Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Shainareth    27/01/2018    6 recensioni
*** Attenzione! La presente storia si collega direttamente alla shot Verità. Vi consiglio perciò di leggere prima quest'ultima, per comprendere appieno le vicende di ciò che verrà narrato qui di seguito. ***
«A cosa servono, questi poteri, se non possiamo evitare che accadano certe tragedie?» La voce di Ladybug era cupa e rotta dal pianto represso. Era ormai l’alba e i soccorritori avevano lavorato per tutta la notte, sgombrando la zona da ciò che era andato distrutto – o ucciso. I due salvatori di Parigi erano rimasti lì fino a che era stato necessario, ingoiando tutta la sofferenza che i loro occhi e le loro orecchie erano stati capaci di catturare, loro malgrado. E ora, con le membra doloranti e il cuore in pezzi, si erano rifugiati insieme fra i gargoyles di Notre Dame, che con il loro tetro aspetto sembravano riflettere l’umore di entrambi.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Verità'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



CAPITOLO SESTO




Le sue dita scivolavano sui tasti con leggerezza, diffondendo per tutta la camera una melodia lenta e triste. Benché a volte cercasse di evitare gli esercizi al pianoforte, quel giorno Adrien avvertiva il bisogno di esprimere se stesso attraverso la musica. Era convinto che, con la rabbia sepolta in fondo allo stomaco, si sarebbe dedicato a qualcosa di più energico e impetuoso; invece, non appena si era seduto davanti alla tastiera, gli occhi lucidi di Marinette gli avevano riempito la mente, soffocando quella rabbia e sostituendola con un sentimento forse meno aggressivo, ma altrettanto irruente.
   Il suo sguardo catturò la luce del display del cellulare posato sul piano e vi lesse il nome di Chloé. Adrien era cresciuto con lei, la sua unica amica in quasi quattordici anni di vita, e le voleva bene come ad una sorella, pur con tutti i suoi difetti. E a dispetto di ciò che lei diceva o faceva, il ragazzo sapeva che quei sentimenti erano ricambiati appieno.
   Lasciando morire la sonata, la sua mano si posò sul telefono. «Adrien…» sentì quando rispose. «Qui continua ad esserci il caos…»
   La voce di Chloé era quasi irriconoscibile a causa della stanchezza e della preoccupazione. «Tuo padre è ancora nell’occhio del ciclone, immagino.»
   Un singhiozzo. «Come se fosse colpa sua, capisci…? Ma lui come poteva sapere quello che sarebbe successo?!»
   «Ehi… calma… Non ti fa bene arrabbiarti in questo modo, tanto più che non serve a nulla.» Era davvero bravo a dare consigli che forse lui stesso non sarebbe riuscito a seguire. Fu questo che si disse Adrien subito dopo aver pronunciato quelle parole. Era ipocrita? Forse, ma voleva davvero aiutare Chloé per quel che poteva. «Sei da sola?»
   «No, c’è Sabrina, qui. Anche suo padre sta lavorando come un matto e…» La ragazza sospirò stancamente, prendendosi qualche istante per riordinare le idee. «Vorrei tanto che anche tu fossi qui», disse poi, in tono più fermo.
   «Chloé…»
   «Lo so che non puoi venire», lo interruppe subito lei, nervosa, prima di essere fraintesa. Il suo non era un capriccio, non stavolta. «Va bene così, abbiamo già abbastanza problemi… non è il caso di coinvolgere anche te.» Con la stampa accampata dietro le porte del municipio e quelle de Le Gran Paris, era assai probabile che la presenza di un ulteriore personaggio pubblico non passasse inosservata, distogliendo l’attenzione da cose molto più importanti. «Volevo solo sentire la tua voce e sapere che stai bene.»
   Fu un tuffo al cuore, che indusse Adrien a sorriderle con affetto, sebbene lei non potesse vederlo. Ecco perché le voleva bene, per quella dolcezza che di tanto in tanto riaffiorava in superficie, sotto quella maschera di egoistica spocchia che Chloé aveva deciso di indossare negli ultimi anni, forse per quella stessa rabbia che divorava quotidianamente anche lui. «Ti prometto che ci vedremo non appena le acque si saranno calmate.»
   «Sul serio?»
   «Certo. Perché ne dubiti?»
   La ragazza rimase in silenzio. Non perché non si fidasse davvero di Adrien, tuttavia sapeva che ormai lui aveva altre priorità. Negli ultimi giorni, infatti, neanche a lei erano sfuggite le attenzioni che il giovane riservava a Marinette, soprattutto dopo che li aveva visti sparire insieme durante i preparativi della sfilata, quando lui l’aveva presa in braccio e l’aveva praticamente coccolata davanti all’intera classe. Davvero credeva che nessuno lo avesse notato?
   Tu… la ami? Era questo ciò che avrebbe voluto chiedergli, e non era la prima volta che si trovava costretta ad ingoiare quelle parole: era fermamente intenzionata a rivolgergli quella domanda, un giorno, ma il suo orgoglio pretendeva un confronto faccia a faccia.
   «Chloé?»
   «Spero che tutto questo finisca presto.»
   «Lo speriamo tutti.»
   «Scusa se ti ho disturbato.»
   «Non lo hai fatto, sta’ tranquilla.»
   «A presto.»
   «A presto.»
   Adrien guardò il display del cellulare con una nuova preoccupazione a stringergli la bocca dello stomaco: anche Chloé stava vivendo un periodo difficile. Lui non poteva starle accanto e questo contribuiva a farlo sentire impotente di fronte a tutta quella maledetta situazione.

Quando Marinette lesse il mittente del messaggio che le era appena arrivato, strabuzzò gli occhi: Adrien. Le poneva una sola, semplice domanda, che però per lei voleva dire il mondo: Come stai?
   Mise da parte il vestito di Manon sul quale stava lavorando, nonostante l’ora tarda, e si concentrò sulla risposta. Voleva essere sincera con lui, eppure al tempo stesso non voleva farlo preoccupare. Sospirò, lanciando uno sguardo a Tikki in cerca di un aiuto che però lei poteva darle solo per metà. «Se avete davvero deciso di non nascondervi più nulla, digli la verità.»
   Facendosi coraggio, la ragazza digitò la risposta: Non riesco a dormire.
   Il telefono vibrò di nuovo l’istante successivo: Arrivo.
   Marinette rimase imbambolata a fissare quella parola di sole sei lettere per un tempo indefinito, cercando di capire cosa volesse significare. Non che fosse davvero di difficile interpretazione, è chiaro, ma Adrien aveva sul serio scritto una cosa del genere? Intendeva andare lì da lei? Subito? Quando infine riuscì a realizzarlo, lanciò un verso strozzato e si alzò sulle gambe, lasciando cadere sulla sedia della scrivania la coperta che si era messa sulle spalle. «Sta venendo qui…» mormorò con voce incerta.
   «E la cosa ti sconvolge tanto?» le domandò Tikki, guardandola con affetto.
   La ragazza si portò le mani al viso, trovandolo bollente. «Non sono psicologicamente preparata…»
   «Adrien è già stato in camera tua.»
   «Sì, ma… non di notte!» esalò con una teatralità che fece ridacchiare il kwami.
   «Vi siete spesso ritrovati insieme proprio nelle ore più buie», le ricordò poi la piccola creatura, suo malgrado. «Forse anche lui ha bisogno di te, non ci hai pensato?»
   Sì, era assai probabile che le cose stessero in quel modo. Si passò le dita sugli occhi chiusi e poi fra i capelli sciolti, cercando di recuperare la lucidità necessaria per quel faccia a faccia. Non che fosse davvero una resa dei conti, quella non era neanche più necessaria; però sarebbero stati da soli e di conseguenza avrebbero dovuto fare ammissioni di un certo peso. Alzò lo sguardo alle pareti: doveva far sparire le foto di Adrien, subito, o sarebbe morta di vergogna.
   Fece appena in tempo a nasconderle tutte nel cassetto della scrivania, che un bussare discreto al vetro della finestra le fece sobbalzare il cuore. Aprì la tenda e si accorse che avrebbe faticato non poco a vedere Chat Noir nell’oscurità della notte se non fosse stato per i suoi capelli biondi e i suoi luminosi occhi verdi. Schiuse le imposte e lui esitò sul davanzale. «Posso entrare?»
   Marinette sorrise, quasi divertita da quella sua timidezza improvvisa. «Solo se sei la stessa persona che stavo aspettando.»
   «Oh», ribatté il giovane, ammiccando con fare allegro, «aspetti l’amante alla finestra? Che ragazza audace…» Quando lei fece per chiudergli i vetri in faccia, Chat Noir rise e le impedì di farlo. «Va bene, faccio il bravo, promesso.»
   «Devo ricordarmi di preparare uno spruzzino con l’acqua per tutte le volte che dici o fai qualcosa di stupido», si ripromise Marinette, lasciandolo infine entrare e ringraziandolo, sia pure in cuor suo, per essere sempre pronto a sdrammatizzare ogni imbarazzo di sorta.
   «Me ne ricorderò anch’io, la prossima volta che mi dipingi di rosa», le rinfacciò allora lui, inarcando le braccia sui fianchi, i pugni sulle anche.
   «Q-Questo è giocare sporco…» borbottò lei, mentre arrossiva sotto al suo sguardo. Abbassò il proprio e fece per dire qualcos’altro, ma Chat Noir la spiazzò, abbracciandola senza alcun preavviso. Marinette si sentì sciogliere come burro fuso e si aggrappò a lui, chiudendo con forza le palpebre e sperando che quello non fosse solo un sogno: Adrien era lì con lei e la stringeva a sé con amore.
   «Plagg, trasformami», la sorprese ancora il giovane, tornando ad essere semplicemente se stesso. Non voleva più nascondersi, non con Marinette. Voleva che il loro fosse un rapporto onesto sotto ogni punto di vista e questo implicava anche lasciar perdere ogni remora riguardo alla loro vera identità.
   «Grazie… per essere venuto…»
   «Grazie a te per non avermi buttato giù dalla finestra.» La sentì ridere sommessamente contro la spalla e, piano, sciolse l’abbraccio che lo teneva legato a lei, fissandola dritta negli occhi e rendendosi conto che sì, diamine, era davvero innamorato di quella ragazza. Quest’ultima, invece, trovandosi davanti Adrien, si lasciò andare ad uno dei più grandi sospiri di sollievo della sua vita: un conto era essere convinta che ci fosse lui sotto la maschera di Chat Noir, ben altro era averne la conferma visiva e tangibile.
   «Glielo hai detto tu, come stavano le cose?»
   «No, e questa tua mancanza di fiducia mi offende.»
   Quel piccolo battibecco attirò la loro attenzione ed entrambi spostarono lo sguardo sui piccoli kwami che, poco più in là, erano intenti a chiarire la loro situazione. «È vero… Plagg non mi ha detto nulla», intervenne allora Adrien, in difesa del proprio amico.
   «Sentito?» confermò lui, puntando il musetto in aria con fare snob per stizzire Tikki. «Stavolta ha fatto tutto da solo, anche se è pur vero che di solito fatica a capire le cose. Proprio come la tua Ladybug.»
   «Ehi!» protestò il giovane, indispettito.
   Marinette si permise di dissentire. «Ha ragione lui, temo: siamo negati per questo genere di cose», commentò con autoironia.
   «Sì, beh… era difficile riconoscerti, con quel cappuccio e quegli occhiali», tentò di giustificarsi Adrien.
   «Il maestro Fu lo ha fatto comunque», gli fece notare lei, che col senno di poi si era resa conto di quel particolare non indifferente.
   «Magari ha avvertito la nostra aura.»
   «Cos…?»
   «Come nei cartoni animati.»
   «E… lo hanno fatto anche Alya, Nino, Manon e sua madre?» contò poi sulla punta delle dita. Le venne da ridere. «Ammettiamolo, siamo pessimi.»
   Il giovane fece una smorfia, ma annuì rassegnato. «Che ci fai ancora sveglia?» chiese poi, notando ancora una volta la sua aria stanca.
   «E tu?» rigirò la domanda Marinette, benché entrambi conoscessero bene la risposta. Ogni volta che provavano a chiudere gli occhi, le orribili immagini dei disastri capitati nei giorni addietro li assalivano spietati, piegandoli e consumandoli come fiammiferi in preda al fuoco. «Pensavo… che potremmo tornare dal maestro.»
   «Ci ho pensato anch’io, ma… credi davvero che, se avessimo potuto fare qualcosa di più, lui non ci avrebbe avvertiti per tempo?»
   «Forse… ci sono cose che neanche lui sa…»
   «Cose scritte nel libro di mio padre?» Adrien sospirò, passandosi stancamente una mano tra i capelli. «Può darsi. Ma non posso portarglielo via di nuovo.»
   «Chi ha detto che devi farlo?» lo rassicurò Marinette. «Ho personalmente fotografato ogni singola pagina di quel manoscritto», gli rivelò, prendendo il cellulare e recuperando i file dalla galleria di immagini.
   «Sei stata geniale!» si complimentò il giovane, recuperando il sorriso. «A proposito…» cominciò poi, facendosi pensieroso. «Davvero ti trovavi lì, quando io e Lila ci siamo incontrati al parco?»
   La ragazza arrossì ed evitò il suo sguardo, fingendo di interessarsi alle fotografie e scorrendole fin troppo velocemente con la punta del dito. «Beh… sì, perché… in realtà, vi ho seguiti dalla biblioteca», confessò infine, sentendosi morire dalla vergogna.
   Intuendo quale fosse il motivo che l’avesse spinta a farlo, Adrien inarcò le sopracciglia bionde, un sorriso sghembo sulle labbra. «Davvero?»
   «Sì, beh… ho visto che sfogliavi quel libro in biblioteca e mi sono incuriosita, ecco.»
   «E perché non me lo hai semplicemente chiesto?»
   «Perché poi quella… bugiarda», si autocensurò lei, come sempre, «te lo ha rubato e lo ha infilato nella sua borsa.»
   A quello il giovane poteva credere, anche perché a conti fatti Marinette non gli aveva davvero mentito, la prima volta; gli aveva solo taciuto delle cose, che comunque non intaccavano il succo della storia. «Ed era proprio necessario farmi quella scenata di gelosia?» non si trattenne però dal chiedere.
   Il cuore di lei sussultò così tanto che le guance di Marinette sembrarono andare a fuoco. «N-Non era una scenata di gelosia!» ribatté, sempre più intenzionata a tenere lo sguardo sul cellulare.
   «Lo era», la contraddisse lui, divertito, incrociando le braccia al petto con aria di sfida.
   «E comunque, non l’ho fatta a te!»
   «Quindi lo era», concluse, provando un moto di tenerezza nei suoi confronti. Marinette sbuffò seccata. «Non ti sto condannando, io ho fatto di peggio», confessò a quel punto Adrien, per amor di pace. Gli occhi della ragazza tornarono finalmente su di lui, fissandolo da sotto in su con una certa timidezza. «Ricordi l’artista che ha realizzato quella bellissima statua che ci rappresenta?»
   «Quella a Place des Vosges?»
   «Prrrecisamente», rispose lui.
   «Che hai combinato?» domandò a quel punto Marinette, guardandolo con sospetto, visto che l’artista di quella statua era stato akumizzato e trasformato in una copia esatta di Chat Noir.
   «È l’ennesima storia buffa», cercò di minimizzare Adrien, massaggiandosi la nuca.
   «Perché le tue storie buffe sono giustificabili e le mie no?» pretese di sapere Plagg, intromettendosi per questione di principio.
   «Il tipo si era invaghito di te, come ben sai…» lo ignorò l’altro, selezionando le parole da usare per non apparire troppo colpevole.
   «Va’ avanti», lo esortò Marinette, il cui sguardo si era fatto molto più simile a quello della sua controparte a pois.
   «Ok… diciamo che potrei avergli fatto capire che fra noi due c’era un legame più profondo di quello che dovrebbe esserci fra due semplici colleghi», buttò fuori d’un fiato Adrien, attendendo infine la sfuriata. Che tuttavia non venne, perché la ragazza al momento era troppo impegnata a cercare di capire che tipo di sentimento provare: non era abituata ad arrabbiarsi con lui, proprio no. Soprattutto, la spiazzava il fatto che Adrien riuscisse ad essere tanto candido riguardo ai propri sentimenti nei suoi confronti anche senza la protezione della maschera.
   Non sapendo davvero cosa dire o fare, Marinette si limitò a portarsi una mano alla fronte e ad emettere un verso strano e sgraziato. «Almeno adesso so perché voleva farti la festa.»
   «Sì, il miraculous del Gatto Nero non c’entrava nulla, in effetti», le diede ragione lui, sentendosi ancora in colpa. «Mi dispiace.»
   «Quando la smetteremo di comportarci come due idioti?»
   «Domanda legittima.»
   «Adrien…?» Facendosi coraggio, Marinette lasciò ricadere lentamente le braccia lungo i fianchi e fissò il giovane con un vago, ormai inutile senso di paura nell’animo. «Sei… rimasto deluso? Dal fatto che sia io…»
   Adrien quasi stentò a credere che lei potesse avergli rivolto quella domanda, tanto che, quando lo realizzò, agì d’istinto prendendole il viso fra le mani con ferma dolcezza. «Tu mi piaci, Marinette», le disse d’un fiato. «Mi sei piaciuta subito, credo. E ti giuro che nell’ultimo periodo ho pregato con tutto me stesso affinché ci fossi tu, dietro la maschera di Ladybug. Temo che sarei diventato matto, se così non fosse stato.» Vide gli occhi della ragazza farsi lucidi per l’emozione e lui le sorrise con amore. «Spero che la cosa sia stata reciproca.» Incapace di spiccicare parola, lei annuì. «Allora… perché sei scappata, l’altra sera?» le soffiò Adrien sulle labbra, la fronte contro la sua.
   Marinette sentì le gambe tremare e boccheggiò a vuoto per qualche attimo, prima di riuscire ad articolare una frase di senso compiuto. «Avevo… paura che non fossi tu… e… mi sentivo in colpa…»
   «Per cosa?»
   «Perché… i baci di Chat Noir erano riusciti a conquistarmi…» ammise con un fil di voce, gli occhi nei suoi. Non disse più nulla, non poté farlo perché Adrien vinse la distanza che c’era fra loro, premendo morbidamente la bocca contro la sua. Fu un bacio dolce e, finalmente, del tutto consapevole, senza menzogne o artifici di alcun tipo. Erano soltanto loro, Adrien e Marinette, decisi a volersi bene fino in fondo per ciò che erano, mettendo il proprio cuore nelle mani dell’altro senza più alcuna remora.

Da quanto tempo non riusciva a godersi un risveglio come quello? Così calmo, caldo, sereno… Marinette si stiracchiò sotto le coperte, un piacevole tepore che non aveva mai provato prima e che la invogliava più del solito a rimanere lì dov’era. Avvertendo però la luce del giorno entrare dalle finestre, si accoccolò sul fianco e sollevò le palpebre. Fu allora che li vide: due meravigliosi occhi verdi che la stavano letteralmente divorando. Sussultò così tanto che, lasciandosi sfuggire un verso strozzato, saltò fuori dal letto, rischiando di cadere giù e di spaccarsi l’osso del collo. Furono i riflessi pronti di Adrien a salvarla, poiché la mano del giovane l’agguantò per un braccio prima che lei perdesse del tutto l’equilibrio e lui la tirò verso di sé, facendola tornare completamente sul materasso. «Speravo in un risveglio meno traumatico…»
   Marinette lo fissò con occhi sbarrati, rossa in viso come mai lo era stata prima di allora, mentre alla sua mente riaffioravano infine i ricordi della notte appena trascorsa: dopo aver chiarito le cose, lei e Adrien avevano deciso di stendersi insieme sul letto, nella speranza che almeno per una volta gli orrori vissuti nei giorni appena passati non li investissero come al solito, torturandoli e obbligandoli a rigirarsi inutilmente fra le coperte. Era servito davvero, perché entrambi, forti l’uno della vicinanza dell’altra, erano riusciti a dormire per qualche ora, serenamente, senza interruzioni o incubi di sorta.
   «Tutto bene?» si sentì domandare la ragazza.
   Annuì, recuperando la calma oltre che la lucidità. «Ti avevo completamente dimenticato.»
   «Oh, grazie», replicò Adrien, fingendosi offeso e sporgendo il labbro inferiore per soffiare sulla frangia bionda che, spettinata, gli ricadeva davanti agli occhi. La vide ridere divertita e tanto bastò per restituire anche a lui il sorriso.
   «Da quanto sei sveglio?»
   «Da un po’.»
   Marinette tentennò. «E… sei rimasto ad osservarmi fino ad ora?»
   «Inquietante, vero?» Rise di nuovo e lui si sporse per baciarla sul viso. «Buongiorno, my lady
   «Buongiorno, mon chaton
   «Mi duole dovertelo dire subito, ma… devo andare, prima che qualcuno si accorga della mia assenza e mio padre allerti l’esercito.»
   «…o che il mio ti trovi qui e ti cuocia in forno insieme ai croissant che ti piacciono tanto.»
   «Morirei mangiando quelle delizie. Sarebbe piacevole, tutto sommato.»
   «Non ti stanchi mai di dire idiozie?» volle sapere Marinette, per pura curiosità.
   Lui scrollò le spalle con noncuranza. «D’accordo, parliamo di cose serie», l’accontentò poi. Anche perché, in effetti, aveva davvero qualcosa di importante da chiederle. «Avrei bisogno di un favore.»
   «Quindi è per questo che mi hai sedotta, stanotte?»
   Non aspettandosi quella risposta sfacciata, Adrien arrossì. «Avrei potuto farlo davvero, se solo avessi voluto», ribatté, fingendosi piccato.
   Marinette rise ancora e sedette in modo più comodo. «Di che si tratta?» domandò in tono dolce, certa che non avrebbe mai potuto dire di no ad una qualsiasi sua richiesta.
   L’altro si passò la lingua sulle labbra, cercando un modo non troppo traumatico per comunicarle ciò che doveva. «Di Chloé.» Come aveva previsto, l’espressione sul viso della ragazza mutò di colpo e lui si affrettò ad aggiungere: «Ti prego, è stata la mia unica amica prima di iniziare la scuola e…»
   «Continua…» sospirò Marinette, decisa a portare pazienza anche e soprattutto perché conosceva bene il legame che univa i due.
   «Mi ha chiamato, ieri pomeriggio, e sembrava davvero giù di morale», riprese a spiegare Adrien, sollevato al pensiero di essere libero di parlare con lei di ciò che lo affliggeva.
   La ragazza annuì, comprensiva. «Posso solo immaginare cosa stia passando… si sono accaniti tutti contro suo padre, è ovvio che sia triste.»
   «Con lei c’è Sabrina, ma…»
   «…tu sei tu», concluse per lui, abbozzando un sorriso che di allegro aveva ben poco. «Vuoi andare da lei?»
   «Non posso farlo», ci tenne a precisare Adrien. «Temo che Le Gran Paris sia piuttosto blindato, al momento. Per via della stampa. Ed io sono un personaggio pubblico, mi mangerebbero vivo.»
   «E quindi, che intenzioni hai?»
   «Pensavo che magari potremmo andarci insieme.»
   Marinette corrucciò di colpo la fronte. «Chloé mi detesta, perché m…» Si interruppe quando comprese ciò che lui aveva in mente. «Ti prego, non…» Le parole le morirono in bocca davanti allo sguardo carico di speranza del giovane. Si portò i pugni sulle palpebre serrate, mentre dal profondo della sua gola fuoriusciva un ringhio basso e cavernoso. «Non farmi quegli occhi da gattino, maledizione!» sbottò poi. «È già difficile resistere a quelli di Manon! Non mettertici anche tu!»
   «Sono giustificato», si permise di contraddirla Adrien, col suo solito candore. «Sono Chat Noir.»
   «Lei è giustificata: è una bambina.»
   «Meow!» insistette lui, strusciando la punta del naso contro la sua guancia. Marinette si lasciò andare ad un sospiro arrendevole che lo fece sorridere vittorioso. «Ci andiamo dopo la scuola?» le domandò, dandole un bacetto sul viso per ringraziarla e consolarla al contempo.
   «Solo se anche oggi Chloé non si presenterà in classe», pose come condizione la ragazza, affondando le dita fra i suoi capelli biondi e accarezzandoglieli, nonostante tutto. Adesso che aveva potuto sperimentarla a dovere, la vicinanza di Adrien le sembrava davvero terapeutica quanto quella di un gatto o di un altro, affettuoso animale domestico. Quel pensiero la divertì, ma la lasciò anche un po’ spaesata: doveva considerarla una cosa preoccupante? Vinta da quelle coccole, decise di non curarsene e di godersi quel momento di tenerezza prima che lui fosse costretto a tornare a casa.












D'ora in poi aggiornerò il lunedì mattina! Le ultime parole famose... Il punto è che lunedì non so se riuscirò a farlo, pertanto accontentatevi di un capitolo in anticipo. Spero che la cosa non vi dispiaccia troppo.
Ora, quanti vogliono picchiarmi per aver dato tanta importanza al rapporto fra Adrien e Chloé? Perdonatemi, ma io credo che meriti più spazio anche all'interno della serie: dopotutto lei è stata l'unica amica di Adrien fino a che lui non ha iniziato ad andare a scuola, perciò il loro rapporto deve per forza essere importante. Inoltre, non so se ci avete fatto caso, ma quando Marinette prendeinprestito il cellulare di Adrien e riesce a sbloccarlo, guardando fra le ultime chiamate ce ne sono un sacco col nome di Chloé, appunto. La stessa Marinette neanche ci bada proprio perché sa che i due sono grandi amici. Inoltre, è Chloé quella che viene a sapere per prima che Adrien non potrà più tornare a scuola per la faccenda del libro scomparso. Anche durante il secondo episodio della seconda stagione la loro amicizia viene rimarcata, a partire dall'infanzia, e non poco. Insomma, ho voluto dare alla cosa dello spazio più che meritato, ecco. E no, non solo perché a me Chloé piace e mi piace persino il suo rapporto con Adrien (non inteso come coppia, si intende), ma anche perché lo reputo importante per entrambi i personaggi e, spero, anche per la loro crescita negli episodi a seguire.
Detto ciò, passo ad altro, e cioè al rapporto che invece Adrien ha con Marinette in questa long. Il loro chiarimento (?) è stato piuttosto sereno, qui, per un motivo semplicissimo: erano già certi delle rispettive identità, non avevano quasi più nascosto la cosa nell'ultimo periodo, e, oltretutto, i drammi vissuti gomito a gomito li hanno necessariamente fatti maturare di botto, sotto certi aspetti, dando loro modo di vedere la loro relazione da un punto di vista differente rispetto a quanto avrebbero fatto in un altro contesto più spensierato (che fossero stati comunque degli eroi o meno). Certe cose segnano profondamente, soprattutto in un'età delicata come la loro.
Ovviamente è il mio punto di vista, siete liberi di condividerlo o meno, però... però continuo anche a credere che, amore o amicizia, Adrien e Marinette si vogliano troppo bene per tenersi il muso, mancarsi di rispetto o roba simile.
Detto ciò, credo di potermi eclissare. Perdonate soltanto la lentezza con cui rispondo alle vostre recensioni, purtroppo il lavoro e gli altri impegni (più imprevisti vari) mi tengono lontana dal PC. Ah, piccolo aggiornamento: sono a buon punto con il capitolo finale e credo che, come per la long Fiducia, scriverò poi una shot a parte ambientata qualche tempo dopo l'epilogo della storia.
Ringraziandovi come sempre per l'essere ancora qui a leggere, vi auguro un buon fine settimana. ♥
Shainareth





  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Shainareth