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Autore: Scarlatta    10/02/2018    1 recensioni
"Solas, Var lath vir suledin"
"Vorrei che fosse possibile, Vhenan"
[...] Eppure lei continuava a cercare, sognare e attendere... Decisa a trovare un modo per cambiare il cuore del Temibile Lupo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Inquisitore, Solas
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ringhi sommessi. Riusciva sempre a sentirli anche a miglia di distanza, inoltre questi erano molto vicini.
Solas uscì dalla sua tenda mentre il resto dell'accampamento, eccetto le sentinelle di guardia, dormiva. Nessuno prestò troppo caso a lui, nulla di nuovo in fin dei conti.
Mentre si addentrava nella foresta per indagare su quei lamenti si sorprese per un momento nel sentirsi a "casa". Forse era per via dell'effetto nostalgico che le Tombe di Smeraldo esercitavano su di lui, forse per il cielo stellato che si intravedeva come piccoli frammenti tra le nuvole tonanti, o forse perché si trovava di nuovo da solo e non aveva bisogno di fingere con nessuno.
Altri ringhi, stavolta come soffocati in gola.
Infine, al centro di una piccola conca, scorse un lupo nero e l'Inquisitore. Senza neanche accorgersene, si fermò per cercare di capire cosa stesse accadendo.
Il lupo continuava a dimenarsi dal dolore mentre Halla con una mano spingeva tra le sue fauci un bastone e con l'altra cercava di liberarlo dalla tagliola che gli bloccava una delle zampe anteriori.
"Un piano decisamente poco razionale. Finirà per farsi male".
Quasi non fece in tempo a formulare il pensiero che la belva, ormai libera dalla morsa, estrasse gli artigli colpendo in viso la ragazza prima di scappare nella fitta vegetazione.
«Stai bene?», le chiese scendendo dalla piccola collina dalla quale aveva assistito alla scena.
Lei si voltò di scatto, totalmente sorpresa nello scoprire che ci fosse qualcun altro. «Non sono riuscita a curargli la ferita», ammise alzandosi da terra con aria crucciata.
Inarcò le sopracciglia mentre la sua bocca si allungava in un sorriso sghembo. «Io mi preoccuperei della tua ferita».
Halla si sfiorò il taglio sulla guancia con il dorso dell'indice. Si sporcò appena di sangue. «Ho avuto graffi peggiori», sminuì la cosa con finta noncuranza.
«Non ritieni sia stato un po' incauto da parte tua? Poteva andare peggio. I lupi non sono creature da sottovalutare. Speravo che i dalish avessero mantenuto almeno l'istinto di autoconservazione dei loro antenati».
Gli diede una leggera spinta all'altezza della spalla mentre lo guardava di sbieco. «Non riesci proprio a risparmiarti in frecciatine velenose su di noi, vero?».
Tuttavia i loro erano niente più che battibecchi: lei non se la prendeva mai realmente e lui, da quando la conosceva, aveva cominciato persino a ricredersi sul conto dei dalish.
«Immaginati la scena esilarante: io, un elfo eretico, che tento di spiegare alla Cercatrice di come ho assistito impotente alla morte dell'Inquisitore per mano di un lupo».
Effettivamente Halla rise al sol pensiero ma la risata durò poco, Solas si fece tutto d'un tratto serio e le accarezzò la guancia. Non sopportava l'idea che il suo bel viso portasse degli sfregi, già i vallaslin gli sembravano abbastanza. «Lascia che ti guarisca».
Il suo tono era sempre così pacato e rassicurante che Halla a volte ne restava come ipnotizzata. Scosse leggermente il capo in segno di consenso quasi fosse intontita dal suo tocco.
Lui fece il suo incantesimo.
Seguì un lungo silenzio. Entrambi avrebbero voluto dire qualcosa ma sembrava che avessero perso le parole uno negli occhi dell'altra.
"Vorrei poterti raccontare tutto. Lo vorrei davvero".
Il bagliore di un lampo ancora in lontananza le face battere le ciglia e poi Halla distolse lo sguardo. «Il tuo bastone... Perché sei uscito senza? Poteva essere pericoloso».
Si morse le labbra nel tentativo di celare il sorriso. «Pericoloso come sgattaiolare fuori dall'accampamento da sola nel cuore della notte per liberare un lupo da una tagliola, da'len?», congiunse le mani dietro la schiena.
«Non chiamarmi così. E comunque non sono sola. Ci sono loro con me», replicò indispettita indicando prima l'arco che portava sulle spalle e poi il coltello che portava in vita.
Annuì scettico. «Ovviamente...».
«Mai sentito dire "La miglior difesa è l'attacco"?».
Le sorrise. «Sì, credo di averlo già sentito». Ma Halla non rideva affatto, anzi sembrava più seria che mai mentre gli voltava le spalle. «A cosa pensi?».
Non era certa di voler condividere con lui le sue paure ma di solito Solas aveva la soluzione per tutto. O magari lui era la sua soluzione per tutto. «L'ultimo Inquisitore, Ameridan», si decise a confessare, «Non voleva tutto questo e neanche io...». Aprì il pugno guardando con disprezzo l'Ancora.
"Lo so, Vhenan. Non doveva andare così".
«Telana non era più riuscita a trovarlo. Ed è morta continuando a cercarlo nei sogni. Non hanno avuto nessuno dei due la fine che meritavano, né loro, né il loro amore», si girò verso di lui con un'espressione accigliata e colma di tristezza.
Avrebbe preferito non doverle rispondere perché nulla di quello che poteva dire, o anche solo pensare, l'avrebbe in qualche modo confortata. «Succede a molti. Non sono i primi ad aver avuto una sorte avversa e non saranno gli ultimi», si limitò a constatare mestamente, ma nella sua voce trapelava come un vago senso di fastidio.
«Tu sapresti ritrovarmi?».
«Ci siamo sbarazzati di Hakkon, faremo lo stesso anche con Corypheus e non permetterò che ti succeda nulla. Non hai niente da temere, te lo assicuro».
«Non è quello che ti ho chiesto».
Solas sbuffò quasi impercettibilmente socchiudendo le palpebre, cosa che poco si addiceva al suo solito atteggiamento calmo e impassibile. Sapeva di aver volutamente aggirato la domanda ma era stanco di dimenarsi tra quello che doveva fare e quello che provava. Quei sentimenti per lei complicavano tutto e li avrebbe soffocati già da tempo se solo ne fosse stato capace, ma ogni volta che pensava di farlo, all'idea di perderla, era lui a sentirsi mancare il respiro. Serrò le dita in un pugno stretto, gesto che ripeteva sempre quando doveva costringersi a reprimere le proprie emozioni.
«Rispondi», incalzò lei. E a quello che suonava come un vero e proprio ordine dell'Inquisitore, nemmeno lui poteva sottrarsi.
«Sì». "Saprei ritrovarti dovunque. Saprei ritrovarti sempre".
Nel celeste dei suoi occhi non c'era la benché minima incertezza.
«Dimostralo».
«Sei impossibile...», sogghignò scuotendo il capo, «Non puoi semplicemente credermi sulla parola? Perché mi sfidi sempre?», ma adorava il fatto che lo facesse.
Sul viso di Halla si accese un sorriso furbetto di cui faceva sfoggio solo con lui. «Perché sono l'unica che può farlo». Indietreggiava con passo sicuro aumentando la distanza tra loro. Sembrava una molla pronta a scattare.
Solas iniziava a capire cosa avesse in mente e avrebbe provato a dissuaderla se non avesse saputo quanto testarda potesse essere. «Vhenan...».
Lei, di tutta risposta, gli diede le spalle e cominciò a correre come lui non l'aveva mai vista fare, anzi come forse non aveva mai visto correre nessuno. Era così veloce e aggraziata che sembrava nata per quello.
Sapeva che avrebbe dovuto seguirla ma a quella vista restò come ammaliato ad osservarla, almeno finché lei non scomparve nella boscaglia.
Allora chiuse gli occhi concentrandosi suoi suoni.
Il tamburellare del suo cuore si mischiava alla perfezione con i fruscii della foresta e al rombo dei tuoni in lontananza, lo sentiva vagare nel vento e giungere come una melodia alle sue orecchie. "Sto contando ogni tuo passo, Vhenan".
Poi il profumo. Il suo profumo: una scia impossibile da non sentire e impossibile da non seguire.
Si ritrovò a correrle dietro senza nemmeno accorgersene. Niente elucubrazioni, niente congetture e assolutamente nulla di razionale. Un'azione impulsiva degna di lei. Eppure Solas era lì a inseguirla a capofitto come se al mondo ci fossero solo loro due e nient'altro contasse.
Correva e correva ancora, e lei era vicina ma non riusciva mai ad afferrarla. La cosa stava iniziando ad essere troppo frustrante per lui e cominciarono a farsi largo nei suoi pensieri due ipotesi: o che quella fosse la creatura più veloce che avesse mai incontrato o che il destino stesse cercando di suggerirli qualcosa. Preferì credere alla prima opzione e fece quello che sapeva fare meglio, giocare d'astuzia.
 
Rallentava l'andatura, probabilmente sfinita dalla lunga fuga, guardandosi intorno con aria guardinga eppure al contempo delusa nel non vederlo giungere. Non percepiva rumori se non quelli naturali del bosco ai quali era abituata da brava cacciatrice.
Man mano che Halla si avvicinava la dirupo la sua attenzione si concentrava sempre di più verso l'orizzonte illuminato a tratti dai lampi e sempre meno verso la vegetazione alle sue spalle.
Si diede un rapido sguardo attorno e, quando non vide niente di sospetto, estrasse dalla scarsella una piccola urna, l'aprì e ne sparse le ceneri oltre il precipizio sussurrando parole di preghiera come le aveva chiesto l'anziana moglie del defunto. Era un piccolo gesto, ma sperava potesse portarle un po' di conforto sapere che le ultime volontà del marito fossero state esaurite.
«Io non rivolgerei le mie suppliche a Falon'Din fossi in te», le bisbigliò lui all'orecchio con la sua voce suadente facendola trasalire. Istintivamente cercò di ritrarsi per lo spavento ma Solas era dietro di  lei, pronto a non farla scappare da nessuna parte. Le prese entrambi i polsi stringendoglieli dietro la schiena, impedendole persino di voltarsi. «Trovata».
Si era distratta e aveva abbassato la guardia, errore suo, ma era certa che non fosse riuscito a seguirla.
Non le piaceva ammettere la sconfitta, ma in questo caso le sarebbe piaciuto ancora meno ammettere la vittoria. «Ti avevo seminato, ne sono sicura. Come hai fatto?».
«Non devi per forza seguire qualcuno per trovarlo. Basta conoscere la sua meta e aspettarlo con un po' di pazienza».
Sorrise anche se lui non poteva vederla in volto. «Quindi hai barato».
«Mi hai chiesto di trovarti e l'ho fatto. Questo per me non è barare».
Halla tentò di liberarsi dalla sua presa ma svincolarsi si rivelò sorprendentemente facile dato che lui per primo l'aveva lasciata per rubarle il nastro della crocchia, e lo aveva fatto con un gesto tanto rapido e fluido che lei se ne accorse solo quando vide i capelli biondo ghiaccio scivolarle davanti al viso.
Solas fece mostra del laccio con aria beffarda, quasi stesse innalzando un premio. «Uno vede il cacciatore, uno scappa da lui, uno lo caccia a sua volta, uno è il più astuto di tutti», recitò. «Conosci questo monito?».
Gli rispose di no con il capo.
Allora lui si sedette al suolo, in procinto del dirupo, e invitò lei a fare lo stesso; prese un ramoscello spezzato e cominciò a tracciare linee sul terreno inumidito dalla notte e da una lieve pioggerellina scostante.
Ripeté. «Uno vede il cacciatore, uno fugge da lui» e disegnò prima un gufo e poi un halla. «Uno lo caccia a sua volta», e fu il turno di un drago. «Uno è più astuto di tutti». Un lupo.
«Le creature più rispettate del nostro popolo», constatò lei.
Non mancò di rivolgerle il suo solito sguardo saccente e compiaciuto. «Brava. Hai studiato».
«Mi ha cresciuta mia nonna, è stata lei a darmi questo nome. Venera così tanto gli halla che a volte avrei giurato potesse essere Ghilan'Nain in persona».
«La mia opinione è che il tuo nome ti calzi molto bene».
«Mi reputi forse una docile preda?», controbatté indignata.
«E tu reputi gli halla delle docili prede?» ridacchiò, «Il mondo non è bianco e nero, non siamo divisi in prede e predatori. Un predatore può trovarsi braccato a sua volta. Gli halla sono animali gentili, aggraziati e intelligenti. Non dovresti sottostimarli solo perché non inclini all'aggressività, anzi ritengo che dovresti essere onorata di condividere con loro sia il nome che le splendide qualità».
Si strinse nelle spalle, come se non gli credesse del tutto. «Il solito adulatore...».
Si scostò leggermente da lei con un'espressione torva. «Pensi che me ne vada in giro ad adulare la gente senza una ragione? Non sono uno incline ad elargire complimenti come avrai notato -almeno non con la maggior parte delle persone-, né mi reputo accondiscendente o di gusti facili. Quindi gradirei non tentassi di nuovo di sminuire le mie parole. Credo davvero tu sia probabilmente lo spirito più meraviglioso che abbia mai incontrato. Sei buona, sei coraggiosa. Ti preoccupi davvero di chi hai intorno. Sai lottare fino all'ultimo respiro e con un'indomita tenacia. Rendi migliore tutto quello che ti circonda. E non posso sopportare l'idea che tu non sappia quanto il mondo abbia bisogno di te»."Quanto io abbia bisogno di te".
La tensione elettrica che si poteva percepire nell'aria sembrava poca cosa in confronto ai loro volti.
Tuonò forte, tanto forte da confondere i pensieri con le parole, e poi scese una pioggia improvvisa e veemente. Scattarono in piedi tenendosi per mano e cercando riparo sotto le fronde di un gigantesco albero, ciononostante nel giro di pochissimi secondi si trovarono completamente fradici e con i vestiti sporchi di fango.
Halla non riuscì a trattenere una risata sbalordita mentre centinaia di gocce sembravano gareggiare per stagliarsi proprio sul suo pallido viso. La spontaneità del suo sorriso riuscì a strapparne uno anche a lui ma durò poco. Tenendo strette le sue mani, se le premette contro il petto e cedette all'impulso egoistico e irrefrenabile di baciarla, prendere fiato e poi baciarla ancora e ancora fino a cercare di perdere cognizione di sé stesso. Sapeva che l'unica battaglia che non avrebbe potuto mai vincere si trovava lì sotto la sua pelle, dove la sua impeccabile razionalità non aveva alcun potere.  
«Solas».
Sentirla chiamare il suo nome gli fece riaprire gli occhi all'istante, ma lei non era più lì tra le sue braccia, era lontana e i contorni della sua figura sfocati.
«Solas... Non lasciarmi. Non adesso. Io ti amo».
L'elfo si pietrificò all'istante. Quelle parole e quella voce così spezzata dal dolore erano echeggiati nella sua testa tormentandolo fin troppe volte perché potesse dimenticarsene. I suoi ricordi cominciavano a confondersi e mischiarsi tra loro, la cosa stava sfuggendo al suo controllo.
Tutto intorno a lui cominciò a mutare. L'umidità e l'acqua portate dal temporale evaporarono in un'aria torrida e pesante da respirare. 
 I fili d'erba color smeraldo si sollevarono e presero a vorticare su se stessi fino a diventare un fumo nefasto. Le cortecce degli alberi si fecero pietra e ogni ramo sparì lasciando apparire un cielo denso come un banco di nebbia e cupo come i suoi incubi.
L'oblio.
   
 
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