Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: you are my sunshine    03/02/2018    1 recensioni
Morgan Brown ha ventotto anni, vive una vita tranquilla e monotona con Bill, a Londra.
Non torna a Livingston,Montana USA, il suo paese natale, da quando ne aveva venti.
Il motivo, ha un nome e un cognome: Tristan Parker.
Quando però suo padre ha un incidente, Morgan è costretta a tornare, rivivendo così ricordi che pensava di aver rimosso dalla sua mente, tra le persone a lei care e luoghi indimenticabili.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
In un primo momento Morgan aveva pensato che fosse morto qualcuno. In particolare suo padre. Aveva spalancato gli occhi, continuando a ripetere ininterrottamente 'mamma', finchè quella non si era calmata abbastanza da spiegarle cosa era successo. Suo padre, che lavorava come costruttore per un cantiere nel Montana, a Livingston, USA, dove Morgan era nata e cresciuta fino a quando si era trasferita a Londra a vent'anni, era caduto da un parapetto mentre lavorava. A quanto pareva dalle prime ricostruzioni degli avvenimenti, il gancio al quale suo padre aveva assicurato la sua tuta, per evitare di cadere nel vuoto, era difettoso. Era caduto dal quarto piano di una palazzina in costruzione e si era rotto entrambe le gambe, slogato un braccio, e aveva subito un trauma cranico. Morgan aveva ascoltato attentamente, annuendo alle spiegazioni mediche della madre, anche se solo Bill poteva vederla. La guardava attentamente, studiandole il viso.
<< Mamma, prendo il primo volo che trovo, va bene? Hai chiamato Ebby? >>.
Morgan cercò di non fare caso alla fronte corrucciata di Bill davanti a quella frase. Si stava forse infastidendo ?
Non appena la chiamata con sua madre terminò, Morgan digitò velocemente il numero di telefono dell'ospedale che aveva recuperato dalla rubrica sopra il comò, ignorando Bill e sperando di trovare ancora il capo a quell'ora.
Spiegò la situazione al suo capo, che per fortuna era un uomo dolce e comprensivo, e riuscì ad avere un mese di permesso per poter raggiungere la famiglia.
<< Pensi davvero di andare laggiù? >> le disse Bill, l'espressione davvero contrariata sul viso pallido. Morgan lo guardò, afferrando la rubrica e lanciandogliela in testa.
<< Aiah,ma sei impazzita? >> le chiese esterefatto, portandosi le mani alla testa cercando di proteggerla dai colpi che la fidanzata continuava ad infierirgli. 
<< Impazzita? impazzita? Mi chiedi se raggiungerò la mia famiglia e quella pazza sarei io? Mio padre sta male, razza di idiota. Non li vedo da due anni, è certo come la morte che andrò da loro, che a te piaccia l'idea o no! >> gli urlò contro, voltandogli le spalle e raggiungendo la camera da letto, non prima di avere afferrato la valigia blu dal soppalco. Aprì l'armadio afferrando i primi vestiti abbastanza pesanti che trovò, qualche pantalone, e qualcosa di comodo e buttandoli senza troppo ordine nella valigia. Non tornava a Livingston da quando aveva vent'anni. Erano sempre andati i suoi genitori a trovarla-ovviamente era lei a pagar loro i biglietti- e forse questo li aveva sempre profondamente rattristati. Con un sospiro, finì di preparare le cose per il viaggio, accendendo il pc e prenotando il primo volo per il Montana disponibile.
 
Il volo aveva fatto scalo a Minneaopolis, e stava aspettando il volo successivo, che l'avrebbe portata a Bozeman. Si strinse nella pelliccia nera che aveva indossato per il viaggio, chiudendo gli occhi per riposarli. Era in viaggio da otto ore, e ne avrebbe avuto per altre quattro. Erano le 8 del mattino, e il volo sarebbe partito alle 10. Sbuffò  afferrando il telefono dalla borsa. La foto di lei e Bill che sorridevano all'obiettivo le mise il nervoso. Dopo aver constatato che non c'erano nuovi messaggi da parte della madre o dello stesso Bill, a cui comunque non avrebbe risposto, Morgan prese le cuffie dalla borsa facendo partire una canzone a caso tra quelle che aveva scaricato per il viaggio.
Era nervosa. E non solo perchè suo padre aveva avuto un incidente, ma per il semplice fatto che sarebbe tornata a Livingston. Aveva lasciato quella città perchè, stupidamente, era stata convinta di non poter sopportare la fine della storia con il suo primo amore. Sospirò pensando a come si era sentita parecchi anni prima. Quando lei e Tristan si erano lasciati, Morgan era andata in drepressione. Non nel vero senso della parola, ma come poteva andarci una ragazzina di diciannove anni che era innamorata persa per la prima volta. Aveva passato settimane chiusa nella sua cameretta dalle pareti rosa, che l'avevano fatta sentire ancora più stupida e bambina, a piangere e disperarsi. Aveva bloccato le chiamate in arrivo dal suo ex-ragazzo, e aveva obbligato i suoi genitori a non farlo entrare in casa neanche se fosse stato sul punto di morte. Non ce ne fu mai bisogno. Tristan non si presentò mai sotto casa sua, non provò mai a chiamarla o a chiedere in giro di lei. Come se non valesse niente. In effetti, ripensandoci dopo anni, forse doveva essere stato così. Erano una bella coppia, all'epoca. Lei era più piccola di un anno, con i boccolosi capelli castani che le arrivavano fino al sedere, lucenti e morbidi, le lentiggini in evidenza sul viso sempre abbronzato, e gli occhi nocciola mai contornati da un filo di trucco. Era bella al naturale, le diceva sua madre, e per un po' Morgan le aveva creduto. Con il passare del tempo, quando aveva visto apparire le prime rughe da Bill-stress, Morgan aveva iniziato ad usare fondotinta, correttore, mascara, matita e rossetto rosso fuoco. Tutto per colpa di Tristan Parker e dei complessi di inferiorità che le aveva fatto nascere dopo la loro storia.
Il vibrare del suo telefono la fece sobbalzare, e, sbadigliando, guardò lo schermo.
Aggiornami quando sei arrivata.
Serrò la mascella, osservando le poche parole che aveva davanti.
Non un mi dispiace.
Non un mi mancherai.
Niente di romantico nelle parole di Bill.
Non gli rispose, spegnendo il telefono ancora prima che ce ne fosse bisogno.
Il volo partì con mezz'ora di ritardo, e arrivata a Bozeman, Morgan sentì già l'odore di casa. L'inverno era così diverso da quello di Londra. Il cielo era di un azzurro limpido e un leggero vento le scompigliò i capelli, mentre era in attesa per ritirare la macchina che aveva affittato per l'intero mese. Bill era sbiancato quando aveva visto quando aveva speso in totale per l'intero viaggio. 1600 sterline lui li avrebbe spesi in un anno, e in effetti erano una bella spesa anche per lei, che con il suo lavoro guadagnava comunque abbastanza.
Era stata a Bozeman solo tre volte. La prima volta con i suoi genitori. Erano andati per visitare il 'Museum of the Rockies. All'epoca, ovvero intorno agli 8 anni, Morgan voleva fare l'archeologa e i suoi genitori l'avevano portata li come regalo di compleanno. Poi aveva visitato il planetario, e allora aveva cambiato professione nel giro di dieci minuti.
La seconda volta era andata con Cloude, Chanel e Emma, a comprare il vestito per il ballo di fine anno, il loro 4 anno, per l'esattezza. Aveva comprato un incantevole vestito color violetto, con un profondo scollo a cuore sul seno e lungo fino ai piedi, in pizzo. 
Le tre ragazze erano state le sue più care amiche da quando era nata. Livingston non era enorme, e alla fine, oltre ai turisti, in quel paese si conoscevano tutti  e i posti da frequentare erano sempre quelli. Passavano i pomeriggi a bere frappè da Bow's, un locale carino con le sedie tutte colorate, che serviva anche degli hamburger e panini -i più buoni che Morgan abbia mai mangiato- e 10 tipologie di cioccolata, tutte con un ingrediente diverso. La sua preferita era quella con la crema di pistacchio.
La terza volta, ci era andata con Tristan, per il loro primo appuntamento. Non era una città enorme, tutt'altro. Aveva un centro non troppo grande, ma era quello che lo circondava che rendeva Bozeman magica. Un lago stupendo le cui sponde  avevano visto il loro primo bacio, una sera al chiaro di luna. Morgan non ebbe mai primo appuntamento così romantico.
Quando fu il suo turno di recuperare la macchina, una Jeep Australia bianca, il ragazzo biondo le sorrise malizioso, accompagnandola personalmente verso la sua vettura e aiutandola con i bagagli.
Lo ringraziò e partì velocemente per casa.
Da Bozeman a Livingston la strada era breve, solo una quarantina di minuti, e Morgan potè finalmente rilassarsi.
Le montagne erano completamente innevate, e per non congelare, dati i -3 gradi di quel giorno - stranamente in quel periodo le temperature raggiungevano anche i -10 gradi-, Morgan accese il riscaldamento beandosi delle strade quasi deserte per godersi il paesaggio.
Quasi le dispiaceva non aver mai portato Bill in quel posto. Forse gli sarebbe piaciuto. Se lo immaginava con una camicia da boscaiolo rossa intento a tagliare la legna per il camino della loro casa.
Poi si ricordò del particolare più ovvio. Bill odiava qualsiasi cosa comprendesse la natura. Sarebbe impazzito nel giro di pochi giorni.
Quando superò il cartello 'Livingston', Morgan iniziò a sentirsi agitata.
Percorse le strade del centro guardandosi intorno incuriosita. Qualche negozio aveva chiuso, ma quello che cercava era ancora li: la biblioteca comunale era stata risistemata, almeno all'esterno, e l'immancabile Bow's era al suo fianco, aperto e completamente pieno. Si promise di andare a mangiarci un panino non appena avrebbe avuto tempo.
Magari avrebbe scritto anche a Chanel ed Emma, per una rimpatriata. Le sentiva raramente, ma erano rimaste comunque amiche, al contrario di lei e Cloude, che avevano perso i rapporti ancor prima che lei partisse per l'Inghilterra.
Superando il centro, Morgan percorse poche vie prima di svoltare a destra e percorrere la salita che l'avrebbe portata a casa. Le strade erano bagnate, segno che doveva aver piovuto da poco. Casa sua eri li, proprio come se la ricordava. Il tetto rosso, le imposte bianche, e il portico marrone.
Parcheggiò davanti al vialetto d'ingresso, aprendo il baule e recuperando le due valige, prima di avanzare verso casa. Le luci erano accese, quindi perforza qualcuno doveva esserci. Non fece in tempo a suonare al campanello che la porta si aprì, e la figura bassa e leggermente in carne di sua madre l'avvolse in un abbraccio stretto. La sent' piangere sul suo petto.
<< Mamma, ei, sono appena arrivata e già piangi? >>. La sentì ridere, e a Morgan si strinse il cuore.
Quando la madre alzò gli occhi su di lei, gli occhietti blu erano rossi, e il labbro aveva un adorabile espressione triste. Non resistendo, Morgan abbandonò le valige a terra, abbracciando stretta la madre. Il profumo di cannella del suo shampoo le inondò le narici.
<< Mi sei mancata tantissimo mamma >> sussurrò, beandosi delle coccole che tanto le erano mancate.
<< Oh, non farmi piangere ancora di più. Entra, e chiudi la porta, si gela. Lascia pure le valige qui, le farò portare nella tua camera da Mattwe >>
La seguì con lo sguardo mentre entrava in casa, scomparendo dietro la porta della cucina.
Facendo come le era stato detto, Morgan entrò in casa togliendosi la pelliccia nera e le scarpe, rimanendo con un paio di calzini di lana rossi.
<< Ma chi è Mattwe? >> urlò poi, non ricordandosi di nessuno della sua famiglia che avesse quel nome.
La voce di sua madre le rispose dalla cucina << Il ragazzo di tua sorella. Sono andati a trovare tuo padre. A proposito sta bene, si è svegliato. Dice di avere solo mal di testa. Quell'idiota, poteva ammazzarsi e ha solo mal di testa. Ha chiesto di te, gli ho detto che saresti arrivata oggi ed era così contento...  >>.
La casa era già addobbata per le festività natalizie. L'enorme albero dalle palline bianche e rosse erano appese strategicamente, e le luci gialle erano accese.
Avvicinandosi, Morgan quasi si strozzò con la saliva.
<< Mamma! Quando hai fatto queste palline? La mia è orribile! >> urlò, togliendo la pallina trasparente con la sua foto. Studiandola, Morgan si ricordò quando era stata scattata la foto. Aveva tredici anni, aveva un  apparecchio orribile e i capelli ancor peggio, con una pettinatura anni 60 che neanche all'epoca andava tanto di moda << potevi scegliere una foto più bella >> borbottò sentendola entrare nella stanza.
<< Ma se eri così bella tesoro >>
Si, certo.
Alzando le sopracciglia, dubbiosa, Morgan nascose la pallina dietro la schiena. L'avrebbe buttata alla prima occasione.
<< Non sapevo che Ebby avesse un ragazzo >>. Sedendosi sulla poltrona, Morgan accettò la tazza fumante di tè che la madre le stava porgendo. Il salotto di casa Brown era proprio come Morgan lo ricordava. Il caminetto era acceso, e lo scoppiettare del fuoco accompagnava la voce calma di sua madre.
<< E' un tipo di New York, lavora in borsa... un caro ragazzo. A proposito, come sta Bill? >>. Osservò sua madre stringere le labbra mentre glielo chiedeva. Non amava particolarmente il suo fidanzato, e non lo aveva mai nascosto. Non lo aveva mai trattato male, comunque.
Morgan alzò le spalle, bevendo un sorso del suo tè. Arricciò il naso. C'era troppo zucchero e poco limone.
<< Sta bene, sta lavorando molto, sai...nonostante la crisi >> rispose soltanto, sentendosi addosso gli occhi indagatori della madre.
<< Poteva prendersi una vacanza... a proposito, perchè questa estate tu e Bill non venite qui? Verranno anche Ebby e Mattwe. Quel ragazzo si è innamorato di questo posto in soli due giorni, e vuole visitare tutto il Montana! E' da tanto tempo che non passiamo delle vacanze insieme... >>. 
A Morgan si strinse il cuore. Aveva deluso i suoi genitori, in qualche modo, trasferendosi così lontano da casa, e vederla così raramente doveva essere una sofferenza.
<< Ci proverò, ma sai che Bill vuole sempre andare dai genitori.. >> <<Si ma esistiamo anche noi eh! >> borbottò lei, con la faccia un po' più rossa. Aveva perfettamente ragione.
<< Vado di sopra a darmi una sistemata e poi andiamo in ospedale, che dici? >>. Judith la guardò per un po', annuendo poi sorridente. 
Scomparendo al piano di sopra, Morgan entrò dopo secoli nella sua stanza. Sorrise alle pareti rosa, ai poster degli U2 e di Harry Potter appesi alle pareti. Il letto era stato usato come rifugio per un numero spopositato di peluche. Trascinandosi dietro una delle valige, la meno pesante, Morgan si concedette finalmente una doccia veloce.
 
Usciro di casa verso le cinque, percorrendo lentamente le vie del paese. Sua madre le indicava un posto e poi un altro, raccontandole gli scoop degli ultimi anni. Non che a Morgan interessassero più di tanto, ma era bello avere quei momenti tra madre e figlia.
Arrivati all'ospedale, nella periferia della città, Morgan fece scendere la madre, cercando parcheggio.
La vide incamminarsi all'interno della struttura, e solo poco dopo trovò un posto libero a una decina di metri. 
Solo dopo essere entrata dalle porte scorrevoli, si diede della stupida. Non aveva chiesto a sua madre in che stanza era suo padre o, comunque, come raggiungerla. Iniziò a guardarsi intorno nella speranza di vederla, e fu così che la scovò tra la folla accalcata davanti alle ascensori, in compagnia di un dottore in camice. Si avvicinò lentamente. Osservò il medico che di schiena era piegato verso la figura minuta della madre, mentre agitava le mani lentamente. Sua madre annuiva sorridente, lisciandosi i capelli corti. Alzò un sopracciglio, interdetta. Sua madre stava civettando con quell'uomo?
Si avvicinò a loro, sorridendo sarcasticamente << Mamma non ti posso lasciare sola due minuti che... >>
Non.era.possibile.
Piantò i piedi a terra, sentendo il cuore scoppiarle nel petto. Doveva essere diventata color peperone, perchè si sentiva improvvisamente accaldata e sudata.
Non poteva essere davvero così sfigata.
Tristan era davanti a lei, più bello di come se lo ricordava 
 I capelli biondo scuro erano più lunghi di come li teneva a diciotto anni, era più alto, almeno 20cm in più di lei, e una barba di un castano scuro gli contornava la mascella pronunciata e le labbra sottili. Gli occhi erano sempre gli stessi, però. Un verde acqua magnifico.
Gli stessi occhi che la stavano scrutando inespressivi, sorpresi forse quanto lei di trovarsela davanti.
<< Morgan >>. La ragazza si sentì tremare, e un leggero senso di nausea la inondò. Guardò la madre, sperando che si stesse solo sognando la persona che aveva davanti.
Quella le restituì lo sguardo, alzando le sopracciglia in un tacito invito a ricambiare il saluto.
<< Ciao, io ... sei un medico >>.
Ma davvero?
Un leggero sorriso spuntò dalle labbra di Tristan, che la stava guardando incuriosito
<< Ciao >>. Si era completamente rincretinita nel giro di cinque minuti.
<< Lo hai già detto tesoro >> guardò malamente sua madre, sentendosi a disagio.
Si sentiva gli occhi di Tristan addosso, a percorrrerle tutto il corpo e si rimproverò di non essersi almeno truccata un po'. Doveva essere orribile. Si slacciò il giaccone, cercando di prendere aria.
<< Beh, io raggiungo tuo padre, potresti farti accompagnare da Tristan, no? a dopo >>
E prima ancora che potesse aprire bocca, sua madre era già scompara nell'ascensore.
Maledetta.
Tristan la stava ancora fissando, un leggero sorriso sulle labbra, la divisa ben stirata e una cartella clinica in mano.
<< Ti trovo bene... non ci vediamo da anni >>
<< Si io... mi sono trasferita a Londra il secondo anno di collage. Sei un chirurgo..? >> spiegò, grattandosi la testa, imbarazzata.
Lo osservò annuire << Neurochirurgia. Si ho saputo, me lo ha detto Cloude >>.
Serrò le labbra sentendo quel nome. Cloude. Il motivo per il quale la loro relazione era finita.
<< E sta bene? >> chiese, giusto per sembrare cortese.
Tristan corrugò la fronte, osservandola dall'alto. Era abbronzato, magari erano stati in vacanza alle Hawaii o in qualche posto del genere...  
<< Chi sta bene? >> chiese lui, sorridendo ad un uomo passato loro accanto, salutandolo cordialmente.
<< Cloude.Vi siete sposati alla fine? >>. Senza rendersene conto aveva usato un tono acido. Non le era proprio passato l'odio per la sua ex-migliore amica.
L'astio fece spazio alla confusione quando Tristan le scoppiò a ridere davanti, mostrando una fila di denti bianchi perfetti. Ma perchè ride?
<< Io e Cloude? No, perchè mai avremmo dovuto sposarci. Non siamo neanche mai stati amici, a dirla tutta, la frequentavo solo perchè era tua amica... >> le spiegò, guardandola divertito, la testa abbassata per poterla guardare. Il metro e sessanta scarso che aveva non l'aiutava di certo.
<< Beh, eravate abbastanza amici da andare a letto insieme e avere un bambino, quindi... >> sputò rabbiosa, pentendosi subito dopo di quella stupida scenata. Dopo 8 anni era forse tardi per fargliela.
<< Ma di che stai parlando? >> aveva la bocca a formare una 'o' perfetta, e gli occhi verdi spalancati a fissarla inorriditi << io non sono mai andato a letto con Cloude >> e alla fine aggiunse anche un espressione disgustata << mi è sempre stata antipatica, se vogliamo essere sinceri. Mi costringevi tu ad uscire con lei e Paul Stender >>
Bugiardo infido! 
Morgan rise sarcasticamente, incrociando le braccia al petto. Il giubbino era aperto, così che, con quella nuova posizione, mise in bella mostra il seno lasciato scoperto da una maglia dallo scollo a V.
Tristan seguì quel movimento, rimanendo un minuto di troppo su quel punto.
<< Ei, la mia faccia è qui razza di pervertito traditore >> alzò la voce, schioccandogli le dita davanti alla faccia.
<< Io non sono né un pervertito né un traditore Morgan. Non so di cosa diavolo stai parlando, ma io, non ti ho mai tradito >> 
<< Andiamo Tristan, l'ho saputo ok? Smettila di fare il finto tonto. Cloude è venuta a dirmelo il giorno stesso in cui ha fatto il test di gravidanza. Mi ha detto della vostra...avventura. Io non ci volevo credere in un primo momento, ma quando non ho avuto tue notizie dopo quel giorno io...ho capito che era vero, che mi avevi davvero tradito con la mia migliore amica, e che era addirittura incinta! >> rise tristemente, scuotendo la testa e guardando a terra << perchè pensi mi sia trasferita dall'altra parte del mondo? Avevamo fatto l'amore neanche due settimane prima e poi vengo a sapere che il ragazzo che amavo mi aveva tradito con la persona che invidiavo così tanto che... senti sai una cosa? sono passati anni, ormai non mi importa più >> specificò, sotto lo sguardo confuso e inorridito di Tristan. Doveva essere risultata una stupida, e anche una bugiarda, a dirla tutta. Le importava eccome. Ci aveva messo anni a dimenticarsi di Tristan ed erano bastati cinque minuti per mandarla nel pallone come quando aveva diciannove anni.
Lo vide fare un passo indietro, tremando leggermente << Morgan io.. >>
<< Morgan! >> .
Un urlo li fece sobbalzare entrambi, e la ragazza si guardò intorno alla ricerca dell'urlatrice.
Sua sorella, la chioma rossa sparpagliata sulle spalle, le stava correndo incontro, trascinandosi dietro un ragazzo al quanto scocciato.
Aprì le braccia , accogliendo la sorella minore che ci si stava immergendo dentro.
<< Oh sorellona mi sei così mancata. Sei arrivata ora? la mamma ha detto che stavi arrivando. Non sai quante cose ho da raccontarti. Oh, questo è Mattwe, Matt, questa è mia sorella Morgan >> Afferrò la mano che il ragazzo statuario di sua sorella le stava porgendo, sorridendogli leggermente. Tristan osservava in disparte la scena, con la faccia corrucciata e piegata ad osservare una crepa nel pavimento.
<< Andiamo da papà? E' così ansioso di vederti >>.
Morgan annuì, guardando un ultima volta Tristan e seguendo la sorella e il fidanzato lungo il corridoio, con il cuore più pesante di prima.



Ciao a tutti! Spero che il secondo capitolo via sia piaciuto! Mi farebbe piacere sapere le vostre impressioni!
Come avete letto, è entrato in scena Tristan, e aleggia un po' di confusione nell'aria... comunque sia, volevo darvi le miei idee su come mi immagino io i personaggi! Per Morgan mi viene in mente la bellissima Daisy Ridley, mentre per Tristan l'uomo per cui io impazzisco da una vita, Matthias Schoenaerts!

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: you are my sunshine