Capitolo 19
-Tarìc-
Mentre scendeva nelle profondità della
zona proibita del Tempio della Ragione, il re continuava a pregare il Dio
onnipotente di aiutarlo.
Non era vigliacco, non lo era mai stato,
ma scendere nella cripta Proibita lo innervosiva sempre.
Tutti erano stati minacciato almeno una volta dai
genitori di venirci rinchiusi, poi erano cresciuti e avevano imparavano a
credere all’esistenza di quella cripta come ai mostri sotto il letto.
Tutti tranne i reali che quel posto, purtroppo, lo
conoscevano.
Il re era certo che nessun altro posto al mondo fosse
in grado di incutere quel timore dentro le ossa.
Il corridoio di accesso era noto solo al re, ai Sommi
Sacerdoti e a uno o due altri sacerdoti maggiori.
Nessun altro sapeva che alla fine della scala delle
prigioni ne iniziava un’altra che scendeva molto più in profondità e che una
identica era posta sotto l’altare del tempio della Ragione.
La cripta proibita era alla fine di una interminabile
scala a chiocciola posta a metà del corridoio sotterraneo che univa i due
templi, nelle viscere della terra.
Quel posto era più vecchio del regno stesso, costruito
da Dio con le sue Mani per imprigionare il male e proteggere il suo popolo e le
sue pareti assorbivano i poteri magici di chiunque vi entrasse come la sabbia
delle spiagge assorbiva l’acqua del fiume.
Tarìc era certo che
qualcuno gli avesse raccontato delle storie di potenti sacerdoti scesi lì e
tornati in superficie senza la minima traccia dei loro poteri, incapaci anche
di usare la più infantile delle formule magiche. Sapeva che i bracciali del Dio
proteggevano da quell’effetto, ma sentiva la pelle d’oca e le orecchie che
fischiavano.
Raggiunto
l’ultimo gradino, alzò la torcia verso la cella e si prese un attimo per
calmarsi. Non poteva permettersi tentennamenti davanti alla grata che rivedeva
ogni notte nei suoi incubi
<<
Il re in persona >> commentò la voce da sotto il pesante mantello da
rinnegato.
Neanche le cappe magiche e la cella della cripta
riuscivano a sottomettere il suo potere.
Tarìc non riusciva ancora a guardare oltre
le sbarre e provare pena per le braccia sicuramente segnate dalle catene, né
per gli occhi impossibilitati da mesi a vedere la luce del sole. Non gli
importava niente delle sue condizioni. Niente che non fosse il desiderio di
vedere Dio concedere la morte a quella che secondo lui era l’incarnazione della
perfidia.
<<
Non è buffo che un sovrano per sposarsi debba chiedere il permesso ad un
prigioniero? >>
Dal giorno in cui quella creatura infernale aveva
messo piede nel suo regno, Tarìc aveva
scoperto che il suo bisogno di uccidere diventava più forte ogni volta che si
trovava davanti a quelle sbarre.
A
nessuno che supplicasse la protezione del Dio del perdono giurando di avere un
buon motivo per gli atti che aveva commesso poteva essere negata l’espiazione
da Rinnegato, ma Tarìc aveva discusso con
tutta la corte e passato svariate notti in bianco nella cappella del palazzo
prima di convincersi a concedere anche a quel mostro quella possibilità.
Avrebbe preferito infinitamente farlo giustiziare. O, meglio, giustiziarlo con
le sue stesse mani. Non era compito del re eseguire le condanne a morte, ma
vedere il suo regno distrutto era una cosa che non riusciva a sopportare. Le
catene e le torture che, sapeva, erano state inflitte a quello sputo
dell’Inferno, non erano abbastanza.
<<
I tuoi permessi non valgono niente >> affermò il re con disprezzo
<<
No, certo. Vale il fatto che i miei occhi al buio riescano a vedere più lontano
dei vostri alla luce del sole >> commentò << Cosa fareste se mi
rifiutassi di rispondervi? >>
<<
Tu cosa faresti se sfidassi il mio Dio e la mia coscienza per il puro piacere
di vendicarmi? >> chiese Tarìc invocando
mentalmente il perdono di Dio. Sapeva che, per dispetto a quell’abominio,
avrebbe davvero commesso anche il più vile degli atti
<<
Non vi facevo così duro. Elydet del fuoco
sarà una buona moglie e il suo amore per voi non svanirà nel tempo. Adesso
siete più tranquillo?>> chiese prima di cominciare a ridere
La risata dei folli era una cosa che odiava.
Cominciava a pentirsi di essere sceso lì da solo. Era disarmato, ma aveva paura
di perdere la pazienza e offendere il Dio commettendo un omicidio a mani nude.
Sapeva che era inutile, ma tentò comunque la via della corruzione
<<
Potrei concedere diverse grazie a numerosi prigionieri il giorno del mio
matrimonio >>
<<
Oh, non la concedereste mai a me. Non imbrogliate, altezza, non ne siete capace
>>
<<
Avrai la libertà se rinuncerai al tuo potere >>
Tarìc si pentì quasi immediatamente delle
sue stesse parole, ma il mostro lo sorprese di nuovo << Non mi interessa
la libertà. Non adesso. Non è il momento giusto >>
Odiava
quella voce. Odiava il fatto che avesse ancora la forza di prendersi gioco di
lui e di chiunque si presentasse alle sue sbarre. Odiava anche che avesse
ancora la forza di parlare. << Perciò, se ti sbattessi fuori da questa
cella, ti farei un dispetto? >>
<<
Volete provare? >>
No.
Non voleva provare. Voleva solo vedere il suo cadavere riverso a terra,
ordinare che fosse bruciato, portare personalmente le sue ceneri fuori dal
regno con una scorta di sacerdoti purificatori al seguito e anche così non
sarebbe certo che avrebbe dormito sonni tranquilli
<<
Perché il mio regno? >> chiese per l’ennesima volta
<<
Vi ho già detto che conosco il passato >> disse ancora senza aggiungere
altro che chiarisse quella sua frase. Poi la sua voce lasciò il tono irrisorio
e divenne quasi seria mentre cambiava discorso << Qualcuno nella famiglia
della vostra adorata mente da anni e voi state portando
quel qualcuno nella vostra cerchia di parenti. Io non correrei
il vostro stesso rischio >>
Non
era difficile capire a chi si riferiva. Elydet aveva
solo sua madre e sua sorella e, tra le due, non c’era bisogno di conoscere
passato e futuro per capire chi fosse la più pericolosa
<<
Sul serio non lo avete capito? Voi con tutte le vostre conoscenze, con i vostri
poteri divini, avete bisogno che vi dica io che c’è qualcosa di
strano in vostra moglie? >>
<<
Non osare! >>
Il
mostro rise di nuovo con tutto il divertimento nella voce. Probabilmente era
quella follia a tenere a freno la morte <
Tarìc avrebbe voluto chiarire il punto
delle menzogne, ma sapeva che doveva prendere la palla al balzo o avrebbe perso
anche l’occasione di capire quello che lo tormentava da mesi << Perché
nessuno se n’è mai accorto? >>
<<
Gli umani sono stupidi. Distraeteli con la storia di un elefante che vola, loro
guarderanno il cielo e non vedranno lo strapiombo ai loro piedi. Quanto alla
vostra donna, nessuno parlerà mai >>
<<
Non è quello che ti ho chiesto >>
Ma
non lo ascoltò e continuò le sue chiacchiere << Perché dovrebbero farlo?
Voi sareste così stupido da cercare l’esilio da un paese che non vi fa mancare
niente per amore della verità? >>
Il
mostro stava confermando le sue teorie. Ismene aveva
dichiarato il giorno dello sbarco che due sorelle non potevano avere poteri
tanto diversi, ma nessuna delle due aveva mai parlato, né con lui né con Nora.
Neanche Irmelin aveva mai detto niente. Era
impossibile che non sapessero come stavano le cose
<<
Voi conoscete la differenza tra un cieco per volere divino e un cieco volere
umano? >> sussurrò la voce dietro le sbarre
Tarìc sentì un brivido lungo la schiena e
non rispose. Sapeva che la risposta sarebbe arrivata comunque da quell’incubo
che si credeva più intelligente di tutti i ministri del suo regno
<<
I ciechi per nascita, in certi casi possono vedere le ombre, chi viene reso
cieco, o peggio lo fa con le proprie mani, non vede neanche la differenza tra
la luce e il buio dietro le palpebre >>
La tristezza comparsa nella voce non lo impietosì
minimamente. Anzi, gli portò un minimo di soddisfazione e si allontanò dalla
cella con la speranza che quella tristezza durasse a lungo.
Niente avrebbe ripagato quello che aveva fatto al suo
regno.
Solo quando fu di nuovo alla luce del sole, fuori
anche dal tempio, Tarìc sospirò.
I soldati che lo scortavano erano già al suo fianco,
ma erano addestrati a seguirlo e non fare domande, perciò si prese il tempo che
gli serviva per riflettere e capire dove andare.
Elydet non
aveva mentito. Ci avrebbe scommesso la testa sua e di ogni abitante del regno.
Eppure la gente dell’isola aveva soprannominato Selyan la
Figlia di Kerse. Gli era stato spiegato che
quel soprannome le era stato dato per come aveva imparato a combattere e per
proteggerla dalla vergogna dell’abbandono. Adesso era chiaro che, per quanto
credibili e forse anche validi quei motivi, la gente dell’isola sapeva
che Selyan era figlia del generale ed Elydet no.
Doveva parlare con le persone giuste per chiarire la
faccenda.
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-Selyan-
Aveva di nuovo passato la notte tra sonni
agitati e incubi.
Sapeva che la stanchezza ottenebrava il
cervello, ma non era mai riuscita a essere tanto razionale da riuscire a
dormire quando doveva prendere delle decisioni importanti.
Ecco perché Kersediceva sempre
che la razionalità apparteneva agli Dei e la stupidità agli uomini.
Sapere che Arcalia,la
spada di suo padre, era uscita dall’isola, aveva riacceso in lei la speranza di
ritrovarla. Non che le servisse a qualcosa, non aveva bisogno di una spada, né
tanto meno dell’oro che valeva, ma era la spada di suo padre, dannazione!
Anche se Deneb l’aveva
usata per aiutare la sua famiglia, lei voleva disperatamente riprendersela.
Avrebbe tanto voluto chiedere a Xander se sapesse qualcosa di quella storia, ma aveva
il vago sentore che, se Deneb lo aveva
detto a lei, suo fratello non ne era al corrente e non avrebbe approvato.
Come poteva Xander non
aver visto Deneb con Arcalia in mano?
Non era spada che si confondesse quella.
Il padre di Irmelin aveva detto di averla
venduta dopo aver lasciato l’isola, sulla terra ferma. Perché Xander non lo aveva visto?
C’era qualcosa che non tornava nel
racconto di suo fratello.
Trovare Arcalia era
fuori dalle sue possibilità, ma sapere cosa nascondeva Xander no.
Afferrò
la sua borsa e si diresse verso il portone principale del palazzo.
Ciao, Palis,
non dovresti riposare la mano invece di lavorare oggi? >>
Lo
aveva salutato con tutta la tranquillità di sempre, ma lui le aveva sbarrato la
strada aiutato dal soldato dall’altro lato della porta.Selyan arretrò
di un passo stupita e lo guardò confusa
<<
Mi dispiace, ragazza, ordini superiori >> ammise lui <<
Non sei con le squadre e non sei alle lezioni della Nobile Ismene, non hai il permesso di andare da nessun’altra parte
>>
<<
Cosa?! Da quando sono reclusa?! >> chiese incredula
<<
Mi è stato ordinato questa mattina. Che altro hai combinato? >>
Palis sembrava quasi divertito da
quell’ordine, come se si aspettasse di sentirla raccontare qualcosa di
improbabile che aveva combinato negli ultimi due giorni e che l’aveva portata
alla reclusione da parte dei nobili. Era tutto assurdo!
<<
Palis, io… non lo
so, voglio solo andare da mio fratello. Con chi devo parlare per uscire? >>
Lui
abbandonò l’aria ironica e non mosse le armi di un centimetro << Non con
me>>
<<
Chi ha dato l’ordine? >> chiese ancora
<<
Non insistere, mi metteresti nella posizione di usare la forza e preferirei non
farlo >>
Accettò, sebbene furibonda, di lasciar
perdere. Non era certo colpa sua se aveva l’obbligo di eseguire gli ordini dei
piani superiori.
Eppure, aveva la netta sensazione di sapere
benissimo chi fosse dietro quell’ordine.
Tanet non le avrebbe
impedito di uscire e il re aveva fatto in modo che nessuna di loro restasse
lontana dalla famiglia, perché dare una casa a suo fratello per poi impedirle
di andare a trovarlo?
E poi la mano di Palis non
poteva essere già guarita al punto di farlo tornare a lavorare. Non
spontaneamente almeno. Qualcuno doveva aver sistemato le cose
con i Doni del Dio.
Dannazione!
Cosa aveva fatto adesso a quel maledetto nobile perché le vietasse di uscire?
Non
sei con le squadre e non sei a lezione.
Credeva forse che avrebbe abusato della
loro ospitalità passando le giornate a ciarlare con Xander?
E perché poi dovevano impedirlo solo a
lei?
Non era certo l’unica a saltare le lezioni
da quando erano arrivati i loro parenti!
Irmelin si
assentava spesso per aiutare Patrina e Deneb con la casa nuova, perché lei non poteva?!
Aveva quasi voglia di andare a cercare
Nora per lamentarsi con lei di quel divieto insensato e prepotente. Almeno
avrebbe avuto la certezza di chi insultare. Lei glielo avrebbe sicuramente
detto.
Si fermò all’ombra di una grossa colonna e
si passò le mani sulla fronte.
Aveva
così tante cose da fare fuori da quel posto…
<<
Selyan! >>
Si
guardò intorno per capire chi l’avesse chiamata e vide un uomo agitare una mano
verso di lei
<<
Reno? >>
Lui
si avvicinò << Ho riaccompagnato mia sorella nella sua stanza. Era da noi
per aiutarci a costruire la nostra casa, ma il sole l’ha indebolita. Wanda non
è fatta per i lavori faticosi >> ammise
<<
È il
sole di questo posto che non è fatto per noi >> lo corresse.
Non
voleva aiutare Wanda, non si erano mai piaciute, ma Reno era sempre stato
gentile con lei.
<<
Ho saputo che tu ti sei abituata bene >>
<<
Obbligo >> ammise << Ho disobbedito a un nobile e mi ha messo ai
lavori forzati >>
<<
So anche questo >> la informò << E ho visto le guardie sbarrarti la
porta, stavi scappando? >>
<<
No, volevo solo andare da Xander. A quanto pare
se non sono a lezione o a sgobbare per loro, non posso impiegare quel tempo
diversamente per ordine di qualcuno che non ha intenzione di mettermi al
corrente né delle sue motivazioni, né della sua identità >>
<<
Wanda è convinta che tu stia a cuore a qualcuno dei potenti di questo posto >>
ammise lui e prima che lei potesse chiedere spiegazioni aggiunse << Non
ti hanno forse appena impedito di andare dove non avrebbero potuto
controllarti? >>
Fu
costretta ad annuire. Reno era una delle guardie al portone del palazzo del re,
una delle mansioni più ambite per una guardia. Da lui dipendeva la sicurezza
della nobiltà dell’isola e sapeva chi poteva entrare a palazzo, chi no e anche
il perché. Era stato proprio il fatto che lui e suo padre avessero quel ruolo a
permettere a Wanda una vita talmente agiata da coprirsi notte e giorno dei
gioielli che le erano sempre valsi le prese in giro sue e di Irmelin.
<<
Io penso solo che il nobile che si occupa di me stia cercando di farmi
impazzire per dispetto >>
<<
Anche tu sai come pensano i nobili, figlia di Kerse
>>
Perché
si era fermato con lei? Perché non parlava neanche più?
<<
Reno, stai bene? >>
Lui
restò immobile per diversi secondi, come se stesse valutando la possibilità o
me no di confidarsi. Alla fine scosse la testa in un chiaro segno di negazione
a sé stesso: non ne aveva intenzione.
Eppure
prese a parlare lo stesso << Io e mio padre non siamo mai stati altro che
guardie e mio nonno lo era prima di noi. Non abbiamo mai usato una zappa o un
martello e adesso ci troviamo a dover costruire da soli la nostra casa e a
coltivare per mangiare. Papà è zoppo per colpa della guerra, mia madre è quasi
totalmente cieca e io sono totalmente inutile >>
Non
era quello il suo problema più grosso, ne era certa, ma sarebbe bastato già da
solo ad atterrare un uomo normale. Quale soldato della sua carica avrebbe
sopportato di veder morire di stenti la sua famiglia per colpa della sua
incapacità di adattarsi ad imparare un mestiere nuovo? Ma Reno non era un
incapace! Era un soldato di Kerse, dannazione,
non uno stupido! Lei era certa che avrebbe trovato il modo di andare avanti se
solo avesse avuto la voglia di farlo.
<<
Non dire queste cose! Il re non lascia morire di fame la sua gente e neanche
gli ospiti! Potresti venire nelle squadre con me la mattina. Pagano bene e non
importa se non sei un costruttore esperto, puoi fare il trasportatore come me.
Non è il lavoro migliore del mondo, ma… >>
<<
Sempre pronta ad aiutare gli altri, vero? >> la interruppe lui
Sembrava
quasi un’accusa << Non dovrei aiutare quello che mio fratello considerava
un buon amico? >>
<<
Se la guerra non si fosse presa Kerse, le cose
sarebbero andate in modo diverso >>sospirò lasciandola spiazzata. Non lo
aveva mai sentito dare dell’incapace a Jonas.
Evidentemente era sconvolto più di quanto lei riuscisse a immaginare
<<
Reno, puoi chiedere a Xander di aiutarti
con l’orto, o posso dirti io quello che so appena mi lasceranno libera di
uscire da qui, o… Deneb e Patrina ti aiuteranno senza problemi. I tuoi genitori
non soffriranno la fame. Non preoccuparti >>
<<
Non offenderti, ma non chiederei aiuto a tuo fratello neanche se mio padre
fosse digiuno da tre giorni. Non mi piaceva all’isola e non mi piace adesso che
si crede il Dio del mondo >>
<<
Chi gli ha dato il mantello rosso? Lo sai? >>
Lui
allargò le braccia in segno di resa << Era l’unico parente in vita
dell’ultimo Generale. Quando lo ha preteso, nessuno glielo ha negato. Io ci ho
provato e mi sono preso un pugno in faccia. Per quello che valeva quel mantello
ormai, abbiamo lasciato che lo indossasse >>
Era
una cosa pienamente nei canoni di Xander. Selyan sospirò esasperata dalla sua incapacità di
comportarsi da persona civile. Capiva che era appena scampato alla guerra e
aveva appena ritrovato le persone che lo avevano abbandonato, era normale che
fosse arrabbiato, ma questo non giustificava comunque un pugno in faccia a un
disgraziato suo pari
<<
Mi dispiace >> ammise al posto dello stupido di suo fratello
<<
Non è colpa tua, non sei neanche sua sorella >>
Lei
non aveva simpatia per Wanda come lui non ne aveva per Xander,
ma lui era una persona rispettabile e maledettamente distrutta come lei.
Neanche Reno aveva ancora trovato pace.
<<
Devo cominciare a pensare che lascerai il tuo ordine per un uomo, Selyan? >> chiese una voce dal fondo del corridoio.
Selyan cominciava ad avere il forte
sospetto che Nora la pedinasse negli ultimi tempi. Forse Reno non aveva tutti i
torti quando le aveva detto che i nobili la tenevano d’occhio
<<
Nora, ti presento Reno, fratello di Wanda, sacerdotessa della terra >>
<<
Quella con i gioielli? >> chiese lei curiosa
<<
Esatto, mia signora>> rispose lui inchinandosi
Il
tono arrabbiato e le mani sui fianchi indicavano chiaramente che Nora non era
d’accordo e non riuscì a non sorridere della sua rabbia prima di spiegarle come
stavano le cose << Reno è mio amico. Posso chiedere al Nobile Olen se può entrare nelle squadre stipendiate? >>
Lei
annuì rincuorata << Glielo chiederò io stessa questa sera a cena >>
<<
Vi ringrazio, signora >> aggiunse lui prima di inchinarsi << Devo
tornare a fare il mio lavoro >>
<<
La tua Dea ti assista >> rispose prontamente Nora nell’educato saluto
dell’isola
<<
E il vostro Dio assista voi, signora. Sel… >>
Si
era fermato cercando le parole per congedarsi senza riuscire evidentemente a
trovare qualcosa che avesse senso e non risultasse fasullo per tutti e due. Fu
lei a salvarlo dall’imbarazzo del momento
<<
Ci vediamo in giro, Reno. Buona giornata >>
<<
Anche a te>> annuì lui rincuorato
Appena
l’uomo oltrepassò le guardie Nora sbuffò annoiata << Non ho ancora capito
come diamine vi salutate voi isolani! Cosa ho sbagliato questa volta? >>
<<
Il saluto era giusto, ma anche Reno ha perso la fede nella Dea spietata, Nora >>
***************************************************************************************
-Tarìc-
<<
Vostra Altezza, vi prego di scusarmi se vi ho fatto aspettare >>
Selyan dell’acqua era
sulla soglia della sua stanza accanto alla serva che l’aveva fatta entrare. Era
seria e composta come ogni sacerdotessa, niente che ricordasse le storie folli
di Nora sui suoi improvvisi scatti d’ira che facevano ridere la piccola nobile
fino a stare male, niente dell’idiozia di cui si lamentava sempre Neithel e ancora meno della curiosità che stupiva
tanto Tanet.
Niente
più che il timore descritto da Ismene nei
confronti dei nobili e il senso di colpa ormai sottomesso dall’abitudine che
aveva visto anche Aaren.
Era
ovvio che fosse così al suo cospetto. Sarebbe stato normale anche se non avesse
passato un pomeriggio intero confinata nel castello senza una minima
spiegazione del perché o del chi avesse dato l’ordine.
Dai
racconti di Elydet aveva avuto più volte a
sensazione che Selyan intuisse gli stati
d’animo altrui e lui non poteva permettere che una delle straniere intuisse il
suo turbamento all’uscita del tempio. Doveva essere assolutamente certo di aver
recuperato il totale controllo di sé stesso prima di avere il dubbio di
incontrarla nei corridoi. Se avesse avuto davvero quel dono, e avesse rivelato
alla sua amica che il re era sconvolto… Tarìc non osava immaginare la catena di eventi e
pettegolezzi che sarebbe seguita. Avrebbero probabilmente interrogato Elydet e lei si sarebbe spaventata a morte per una
cosa che non avrebbe mai potuto rivelarle.
Era
dispiaciuto per la sua prigionia ma allo stesso tempo sapeva di aver fatto la
cosa giusta.
La
fece sedere al tavolo e le avvicinò un vassoio di dolci e frutta. Aveva
sentito Tanet e Nora prenderla in giro per
quanto mangiava quando tornava a casa dai lavori, ma lei non toccò niente
<<
La tua punizione sarebbe finita tra una settimana, ma hai chiesto a Tanet di restare >>
Lei
annuì<< Mi sembra il modo migliore di impiegare il mio tempo. Dopo tutto
quello che fate per noi, il minimo che possiamo fare è dare una mano. Lo avrei
fatto volentieri in ogni caso >>
<<
Lieto di sentirlo, ma ti ricordo che siete qui per imparare, non per lavorare.
Il giorno in cui siete arrivate, tu insistevi per guarire Ismene e mio zio. Non ho mai capito per quale motivo.
Cercavi di attirare la nostra attenzione? >>
<<
Avrei fatto quanto in mio potere per convincervi e non dover ripartire. Il
periodo che avevo appena trascorso in nave… >>
si interruppe incapace di continuare << non volevo ripartire >>
Era
ovvio, Tarìc non era stupido. Sapeva
benissimo perché si era comportata in quel modo, ma aveva bisogno di sapere
quanto poteva aspettarsi da lei. Quanta sincerità e quanti segreti quella
ragazza intendeva tenere con il re in persona << Cos’era a tormentarti? >>
Lei
si prese una pausa in cui sembrava che stesse fissando il legno del tavolo, poi
il re si rese conto guardava qualcosa che solo lei poteva vedere. Qualcosa che
probabilmente cercava di dimenticare e che la costringeva a torcersi
morbosamente una ciocca di capelli << Non riuscivo a pensare ad altro che
alla guerra. Non sopportavo l’idea di… aver
ucciso tutte quelle persone, e avevo bisogno di…
>> sospirò prima di ricominciare << Volevo dimostrare che le mie
mani erano ancora capaci di qualcosa di buono ma... non so come si chiama
quello che cercavo >>
<<
Io credo si chiami redenzione, Selyan >>
le suggerì << È questo che ti ha fatto chiedere di restare nelle squadre
anche se la tua punizione è finita? >>
<<
Più che una punizione, credo che quel lavoro sia un’ancora di salvezza e se
posso restare… >>
<<
Ormai ti sarai resa conto che, chiunque possa aiutare, è il benvenuto lì. Anche
il fratello della tua compagna è stato accettato, Olen glielo
farà comunicare questa sera >>
Quello le aveva fatto abbozzare una timida
traccia di sorriso, subito cancellata dai dubbi che ormai era abituato a vedere
sul suo viso.
<<
Non voglio creare problemi, tutti i danni che ho fatto sono stati solo
incidenti. Vi prometto che non farò più niente che vada contro gli ordini. Per
favore, credetemi. Non voglio che le mie azioni compromettano irreparabilmente
il nome di mia sorella agli occhi vostri e della vostra corte >>
Questa
volta Tarìc restò a bocca aperta << Quando
hai capito il motivo per cui sei qui? >>
Allora
era vero quello che pensava di lei? Poteva davvero intuire i pensieri degli
altri?
Lei
era arrossita e aveva abbassato di nuovo gli occhi sui capelli che stava
torturando << Ely vi adora più di
quanto farebbe con un Dio. Per quanto cercasse di nascondere i vostri incontri,
i suoi occhi lo urlavano ogni volta che parlava con voi. Inizialmente, ho avuto
paura che vi approfittaste di lei per spiarci. Perdonatemi, ma le vecchie
abitudini non si abbandonano facilmente. Sono abituata ai re subdoli che
sfruttano la povera gente per poi buttarla via quando hanno finito. E io sono
una che ha paura di tutto e di tutti in ogni caso, Nora ve l’avrà detto >>
Non
era una risposta alla sua domanda. Quello che Tarìc non
riusciva a capire era se fosse volutamente prolissa per confonderlo o se fosse
davvero sinceramente confusa dai suoi stessi pensieri e si fosse dimenticata la
domanda. Forse doveva essere più diretto
<<
Cosa ti ha convinto che non stavo usando Elydet?
>>
<<
In realtà… non smetterò mai di avere paura
che, un giorno, uno di voi confesserà che voi avete solo usato mia sorella e
Nora ha solo cercato di estorcere chissà quali informazioni a me e Irmelin; il tutto solo per trovare il modo di farci schiave
a causa dei nostri tanto declamati poteri che qui sembrano non essere niente di
eccezionale in confronto a quelli della vostra corte, ma che in realtà fanno
gola al vostro regno da quando Dalia ha fatto attraccare la nostra barca al
vostro molo >>
Tarìc rischiò di impallidire. Aveva di
nuovo preso tempo. Si versò un bicchiere di vino e decise di insistere con le
domande prima che i dubbi la assalissero di nuovo proprio quando aveva
cominciato a parlare.
<<
Perché avremmo dovuto controllare solo voi tre in quel caso? >>
<<
Siamo le uniche tre che odiano Dalia e se ne stanno per i fatti loro >>
ammise lei alzando le spalle << Per voi sarebbe stato più facile scoprire
da noi i punti deboli di Dalia e della nostra gente piuttosto che da chi si
farebbe torturare per difendere la sua fedeltà alla Somma Sacerdotessa >>
<<
Avete davvero dei segreti da dover difendere così strenuamente? >>
<<
Io non credo neanche che qualcuna delle nostre compagne resisterebbe a una
minaccia da parte vostra prima di raccontarvi quello che volete, a costo di
inventare qualcosa per compiacervi >>
Doveva
sapere tutto di loro prima di fare una mossa tanto azzardata<< Puoi
rispondere alla mia domanda, per favore? >>
<<
Avreste potuto smettere di incontrare casualmentemia sorella da molto tempo,
non credo che Ely abbia impiegato più di
due o tre sere per raccontarvi tutto ciò che vi serviva su di noi e invece
siete arrivato al punto di chiamare sua sorella nelle vostre stanze per
parlarne e poi… so che è una maledetta
abitudine che non riesco a togliermi quella di guardare i nobili… ho capito che tenevate a Ely quando ho visto i vostri occhi mentre parlavate di
lei un attimo fa e me l’avete confermato chiamandola per nome invece di usare
un semplice ‘tua sorella’. Mi dispiace, non avrei voluto
controllare così pesantemente le mosse del re ma è mia sorella, altezza, non
potevo abbandonarla >>
Forse
le sue parole avevano un senso. Non gli sembravano bugie o scuse accampate.
<<
Fai molta attenzione ai particolari >> osservò << Avrei la tua
benedizione? >>
Ora
il pallore sul suo viso era diventato fin troppo evidente ed era di nuovo
accompagnato dall’ombra di una paura troppo grande per passare inosservata
<< Perché non avete chiesto a Maleca? È
sua madre, io cosa c’entro? >>avrebbe giurato che era la reazione di qualcuno
che aveva subito qualcosa di grosso da parte dei nobili della sua terra.
<<
Parlerò sicuramente con la madre di Elydet, ma
quale madre impedirebbe alla sua unica figlia di sposare il re se fosse lui in
persona a chiederlo? >>
<<
Quale sorellastra impedirebbe alla legittima figlia di suo padre di sposare un
re? >>
<<
Quella che le vuole molto bene e vede qualche problema in quel matrimonio >>
<<
Per esempio? >> chiese lei di nuovo immobile e attenta.
<<
Cosa succederebbe nel vostro ordine? >>
Un
sorriso passò improvvisamente sul suo viso. Riusciva a cambiare umore in meno
di quanto Tarìc credesse possibile
<<
Posso permettermi di fare una domanda all’uomo innamorato di mia sorella invece
che al re? >>
<<
Va bene >> le concesse improvvisamente incuriosito dalla sua audacia nel
chiedergli di mettere da parte la corona pur continuando a non alzare gli occhi
su di lui
<<
Il re non lo saprà mai? >>
Sorrise
a quella precisazione << Non lo saprà mai >>
<<
Secondo te, se una di noi si sposa con il re di questo posto, lui ci lascerà
restare o ci manderà via comunque? Dopotutto, se la regina fosse una di noi,
non avremmo motivo di dare fastidio. Forse Dalia arriverebbe addirittura a
capire che trarrebbe maggior vantaggio da una regina che la rispetta piuttosto
che da una che la odia a morte e la ritiene una stupida senza cervello. Sarebbe
forzata a comportarsi bene, soprattutto se il re le desse un buon motivo per
stare al suo posto >>
<<
Quale sarebbe? >>
<<
Il re potrebbe chiederle se avesse fretta di tornare a casa o preferisse
restare un altro mese o, magari, un anno per istruire meglio le sue ragazze.
Dalia accetterebbe e starebbe buona nella speranza che il re le tenesse per
sempre, e lui avrebbe del tempo per inventare un nuovo modo di tenerla buona in
seguito. Sono convinta che il re di questo posto sia abbastanza furbo da
tenerla a bada finché la sua Dea deciderà di prenderla con sé. Credi sia
possibile? >>
<<
Se il re decidesse davvero di tenervi qui, chi salverebbe la vostra terra? >>
Sul
suo viso era rimasta impressa la traccia del sorriso che aveva accompagnato la
sua scherzosa domanda, ma i suoi occhi si erano intristiti di colpo mentre
chiedeva << Secondo te, il re non ha ancora capito che venti sacerdotesse
non possono sconfiggere un esercito intero e che sarebbero felici in eterno se
una di loro lo sposasse e lo implorasse di dare una casa alle cinquanta persone
che rappresentano tutto ciò che resta del regno in cui sono nate? >>
<<
Secondo la vostra Somma Sacerdotessa, avete diversi alleati pronti ad aiutarvi >>
La
vide sfilarsi il bracciale che portava al polso e rigirarselo nervosa tra le
mani. Solo allora si accorse di un particolare che aveva ignorato: quello non
era il bracciale che portava tutti i giorni. Era solo una banale striscia di
cuoio ricamata. Dov’era la sua pietra? Non aveva neanche il laccio al collo che
portavano le altre. Se non se ne separavano mai, perché lei era andata nella
sua stanza senza? Tarìc usò anche il suo
potere per controllare. Niente. Perché aveva fatto una cosa del genere?
<<
La figlia illegittima del più grande generale che la storia d’oltre mare
ricordi mi ha detto una cosa, ma passerebbe dei guai seri se si
sapesse in giro. Posso fidarmi di te? >>
Possibile
che avesse già deciso di raccontargli tutto quello che sapeva della sua gente e
avesse lasciato la sua pietra fuori da quella stanza per non essere trovata
dalle sue compagne?
<<
Posso sapere prima da chi è stata informata? Vorrei farmi un’idea di quante
persone sanno questa cosa prima di promettere >>
<<
La sua migliore amica ne è al corrente, ma non parlerebbe neanche sotto tortura
e il suo fratellastro… Se sapeva la verità,
l’ha dimenticata. Il resto della gente di quell’isola vive nell’illusione che
Dalia e il successore di Kerse hanno
costruito perché non si perdesse d’animo >>
<<
Chi l’ha informata? >> ripeté Tarìc più
esigente di quanto avrebbe voluto << Dalia? >>
<<
Dalia non è sicura che lei sappia la verità. Lo sospetta e la tiene d’occhio
perché non parli, per questo non posso rivelarti quello che mi ha detto se non
giuri di tenerlo per te. La ragazza è stata informata da suo padre e dal suo… dall’ultimo vero generale degli eserciti della
sua terra >>
Aveva
le mani strette a pungo e aveva visto le sue nocche sbiancare sulle ultime
parole. Elydet gli aveva raccontato la
storia della sua vita e sapeva quanto era stata legata al successore di suo
padre
<<
Te lo prometto >>
<<
Non ci sono alleati. La nostra isola era così potente da comandare parecchie
terre anche al di là del mare. La guerra doveva passare da loro prima di
arrivare a noi e il nostro stupido re era convinto che nessun esercito avrebbe
mai raggiunto l’isola >>
<<
Cos’è successo? >>
<<
I deboli legami con le Terre d’Oltremare sono stati spezzati con
un’offerta più conveniente di chi ci aveva mosso guerra e quelle persone non
avevano certo voglia di farsi massacrare per difenderci. Lorcan non era un re degno per noi che lo vedevamo
ogni giorno, pensa cos’era per loro che non avevano neanche idea di che faccia
avesse. Per loro non era che un nome accanto a una richiesta di tasse. Né un
viso da immaginare, né un’impresa da ricordare. Niente. Era solo un ordine a
combattere e farsi massacrare. Re Theoden, il
nostro nemico, era la promessa di vivere in cambio del passaggio indisturbato
verso la nostra isola. Chiedi al tuo re quanto pensa che abbia impiegato
il regno di terra a tradirci >>
Era sbalordito da quella storia. Elydet non sapeva molto di come si era svolta la
guerra, solo che li avevano attaccati per la loro ricchezza. Evidentemente la
differenza sociale delle due sorelle si rifletteva nella differenza di
informazioni e di visione del mondo. Elydet aveva
visto la cosa dalla parte dei nobili dell’isola che difficilmente ammettono gli
errori del re, Selyan aveva conosciuto la
guerra dalla parte del popolo e dei soldati di alto grado in un regno in cui
l’esercito non era d’accordo con il sovrano. Lui non sapeva quale fosse la
verità, ma la versione di Selyan sembrava
sensata.
Ecco cosa succedeva ai re che perdevano la
stima della propria gente.
Olen aveva ragione quando diceva che
doveva fare qualcosa per il suo popolo e, se avrebbe dovuto sposarsi di fretta
e contro la sua volontà, lo avrebbe fatto. Anche a costo di permettere a suo
zio di trattare con qualche famiglia nobile, lasciare Elydet e
soffrire tutta la vita per non averla accanto. Non poteva rischiare di vedere
la sua gente sottomessa e straziata come quelle ragazze per un suo capriccio
personale.
Selyan riprese il suo racconto dopo un
sospiro<< La promessa di Theoden si
sgretolò come un castello di sabbia sulla spiaggia in un giorno di tempesta e
il Regno d’Oltremare fu distrutto. Non so che fine abbia fatto
quella gente, ma ne ho una vaga idea. Quelli che hanno raggiunto l’isola, sono
entrati a far parte dell’esercito di mio padre, altri fuggiaschi dei regni
devastati da Theoden ci hanno raggiunto. La
nostra isola era il faro di speranza contro la tirannia di quel pazzo
sanguinario, ma quanti soldati poteva mai avere un’isola e quanti invece poteva
averne un re che aveva preso possesso dell’unico lato di costa davanti al
nostro mare? E chi poteva essere così interessato ad aiutarci da far rischiare
alle sue navi un viaggio nell’oceano aperto? Ormai la nostra piccola isola non
poteva offrire più niente. Eravamo soli. Con nient’altro che la nostra speranza
più grande… >>
<<
Il vostro tempio? >> suggerì.
<<
Mio padre >> lo corresse << Quando Lorcan,
maledetto il suo nome, fuggì abbandonandoci, mio padre prese in mano la
situazione. Riunì l’esercito, accolse i fuggiaschi dal regno di terra e
ordinò loro di nominare un loro comandante in modo che non si sentissero suoi
schiavi. Voleva che combattessero per la loro gente piuttosto che per noi
sconosciuti e il nostro maledettissimo re. Per questo Kerse è
ricordato come Generale degli eserciti. I migliori strateghi
dell’isola ci davano per sconfitti in meno di due mesi. Dopo quasi un
anno, Kerse riusciva ancora a garantire la
nostra sopravvivenza. La dentro le mura aveva ancora speranza, era
davvero illusa che ce l’avremmo fatta e mio padre ordinò al suo uomo più fidato
di non far morire quella speranza per niente al mondo >>
<<
Tuo fratello mentì a tutti con la storia degli alleati? >>
<<
No >> scosse la testa con decisione << non avrebbe mai mentito
ingannando un popolo intero. Cercò di dare alla gente quello di cui aveva
bisogno per non arrendersi. Che fossero sacerdotesse per curare le malattie
della povera gente di cui nessuno si occupava più, qualcuno a cui rivolgersi
quando le famiglie senza più padri finivano alla fame, o la testa di quel
vigliacco del re legata a un palo sulla spiaggia. Mio padre era la
libertà, Jonas era la speranza. Quando
Dalia mentì a tutti annunciando la visione degli alleati pronti a correre in
nostro soccorso, Jonas non ebbe il coraggio
di smentirla distruggendo la fiducia nelle sacerdotesse >>
<<
Perché nessun’altro sa la verità? >>
<<
Non lo so. Non l’ho mai raccontato a nessuno. Avrei voluto farlo prima che la
bugia di Dalia venisse presa sul serio, ma mio fratello mi implorò di non
crearmi nemici potenti in tempi così difficili e mio padre mi avvertì che
l’offesa che avrei arrecato a Dalia avrebbe potuto creare dei problemi anche a
mia sorella. Non c’era niente che non avrei fatto e non farei tutt’ora per mia
sorella. Incluso mentirle facendo vivere anche lei, come tutte le altre, con la
falsa e felice speranza che un giorno torneremo a casa >>
<<
Perché vi attaccarono? >>
Alzò
le spalle << Il vostro regno non ha mai avuto guerre? >>
<<
Non senza motivo >>
<<
Intendete un pretesto? >> chiese con una nota di amara ironia nella voce
<< L’isola era ricca oltre ogni immaginazione. Lorcan chiedeva
una tassa a chi sbarcava e Dalia faceva pagare i servizi del tempio. In passato
non avremmo mai avuto bisogno di cercare altrove le conoscenze che ci
mancavano, le sacerdotesse erano esperte di ogni cosa e la vostra biblioteca
era niente in confronto alla nostra. I primi scontri distrussero il tempio
e Dalia… potete valutare da solo quanto
potesse essere adatta al suo ruolo. Quando l’esercito è caduto, prima ancora
che Theoden dichiarasse sua l’isola, Dalia
aveva già fatto i bagagli e caricato le sacerdotesse sulla nave. Perché Theoden avrebbe dovuto rischiare altri uomini per
rincorrere venti incapaci? >>
Non
credeva che avrebbe scoperto tanto quel giorno. Non sapeva neanche da dove
cominciare a riflettere su quello che gli aveva detto. Immaginava che quella di
Dalia fosse solo una menzogna, ma non avrebbe mai creduto che fosse così
grande.
<<
Vi ho raccontato cosa hanno passato le cinquanta persone là fuori prima di
trovare la pace del vostro regno. Credete che qualcuno possa essere così
stupido da creare problemi? La gente dell’isola sarà felice di potersi fermare
qui, ma non fidatevi mai di noi sacerdotesse, maestà. Mai >>
Quell’avvertimento
lo sorprese parecchio << Perché? >>
<<
Il re sa che Dalia in un solo giorno riesce a mentire più volte di quante
respira? >> chiese lei tornando a ironizzare sulla posizione.
<<
Lo sospettava da tempo, in effetti >>
<<
Il re di questo posto è un a persona intelligente. Questo puoi dirglielo, se ti
va >>
Sapeva
di avere la lealtà di Selyan anche se non
ne aveva mai capito il motivo preciso. Quell’ammissione da parte sua non poté
che fargli piacere, ma decise di valutare quanto effettivamente fosse disposta
a schierarsi dalla sua parte e tradire la sua Somma Sacerdotessa<< Dalia
ha mentito solo per non distruggere i sogni delle sue ragazze? >>
<<
Ci avreste aperto le vostre porte quel giorno, se aveste saputo la verità?
Dalia è convinta che i sovrani siano stupidi come Lorcan e
credo che abbia messo la tunica da sacerdotessa alle più stupide dell’isola, ad
eccezione di mia sorella che è stata infilata in quell’ordine a forza da papà >>
<<
Cosa vuol dire? >>
<<
Ely ha cominciato a sviluppare molto tardi il
suo potere. Quando papà ha ordinato a Dalia di prenderla con sé, vi giuro che
aveva meno potere di Keira e ormai era
grande per iniziare l’apprendistato. Papà voleva allontanare Elydet dai nobili della nostra terra perché corresse
meno rischi possibili durante la guerra che, sapeva, sarebbe arrivata. La Dea
della nostra gente aveva uno strano modo di dispensare i suoi doni. Mia
sorella si è impegnata molto più di tutte le altre in quel tempio, si è
esercitata fino allo stremo per migliorare. Credo possiate valutare da solo i
suoi progressi se vi dico che è arrivata a quello che è in meno di due anni >>
<<
Il suo miglioramento è merito di Dalia? >>
<<
Di Dalia, di mio padre che l’ha mandata al tempio, della sua testardaggine e
del suo orgoglio >>
Non
riuscì a non ammirare ancora di più la ragazza del fuoco. Indubbiamente era
aveva un carattere fermo e deciso, in grado di raggiungere tutti gli obiettivi
che si prefissava al punto di cambiare sé stessa e le sue capacità pur di
riuscirci. Come poteva non essere adatta a governare al suo fianco?
<<
Non dev’essere facile essere l’incapace sorella
della più dotata- >>
<<
No, vi prego! >> scattò Selyan alzando
improvvisamente gli occhi spaventati su di lui
Tarìc non si aspettava certo quella
reazione. Era sicuro che le sue parole fossero solo di apprezzamento, ma lei si
era spaventata. Selyan era un problema
quando era arrivata e continuava a restarlo anche adesso nonostante la sua
lealtà.
<<
Scusate. Sono abituata a… a cercare di
convincere Dalia che non sono niente ai vostri occhi >> si giustificò lei
cominciando a grattarsi nervosamente un polso mentre parlava<< Se vi
sentisse dire una cosa del genere, non mi darebbe pace >>
<<
Capisco >>
Quella
era stata la prima bugia seria da quando aveva cominciato a parlare con lei.
Per qualche motivo, non voleva che la ritenesse potente.
<<
Avevo paura che allo scadere dei due anni la vostra gente sarebbe ripartita e
tua sorella avrebbe sofferto nel non potervi seguire a causa mia >>
<< Ely è fortunata ad avere un pretendente così
premuroso. C’è altro che volete chiedermi? >>
<<
Perché tu e la tua amica odiate Dalia? >>
<<
Dalia odia Irmelin da quando ha messo piede
nel tempio perché non dovrebbe avere più potere di sua nipote, figlia di nobili
di alto rango. La punisce per le cose più stupide e molte volte ha incluso
anche me e Ely nelle sue punizioni per il
semplice fatto di esserle amiche. Tra Dalia e Irmelin,
io ho scelto Irmelin e, tra le altre e noi,
mia sorella ha scelto noi. Non so cosa pensino le altre di questa storia
>>
Non
era quello che si aspettava. Troppo semplice. E lei era ancora lì,
tormentata da una paura a lui sconosciuta e con la sua immancabile punizione a
sé stessa, sul polso ormai arrossato. Decise di tentare di indovinare i suoi
pensieri << O sei figlia dell’uomo che ha dato la vita per la tua isola,
o sei fedele a chi ha ingannato tutta la tua gente prima di fuggire quando
l’isola è caduta. Giusto? >>
Aveva
indovinato e lei sembrava felice che lo avesse detto al posto suo << È
davvero un grande onore servire un re come voi, vi ringrazio >>
Dopo
un inchino, Selyan sparì dalla stanza.
Dalya non voleva Elydet nel
suo tempio. La spiegazione poteva essere solo una e lui cominciava ad averne
paura. Un re poteva sposare la figlia di un importante generale che aveva fatto
le veci del sovrano alla sua caduta e che era stato un eroe per la sua gente,
nessuno avrebbe obiettato, ma la figlia di un padre sconosciuto non sarebbe
stata accettata in nessun regno, in nessun caso. Doveva muoversi prima che
tutta quella storia venisse a galla.
*************************************************************
-Elydet-
Doveva solo aspettare. Così aveva detto
sua madre. Aspettare e pregare.
Aveva passato la mattina a pregare nel
tempio di Dalia, il primo pomeriggio a lezione e dopo si era rinchiusa in
quella che era la loro stanza nel regno del Divino a pregare
di nuovo.
Quella stanza non aveva più niente di suo
ormai.
Ci tornava per dormirci, certo, ma la
confusione che regnava per colpa delle altre due non aveva niente a che fare
con lei e non le lasciava neanche lo spazio necessario per sentirsi in camera
sua. Come potevano vivere in quel modo?
Dieci servi reali non avrebbero ritrovato
l’ordine in meno di un mese. Forse aveva ragione sua madre a dirle di stare
lontana da loro. Una regina non poteva essere disordinata.
Si stese sul suo letto fissando il
soffitto e pensando.
Il dono che sua madre aveva fatto al Dio
sarebbe stato sufficiente? Forse sì dato il suo valore. Eppure non era qualcosa
che aveva offerto lei personalmente.
Sarebbe stata lei ad essere accontentata,
ma non era stata lei a offrire qualcosa in cambio.
Però la Nobile Ismene una
volta a lezione aveva detto che non si gioca alla compravendita con gli Dei e
che chiedere una grazia non era come chiedere un’offerta ad un banco del
mercato.
La Nobile Ismene aveva
sicuramente ragione e sapeva di sicuro come si trattava con gli Dei, ma Dalia
aveva sempre detto che ogni cosa aveva il suo prezzo e per chiedere qualcosa ad
un Dio o una Dea, era necessario offrire qualcosa in cambio che avesse lo
stesso valore.
Ma cosa poteva avere lo stesso valore
della vita che sognava?
Con cosa poteva scambiare il marito
migliore del mondo e i futuri figli che sarebbero arrivati?
Non c’era niente che valesse una vita di
felicità.
Elydet sospirò
sconsolata. Dalla finestra arrivavano voci indistinte di schiamazzi e urla.
Sicuramente era qualche sua compagna che
non aveva ancora capito che in casa del Potente bisognava
comportarsi bene. Poi tese l’orecchio e capì che era solo Irmelin che discuteva con Selyan.
Avrebbe tanto voluto sapere di cosa discutevano. Solo qualche giorno prima
sarebbe stata lì a ciarlare con loro. Forse poteva offrire quello
alla Dea di Dalia: la vecchia vita in cambio della nuova.
Forse poteva avere un senso. Poteva
scambiare sua sorella e la sua amica con il re?
Forse sì…
Scosse la testa confusa. Non erano
ragionamenti sensati quelli! Gli Dei sapevano tutto e decidevano tutto!
Sapevano che voleva il Perfettissimo re nella
sua vita e sapevano che potevano chiederle tutto quello che volevano in cambio,
senza limite alcuno.
Avrebbero deciso da soli senza stupide
offerte da parte sua!
Fuori ormai era buio e i morsi della fame
cominciavano a farsi sentire. Avrebbe voluto rubare un biscotto dalle scorte di
sua sorella, ma se davvero aveva ragione sua madre, che senso aveva mandare
tutto all’aria per un misero biscotto?
Elydet sospirò
e decise di scendere, come ogni sera, nei giardini reali.
Ormai il re non si faceva vedere da un
paio di giorni. Doveva essersi stancato di lei.
Sentiva
già la voce di Irmelin nella sua testa:
“Ovvio
che non venga più a trovarti! Ha saputo tutto quello che poteva sapere da te e
adesso ti ha abbandonata”
E
quella di sua sorella rispondere:
“Cosa
gli hai detto, Ely? È importante che lo
sappiamo anche noi”
Impiccione! Ecco cos’erano!
Due impiccione scontente della loro vita
al punto di non permettere neanche agli altri di essere felici.
Si avvicinò sul bordo della fontana e
sospirò di nuovo.
Il
re non avrebbe mai apprezzato un viso come il suo. Aveva anche due profondi
cerchi neri sotto gli occhi adesso.
<<
Disturbo? >>
Lo
spavento rischiò di farla cadere in acqua, ma si trattenne. Il re!
<<
Altezza! Voi non disturbate mai >> ammise prima di rendersene conto e
arrossire.
<<
Sei gentile, Elydet >>
Ormai
il suo stomaco era dolorosamente attorcigliato su sé stesso, un po’ per i
complimenti, un po’ per la fame. Lei sapeva solo che le faceva un gran male.
<<
Ti va di fare una passeggiata? >>
Ma certo che sì! Però si limitò ad annuire
con gli occhi bassi.
Il re cominciò a camminare lentamente
verso una porta che non aveva mai visto aperta, infilò la mano nel mantello e
ne estrasse una chiave.
Elydet rimase
a bocca aperta. Era il giardino più bello, più colorato e più curato che avesse
mai visto.
Non
sapeva neanche che esistessero dei fiori che restavano aperti di notte. Era un
giardino stupendo.
<<
Era il giardino privato di mia madre. Continuo a farlo curare per onorare la
sua memoria >>
<<
È… È… >> non
riusciva neanche a parlare.
Lui
le posò una mano sulla schiena per indicarle la strada. Probabilmente il re non
aveva idea del marchio infuocato che aveva lasciato sulla sua pelle, anche se
lui non aveva toccato altro che la stoffa della sua veste
<<
Vieni. Ho notato che ti piacciono le fontane, voglio farti vedere questa >>
Lo seguì. Senza annuire, senza parlare,
senza avere la capacità di fare altro. Lo seguì e basta.
Era effettivamente la fontana più
dettagliata, scolpita e raffinata che avesse mai visto, ma non riusciva ad
apprezzarla come avrebbe dovuto e voluto. Riusciva solo a pensare che non
capiva il perché di tutto quello. Perché il re l’aveva portata nel giardino
privato di sua madre? Perché ci teneva a farle vedere le cose più belle del suo
palazzo? Perché sembrava essere lì solo per lei?
Non lo sapeva.
Lui
le indicò una panchina, le obbedì di nuovo e un attimo dopo cercò di convincere
il suo cuore a battere più piano e il suo respiro a farsi un po’ più profondo
per non morire. Ma come poteva stare calma con il re seduto accanto a lei?
<<
Oggi ho chiamato tua sorella nelle mie stanze >>
I
suoi sogni dorati andarono in frantumi in un istante.
<<
Oh >> non riuscì a dire altro.
<<
Le ho chiesto cosa ne pensasse della vostra situazione, di Dalia, delle sue
bugie e anche della fine della vostra isola. Non si è fatta scrupoli a tradire
la vostra legge che vi vieta di parlare del passato perduto >>
Di
nuovo il re voleva solo parlare di sua sorella e dei problemi del loro
ordine. Elydet si sentì mortificata nel
profondo all’idea di aver pensato che l’aveva portata in quel giardino per
renderla felice. Lui voleva solo un luogo appartato per parlare di ciò che non
poteva essere sentito dalle sue compagne. Amava il re, era il suo sogno da
quando erano sbarcate, ma non poteva sopportare anche quello. Sentì gli occhi
riempirsi di lacrime e si alzò dalla panchina.
<<
Scusate, altezza, devo andare >>
<<
Perché? >> chiese lui stupito.
Non credeva che il re fosse stupido, non
lo aveva mai pensato prima di quel momento.
Avrebbe
ucciso chiunque avesse detto o pensato una cosa del genere fino a un attimo
prima e invece si trovava a pensarlo lei stessa.
<<
Io… vi prego, lasciatemi andare >>
Avrebbe
corso, sarebbe tornata dritta in camera sua se avesse potuto, ma la sua mano
era stata afferrata dalla stretta salda e decisa di sua maestà.
<<
Dalla conversazione con tua sorella, credo di aver capito che non hai un grande
interesse a tornare alla tua isola, vero Elydet?
>>
<<
Cosa c’entra questo adesso? >> gli chiese esasperata dalle sue
farneticazioni.
<<
Volevo essere sicuro di non chiederti qualcosa che ti avrebbe fatto soffrire in
eterno >>
<<
Avete una missione per me? >>
<<
Ho una proposta per te, Elydet, figlia di Kerse >>
Il
suo nome completo pronunciato da lui le provocò un brivido nonostante la rabbia
e la delusione. Con suo rammarico, sapeva che non gli avrebbe negato il più
grande dei sacrifici in quel momento
<<
Ditemi, altezza >>
<<
Vuoi sposarmi? >>
Elydet si buttò tra le braccia del re
singhiozzando. Aveva frainteso tutto come al solito, era solo una stupida
bambina che non gli aveva dato il tempo di parlare e aveva rovinato la sua
proposta. Si sentiva una stupida. Ma si sentiva anche tremendamente bene tra
quelle braccia calde e forti. Aveva sognato quell’abbraccio infinite notti, e
infinite altre lo aveva immaginato, adesso che lo provava davvero sapeva che
non si era mai neanche avvicinata alla realtà. Era la cosa più bella del mondo
<<
Voglio sperare che sia un sì >> commentò lui appoggiando il viso perfetto
alla sua testa
Elydet riuscì solo ad annuire e a scusarsi.
Lui la spinse di nuovo sulla panchina senza slacciare la loro stretta e la
tenne così finché i singhiozzi non finirono e anche dopo.
<<
Mi dispiace di aver rovinato la vostra proposta, mio re >>
<<
Elydet, hai appena detto che mi sposerai, non devi
più usare le formalità con me >>
La sacerdotessa si prese un attimo di
tempo per riflettere e capì che era una concessione troppo grande per lei. Non
voleva correre il rischio di dimenticare che aveva accanto il Figlio del Dio,
né credersi una sua pari con il tempo. Non si poteva essere pari ad una persona
del genere. Né alla sua bellezza, né alla sua intelligenza, né al sangue che
portava nelle sue benedette vene.
Non
avrebbe mai negato al suo re il rispetto che meritava. Neanche sotto tortura.
<<
Userò sempre le formalità che meriti >>
Il
solo rivolgersi a lui come a una qualunque altra persona le costò un certo
sforzo, ma lo sbuffo divertito che sentì dal suo petto cancellò subito quella
sensazione di fatica. Era perfetto.
<<
Sono felice che tu abbia accettato >>
<<
Sono felice io che tu me l’abbia chiesto >>
Lui
le sfiorò il viso con la più lieve delle carezze e poi la scostò leggermente
per alzarsi.
<<
Nessuno sa dove sono, né sospetta minimamente quello che ti ho appena chiesto,
ad eccezione di Nora ovviamente. Passerei con te tutta la notte, ma sono
costretto a rientrare >>
<<
Non voglio sottrarti ai tuoi impegni >>
<<
Io non vorrei sottrarmi al tuo abbraccio, ma… la
vita di un re è fatta di obblighi e rinunce, spero capirai che quella di una
regina non è migliore >>
<<
La mia vita è migliore da quando mi sono innamorata di te >> ammise
arrossendo.
<<
E la mia da quando ti ho visto. Devo andare, ma sappi che sono l’uomo più
felice della terra >>
<<
Come so che non è un sogno? >> gli chiese sfidando il suo sentirsi
stupida
Lui
si sfilò una collana e la appese al suo collo << L’anello del re ti
ricorderà la verità >>
Lei
ammirò il grosso anello che penzolava dalla collana. Lo aveva visto più volte
al dito del sovrano, specialmente nelle grandi occasioni e nelle sedute
importanti. Era un dono di inestimabile valore.
<<
Grazie >>
Per
tutta risposta le baciò la fronte << Perdonami, ma devo chiedere il
permesso a tua madre >>
Aveva
ragione. Il figlio di Dio doveva comportarsi secondo le leggi di Dio, era
giusto, per questo Elydet annuì seria e
decisa e soffocò la sua voglia di urlare le parole che rischiavano di uscire da
sole dalla sua bocca. Certamente gli Dei apprezzavano più la sua educazione
della sua insistenza, ma appena il re sparì dalla sua visuale, non poté non
dirlo al cielo
“Mia
madre sarà d’accordo e darà il consenso senza fare storie o non sarà più mia
madre!”
*****************************************************
Non credevo che qualcuno avrebbe
letto ancora questa storia.