cui le capitò all’occhio, dandola per scontato come una debole ed innocua civile sopravvissuta. Una civile a cui Slado aveva tolto tutto.

La sua casa.

I suoi amici.

La sua famiglia.

Tutto.

Ma in quel momento, mentre lui si era perso in deliranti vaneggiamenti, e sebbene ad ogni passo le sembrava di camminare con dei blocchi di cemento ai piedi, quella stessa debole ed innocua ragazzina stava per annientarlo. Sebbene esausta per la nuotata sottomarina, ed in lacrime per la morte del suo salvatore, Cassie era riuscita a raggiungere la Main Ops Room della Tyrans Tower, il quartier generale di Slado.

Zoppicando vistosamente e rischiando più volte di inciampare e cadere per terra, Cassie tirò fuori l’oggetto ovoidale, grande come una pallina da baseball, che le aveva dato Robin. L’ultima ricetrasmittente dei Titans.

“Devi solo appoggiarla sulla consolle principale, e lei farà tutto il resto. Quando l’avrai fatto, esci fuori a gambe levate” le aveva detto Robin, e lei obbedì.

Appoggiò la trasmittente, e si girò per andarsene.

“Tutto qui?" pensava guardandosi alle spalle, mentre la macchina compiva il suo dovere, "È stato così facile? Dopo tutto quanto abbiamo passato, basta fare così? Che fottuta ironia”

E corse via, arrancando come poteva, mentre nella sala la consolle esplodeva e si agitava come un animale morente, spruzzando scintille dappertutto, che attecchirono e presero fuoco.

Viaggiando tramite l'aria, dei segnali radio fecero aprire il cancello che chiudeva il ponte, permettendo a Cassie di fuggire via, una volta per tutte.

Dall'altro lato della cupola, dei comandi diversi avevano raggiunto il generatore del campo di forza. Quei segnali penetrarono in mezzo ai sistemi principali di controllo dell'energia, dribblarono i firewall protettivi ed inserendosi fra gli inibitori di sicurezza, e li spensero.

In un solo, velocissimo istante, si attivarono i protocolli di sicurezza, ed il generatore smise di produrre energia, autodistruggendosi per via dell'energia residua nel reattore.

La cupola, che per mesi aveva coperto la città, era crollata come un castello di carte.

<< No. NO! Come è possibile >> gridò Slado. Per la prima volta dal Thogal, la sua calma interiore si arrese al caos della sua pazzia. Aveva fallito.

Cadde in ginocchio. Iniziò a piangere.

<< No, no. No no no. Non può essere vero. >>

Ma poi si ricordò che, dato che non c'era più niente che gli impedisse loro entrare, sarebbero arrivati a prenderlo.

<< Non così. Devo scappare; formulare un piano migliore. >> disse al vento, riavendosi lentamente.

<< Sì, scappare. Nascondermi. La prossima volta... >>

<< Non ci sarà una prossima volta! >> disse qualcuno, che colpì Slado così forte da farlo volare contro le macerie ancora fumanti del generatore.

Lui aveva visto solo un lampo giallo attraversato da un fulmine rosso: << La faccenda finisce qui, e ora. >>

Era Kid Flash, che era riuscito ad evitare la cupola, e non era da solo.

Un uomo, alto e vestito come un diavolo nero, uscì da un'ombra. Teneva in braccio un ragazzo dai capelli scuri, che respirava appena: << Sì, hai ragione. Finisce qui. >>

   
 
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